15 - EMMA
So che ogni attimo è diverso,
so che nessuno è come te
–Ligabue
Continuiamo a camminare, senza sapere esattamente dove stiamo andando.
Nico ha proposto di fare una passeggiata al parco e per le stradine piene di vetrine ancora illuminate e piene di gente che chiacchiera tranquillamente. Ho accettato, ripetendomi che il nostro non è un appuntamento ma solo un'uscita tra amici. Un'innocua uscita dove lui mi ha offerto la cena, deliziosa tra l'altro, dove ho riso come una matta e dove i miei occhi non riuscivano ad allontanarsi dalle sue labbra chiedendomi che sensazione avrei provato.
Sicuramente sarebbe stato meglio del bacio con Alessio Ponzi in seconda media. E se fosse successo sicuramente non sarebbe stato perché Matilde ci ha obbligato, come quella volta.
«A cosa stai pensando?» mi chiede colpendomi delicatamente con il gomito e facendomi tornare alla realtà.
Butto fuori l'aria e lo guardo di traverso sorridendo. «A niente di particolare»
«Sembravi finita in un altro mondo» commenta ridacchiando e sorridendomi facendomi annodare lo stomaco.
Rido, nervosa. «Già, a volte mi capita. Ma ora sono tornata, al cento per mille» assicuro sentendomi le guance andare in fiamme. Che cavolate sto dicendo?
«Ti va un gelato?» chiede improvvisamente indicando una gelateria poco distante.
Mi volto e lo guardo allibita. «Seriamente hai ancora fame? Sei peggio di Obelix!»
Nico scoppia a ridere di gusto. «Nha, peggio di lui è impossibile. Ma fare attività fisica mi mette addosso molta fame»
«Io passo.»
«Sicura?»
Annuisco, sentendomi come dopo la cena di Natale. Peggio di un tacchino ripieno il giorno del ringraziamento in America.
Nico si ferma e prende una coppetta con limone e cioccolato e mentre continuiamo a camminare mi chiede se ne voglio un po'. É senza glutine, c'era un cartello sulla gelateria, e il limone e il cioccolato sono decisamente invitante.
«Va bene, solo un cucchiaio» sospiro fermandomi e guardandolo sorridere come un bambino. Sembra Filippo quando al suo compleanno ha ricevuto la Wii.
Nico riempie il cucchiaio e lo allunga verso di me. Il gesto mi sembra troppo... intimo, ma ignoro lo sfarfallio allo stomaco e assaggio il gelato.
«Buono» sussurro con la voce roca mentre Nico tiene il cucchiaio sospeso tra di noi e mi fissa con uno sguardo che potrebbe seriamente farmi sentire come una di quelle modelle sulle riviste.
«Parlami un po' di te, della tua famiglia» dice in un sussurro rigirandosi e tornando a camminare mentre finisce il gelato in poche cucchiaiate.
«Bhe, ho un fratello che conosci, Filippo, e una sorella più grande che fa scienze infermieristiche. É anche una volontaria sulla croce verde e quando farò i diciotto lo farò anche io» ammetto alla prima persona che non sia Lara. Mia madre non dice nulla davanti a mia sorella ma non le va molto a genio che sua figlia entri in contatto con tossici che buttano la loro vita, rischiando di uccidere anche gli altri. Naturalmente abbiamo provato a spiegargli che non è solo quello, che ci sono persone davvero bisognose d'aiuto, ma per lei esistono solo i tossici.
«É un bel progetto. Farai anche tu l'infermiera?»
Scuoto la testa e lascio vagare lo sguardo sulla strada mentre la ripercorriamo a ritroso. «No. Almeno, non credo. Non so cosa voglio fare esattamente, ho cambiato idea così tante volte. E te?» domando guardando il suo profilo e decidendo che non si può scegliere quale sia il suo lato migliore.
Lui scrolla le spalle. «Non lo so. Credo che andrò a lavorare appena finita la scuola»
Annuisco e nella mia testa iniziano a passare tutte le domande che potrei fargli, scartandone una a una perché troppo stupide o troppo impegnative. Alla fine propongo per la stessa domanda che lui ha fatto a me. «E com'è la tua famiglia, invece?»
La sua mascella si irrigidisce per un attimo e lo vedo fare un lungo respiro prima di rispondere. «Ho una sorella, Elena. Lei.. è cieca»
«Dalla nascita?» chiedo, ricordandomi vagamente che Rebecca aveva accennato a lei.
Lui scuote la testa. «No, ha avuto una grave infezione agli occhi e i medici non l'hanno notata in tempo. Aveva circa quattro anni»
Rimango in silenzio, principalmente perché non so cosa dire, e lascio che lui continui a parlare. «Mia madre da allora continua a pregare. Come se potesse servire qualcosa, e mio padre.. bhe, lui è uno stronzo»
Il tono della sua voce è brusco e riesco a percepire il rancore che prova verso suo padre.
«Cos'è successo?» domando piano, quasi temendo una reazione eccessiva. Ho la sensazione che sua un suo nervo scoperto e possa fare decisamente male.
