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VII.

Nel momento in cui i miei occhi si aprono, percepisco una forte stanchezza fisica e dei sussurri attorno a me. Sono un po' perplessa: un attimo prima ero in cucina a discutere con i miei amici e tutto ad un tratto mi trovo sul divano con Ludwig seduto a fianco a me che mi sostiene la testa con le mani. Camilla, accortasi di essermi risvegliata, si avvicina cautamente per capire se mi fossi effettivamente ripresa.

"Melissa, grazie a Dio, ti sei svegliata! Ci hai fatto prendere un infarto!" dice accarezzandomi la fronte.

"Oh, adesso è colpa sua?" Puntualizza Ludwig. "Voi l'avete sicuramente messa sotto pressione e sempre voi avete causato questa reazione. Stiamo lavorando tanto per far sì che lei riuscisse a bilanciare poteri ed emozioni e voi invece pensate a giocare. E forse, anche umiliarla."

"Noi non faremo mai una cosa simile! Le vogliamo bene." Controbatte Thomas.

"Le volete bene?! E allora perché ha quasi distrutto un appartamento?"

"Non alzate la voce, mi fa male la testa." dico con un filo di voce e allo stesso tempo provando a sedermi.

Vedo il soggiorno in disordine e i miei tre amici, compreso Ludwig, fissarmi preoccupati e confusi da quanto è accaduto. Quando ho un sovraccarico di energia e di potere, avverto dei capogiri e tendo a svenire, per poi, al risveglio, non ricordarmi nulla. Ludwig afferma che è normale avere queste ripercussioni quando non si ha una dominanza piena dei poteri ed emozioni contrapposti tra loro. Non capisco o, meglio, non rimembro il perché sia messo tutto a soqquadro e la presenza di crepe sui muri, ma appena rivolgo lo sguardo verso i miei amici, inizio ad unire tutti i pezzi mancanti e a capire; avrò sicuramente rivelato la mia identità e mi avranno punzecchiata per avere una mia reazione e per testare se tutto quello che ho detto, sia vero.

"Cosa è successo?" scruto i volti di tutti e quattro intorno a me.

"Ti abbiamo fatto arrabbiare e hai fatto quasi esplodere la casa." Risponde Spike con la sua solita ironia.

"Come se fosse interamente colpa sua." Contrattacca Ludwig.

"Cosa ne sapevamo noi che facesse sul serio?!" dice Spike rovistando nervosamente nella tasca dei pantaloni per afferrare il suo inseparabile pacco di sigarette.

"Già, noi non crediamo alla magia, perché in questo mondo non è solito che accadano queste cose." Si giustifica Thomas. "Da come Melissa parlava, sembrava che ci stesse prendendo in giro."

"Quindi mi avete portata all'esasperazione per testarmi?" intervengo. "Che razza di amici siete?"

Nessuno risponde, percepisco una sensazione di imbarazzo e senso di colpa tra i miei amici. Dovevano farmi letteralmente uscire fuori di testa per far sì che la mia confessione risultasse reale, perché fidarsi della mia parola, era troppo difficile. Sì, lo so che nessuno crederebbe a questa storia al primo impatto, ne sono consapevole, ma dai miei amici mi sarei aspettata più comprensione e avrei mostrato questa mia abilità con più tranquillità. Se prima mi guardavano come se fossi una perfetta imbecille, adesso mi osservano come se fossi un'aliena. Effettivamente non avrebbero neanche torto, ma ho paura che non mi guarderanno più come prima e che forse si allontaneranno perché mi considerano diversa. Forse ho preteso troppo da loro.

"Immagino già la risposta. Potete andarvene." A questa risposta, mi guardano sorpresi.

"Tesoro, noi siamo preoccupati per te." Dice Camilla.

"Certo, infatti mi avete resa così esclusivamente per preoccupazione. Ma, alla fine, ho cose più importanti da pensare, come lavorare e capire come scappare dalla famiglia."

"Melissa, noi..." interviene Thomas.

"Andatevene." Rispondo fredda senza neanche rivolgere loro lo sguardo.

Tutti e tre si guardano negli occhi e, capendo la situazione, si dirigono verso la porta.

"Allora ci vediamo domani a lavoro?" chiede Camilla che, prima di uscire, si volge verso di me.

Non accenno nessuna risposta, in realtà mi rifiuto anche di guardarla. Escono di casa e li sento scendere le scale. Ludwig, intanto, mi accarezza i capelli ed io, da che stavo fissando il vuoto davanti a me, mi giro verso di lui incrociando il suo sguardo. Istintivamente mi appoggio sul suo petto e scoppio a piangere. Sembra così surreale questa situazione che mi sento quasi in colpa ad averla creata, ma non posso neanche incolpare me stessa se sono nata così, avere i poteri non è di certo una cosa che ho voluto io di mia spontanea volontà. Ludwig mi cinge le spalle con le sue braccia e ricomincia ad accarezzarmi i capelli; il modo in cui lo fa, ricorda molto la sensazione di un padre che consola la propria figlia, cosa che io non ho mai percepito da quando sono venuta al mondo. Ad un certo punto, ci guardiamo negli occhi.

