8. La rabbia di Paolo.
Stefy vide entare Paolo che, dopo aver sbattuto violentemente il portoncino d'entrata, si girò e le disse a voce alta:
- Dimmi che lui è qui e che non ho fatto un viaggio a vuoto. -
Lei ebbe paura vedendo il volto dell'uomo, era furioso. Si chiese in quanti ancora avrebbero urlato contro di lei, visto che quel giorno non era la prima volta che accedeva. Comunque, prese coraggio e gli rispose abbassando lo sguardo sull'agenda:
- Giovanni è molto indaffarato oggi, lei ha preso un appuntamento? -
- Forse non sono stato chiaro signorina, se lui non mi fa entrare immediatamente, io qui spacco tutto, compresa la porta del suo ufficio. -
Paolo, con un ghigno, mise ancora più paura a Stefy, che non sapendo come frenare l'impulso rabbioso dell'uomo chiamò ad alta voce Giovanni. L'avvocato, sentendo la segretaria in difficoltà, si affacciò dall'ufficio aprendo di scatto la porta, attirando verso di se l'attenzione dell'uomo.
- Cosa sono queste urla eh...?
Ah, sei tu!
Ti vuoi calmare?
La fai finita o devo chiamare i carabinieri? -
Così, Paolo, dopo essere riuscito a tirarlo fuori dalla tana, si calmò per un momento e rispose:
- Devo assolutamente parlarti, ascoltami per l'ultima volta, altrimenti prima o poi qui succede un disastro. -
Giovanni vedendo l'uomo più mansueto, decise di ascoltarlo, così gli disse:
- Ok Paolo, ti voglio ascoltare, ma solo se mi prometti di rimanere calmo. Io ti starò a sentire in silenzio e senza interromperti, dopo di che parlerò io e tu farai la stessa cosa con me. Se mi prometti questo, puoi entrare nel mio ufficio, altrimenti esci subito di qui o chiamo chi di dovere. -
Giovanni entrò nel suo ufficio lasciando la porta aperta alle sue spalle, Paolo gli andò dietro chiudendo la stessa, questa volta senza sbattere.
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Erano passati ormai tre lunghissimi anni da quando i due si trovarono per la prima volta l'uno contro l'altro.
Paolo era già a capo della sua agenzia immobiliare. L'anno precedente aveva messo in vendita una decina di case, il prezzo era abbordabile ed era riuscito a venderle tutte in poco tempo. Paolo si fidò di chi gliel'aveva vendute, non immaginando a cosa sarebbe andato incontro. Agli inizi degli anni ottanta c'erano meno controlli, quindi ci si fidava un po' di più.
Dopo, però, venne a sapere che i lotti di terra dove furono costruite queste case non erano stati ancora regolarmente condonati. Così, quando i nuovi compratori vennero a sapere che per avere l'edificabilità delle stesse avrebbero dovuto sborsare molti altri soldi, successe il finimondo.
I proprietari, subìto il torto, si unirono e si rivolsero a Giovanni. L'avvocato aveva buone credenzialità nel ramo edile. I compratori dissero all'avvocato che se fosse riuscito a non far pagare loro, quelle spese inaspettate, lo avrebbero riconpensato molto profumatamente.
Giovanni accettò e da quel momento nacque una battaglia legale che, dopo tre anni interminabili, sembrava volgere al termine. Inevitabilmente tutto stava andando favore di chi aveva acquistato le case. Perdendo la causa, la cifra che avrebbe dovuto pagare Paolo, sarebbe stata notevole, si sarebbe indebitato a vita e la sua agenzia sarebbe sicuramente fallita.
Lui, a sua insaputa aveva ingannato i compratori, però, come si suol dire in questi casi, la legge non ammette ignoranza.
Paolo, a sua discolpa disse, e continuò a confermare, che fu ingannato lui per primo da quei cialtroni. Le carte che gli avevano fatto avere sull' edificabilità erano false, ma lui non lo sapeva. Soltanto che poverino non poté più rifarsi con chi gliel'aveva date perché, dopo la truffa, sparirono dissolvendosi nel nulla. Avevano nomi falsi e nessuno riuscì più a scovarli.
Così, a rimanere nei guai, rimase solo lui.
Unico indagato di quella presunta truffa.
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- Allora, veniamo al punto, spiegami cosa vuoi e come posso esserti utile. -
Disse Giovanni con molta calma, sedendosi dietro la sua scrivania.
- Lo sai già cosa voglio da te e se vuoi, puoi ancora aiutarmi.
Lo sai che io sono stato truffato prima di loro.
Lo sai bene.
Perché ti stai accanendo contro di me? -
Provò penosamente Paolo a supplicarlo, rimanendo in piedi.
Giovanni gli rispose:
- Possibile che non ti entra in testa che ormai non posso fare più nulla? Ci sono alle spalle tre anni di contesa giuridica.
Come cazzo faccio io a tornare indietro se le denunce non vengono ritirate?
Se questi vogliono andare avanti, io cosa ci posso fare?
Non dipende più da me, ormai la legge ha fatto il suo corso, non posso più fermare nulla io!
Non è che non voglio... Non posso!
Perché non riesco a spiegarmi...
Tre anni fa, io non sapevo neanche chi fosse questo signor Paolo con il quale erano tutti incazzati a morte! -
Quando iniziarono la causa, Giovanni pensò solo ai soldi che avrebbe guadagnato, non gli importava nulla di chi avrebbe passato dei guai.
D'altronde lui aveva preso l'incarico da quei signori e quindi doveva pensare unicamente al loro interesse.
In quel periodo poi, non conosceva ancora Paolo, non sapeva che abitasse all'ultima scala del suo stesso condominio e che vivesse lì con sua moglie.
Dopo un po', facendo le necessarie ricerche sui dati della controparte, comparve anche un nome: Elena. Era la moglie di Paolo, nonché sua vecchia conoscenza.
Ma tutto questo Giovanni, lo venne a sapere solo dopo un po' di tempo, quando tutto era avviato e non poteva più tirarsi indietro. Se lo avesse saputo in tempo, sicuramente avrebbe desistito. Di certo il lavoro non gli mancava.
Secondo Paolo però, lui continuava a pensare solo ai soldi, e non gli importava nulla di lui e della sua famigia. Nessuno glielo avrebbe mai levato dalla testa.
Così, incazzato, nervoso, con le forze che sentiva venirgli a mancare e la vista che gli si offuscava di nuovo dal nervoso, Paolo, prima di recarsi fuori, gli disse a denti stretti:
- Io sono sicuro che, se tu volessi veramente, potresti ancora fare qualcosa.
Quindi se mi aiuti bene, altrimenti da uomo fallito, che non ha più nulla da perdere, ti farò piangere lacrime amare.
Te lo giuro, bastardo! -
Giovanni ormai stremato, non sapeva più come spiegarsi e cercò di finire così il colloquio:
- Ok, se hai finito puoi andare, mi dispiace che la pensi così, pur volendo non saprei proprio come aiutarti, sono sincero credimi, mi dispiace molto per la tua famiglia. -
Paolo aprì la porta dell'ufficio, si fermò e si girò dietro, adirato più che mai, mostrò quel ghigno che faceva veramente paura.
Così esclamò verso l'avvocato:
- Ah... Dimenticavo una cosa importante... Digli a Luca di non gironzolare intorno a mia figlia, non vorrei si facesse male! -
Con queste parole che misero in apprensione Giovanni, Paolo finalmente uscì.
Vedendolo andare via, fece un sospiro di sollievo anche Stefy, che da quando si era aperta la porta, sentì tutto e rimase impaurita dalle minacce di quell'uomo.
Giovanni pensò che la sera stessa, avrebbe dovuto fare un bel discorsetto a suo figlio Luca. Doveva immediatamente metterlo in guardia.
Le parole di Paolo, lo avevano scosso.
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