Lui scuote la testa e ride nervoso. «Troppe cose perché lo riesca a perdonare. É uno stronzo, non c'è mai stato e.. lascia perdere. Non voglio parlare di quello e rovinare la serata»
«Va bene» sussurro sorridendogli e riuscendo a ottenere un sorriso a mia volta, anche se si vede che si sta sforzando.
«I tuoi genitori, invece?»
«Mia madre è una contabile, è praticamente sempre impegnata e io e mia sorella siamo cresciute con i miei nonni. Si è risposata quando avevo sei anni, ma Damiano mi piace. Non è male» ammetto con un sorriso. É strano raccontare questa cose a un estraneo, ma con Nico mi viene tutto così semplice e naturale che sembra quasi surreale.
«Non hai nominato tuo padre» nota.
Un sorriso triste mi sfugge e cerco di guardare avanti per evitare il suo sguardo. «Lui.. è morto. Avevo solo pochi anni e praticamente non me lo ricordo. Aveva un tumore al cervello, niente di curabile.»
«Mi.. dispiace.»
Scuoto le spalle e gli sorrido. «Ormai è successo, non si può tornare indietro e poi ero troppo piccola anche solo per capire»
La sua mano è veloce e quasi non mi accorgo del suo gesto fino a quando non sento il calore sulla mia pelle. Fa scivolare la mano dentro la mia e d'istinto apro il palmo per poi intrecciare le dita con le sue.
Il cuore inizia a battere a velocità della luce e devo cercare di nascondere il rossore e il sorriso ebete che ho in faccia. «Okay, che ne dici se parliamo di qualcosa di un po' più... allegro?»
Scoppio a ridere, trovandomi decisamente d'accordo con lui. «E di cosa vorresti parlare?»
«Della cosa più imbarazzante che hai fatto!»
Scoppio a ridere, scuotendo la testa. «No, e ancora no!»
«Cosa? E perché no? É tanto imbarazzante?»
Ridendo come una scema mi mordo il labbro inferiore. «No, ma è imbarazzante raccontarla»
«Cosa può esserci di così male? Dai, sicuramente a qualcuno è successo di peggio!»
Mi moro le labbra indecisa e alla fine sospiro. «Dopo però tocca a te»
Lui si mette la mano libera sul cuore. «Promesso»
«Okay... allora, ero a casa dei parenti di Damiano, il compagno di mia madre, e avevo sui dodici anni» inizio a raccontare sentendo le guance andare in fiamme. Non ci posso credere che lo sto raccontando. «Indossavo dei pantaloni bianchi e.. bhe...» lo guardo i traverso. «Devo finirlo il racconto?»
«Ti è arrivato il ciclo?» chiede lui, meno schifato di quanto pensassi. Solitamente i ragazzi odiano parlare di argomenti del genere, almeno secondo Rebecca.
Annuisco e scoppio a ridere leggermente nervosa. «Ho macchiato tutto il divano. Hanno dovuto cambiare i cuscini. È stato imbarazzantissimo ». Cerco di riprendermi e di tornare seria. «Tocca a te»
«Va bene. Allora, è relativamente imbarazzante perché non mi ricordo molto. È successo un paio di anni fa, al diciottesimo di un nostro amico. Ha offerto da bere a tutti e io mi sono unito al gruppo. Io e Lu' abbiamo fatto una scommessa e io ho perso. La mia penitenza era correre per il parco nudo indossando le mutande della ragazza con cui stavo. Era un tanga»
Scoppio a ridere, principalmente per il modo in cui l'ha raccontato, anche se l'immagine di lui che corre ubriaco con addosso un tanga non è nulla male.
«Ehi, io non ho riso al tuo momento imbarazzante!»
Alzo le mani, lasciando la presa sulla sua e sentendo l'aria incredibilmente fredda in quel punto. «Scusa, ma.. lo hai fatto veramente?»
Lui mi guarda torvo ma il suo sorriso tradisce il suo cipiglio. «Giuro. E puoi chiedere a Simo la prossima volta»
«É uno della squadra?»
Lui annuisce e si ferma davanti alla macchina. Wow, siamo già arrivati? «Si, noi solitamente lo chiamiamo Simo per il suo cognome. Simonelli, ma è Luca»
«Ah!» sussurro chiedendomi perché chiamarlo per cognome quando ha un nome così bello. Ma sono di parte, mi è sempre piaciuto il nome Luca.
«Forza cappuccetto rosso, salta in macchina» mi dice sorridendomi e facendomi l'occhiolino mentre faccio il giro della macchina.
Guardo l'orologio e quasi mi stupisco quando vedo la lancetta delle ore vicino all'11. Seriamente sono stata con lui per così tanto? Com'è possibile che poche ore siano sembrati minuti troppo veloci?
Hola readers! Scusate per il ritardo ma ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo.
Cosa ve ne pare? Lasciate una stellina o un commento ;)
Il prossimo capitolo arriva in settimana, e nel frattempo....
Buon weekand a tutti ;)
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro