Anarchia
Per diversi giorni sono stato, in essenza, uno zombie. Vedere il mondo bruciare, affrontare per la prima volta un aggressore che tenta di uccidermi, Enrico ridotto su una sedia a rotelle, carne umana. Ognuna di queste notizie è stata un pugno nello stomaco, ma riceverle tutte insieme nel giro di così poco tempo mi ha completamente distrutto. Ho smesso di dormire, non ne sentivo il bisogno. A dire il vero, avevo paura di ciò che avrei potuto sognare. Ho smesso di mangiare, sentivo che avrei vomitato qualsiasi cosa. Il pensiero della mia famiglia in pericolo mi ha impedito di rilassarmi. E non ero l'unico. Tutti quanti facevano la loro parte. Enrico è rimasto per qualche giorno con noi. Mi ha aiutato a sistemare la corrente elettrica di casa. Ho passato giorni e giorni a fare avanti e indietro dall'Ospedale a casa. In Ospedale la situazione era tragica, c'erano migliaia di feriti: chi per le radiazioni (Ustionati soprattutto, qualcuno con i globuli rossi in caduta libera. Questi li riconosci per il loro aspetto, sembrano mummie ricoperte da bende arrossate. La pelle cade continuamente). Chi per le polveri, la nube del Fallout e la pioggia tossica (Questi tossiscono continuamente, emettendo un catarro nettamente nero oppure sangue e muco abbondante), chi per incidenti, disastri vari (Hanno le ossa rotte. Sono i più fortunati) ed infine numerosi sono feriti per colluttazioni, come avrei potuto essere io. Mazzate, coltellate, colpi di pistola. Le mafie si sono scatenate ora che l'ordine civico è venuto meno. Ma una nuova categoria non fa che aumentare, la più ovvia: tumori. L'ospedale è in crisi, perché siamo completamente isolati. Il governo e il ministero non rispondono. Non commerciamo con nessuno. Siamo chiusi con i nostri farmaci e le nostre risorse. Per questo motivo i medicinali stanno rapidamente finendo. Per evitare di finirle subito siamo stati posti di fronte ad una scelta: far pagare ai pazienti qualcosa per i farmaci, oppure continuare ad aiutare tutti indiscriminatamente, fino all'esaurimento scorte. Per evitare di sprecare da un lato i medicinali in casi mediocri ora e mancare poi di averne a disposizione per casi gravi in futuro, e dall'altro evitare di rinunciare al Giuramento di Ippocrate, il Rettore aveva preso una decisione: i casi più gravi avrebbero ricevuto cure gratuite. I casi più lievi (qualsiasi codice non rosso o nero) invece avrebbero dovuto pagare. L'Ospedale accetta cibo, farmaci, batterie e materiali utili allo scambio. Moltissimi pazienti hanno protestato, e qualche parente si è fatto violento. Per questo motivo abbiamo dovuto iniziare a presidiare l'ospedale con guardie armate, anche perché tutti questi medicinali fanno gola. I medici hanno diritto a venire pagati in farmaci e cure gratuite in cambio del loro lavoro. Più lavori, più diritto hai a venire curato per te e la tua famiglia. Per questo motivo ho lavorato, ridotto com'ero, giorno e notte. Ho lavorato senza sosta. Partivo dopo aver mangiato e tornavo a notte fonda con una borsetta di farmaci e un po' di cibo.
