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Solar Moody.

Tutti hanno dei segreti, chi più, chi meno.

Gemma ne aveva due che avrebbe dovuto cosudire per sempre.

Il primo era che lei era diversa dagli altri del suo popolo: era una solare.

La popolazione del pianeta si divideva nel popolo del sole e quello della luna.

Tra gli abitanti del sole era normale avere le lentiggini, erano come delle macchie solari, ma era insolito avere le efelidi.

Molti le scambiavao per comuni lentiggini, ma, mentre queste rimanevano tutto l'anno, le efelidi erano visibili solo alla luce del sole, per questo comparivano nei periodi caldi.

Chi presentava queste particolari macchie, si portava dietro un dono che si trasmetteva con un gene recessivo, un dono che andava tenuto nascosto.

Se le autorità l'avessero scoperto l'avrebbero portata via, per fare esperimenti su di lei e sfruttare il suo dono per lo sforzo bellico.

Tutti sapevano che per quanto la secolare guerra tra i due popoli fosse finita, i rapporti erano molto tesi ed entrambi si tenevano pronti per un eventuale conflitto.

Alcuni dei governatori, però, avevano intenzioni pacifiche e a turno, una volta a settimana, aprivano le frontiere, organizzando incontri tra i due popoli, per favorire il confronto.

Anche Gemma partecipava a questi incontri ed era proprio ad uno di questi che per la prima volta sentì un fuoco arderle nel petto.

Si era innamorata e questo era il suo secondo segreto inconfessabile.

Lei si chiamava Anne ed era bellissima.

Presentava tutte le caratteristiche di una Moonlight, la razza bianca del popolo della luna, ed era perfetta.

Aveva la cosiddetta "tintarella di luna", che era una delle cose più rare e belle che si potessero avere; molte ragazze infatti invidiavano la sua carnagione pallida.

Poi aveva dei capelli lunghi e morbidi, di un'argento tenue, un fisico perfetto anche senza curve ed era pure molto carina di carattere.

Ogni volta, Gemma attendeva con ansia quegli incontri settimanali, solo per vederla e passare del tempo con lei.

Durante essi, studiavano le caratteristiche dei vari popoli e la loro storia.

Quel giorno, Gemma era appena tornata da uno di questi ed era felicissima, perché era riuscita a passare del tempo con Anne.

Mentre entrava in casa sua, ripensò al suono della sua voce, alla sua risata cristallina e sorrise teneramente.

Era tardi, il sole stava calando e Gemma si fermò ad ammirare il tramonto.

Adorava quelle mille sfumature di rosso, arancio e giallo.

Chissà se anche Anne lo stava guardando...

Immersa nei suoi pensieri, si perse a guardare il panorama finché non fece totalmente buio.

Accese le candele che stavano in camera sua con il solo tocco delle dita, dato che loro abitanti del sole riuscivano a creare fuoco dalle loro mani.

Non era abituata a dormire al buio.

Gemma si sciolse i capelli arancioni, legati in due marruzzelle sulla testa, si mise una vestaglia leggera che usava per dormire e si coricò.

Nella mente aleggiavano ancora i ricordi della giornata appena conclusa.

Si addormentò col sorriso dipinto sul volto.

Venne svegliata nel cuore della notte da un rumore sordo nella sua stanza.

Perché le candele che aveva lasciato accese ora erano spente?

L'unica, tenue luce che era presente nella stanza, era quella lunare, che proveniva dalla finestra spalancata.

Le tende ondeggiavano al vento, silenziose.

Gemma sentì un rumore.

Trattenne il respiro e stette in ascolto.

Oltre al cuore che le rimbombava nelle orecchie, sentiva un'altro suono.

Un'altro respiro.

Affannato e debole, appena udibile.

Solo che non vedeva nessuno alla luce della luna.

Voleva vederci chiaro.

Accese una candela.

Poi un'altra e un'altra ancora, senza mai spostarsi da dove si trovava.

