Parte 1
Solo per una notte
Questa serata è incredibilmente noiosa. Sono con gente a me completamente sconosciuta a bere litri di vino rosso scadente, costretta a subirmi quello schiamazzo insopportabile.
Sono le ventitré e dodici di un venerdì sera come tutti gli altri. Il mio fidanzato, Tommaso, mi ha chiesto di unirci ai suoi amici e non me la sono sentita di rifiutare, nonostante adesso mi stia annoiando a morte: subirsi le sue suppliche e i suoi piagnistei è decisamente più scocciante che essere seduta da sola, al tavolo, in compagnia di un calice e di una bottiglia di vino.
È una serata karaoke in un locale del centro: gli amici del mio fidanzato si divertono, cantano e urlano, insieme a lui, che con entusiasmo si è unito a quella mandria. Ridono, a voce altissima, mentre io ogni mezzo minuto controllo il cellulare e l'orario, sperando questa serata termini il prima possibile.
"Dai, vieni di là con me!" esclama d'un tratto Tommaso, cogliendomi di sorpresa. Gli sorrido, ma rifiuto: non ci tengo a stare in mezzo a gente con cui non ho la minima confidenza. Sono sempre stata una ragazza molto introversa, riservata, non mi sarei mai sentita a mio agio in quelle condizioni.
Mentre si allontana, mi guardo intorno nella modesta sala.
Non è molto grande, in stile antico proprio come detesto: ho sempre amato lo stile moderno, nuovo e attuale. Il pavimento è in un finto parquet di legno scuro, mentre le pareti, rivestite da carta da parati, sono di uno spento arancione chiaro, con qualche decorazione più scura di tanto in tanto. I tavoli, spartani così come le sedie, sono in legno scuro e le tenue luci calde all'interno della sala rendono il posto ancora più spoglio e vecchio. Più distante, alla mia destra, per rendere ancora più insensato quell'arredamento, c'è un piccolo palco, troppo moderno, dove si esibisce un piccolo karaoke amatoriale. Alla mia sinistra, invece, c'è uno splendido balcone, contornato da tende giallo ocra. La vista del mare è spettacolare. Forse l'unica cosa che aggrada la vista in questo agglomerato di stili incoerenti tra loro.
Ed è mentre ripercorro lo squallore dell'ambiente che il mio sguardo ricade su di lui, l'unico che in quel momento può capire il mio stato di noia. E l'unico a cui difficilmente mi sarei avvicinata in altre circostanze.
È seduto ancora attorno al tavolo, in disparte rispetto agli altri. La schiena è poggiata, le gambe lunghe si protendono dinanzi a lui, leggermente aperte e fasciate da dei banali jeans blu scuro. Con la mano destra mantiene un calice di vino che ogni tanto si porta alle labbra rosee, che si beano del sapore frizzante. Ha delle bellissime braccia, grandi, ma non troppo, che si nascondono nella sua T-Shirt preferita: la mette spessissimo, gliela vedo spesso indossare. Il verde è il suo colore preferito. Lo stesso colore dei suoi occhi grandi e profondi, mentre i capelli corvini creano un contrasto meraviglioso con la sua pelle diafana.
Dante è bellissimo. Non ci sono altre parole per definirlo. E non è solo un involucro vuoto, anzi. A ventisei anni già possiede una laurea in informatica e lavora nell'ambito che più ama: la sicurezza. Ed è molto intelligente, furbo. Per questo motivo ha sempre avuto decine di ragazze ai suoi piedi, che speravano lui le notasse ma, puntualmente, restavano deluse. Al contrario da quanto ci si aspetti da un ragazzo bello e ricco, Dante è incredibilmente introverso. Odia stare al centro dell'attenzione e mai si sarebbe messo ad urlare e fare baldoria come i suoi amici.
Mi sarei potuta avvinare a lui, iniziare una conversazione per abbattere la noia, ma è complicato. Non ci vado molto d'accordo ad essere sincera e neanche ci ho provato ad instaurare un rapporto stretto. Dante è il fratello della mia migliora amica, Laura, ma, nonostante i dieci anni di amicizia con lei, mai ho nutrito interesse nei confronti di lui. Ero troppo piccola e a undici anni non guardavo di certo i ragazzi in quel modo. Per me è sempre stato il fratello di Laura, nient'altro.
Eppure so che, in fondo, dietro le battutine scontrose nei miei confronti, Dante cova un certo interesse per me. Probabilmente gli piace l'idea che io sia la migliore amica di sua sorella, oppure gli piace il fatto che litighiamo spesso, nonostante – e mi tocca ammetterlo – ci vogliamo davvero bene.
Stuzzicarmi gli piace da impazzire. È così evidente che a volte mi stupisce come nessuno intorno a noi se ne accorga. Riesco a percepire la tensione sessuale, quando litighiamo, come se l'aria ne fosse impregnata.
Non sono ubriaca, semplicemente brilla, quel poco che mi basta per prendere coraggio e avvicinarmi a lui. Nessuno ci sta guardando, tutti sono concentrati sulle loro vite e tutto il contorno resta abbandonato al caso.
Quando mi alzo, noto i suoi occhi su di me. I miei movimenti sono lenti, calcolati per attrarre il suo sguardo e non farlo più distogliere. La minigonna nera, aderente, risale sulle mie cosce nude mentre mi alzo e la riabbasso leggermente, indugiando forse fin troppo sull'orlo. Il top verde acqua scuro è leggermente calato sul seno, mettendo in evidenza il pizzo del mio reggiseno nero.
Mi avvicino a lui e il rumore delle mie decolté nere viene offuscato dalla forte musica della sala. Quando mi siedo sulla sedia accanto a lui, ho già la sua completa attenzione: mi guarda dritto negli occhi, un leggero sorriso gli stende le labbra sottili.
"Mi sto ampiamente rompendo il cazzo" afferma, non appena riesce a concentrarsi su altro che non siano le mie gambe che sfiorano le sue. So che sbaglio, so di essere fidanzata con un ragazzo splendido, ma provocare un uomo fa parte del mio carattere. Mi è sempre piaciuta la loro reazione. Il corteggiare, il flirtare, sono atteggiamenti che mi appartengono e che mi mancano da morire da quando sono fidanzata. Non è cattiveria la mia, è soltanto narcisismo.
"Ti assicuro che il tuo umore nero si notava anche a metri di distanza".
Un sorrisetto si fa largo sulle sue labbra, circondate da un leggerissimo velo di barba scura. Non la porta mai lunga, dice che sa di trasandato, ma secondo me si sarebbe sposata benissimo col suo volto.
"Tommaso ti ha lasciata sola?" chiede ancora. È difficile che Dante stia zitto, quando inizia a parlare. Diventa muto oppure logorroico, non conosce vie di mezzo.
"Sta con altri".
"Sì, lo vedo".
"E allora la tua domanda è stata completamente inutile".
È sempre così. So di avere un brutto carattere in questo momento, ma è più forte di me. Sento il bisogno di rispondergli in questo modo saccente e arrogante. Come del resto, anche lui ha sempre fatto con me.
Quello che tra me e lui funziona meglio non è di certo il linguaggio verbale, ma quello del corpo. Dante ha percepito perfettamente la mia gamba nuda che sfiora la sua e non si è ritirato, anzi. Si è mosso leggermente, in modo che anche il suo braccio sinistro possa sfiorare la mia coscia, regalandomi brividi per tutto il corpo.
Sento quella zona che brucia ed io ho una voglia incredibile di scottarmi stasera.
"Acida come sempre" commenta e beve un altro po' di quel liquido afrodisiaco. Alza poi lo sguardo su di me, sul mio viso, non prima di soffermarsi sulla mia scollatura.
So che mi vuoi.
Le sue dita, delicate, iniziano a muoversi lungo la mia pelle liscia. Le sento perfettamente, nonostante il leggero tocco.
"Non porti più le calze a rete, Elisa?" chiede, sussurrando al mio orecchio.
Brividi.
Eravamo al parco, come ogni sera d'estate. Scambiavo qualche battuta coi miei amici, ridevamo delle esperienze passate e della recente sbornia del mio amico Nicola, il tutto davanti ad una birra alla spina. Io non avevo preso nulla invece: la birra non mi è mai piaciuta, ho sempre preferito cose più dolci.
Ero seduta su un gradone del parco, inizialmente da sola per comporre un messaggio a mia madre, quando venni raggiunta da una figura.
Dante, il fratello di Laura.
Inizialmente si accomodò soltanto al mio fianco, continuando a parlare coi suoi amici. Era strano, averlo al proprio fianco, perché desideravo avvicinarmi a lui, come se fossimo due calamite. Ne sentivo ardentemente il bisogno, ma mai l'avrei confessato a nessuno.
Quando terminò la conversazione – finalmente – rivolse l'attenzione a me. Non ci furono molti scambi di parole, sentii soltanto la sua mano sul mio ginocchio: aveva preso a giocherellare con i fori delle mie calze a rete.
"Le metti spesso, ti caratterizzano ormai" disse. Non sapevo bene che rispondere alla sua affermazione, così gli sorrisi. "Mi piacciono molto".
"Sono femminili".
Non risposi. Dante prese ad accarezzarmi leggermente le gambe, piano per non essere visto. Ci giocava, le tirava e le riposizionava al loro posto, mentre una sensazione strana e piacevole iniziò ad inondare il mio corpo.
"Non sai che effetto fanno su un uomo".
Non si staccò da me, non ancora, ed io mi sentii lusingata ed eccitata dalle sue parole.
"Dante, ma che stai facendo?". Venimmo interrotti da Laura, la mia amica. Aveva un tono divertito e non perplesso – non avrebbe mai sospettato nulla, lei, troppo ingenua – e lui interruppe quello splendido ed inebriante contatto.
Non allontanarti, pensai. Continua a toccarmi.
Ne ho bisogno.
"Hai visto il nuovo allenatore della Juventus?" commentò poi il fidanzato della mia amica. Lui sì che aveva intuito, e gliene fui grata. Riuscì a rimuovere quell'imbarazzo e se avessi potuto gli avrei fatto una statua.
Dante non si alzò, ma restò seduto al mio fianco, senza toccarmi, stando attento a non farlo per sbaglio. E io, annoiata, pur di stargli accanto per chissà che assurdo motivo, mi subii inutili discorsi sul calcio.
"Mi dispiace, ma oggi non posso accontentare i tuoi strani fetish" rispondo. È incredibile come nessuno faccia caso a noi, in questa sala.
"Peccato, ci speravo".
Un tuffo al cuore. Prende a battere così forte che ho paura mi esca dalla cassa toracica. Lo stomaco inizia a contorcersi, piacevolmente, e il segnale è stato ben recepito anche più giù, dove il mio sesso pulsa e sta bagnando le mutandine. Lo voglio troppo e da troppo tempo. Accavallo le gambe per bearmi di quella sensazione ancora e ancora, e noto che anche lui si sta muovendo. La sua mano sinistra si muove sul cavallo dei suoi jeans e inizia a sfiorare il rigonfiamento che ha tra le gambe.
Chissà come starebbe dentro di me.
Non riesco a descrivere bene tutte le sensazioni che provo, so soltanto che è tutto dato dall'istinto: sento che la mia ragione, il mio buon senso, mi stanno abbandonando per far posto soltanto alla voglia del suo corpo.
"So che vuoi farti scopare da me, Elisa" sussurra al mio orecchio. Siamo vicini, troppo, e non so come possiamo apparire in questo momento da fuori, ma nessuno ci sta guardando. La sua mano percorre l'interno della mia coscia e si addentra al di sotto del leggero tessuto della minigonna, andando a sfiorare la mia intimità attraverso il tessuto della mutandina.
Brividi. Continui, irrefrenabili.
"Sei bagnata solo per le mie parole?" continua. "E allora come reagirai quando ti fotterò?"
"Scoprilo". È appena un sussurro, basso, non so neanche come ho trovato la forza di rispondergli. Il mio respiro è affannato ed anche il suo.
Questa volta è la mia mano a toccarlo, sfiorarlo. Sento la sua erezione sotto il palmo della mia mano, dura e grande, pronta. Basta solo sfiorarla per sentirla pulsare.
Freme dal desidero di scoparmi.
Dante si lascia andare a un sospiro, fortunatamente coperto dallo schiamazzare degli altri. Lo sento soltanto io, è solo per me.
Non riesco più a desistere: il desiderio è troppo forte e io lo voglio qui ed ora. Non posso aspettare. Mi alzo, con lenti movimenti e facendo bene attenzione a non far stridere la sedia sul pavimento. Non voglio produrre alcun rumore, nessuno deve far caso a me e lui. Mi dirigo verso il bagno e Dante capisce alla perfezione le mie intenzioni.
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