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Quando caddero le bombe

Ero nella mia città quando tutto è cominciato. Ricordo ancora cosa è successo ed il solo ripensarci risveglia un intenso bruciore nel mio braccio destro. Ero in casa in quel momento, in terrazza a guardare l'esterno. Il telegiornale era troppo lontano ma riuscivo a distinguere alcune parole a cui non prestavo attenzione, parlavano di guerra in posti distanti. Fu in quel momento che, all'improvviso, l'ho vista. All'orizzonte, completamente ricoperto di palazzi, ho visto una luce abbagliante, un piccolo sole che si è acceso, e subito dopo il rumore. La luce fu accecante, distogliere lo sguardo non è servito ad evitare l'abbagliamento: per qualche istante ho perso la vista, barcollando, e quando è tornata ho continuato ad avere una piccola macchia semi-trasparente nello sfondo della visione periferica. Poi si è sentito un boato assordante, impossibile descriverlo a parole, posso solo descrivere cosa ho provato, e cosa è successo subito dopo. Il rumore fu secco e lungo, come di un gruppo di petardi che scoppia dentro l'orecchio, assordante al punto da far spavento, terrificante. Ricordo che la paura fu talmente imponente che in automatico mi sono mosso, come per allontanarmi dalla fonte di quell'esplosione, come temendo di averla di fronte quella bomba, e ho perso l'equilibrio, mi sono appoggiato alla parete dietro di me. Solo per il suono. Ho sentito LE OSSA tremare, e non per la paura ma per la vibrazione dell'esplosione, ed anche la terra ha tremato. Automaticamente il mio braccio si è posto davanti alla mia faccia, come per proteggerla da un pugno, senza il mio controllo. Mentre accadeva tutto questo si formava il familiare fungo di fumo in lontananza, sempre più in alto nel cielo, sempre più grosso, in lontananza, e la mia paura peggiore che fino a poco prima sarebbe stata assurda era ora una realtà: qualcuno aveva sganciato una bomba atomica. Dopo il lampo ed il rumore, è arrivata l'onda d'urto. Una grande nebbia, come uno Tsunami della terra ferma, si è levato dalla bomba e si allargava lentamente, mentre un'ondata invisibile ha colpito ogni cosa in città. Una enorme onda invisibile e velocissima è arrivata verso di me, verso tutti i palazzi attorno a me, e sono caduto di nuovo, stavolta sbattendo con violenza contro il muro. Ricordo che tutti i vetri si ruppero nello stesso istante: tutti i vetri di ogni palazzo, macchina, finestra, ogni cosa, un rumore fortissimo ed acuto. Ho sentito le automobili scattare tutte insieme con i loro antifurti, ma soprattutto ho sentito la terra tremare di nuovo, nella terrazza dove mi trovavo si è formata una crepa, molti palazzi hanno avuto crepe simili, con un gigantesco suono secco simile ad un grandissimo ingranaggio che si blocca. Questa vibrazione sembrò spaccare l'intera metropoli, il muro dietro di me era stato scosso e perdeva piccoli pezzi, scendeva polvere. Mi sono guardato la mano, sentivo la pelle bruciare tantissimo, come se si fosse ustionata, ma la mano ed il braccio sembravano normali, solo un po' arrossati. Mi sono strofinato gli occhi, ancora stordito dal lampo e con una visione dei colori poco chiara. Trasmettere ciò che ho sentito, fisicamente e mentalmente, in quel momento è estremamente difficile, perché tutto quello che ho raccontato è avvenuto in neanche due secondi, in maniera rapidissima, l'evento è accaduto così in fretta che ancora oggi la cosa che è rimasta vivida è la paura, il terrore puro e distinto che ho provato. Il rumore di una bomba atomica. Nel mio inconscio sentivo formarsi alcuni, inquietanti pensieri "Radiazioni, sono stato già esposto. Sterilità, tumore, forse qualche anno di vita. Ho visto l'esplosione, sono troppo vicino". Sono corso dentro casa, e ciò che sono riuscito ad urlare è stato "BOMBA ATOMICA!" Lo avrò urlato due volte, scappando verso l'interno come per fuggire da quella orribile visione. Le mie gambe tremavano, camminavo appena, quasi gattonando e trascinandomi. Solo in quel momento, solo dopo istanti che sembrano ore, a raccontarle, ho iniziato a pensare razionalmente: Chi è stato? La Corea del Nord? La Russia? Gli Stati Uniti?