Alla luce delle cinque candele che aveva acceso, vide un'ombra sul pavimento.

Non era un'ombra, era una persona.

Quell'essere era un abitante della luna, un Moonnight, la cosiddetta razza nera.

Certamente non era normale trovarsi di fronte a qualcosa del genere.

Ancora meno normale era vederlo lì, nel bel mezzo della sua stanza.

Non ne aveva mai visto uno dal vivo, solo delle foto in alcuni libri.

Si vociferava che il popolo della luna usasse i Moonnight come spie: dato che erano totalmente neri, come la notte, riuscivano a mimetizzarsi bene.

Ora che ci pensava bene agli incontri erano presenti solo ragazzi bianchi e non neri.

A prima vista potevano sembrare solo delle ombre informi, per questo non venivano quasi mai scoperti.

Solo un occhio attento sarebbe riuscito ad individuarli, dato che erano anche molto rapidi.

Potevano essere visti solo grazie ad una lampada a luce ultravioletta.

Infatti, se la loro pelle veniva investita da un raggio ultravioletto, si ustionava, colorandosi di lilla chiaro.

Gemma prese la sua torcia a luce ultravioletta (ognuno nel popolo del sole ne aveva uno, in caso si fosse trovato davanti ad un Moonnight) e la puntò verso quella strana ombra.

Alcuni abitanti del sole che erano venuti a contatto con un Moonnight, affermavano quanto fossero violenti e che spesso girassero armati di arco e frecce.

Erano esseri senza cuore.

La figura appena venne investita dalla luce non fece altro che contorcersi su sé stessa, emettendo solo dei respiri più forti e più veloci di prima.

Gemma continuò a tenere il raggio di luce violetta puntato verso l'essere, che continuava a muoversi, cercando si sottrarsi alla luce.

Poi all'improvviso si fermò lì dov'era e non si mosse più.

Gemma spense la luce e accese le restanti candele, in modo da vedere meglio.

Una volta finito, si avvicinò alla figura distesa a pancia in giù sul pavimento, squadrandola dall'alto in basso.

Il Moonnight che s'era intrufolato in camera sua era una ragazza.

I lunghi capelli neri erano raccolti in un'unica treccia che partiva dalla nuca.

Indossava dei vestiti neri, che si confondevano con la sua pelle, assieme ad un arco ed una faretra piena di frecce.

Il fascio ultravioletto aveva forato la stoffa della maglia, ustionandole la spalla sinistra e parte della schiena.

Era piuttosto esile di corporatura, come la maggior parte dei Moonnight.

Gemma si mise in ginocchio e girò l'intrusa a pancia in su.

Quasi si spaventò quando vide i suoi occhi: erano rimasti semiaperti e si intravedeva la pupilla bianca nell'occhio totalmente nero.

Portava una mascherina nera in viso, che le copriva il naso e la bocca, forse per non essere riconosciuta.

Vide delle lacrime bianche che avevano bagnato la stoffa nera della mascherina.

Non le importava se l'aveva fatta soffrire: era un Moonnight e loro erano gente malvagia, giusto?

Lo sguardo le scese più in basso e vide una grande macchia violetto sulla maglietta strappata.

In quel momento si ricordò che il sangue dei Moonnight è nero, ma a contatto con l'aria assume un colore che può andare dal lilla al viola.

Gemma si coprì la bocca.

Quella ragazza era venuta lì per cercare aiuto e lei l'aveva ferita ulteriormente.

Si sentiva tanto in colpa...

Decise di rimediare al danno che aveva fatto.

Si alzò e la prese in braccio, meravigliandosi di quanto la sua pelle fosse fredda, anche perché la sua temperatura corporea si aggirava intorno ai quaranta gradi circa, mentre quella della ragazza avrebbe potuto a mala pena sfiorare i venti.

La poggiò sul suo letto, fregandosene di mantenere le lenzuola pulite, per poi prendere delle bende e del cotone da un armadietto, nient'altro.