"So che sembra una domanda banale, ma come ti senti?"

"Non lo so." Ci metto un po' a rispondere, ho così tanti pensieri contrastanti nella testa che non so neanche quale tirar fuori per primo. "Ma se devo essere sincera, da una parte mi aspettavo una loro reazione di incredulità, ma non pensavo che sarebbero arrivati a mettermi alla prova. Loro sanno quanto io sia emotivamente instabile, sanno quale sia il mio punto debole e lo hanno fatto. Senza scrupoli, poi. Tu come mai sei venuto? È successo qualcosa?"

"Nulla di nuovo, semplicemente ho saputo che tuo fratello ha capito in quale zona della Terra ti trovi e volevo sapere se fossi al sicuro, ma a quanto pare il problema sono proprio i tuoi amici." A quelle parole secche e dirette, mi sento combattuta. Non ha tutti i torti in fondo: hanno peggiorato più loro situazione che mio fratello che mi dà la caccia. "In realtà, sono anche venuto per dirti un'altra cosa." Dice cambiando tono di voce come se stesse anticipando il fatto che mi voglia dire qualcosa di positivo. "Ma adesso è tardi, se vuoi dormo qui e te lo dico domani mattina prima di andare al lavoro."

"Sì, è meglio che tu rimanga, non si sa mai se mio fratello mi trovasse e dovessi passare a miglior vita da un momento all'altro. Comunque, che mi devi dire?" inizio a sbadigliare dopo aver enunciato l'ultima frase.

"E' un discorso lungo e mi servi sveglia." Ridacchia. "Te lo dico domani, non c'è nessun problema."

"Oh, va bene. Mettiamoci a dormire, è stata una nottata... bizzarra."

"Già!" Ludwig afferra un cuscino e un plaid che avevo appoggiato su una sedia vicino, si toglie gli occhiali da vista e non ci pensa due volte a coricarsi. "Buonanotte!"

"Buonanotte!" dico stranita, ma allo stesso tempo divertita, come se non sapessi che il suo secondo sport preferito, oltre ad allenarmi, è dormire.

La mattina seguente, chi ci pensa a svegliarmi, non è la mia sveglia parlante, ma Ludwig stesso che si presenta con un croissant alla crema e un cappuccino dentro un bicchiere di plastica, acquistati rigorosamente nel bar sotto casa. Ancora assonnata, avendo giustamente dormito tre ore scarse, accenno un sorriso e mi sfrego un po' gli occhi.

"Buongiorno." Afferro il cappuccino e lo bevo a piccoli sorsi, poiché è ancora bollente. "Cosa devo questa generosità?"

"Beh, mi hai ospitato, è il minimo che potevo fare."

"In realtà sei tu che ti sei intrufolato in casa aprendo un portale e non ti sei fatto alcun problema a coricarti sul divano."

Beh, è il minimo, no?" ripete.

"Effettivamente." Dico ridendo sotto i baffi. "A proposito, cosa dovevi dirmi di così importante?"

"L'anno prossimo io e te ci trasferiremo a Londra." Dice diretto. A sentire quella frase, sputo involontariamente il cappuccino che stavo sorseggiando nel bicchiere.

"Come?! Ed io con il lavoro come faccio?!"

"Conosco un regista teatrale a Londra che proviene dall'Altrove e coincidenza vuole che anche lui è un emarginato come te."

"In che senso? Anche lui ha tutti e quattro i poteri?" chiedo tirando ad indovinare.

"E' il figlio del Re" dice in tono secco. "Ma essendo in disaccordo con le idee tiranniche del padre, egli stesso gli diede la possibilità di esiliarsi e di non tornare mai più nel nostro mondo, altrimenti sarebbe stato riconosciuto come traditore della patria e della famiglia reale. Ho spiegato a lui tutta la tua situazione e si prenderà la responsabilità di proteggerti. In più, ti inserirà nella sua compagnia teatrale e io sarò il vostro insegnante." A quest'ultima affermazione ridacchia orgogliosamente.

"Sei sicuro che sia un tipo affidabile?" per quanto possa sembrare un'idea abbastanza intelligente ed efficace, soprattutto se ho l'opportunità di scappare e di essere protetta da qualcuno, ho il dubbio che questa persona, essendo figlio del Re e molto probabilmente abbia anche ereditato il suo modo di vedere le cose in maniera totalitaria, potrebbe avere la puzza sotto il naso. "Insomma, è sempre il figlio del Re. Che ne sappiamo che questo tizio, un giorno, cambierà idea e mi porterà da lui, essendo io la famosa strega ricercata nell'Altrove?"

"Mi fa ridere come appelli un principe usando la parola tizio."

"Beh, però, da quanto ho capito, è un principe caduto, quindi non è nessuno. Giusto?" dico un po' incerta.