In automatico pensavo a delle risposte: la prima non ha abbastanza testate da colpire tutti i suoi potenziali nemici, e perché poi bombardare la Sicilia? La seconda non avrebbe motivo a scatenare un conflitto, la terza dovrebbe essere nostra alleata. Mi sono chiesto se era solo in questa città, se era in tutta Italia, se era il pianeta intero ad essere coinvolto e se la civiltà fosse finita.

Io ed i miei parenti ci siamo riuniti attorno alla colonna portante, come durante i terremoti, temendo che il tetto potesse crollarci addosso. Ricordo che ancora molte cose tremavano e oscillavano: quadri, piatti, lampadari, oggetti sui tavoli, persino alcuni mobili, sportelli. Ovunque c'erano frammenti di vetro e polvere da calcinaccio e cemento per terra. Il tremore è sparito, la terra ha smesso di tremare. Mi guardai allo specchio passandoci davanti. Vidi il mio viso, vidi il mio braccio arrossati, mi toccai la metà della faccia colpita: non sentivo niente, se non un lieve bruciore fastidioso. Terrorizzato sono uscito di nuovo, per notare da una angolatura diversa ciò che era successo. Avevo quasi paura ad affacciarmi, come se guardare il luogo dell'esplosione potesse peggiorare la mia condanna a morte. Ricordo che il mio braccio destro ed il mio viso bruciavano. Ho visto il punto dove prima c'era il fungo, che ora si stava diradando. Ho visto che la città aveva come un buco, rimasi sorpreso da quanto fosse piccolo, mi aspettavo qualcosa di molto più grande, anzi mi aspettavo che l'intera città diventasse polvere. "Bomba sporca" pensai "Un piccolo ordigno nucleare che non fa molto danno ma distribuisce molte radiazioni". Ricordo che il buco lasciato dalla bomba aveva, sopra di sé, delle piccole nuvolette che formavano delle mezzelune sottilissime "a cerchio", che si spostavano lentamente con il vento.

Abbiamo provato ad accendere il televisore ma era distrutto, il vetro sfondato e lo schermo fumante. Ho provato a vedere il computer, non si accendeva. Il cellulare era fritto. Impulsi Elettromagnetici. Dopo l'esplosione e l'onda d'urto è il terzo effetto di una bomba, frigge qualsiasi dispositivo elettrico nel raggio di kilometri e kilometri di distanza. Siamo regrediti all'età della pietra. Da fuori si udivano suoni, si udivano i clacson perennemente accesi, gli antifurto tutti insieme, la gente che urlava, soprattutto la voce di donne anziane che urlavano disperate, che piangevano, versi incomprensibili urlati a chissà chi, motori che sgommano via, suoni di sirene, ambulanze.

Una cacofonia spaventosamente triste, era come se la città fino a poco prima silenziosa si fosse rivelata solo ora piena di esseri umani, tutti esposti alla contaminazione.
Solo in quel momento pensai "La contaminazione!" e subito andai in camera mia ad abbassare la serranda. E così abbiamo fatto in tutta la casa: chiuso le porte, sbarrato le finestre, messo tappeti e sedie ad impedire qualsiasi cosa. Solo poche aperture per l'aria date da comignoli, per il resto la casa era completamente chiusa.
"Noi non usciremo......non so quanto sia potente la bomba" dissi loro "Là fuori prima si faranno ammazzare dalle radiazioni e poi i sopravvissuti si scanneranno. Abbiamo cibo a sufficienza per almeno una settimana, due se razioniamo bene. Resteremo qua il più a lungo possibile. Non aprite a nessuno, per nessuna ragione al mondo". Subito dopo precisai "Anche se si tratta di una persona che conoscete. Potrebbe essere un ostaggio, potrebbe volerci tradire. Siamo soli ora".
Mia sorella chiese "E poi?". Io non ho risposto subito. Non c'era nessun "e poi", ci avrebbero ammazzati prima. Alla fine ho detto "Aspettiamo i soccorsi, quando arriverà l'Esercito usciremo".

L'Esercito, già. La base di Sigonella è un punto nevralgico della NATO, con ordigni nucleari. E' possibile dunque che la città sia stata presa di mira per quello. Oppure che da lì i missili siano stati lanciati, ipotesi meno probabile. Se il mondo intero è stato devastato dal fuoco nucleare siamo condannati a morte, pensai. La quantità di elementi tossici nell'atmosfera sarebbe troppo elevata, l'Inverno Nucleare avrebbe sterminato l'umanità. Se invece solo l'Italia fosse stata colpita, per qualche strano motivo, per l'umanità c'era ancora speranza. Se fosse stata colpita solo questa città.....in quel caso c'era speranza anche per noi. L'Esercito sarebbe arrivato con gli elicotteri a prendere gli sfollati e con i carri a proteggere la popolazione dalla barbarie.

Abbiamo passato il resto del giorno con le mani in mano, aggirandoci per casa come spettri senza dire niente, in silenzio. Uno dopo l'altro hanno iniziato a piangere. Non io. Io avevo troppa paura per piangere, l'ansia per il cosa ci avrebbe fatto la folla inferocita era troppa per il lusso della tristezza. Abbiamo cenato in silenzio, mangiando con il senso di colpa perché ogni boccone poteva essere l'ultimo e poteva essere minore, dovevamo mangiare il meno possibile, stavamo mangiando le nostre ore di vita, noi stessi. Non li ascoltai parlare, ero impegnato a guardarmi il braccio in cerca di possibili segni preoccupanti. Per ora nulla, è solo arrossato, ha smesso di bruciare. Li ho sentiti parlare tutto il tempo, fino alla mezzanotte, quando dissi "Silenzio! Ascoltate!". Regnò il silenzio "Non sento le campane" dissi io.

Siamo andati a letto, ma quello che ho sentito non mi ha fatto chiudere occhio per diverse ore: le urla, i pianti, le esplosioni, qualche sparo, gomme che partono, rumore di incidenti. Urla, ancora pianti, poi urla e pianti. Ancora donne anziane che urlano. Qualche urlo, oh Dio, qualche urlo è diverso dagli altri. E' un urlo che chiede aiuto, l'urlo di chi sta lottando, di chi sta cercando di fermare qualcosa. Urla di supplica e di supplizio, che poi finivano. Una dopo l'altra, le voci nella notte si sono fermate. Non credo di aver dormito, ma neanche di essere rimasto sveglio.
So di certo di essermi svegliato sentendo un rumore continuo, fastidioso, anomalo. Un continuo bussare. Un bussare alla porta. Mi sono alzato di scatto. Erano tutti lì, davanti alla porta, e stavano lì ad ascoltare chi bussava come un disperato, senza dire nulla ed anzi silenziosi persino nei gesti. Non dovevamo far capire che eravamo in casa. La persona dall'altro lato, una voce femminile familiare, urlava il nome di mia madre "Sono io!" Era la nostra vicina a bussare "Apri, abbiamo bisogno di aiuto! Mio figlio si è fatto male, ha bisogno di cure!".
Mia madre si mosse per aiutarla, l'ho fermata sussurrando a voce bassissima e tremante "Hanno uno stipetto medico più grande del nostro". L'ho lasciata andare. Lei ha continuato a bussare, sempre più forte, sempre più di frequente. "Aprite! Aprite maledizione!" Iniziò ad urlare. Si stavano trattenendo, la voglia di aprire era molta "So che ci siete! Maledetti!! Ci lascerete morire Bastardi!! Avete fatto la spesa l'altro ieri, vi abbiamo sentiti! Non vogliamo molto, prenderemo qualcosina e ce ne andremo!". Ancora bussava. Poi venne un tonfo sordo, così forte da farli sobbalzare. Ne venne un altro, e poi un altro ancora "Sta facendo chiasso, spacca cose contro la porta per sfondarla". La porta, fortunatamente, era blindata. "Ci abbandonate qui?! Maledetti! Dovete morire! Dovete crepare come cani!". Ha continuato ad urlare per tutto il pomeriggio, fino a perdere la voce. Di comune accordo ci siamo allontanati.

"O li fai entrare tutti o non fai entrare nessuno" mi dicevo "Non è giusto discriminare, e se si sparge la voce che abbiamo cibo ci ammazzano. Noi non siamo qui, noi eravamo fuori quando caddero le bombe, e siamo morti nell'esplosione. Sì. Questo la gente saprà, e ci lasceranno stare". Anche quella sera cena frugale, triste, con lo stomaco che non ne voleva sapere.

Il giorno dopo stessa storia, stavolta una voce maschile "Avete lasciato mia madre fuori tutta la notte, ma non vi vergognate? Siete delle carogne! Maledetti! Aprite subito!" urlava, il suo tono era sempre più furioso. Ignorarlo fu difficile, faceva quasi paura. All'esterno le sirene non si sentivano quasi più, ma i rumori di vetri sfondati, di impatti, le urla, il fuoco da qualche parte, quello sì, si sentiva ancora nonostante le tapparelle abbassate. Abbiamo vissuto facendo il minimo rumore possibile per non farci scoprire: non potevamo tirare l'acqua, non potevamo aprire qualcosa con forza o romperlo, non potevamo neanche parlare a voce normale, né aprire le tapparelle anche solo per un attimo. La casa era buia e silenziosa, l'aria era viziata e opprimeva i polmoni. La voglia di tossire era tanta, ma potevamo farlo solo immergendo la testa nelle lenzuola sporche. Uno dei miei parenti iniziò a vomitare, e non smise più per tutto il giorno: aveva la pelle di un innaturale colore bluastro-violaceo. Nessun farmaco sembrava funzionare. Abbiamo provato a sistemare un piccolo cellulare vecchio stile: non c'era campo. Abbiamo attivato una vecchia radio amatoriale che non sembrava aver subito danni ingenti, nessuno rispondeva. L'unica cosa che si udiva, in qualche stazione, era uno strano carosello, una melodia piuttosto inquietante.

Il quarto giorno abbiamo sentito bussare "Polizia, sono arrivati i soccorsi, potete aprire".
Volevano aprire, io ho fatto cenno di No con la testa "Non c'è motivo di preoccuparsi, siamo agenti ufficiali, la zona è sotto controllo, nessuno può farvi del male. Abbiamo i paramedici, se avete dei feriti potete farli uscire da soli. Dobbiamo assicurarci che tutti stiano bene, vi prego di aprire subito la porta".

"Potrebbero essere veri agenti". Mi disse uno di loro sussurrando.
"E potrebbero non esserlo, e che arrivano quattro giorni dopo la caduta delle bombe?!" Risposi io.

"Sfonderemo la porta se necessario, vi preghiamo di non fare resistenza".
Si udirono dei tonfi secchi e delle spinte pesanti. La porta tremava, le pareti cedevano polvere, ma non ha ceduto. Ovviamente.

"Penso che la casa sia abbandonata". Sentimmo rumore di passi allontanarsi. Abbiamo aspettato. Poi si udì uno sparo, e un buco si aprì nella porta. Mia sorella aveva la bocca tappata mentre era in lacrime. L'impulso di urlare di paura per me fu fortissimo. Non abbiamo emesso fiato. Lo avessimo fatto sarebbe finita male.

Poco dopo abbiamo sentito bussare, ma alla porta accanto "Siamo la polizia, aprite"

La nostra vicina ha aperto subito "Oh grazie a Dio siete arrivati! Non mangiamo da tre giorni, abbiamo visto le bombe cadere e ci siamo chiusi dentro, ha visto cosa c'è fuori? Che è successo al governo?!". L'agente chiese "La casa accanto è abitata? C'è qualche ferito?".
"Nono, non c'è nessuno.....non preoccupatevi, aiutate invece noi che ci siamo, vi prego!"

Si udì poi l'urlo della nostra vicina, e poi una serie di spari. Abbiamo sentito uno strillo di furia maschile, altri spari. Qualche passo dentro la casa, altri spari. Poi si udì il suono di vetri che si rompevano, cassetti buttati a terra, mobili spaccati con forza, passi di fretta in giro, rumore di carta e di oggetti presi e sfilati. Poi i passi si allontanarono, e poi ci fu silenzio. Silenzio assoluto.
Non abbiamo più sentito i nostri vicini. I sensi di colpa e le reciproche accuse hanno reso difficile mantenere il silenzio "Se ci facciamo scappare anche un solo urlo facciamo la loro fine" dissi io "Resteremo qua, in silenzio".

Arrivati al quinto giorno le provviste erano scarse, ma l'acqua era finita, dato che serviva a molte più cose adesso che l'acqua corrente mancava. Servivano medicine, serviva cibo, e bisognava capire cosa stava succedendo là fuori, dove i rumori di incidenti e di urla sembravano finiti, o almeno non erano più così intensi: erano tutti morti? Erano tutti morti ammazzati? Se n'erano andati? I soccorsi ci hanno lasciato qua?

Qualcuno di noi doveva uscire ed andare a vedere.

"Vado io" dissi. Mi sono messo un giubbotto pesante, stivali, ho preso un coltello da cucina ed un tubo d'acciaio. Abbiamo tolto gli ostacoli dalla porta e, dopo aver guardato dal buco, l'abbiamo aperta velocemente, sono uscito e la porta si è subito richiusa. Ci eravamo messi d'accordo per una password, e chi entra in casa deve assicurarsi di non essere seguito.
Ho sceso le scale. Molte porte erano sfondate, alcune aperte. Notai con sorpresa che c'era vita, alcune abitazioni erano piene, la gente mi guardava.

Arrivai alla fine, e allora l'ho visto. Ho visto in che stato era ridotta la città.
E mai come allora ho pensato che, forse, una bomba atomica più grossa sarebbe stata meglio.

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