Niente disinfettante o medicinali, non ne aveva bisogno.

Le sfilò l'arco e la faretra, poggiandole per terra, dove non avrebbero dato fastidio, poi le sollevò la maglietta.

Aveva una bella ferita.

Non era molto estesa, ma sembrava profonda, forse era stata procurata con un pugnale o un coltello.

Gemma le mise una mano a coppa davanti alla bocca e sentì il respiro freddo della ragazza scontrarsi contro il suo palmo.

Era viva.

Prima di iniziare le chiuse le palpebre: quegli occhi neri la inquietavano parecchio.

Tornò a dedicarsi alla ferita.

Il sangue non zampillava fuori e non si era ancora raggrumato, infatti era lucido e umido, di un colore lilla pastello.

Gemma mise le dita sui bordi della ferita, unendoli fino a farli combaciare, e chiuse gli occhi.

Le faceva un po' schifo toccare il sangue, ma cercò di non pensarci: si doveva concentrare.

Le dita si scaldarono gradualmente, fino a raggiungere una temperatura vicina ai sessanta gradi.

Quando Gemma credette che potesse bastare, alleggerì la pressione sulla ferita e diminuì il calore, fino a ritornare alla sua normale temperatura corporea, per poi riaprire gli occhi.

Osservò il suo lavoro soddisfatta: i bordi della ferita si erano uniti e ora la pelle attorno ad essa era diventata di un caldo colore dorato.

Prese il cotone e pulì il sangue che era rimasto in superficie, poi cercò di bendare la ferita, in modo da impedire la dispersione del calore curatore.

Solo che fasciare quella ferita si rivelò più complesso del previsto.

La ragazza era totalmente inerte e Gemma riuscì a passare la benda sotto la sua schiena con non poca difficoltà.

Alla fine del lavoro, notò che la Moonnight si stava svegliando.

In lei c'erano sentimenti contrastanti: una parte era felice che si fosse destata, l'altra invece voleva che fosse rimasta a dormire per sempre.

Appena la ragazza la vide, scattò a sedere, spaventata, ma crollò subito dopo sul materasso per la mancanza di forze.

Gemma si sedette sul letto, affianco a lei, e cominciò ad accarezzarle i capelli, cercando di calmarla, notando quanto quest'ultimi fossero morbidi al tatto.

-Tranquilla, resta giù, non ti farò del male...- sussurrò Gemma. -Come ti chiami?-

La ragazza la guardò diffidente, poi sospirò e disse:

-Il mio nome di battaglia è Slide Star, ma il mio vero nome...-

-Se non ti va di dirmelo, non fa niente.- continuò Gemma, vedendo che s'era interrotta.

-Mary.- tagliò corto la ragazza. -Mi chiamo Mary.-

-Bene Mary, ora lascia che mi prenda cura di te, sei ferita, anche per colpa mia, e quindi mi sento in dovere di aiutarti.- decretò Gemma, che non aveva smesso un minuto di accarezzarle i capelli. -Comunque il mio nome è Gemma Angesun.-

Mary la guardò torva: -Perché mi hai detto il tuo nome? Non sai di che razza sono io? Non dovresti fidarti di una come me...-

-So che sei una Moonnight, ma non mi importa più di tanto: sei venuta da me per cercare aiuto e io te lo darò, che ti piaccia o meno. E ora togliti la maglia che devo curarti la scottarura che hai sulla schiena.- rispose mentre cercava di metterla seduta.

Sul viso di Mary si dipinse un'espressione sorpresa: chi si credeva di essere quella ragazzina per darle ordini?

Ma era troppo debole per fare qualsiasi cosa, anche respirare le restava difficile, quindi la lasciò fare.

Si mise seduta a gambe incrociate e si tolse la maglietta, restando con un semplice top nero: aveva troppo poco seno per una prima.

Gemma si mise affianco a lei e analizzó la situazione: le aveva provocato varie scottature sulla schiena, sul braccio e sulla spalla sinistra.