"Sì, però per una questione di principio, più che di rispetto, si dovrebbe ancora nominarlo così, anche perché, nonostante sia in esilio, non ha ancora abdicato il suo titolo: quindi, se il Re dovesse morire, essendo l'unico erede, dovrà prendere il suo posto."

"Appunto che è ancora principe, non potrebbe essere una trappola? Lui sa quanto il padre desideri la sua ricercata." Mi alzo dal letto e mi dirigo nel bagno. Apro il dentifricio, poggio una linguetta di esso sullo spazzolino ed inizio a strofinarlo sui denti.

"Non c'è nulla di cui devi preoccuparti, vuole la morte di suo padre più di quanto il popolo stesso lo voglia. Semmai dovesse diventare Re, l'Altrove sarebbe un posto migliore." Dice avvicinandosi ed appoggiandosi alla porta del bagno lasciata da me socchiusa.

"Come lo sai con certezza?" dico dopo aver sputato il dentifricio nel lavandino.

"Ci conosciamo da piccoli, so com'è fatta la sua testa." Lo guardo e noto che ha uno sguardo affranto. Probabilmente si conoscono molto bene. Magari sono migliori amici o, perché no, addirittura amanti e il Re, avendolo scoperto, decise di risparmiare la vita del figlio esiliandolo e Ludwig avrà negato tutto salvandosi la pelle, visto che nell'Altrove l'unione amorosa dello stesso sesso è punibile con la pena di morte. Ovviamente sono solo ipotesi e nulla di certo. Mi sciacquo il viso e varie parti del corpo e tampono il tutto con l'asciugamano.

"Devo usare la toilette, quindi se non ti dispiace." Faccio cenno con la testa di chiudere la porta.

"Certo, però sbrigati perché me la sto facendo addosso." Dice schietto.

Dopo essermi messa un maglioncino rosa e un jeans grigio stretto, indosso un cappotto color cammello e degli anfibi neri, per poi prendere la mia borsa. Appena arrivata all'uscio di casa, accarezzo Luna e saluto Ludwig che sta spaparanzato sul divano a controllare vari programmi sul mio Netflix.

"Ti ho già detto fai come se fossi a casa tua?"

"Ti alleno, sono il tuo insegnante di teatro, ti salvo la vita, comportarmi come se fossi un tuo coinquilino, è il minimo, no?"

"Giusto. Comunque, dai da mangiare a Luna e pulisci casa. Se devi essere il mio coinquilino, almeno fallo bene."

"Non preoccuparti!"

Giunta alla Coffee's House vedo che Camilla, Spike e Thomas sono al bancone che stanno parlando tra di loro e appena mi notano, concentrano la loro attenzione su di me. Entro facendo finta di niente e mi dirigo verso la cucina, ma il proprietario del bar mi interrompe la strada.

"Sei in ritardo di venti minuti." Precisa.

"Sì, lo so, mi dispiace tanto, farò di tutto per recuperare i minuti persi." Dico sentendomi effettivamente in colpa.

"Va bene, è vero che raramente fai ritardo." Annuisce. "Ma stasera pulisci e chiudi tu il locale." Dice porgendomi le chiavi del negozio.

"Certamente, non ci sono problemi." Trattengo la mia seccatura e afferro le chiavi limitandomi a sorridere.

Dopo aver indossato il grembiule, vado verso il bancone ed inizio a preparare i primi due caffè della giornata, ignorando completamente la loro presenza.

"Ti unisci con noi a pranzo?" chiede Camilla con timidezza.

"Perché? Dovete ancora sputtanarmi?" dico diretta.

"Siamo veramente dispiaciuti per stanotte." Interviene Thomas.

"Lasciatemi in pace, sto lavorando." Dico mentre verso l'acqua in due bicchieri di plastica per i clienti di fronte.

"Ti chiediamo solo di unirti a pranzo, dopo puoi fare quello che vuoi." Dice Spike pentito. Io lo guardo come se avessi capito cosa realmente intendesse.

"Questi giovani di oggi che sono lenti anche a servirti un caffè!" borbotta un signore seduto al bancone. Seccata, ma senza farlo notare, gli porgo la tazzina con il caffè.

"Mi scusi per la mia distrazione, purtroppo la mia generazione è tutta così."

"Ai miei tempi si era più svegli." Fisso la tazzina con la speranza di riuscire a fargli rovesciare il caffè attraverso il mio potere dell'acqua e, infatti, esso cade autonomamente sulla sua camicia grigia chiara macchiandola. Il signore sobbalza sulla sedia e posa violentemente la tazzina sul bancone. "Accidenti, era stata appena lavata e stirata." Prova a togliere la macchia con due fazzoletti, ma con scarsi risultati.

"Vuole che gliene preparo un altro?" chiedo fingendo di essere gentile, intanto i miei amici tentano in tutti i modi a trattenersi dal ridere.

"No, meglio che me ne vada."

"Arrivederci e buona giornata!" esclama Spike, mentre il signore aveva già lasciato il bar.

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