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1-EMMA

Hi readers!
Dopo mesi di silenzio stampa ho deciso di provare a pubblicare una nuova storia. Questa volta non ci sono in mezzo Percy, Annabeth o altri personaggi che ci hanno fatto sognare. Questa è di mia totale invenzione e spero che la apprezzerete😊 , altrimenti vi manderò dodici dei infuriati a casa per farvi cambiare idea😇. E sanno essere molto convincenti e persuasivi.
Buona lettura :)

Le favole non riguardano solo
castelli e principesse...rappresentano
tutti i desideri che vuoi appagare e
la forza di lottare nelle cose
in cui credi.

Cindarella Story

Il rumore di sottofondo è indistinto e sono sempre più tentata di prendere le cuffiette e isolarmi da tutto quello che sta succedendo.

Le sento nella tasca dei jeans che mi chiamano, implorandomi di usarle e di mettere la musica al massimo.

Alzo lo sguardo, cercando mio fratello in mezzo al resto dei bambini. Sembrano tutti uguali con le loro uniformi e i capelli corti. E visto che mamma ha portato Filippo dal parrucchiere due giorni primastampa a più i riccioli biondi che mi aiutano a individuarlo tanto facilmente.

«Che numero di maglietta è?» chiedo a mamma osservandola mentre fissa il cellulare per rispondere alle sue mail.

«Uh?» replica, guardandomi velocemente prima di tornare al cellulare.

«Filo, che maglietta è? Mi ha detto che non è più il numero 7»

Mamma annuisce, troppo concentrata a scrivere il testo per darmi retta.

Sbuffo, guardando velocemente in campo dove dieci bambini di sette anni rincorrono una palla marrone per cercare di mandarla nei canestri abbassati.

Riconosco subito Mattia, l'amichetto di Filippo, che è rimasto fermo a bordo campo e guarda imbronciato gli altri giocare. Filippo mi ha detto che fa così quando nessuno gli passa mai la palla e un giorno durante gli allenamenti i genitori di questo bambino sono persino andati a lamentarsi con l'allenatore. Il motivo? Volevano che gli altri bambini passassero la palla a Mattia.

Finalmente trovo mio fratello, la maglietta blu e bianca con il numero 10 e il cognome "De Rossi". Si sta sbracciando cercando di prendere la palla a un bambino dell'altra squadra ed evitare che faccia canestro.

«Stavi dicendo?» chiede mamma alzando finalmente lo sguardo dal cellulare e corrugando le sopracciglia.

«Niente. Risolto» dico riabbassando lo sguardo e tornando a leggere Hunger Games per la seconda volta. Ieri sera ho visto di nuovo il film con mia sorella e mi è venuta voglia di rileggerlo.

Si, sono strana a rileggere libri che magari ho già letto. Ma amo leggere, amo il modo in cui semplici parole unite tra di loro siano in grado di trasportarti in mondi lontani, sconosciuti, portandoti via dalla realtà e facendoti vivere incredibili avventure e amori.

Sento un fischio e poco dopo Filippo compare davanti a noi, respirando affannato. Inizia a ravanare nella borsa della mamma prendendo una bottiglietta d'acqua.

«Hai visto come sono stato bravo? Ho quasi fatto canestro!»

Annuisco sorridendogli e passandogli una mano tra i capelli con la pettinatura alla "Anakin Skywalker" da bambino, con i capelli corti e la cresta. Come si vede alla fine de La minaccia fantasma. Da quando glieli ho fatti vedere si è fissato che a carnevale vuole vestirsi come un Jedi e per il suo compleanno ha voluto una spada laser. E ne vuole un'altra a Natale in modo da poter fare le battaglie.

«Bravissimo tesoro» dice mamma guardandolo velocemente e tornando subito alle sue e-mail.

Io gli faccio l'occhiolino e alzo la mano. Filo mi batte il cinque e torna in campo dove altri bambini stanno usando l'intervallo di cinque minuti per provare a fare canestro con tutte le palle che trovano.

A un certo punto, quando la partita (sempre che si possa considerare tale viato che è una sorta di allenamento) è ormai riiniziata e i genitori fanno tifo tipo stadio decido che non ne posso più e mi metto le cuffiette facendo partire P!nk a tutto volume.

Tutto il resto scompare e rimaniamk solo io, Katniss e Haymitch, il mio ubriacone preferito. Nel film è ancora meglio e la sua immagine è fresca mentre ricostruisco la scena con la mente.

Sono due mani a interrompere il mio isolamento volontario. Mi tolgono le cuffiette e lunghe unghie rosso fuoco picchiettano sopra il mio libro.

«Ciao cocca» mi saluta Rebecca con uno dei suoi sorrisi enormi che mostrano il piercing che ha sulla gengiva.

Sorrido di rimando chiudendo il libro e dicendo addio alla mia fuga negli Hunger Games. «Ehi Rebi, tutto bene?» domando anche se sono confusa.

Cosa ci fa lì?

Si lascia cadere accanto a me, salutando velocemente mia madre che risponde senza nemmeno alzare lo sguardo. «Benissimo. Hai letto i miei messaggi?» chiede, ma prima che riesca a rispondere alza una mano. «Domanda stupida, ovvio che non li hai letti o non mi staresti guardando così confusa.»

Mi mordo il labbro leggermente imbarazzata. «Cosa ci fai qui?»

Lei scrolla le spalle, togliendosi il giubbino della Colmar nero e rimanendo con una maglietta azzurra che oltre a farle risaltare gli occhi le mette in mostra il seno. «Due parole» dice alzando la mano. «Marco gioca»

«Ah! Non sapevo facesse basket!»

«Bhe, a quanto pare gioca e finita la partita andiamo a casa mia. Se vince..» mi fa un sorriso malizioso che fa intendere molte cose. «Avrà il suo premio»

Annuisco accarezzando la copertina del libro sperando di essere risucchiata dentro le pagine e sparire.

«Rimani con me? La partita è dopo quella di tuo fratello, quindi non devi aspettare molto. E giocano i ragazzi dai diciassette ai diciannove anni, quindi puoi rifarti un po' gli occhi» ammicca prendendo il suo cellulare e guardando velocemente lo schermo con le chat. «E poi sarà divertente»

Perché no, non sembra una brutta idea. Mi giro verso mia madre. «Io resto qui con Rebi»

Lei annuisce premendo violentemente sulla tastiera del suo smartphone. «Va bene. Non fare tardi per cena»

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