Appena poggiò le dita su di esse per curarle, Mary sussulto dal dolore.

-Scusami Mary, all'inizio farà un po' male, ma ti prometto che dopo ti sentirai a meraviglia.- poi prese un cuscino e glielo porse -Se vuoi, puoi mettere la faccia qui dentro e strillare quanto vuoi.-

La ragazza si girò seria verso di lei, senza prendere il cuscino, poi parlò, con una nota di dolore nella voce:

-Ci hanno insegnato a sopportare il dolore, a soffrire in silenzio. Ci facevano dei tagli sulla pelle o ci puntavano addosso quella luce infernale per abituarci. Sono sempre stata una frana in questo, ma almeno ho imparato a trattenere gli urli e non era male come risultato. Questa notte, mentre ci allenavamo alla luce lunare, sono stata pugnalata da un mio compagno e mi sono messa a strillare. Il dolore era troppo forte per far finta di niente. Oh, e sono anche scoppiata a piangere, ulteriore prova del mio fallimento come Moonnight. Mi hanno sbattuta fuori, anche se nel tiro con l'arco e nella lotta non ero male. Hanno detto che un Moonnight che non sa sopportare il dolore non vale niente. Non mi hanno nemmeno curata. Saranno almeno due ore che vago senza meta. La tua casa è la prima che ho trovato. Mi dispiace di essermi intrufolata qui.-

Gemma trattenne a stento le lacrime: era molto sensibile.

Quella ragazza si era appena aperta con lei, in completa fiducia, solo perché ormai non aveva niente da perdere.

-Ma è terribile... Mi dispiace, non lo sapevo...- fu l'unica cosa che disse prima di porgerle di nuovo il cuscino -Sfogati. Strilla pure, ne hai bisogno.-

Mary la guardò, con gli occhi che le brillavano, poi afferrò il cuscino e se lo mise in faccia, mugugnando un "Sono pronta!" alla nuova amica.

Gemma sorrise e poggiò e mani sulla ferita, sentendo subito un urlo da parte di Mary, soffocato dall'imbottitura del cuscino.

La solare chiuse gli occhi e si concentrò.

Le sue mani diventarono di nuovo calde e le tenne posate sulla schiena nera della ragazza per una decina di secondi, per poi toglierle delicatamente.

Riaprì gli occhi, vedendo che la scottarura sulla schiena era quasi guarita.

Ripeté la stessa cosa con la spalla e il braccio sinistro, poi si fermò per riprendere fiato.

Mary aveva strillato tutto il tempo con la faccia affondata nel cuscino.

-Potrei... potrei chiederti un ultimo favore?- sussurrò Gemma titubante.

-Dimmi tutto.- rispose Mary togliendo il cuscino dalla faccia.

-Non è che potresti toglierti il top? Devo fasciarti per impedire al calore di disperdersi, in modo che la ferita guarisca prima.- Gemma non era sicura che Mary avrebbe accettato.

Invece quella annuì e si sfilò il top nero dalla testa, per poi coprirsi il seno con il braccio destro.

Gemma si mise al fianco di Mary, per fasciarle il braccio: si sentiva leggermente in imbarazzo.

Cercò di pensare ad altro; tanto non era niente di che, ma il suo corpo non era d'accordo.

Infatti le lentiggini che aveva presenti un po' ovunque, soprattutto sul viso, sulle spalle e sulle braccia, si illuminarono di una luce dorata.

Mary se ne accorse e, con una nota di divertimento nella voce, chiese:

-Gemma... che ti succede?-

-No tranquilla, va tutto bene- disse coprendosi il viso con le mani dalla vergogna -Ci succede quando siamo in imbarazzo, è... il nostro modo di arrossire.-

Mary sorrise: -Le tue lentiggini sono carine. Anche tu sei carina.- poi guardò in alto e chiuse gli occhi -Mi piace il tuo tocco... è caldo e soffice... per favore, continua...-

Altre lentiggini si accesero sul viso di Gemma.

Cercò di sbrigarsi, quella situazione non era normale.

Ci furono dei momenti in cui Gemma sentì Mary sospirare, e ne fu quasi felice.

-Finito!- esclamò Gemma.

Si accorse di alcuni puntini bianchi erano spuntati sulla pelle nera di Mary.

Ce ne erano alcuni sulle spalle, altri sulle braccia e due vicini sul collo.

-Mary.- la chiamò Gemma -Cosa sono questi puntini luminosi che hai sulla pelle? Sono una malattia o cosa?-

-Oh, no, no.- si affrettò a correggere lei -Sono... come dei nei. I Moonlight hanno dei piccoli puntini neri, noi li abbiamo bianchi.-

-Sembrano delle piccole stelle.- commentò l'altra.

Mary si girò verso di lei, la mano destra ancora a coprire il seno:

-Sono felice che ti piacciano.-

Gemma la guardò sorridendo imbarazzata: non s'era mai trovata in una situazione del genere e non voleva che Mary andasse oltre, anche perché, a lei piaceva Anne e voleva restarle fedele, in un certo senso.

Però non riuscì a trattenersi, quando Mary, abbassatasi la mascherina, le prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo, facendo scontrare le loro labbra.

Assecondò il bacio, forse perché, in fondo in fondo, lo voleva anche lei.

Le labbra di Mary erano dannatamente fredde e contrastavano con quelle calde di Gemma.

Quando si staccarono, la solare notò che Mary aveva entrambe le mani allacciate al suo collo e aveva lasciato il seno scoperto.

Le lentiggini brillarono, illuminando a giorno lo spazio circostante.

Mary sorrise teneramente, come se davanti avesse una bambina, poi si fiondò di nuovo sulle sue labbra, facendo cadere entrambe sul letto.

Lei era fredda: aveva bisogno una fiamma che la riscaldasse e forse ora l'aveva trovata.

Dal canto suo Gemma si sentiva come se stesse tradendo Anne: per quanto Mary fosse bella e le somigliasse per alcuni aspetti, non era uguale a lei: non la poteva sostituire.

Decise che quella sera non ci sarebbe stato nient'altro che quei baci.

Strinse Mary tra le sue braccia e iniziò a riscaldare la sua pelle.

L'altra lo prese come un gesto di affetto e continuò indisturbata a baciarla, ma la solare non lo faceva per quel motivo, bensì per un'altro.

Infatti Gemma sapeva che i Moonnight, se venivano a contatto con una superficie o un ambiente troppo caldo, entravano in uno stato di trance, riducendo per qualche ora le loro funzioni vitali al minimo.

Poco dopo sentì i baci di Mary farsi più leggeri e deboli, finché non ebbe più la forza di farlo e svenne sul suo petto.

Gemma ora si sentiva più tranquilla e riprese a respirare normalmente.

Scostò gentilmente la ragazza dal suo petto e si girò di lato, cercando di ignorarla.

Il sonno arrivò prima del previsto e Gemma si addormentò beata, dormendo fino a poco prima dell'alba.

Quando si svegliò, notò il cielo rossastro alla finestra e si mise a sedere, attendendo che la luce del sole entrasse nella camera.

Mary era ancora nel suo stato di trance, anche se mostrava segni di disgelo da quel corpo freddo.

Gemma pensò che un po' di sole non le avrebbe fatto male, quindi aprì del tutto le tende in modo da lasciare spazio alla luce che lentamente cominciava a entrare.

Rimase lì, alla finestra, ad ammirare l'alba, come il giorno prima col tramonto.

Ripensando alla sera prima le tornò in mente Anne e cominciò a fantasticare su di lei.

Chissà che stava facendo in quel momento...

La immaginava nel letto, dormiente e tranquilla, con i capelli morbidi che le ricadevano sul volto.

Venne riportata nel mondo reale dai mugugnii di Mary, che stava uscendo dal suo letargo.

Ormai il sole era sorto e la luce inondava tutta la stanza.

Gemma si girò verso di Mary, immaginando di trovarsi davanti ad una ragazza del colore della notte, totalmente disorientata, ma quel che vide la fece rimanere senza parole.

Lì sul suo letto, al posto di Mary, c'era niente poco di meno che Anne, la sua cotta inconfessabile.

Gemma sentì le farfalle agitarsi nello stomaco e le sue lentiggini non ci misero poco a trasformarsi in tante piccole lucette.

Mentre Gemma stava paralizzata alla finestra cercando di dare una spiegazione plausibile a quel che stava vedendo, Mary, o meglio, Anne, si stava svegliando del tutto.

Quando si tirò a sedere vide le sue mani bianche, come tutto il resto del suo corpo.

No, non poteva essere successo.

Guardò Gemma, che ancora stava cercando di metabolizzare cosa fosse appena successo, pensando al modo migliore per spiegarle tutto.

-Anne? Come... come sei arrivata qui?- chiese Gemma mentre cercava di non andare in panico.

-Vuoi sapere come ho fatto?- l'altra annuì e lei continuò. -Io sono Mary Anne, una lunatica. Siamo esseri rari e ci comportiamo come la luna: se illuminata dal sole diventa bianca, invece quando è buio resta nera. La parte bianca è calma e controllata, mentre la nera è impulsiva e violenta, ma esseri come noi possono riuscire in parte a controllarla.-

Gemma rimase lì, ferma a cercare di non prendere fuoco per la troppa agitazione.

Mary Anne la guardò con uno sguardo dolce, come se davanti avesse una bambina spaventata, e le si avvicinò piano.

Una volta arrivatale vicino, le mise una mano sulla guancia e sussurrò piano:

-Oh Gemma...- sospirò -Tutto questo non doveva succedere, tu capisci che non potevo dirlo in giro, tu che sei una solare, puoi capirlo...-

Gemma stava ricominciando a respirare normalmente.

Aveva puntato i suoi occhi di cielo in quelli grigi della lunatica, scrutandoli ammaliata: sarebbe potuta rimanere ad ammirarli per il resto della sua vita.

Uno scatto sordo la riportò alla realtà; sentiva qualcosa attorno ai polsi, qualcosa di freddo.

Abbassò lo sguardo e vide un paio di manette di metallo che le legavano i polsi.

Guardò Mary Anne stupita, vedendo un sorriso formarsi sul suo viso.

Per cercare di liberarsi, mandò a fuoco le sue mani, sperando di fondere o ammorbidire il metallo delle manette, ma quello diventò solo incandescente.

-Riscaldale quanto vuoi, non fonderanno.- commentò Mary Anne con tono beffardo.

Gemma spense il fuoco tra le sue mani e abbassò lo sguardo, iniziando a singhiozzare: -Anne... Perché l'hai fatto? Io... Io ti amo!-

-Ho lo so bene che mi ami, si vedeva lontano un miglio. È per questo che son venuta da te. Appena mi presenterò all'accademia con te, non solo mi faranno rientrare, ma entrerò di diritto tra i Moonnight veri e propri.- le scappò una risatina -Dovrei ringraziarti, lo sai? Se non ci fossi stata tu, tutto questo non sarebbe stato possibile.- rise più forte.

Nel frattempo Gemma piangeva e piangeva: non riusciva a credere che il suo amore non solo non veniva ricambiato, ma la persona che amava l'avrebbe sfruttata per i suoi scopi egoisti.

Mary Anne, si era rivestita e dopo aver raccolto arco e frecce, prese il suo trofeo per le manette e cominciò a trascinarla fuori.

A Gemma ormai non restava più nulla: non aveva più una libertà, non aveva più una volontà, non aveva più niente.

Le rimaneva solo il suo cuore infranto, che ancora pulsava di amore per la sua amata.

L'unica cosa che le sarebbe rimasta per sempre.

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