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5.

Faccio avanti e indietro nella mia cucina, mentre una forte nausea non mi abbandona da quando Samurai mi ha praticamente minacciata. Ho lo stomaco stretto in una morsa e la sensazione che l'aria intorno a me sia sempre meno.

Appena il campanello suona mi agito, impaurita dell'eventualità che possa essere ancora Samurai. Apro il primo cassetto del mobile in cucina e afferro un coltello, per poi andare ad aprire, con le mani che tremano e il cuore che va sempre più veloce.

Gabriele mi appare davanti e io lascio cadere il coltello per terra, come se fosse un'arma mortale, per poi andargli incontro e stringerlo a me, automaticamente.

In questo momento non mi importa più dello schiaffo, della lite e di nient'altro, voglio solo rendermi conto che lui è qua, che sta bene. Sono moralmente provata, mi sento in trappola, visto che non posso sfuggire dalle richieste di Samurai e so che Lele può darmi un po' di pace, in fin dei conti siamo nella stessa situazione, no?

- Serena, che sta succedendo?- lancia uno sguardo al coltello e poi mi afferra il viso tra le mani. - Stai tremando.-

Scuoto immediatamente la testa e mi alzo sulle punte, baciandolo sulle labbra, ma lui mi allontana, con uno sguardo stranito, così io mi scosto.

- Serena, che hai? Non è un comportamento da te questo. Invece che avercela con me per lo schiaffo e per tutto il resto mi baci? Ce l'hai avuta con me per molto meno.- roteo gli occhi davanti alle sue parole e gli do le spalle, per poi tornare in cucina, senza aggiungere una parola.

Sento la porta dell'ingresso chiudersi e poi i passi di Gabriele farsi sempre più vicini, finché compare in cucina, con uno sguardo torvo e il coltello in mano, che poi appoggia sul tavolo.

- È normale aprire la porta con un coltello in mano?-

Faccio spallucce, minimizzando il tutto. - Quando si ha un ragazzo delinquente magari sì.-

Mi pento immediatamente delle mie parole, appena il suo sguardo diventa ancora più triste e abbassa la testa per qualche secondo. Non penso davvero quello che ho detto, sono solo sotto pressione e non voglio capisca che cosa sta davvero succedendo, non voglio metterlo in pericolo.

- Serena, devi uscire dalla mia vita, non possiamo stare più insieme. Siamo troppo diversi, tu devi continuare la tua vita come prima di conoscermi.- si toglie il braccialetto che gli ho regalato qualche settimana dopo che ci siamo conosciuti e lo appoggia sul tavolo, facendomi spalancare gli occhi per lo stupore. Non può farlo. Non può lasciarmi. Abbiamo bisogno l'uno dell'altra, e in più non posso non fare quello che quel bastardo mi ha ordinato.

- No, Lele.- mi avvicino al tavolo e afferro il bracciale, osservandolo attentamente. Ricordo distintamente il momento in cui gliel'ho regalato, sapevo che aveva dei casini, sapevo che sarebbe stato difficile stargli vicino, ma non mi importava, nonostante non sapevo di cosa si trattasse. Mi è sempre piaciuta la sua compagnia, e ancora oggi la amo, non voglio lasciarlo solo.

Mi avvicino a lui e gli prendo la mano, per poi agganciargli nuovamente il braccialetto al polso. - Io voglio stare con te. Cosa importa se siamo diversi? Insieme stiamo bene, importa il resto?-

- Importa che sono una guardia corrotta che fa degli impicci illegali. Che ti mette nei guai e che non ti può dare niente di quello che vorresti!-

Sorrido amaramente e appoggio la mano destra sul suo viso, accarezzandolo dolcemente. Mi sta davvero lasciando per proteggermi?

- Quando sono con te sono al sicuro. Gabriele, sei un bravo ragazzo. Non pensare mai il contrario.-

Lui abbassa il viso verso il mio e mi guarda attentamente, per poi appoggiare le sue labbra sulle mie. Dà vita a un bacio e mi rendo immediatamente conto delle emozioni che prova. È nervoso ed è triste, ed è incredibile come siamo in sintonia anche con un semplice bacio.

Appoggia le sue mani sui miei fianchi e mi attira a sè, continuando a baciarmi. Mi accarezza dolcemente la pelle sotto la maglia, mentre mi tiene comunque salda con una presa decisa. Sento i brividi pervadermi e porto le mani sui suoi capelli, accarezzandoli piano, come sono solita fare.

Improvvisamente mi fa fare qualche passo all'indietro e mi fa appoggiare al mobile della cucina, mentre continua a baciarmi. Sento il mio cuore andare sempre più veloce e la mente annebbiata. Mi perdo immediatamente sotto le sue carezze e i suoi baci, mi sembra di essere su un altro pianeta.

Il suono del suo però cellulare ci fa allontanare di scatto, così lui lo afferra dalla tasca posteriore del pantalone e osservando lo schermo sbuffa. -Scusami, devo rispondere.-

Annuisco comprensiva e lui accetta la chiamata, facendo il nome di Aureliano, mentre esce dalla cucina.

Sospiro pesantemente cercando di tornare con i piedi sulla Terra e mi siedo sul tavolo, lasciando i piedi a penzoloni.

Ho il cuore pesante e l'ansia che mi divora se solo penso che gli sto mentendo e che in qualche modo sto facendo il doppio gioco, anche se solo per proteggerlo.

Come posso gestire tutta questa situazione?

*

Osservo Lele mentre mangia il suo involtino primavera e sorrido, così lui, accorgendosene alza la testa e mi lancia uno sguardo interrogativo. - Che succede?-

- Mi piace passare del tempo con te come le persone normali.- sorrido ancora, appoggiando la mia mano sulla sua, accarezzando piano le sue dita con il mio pollice. - Nonostante tutti i casini mi hai davvero portato a cena fuori.-

- Te l'avevo promesso. Comunque qualsiasi cosa succeda dimmelo, dobbiamo essere tutti uniti, ok?- sgrano gli occhi e annuisco appena.

Non posso dirtelo, lo faccio per te, perdonami.

- Certo, Lele.- forzo un sorriso e il suo viso si rilassa. Ha capito che mi è successo qualcosa, ne sono certa, voleva la consapevolezza che è tutto a posto.

- Per un po' è meglio che vieni a stare da me, non è prudente che tu stia sola, qualcuno potrebbe farti male...- abbassa la voce e stringe la forchetta tra le mani con rabbia, per poi tornare a guardarmi negli occhi.

- Come vuoi, se ti senti più tranquillo faremo così! Io sono qua Gabriele, non dimenticarlo mai.- lui annuisce e mi stringe forte la mano, per poi continuare a mangiare.

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