L'Ospedale era dunque unificato, una piccola città-stato. Tutti i medici della città erano venuti qui a lavorare, a fare i turni per difenderlo, ottenendo in cambio parte dei medicinali che i pazienti portavano per pagarsi le cure. Le altre facoltà scientifiche si sono organizzate in modo simile. I chimici, i biologi e i farmacologi hanno iniziato a produrre nuovi farmaci, commerciando con materiali casalinghi per produrli. Ad una riunione ho potuto assistere (Seppur da lontano) all'incontro tra i Sette. Il rettore di Medicina, senza il braccio. Il rettore di Biologia, un uomo tarchiato e robusto. Il Rettore di Farmacologia, anche lui sulla sedia a rotelle e con un respiratore. Il Rettore di Chimica, un uomo completamente calvo con indosso l'uniforme da laboratorio. Il Rettore di Ingegneria, quello di Fisica e quello di Matematica. Le sette università decisero di lavorare insieme. Avrebbero condiviso le risorse, e quindi dato accesso reciproco di tutti a tutto. Ogni medico poteva ora accedere alle cure degli altri medici, ai farmaci, agli esami così come ai computer ancora funzionanti, l'elettricità e tutto il resto, e così gli ingegneri potevano farsi curare. L'università tutta, o almeno sette delle facoltà, erano adesso uno stato autonomo. Dovevamo comunque commerciare con gli altri per strumenti, risorse, energia e cibo, ma potevamo salvare molte più persone.
Ho lavorato abbastanza da portare mio padre fino in Ospedale. Lo abbiamo dovuto trascinare noi. Le ambulanze erano completamente ferme. All'inizio ovviamente le ambulanze si muovevano e andavano a soccorrere i pazienti. E venivano immediatamente assaltate da vandali e guerriglie armate. Ogni ambulanza contiene medicinali e strumenti, oltre a prede fresche. La facoltà, per evitare di perdere altre unità e medici preziosi, ha posto il divieto a muovere le ambulanze, se non per situazioni d'emergenza e programmate.
Hanno preso in cura mio padre. Il midollo osseo era prevedibilmente danneggiato. Si sarebbe potuto salvare, ma doveva rimanere in ospedale. Per permettermi il letto e le operazioni, ho dovuto accettare l'incarico più pericoloso per un medico. Ossia un giro in ambulanza. C'era stata una chiamata in un quartiere considerato "sicuro". La strada non era lunghissima e il paziente era urgente. Senza l'ambulanza sarebbe morto. Siamo saliti di corsa. Durante il viaggio l'infermiere mi ha passato armi, giubbotto anti-proiettile costruito dagli studenti di ingegneria e un casco da ciclista. Mi ha dato qualche breve istruzione su come maneggiare tutto e cosa fare. L'ambulanza all'improvviso ha frenato. Tutti quanti siamo scivolati fino al muro. C'è stato un tonfo pesante che ha scosso le pareti. E poi rumore di spari. Un agguato. Le porte dell'ambulanza si sono aperte parzialmente usando quello spiraglio l'Infermiere ha iniziato ad urlare "Forza, sparate!".
Prendere la mira dalle piccole fessure dell'ambulanza non è facile. Sparare a bersagli in movimento che vanno in copertura dietro le macchine ancor meno. Eravamo in seria difficoltà, ma neanche loro stavano avanzando. Erano pochi, relativamente giovani. La sparatoria ha continuato per diversi minuti. Poi abbiamo sentito una sirena. Non quella dell'ambulanza. Quella della polizia. Una volante è venuta vicino a noi e si è unita allo scontro assistendoci. Gli assalitori sono stati quasi tutti o feriti o ammazzati, un paio sono scappati via. Gli agenti ci hanno detto che erano qui per lo stesso motivo. Il ferito era dovuto proprio ad una rapina finita male. Ci hanno proposto di accompagnarci come scorta fino in ospedale, chiedendoci però di curare uno dei loro, rimasto ferito ad una gamba. Ho tolto le bende, era ridotto malissimo. La pelle era già scura. Lo abbiamo portato con noi. L'ambulanza e la volante hanno viaggiato insieme. Ci sono stati un paio di attacchi, tutti finiti in fallimento. E' stata la prima, bella notizia da una settimana per me. E al ritorno in ospedale, guardandomi allo specchio, avevo un bel sorriso stampato sul viso. Insieme a diverse macchie di sangue: un po' del paziente, un po' degli assalitori. Gli agenti della polizia hanno parlato con il primario di chirurgia. La cosa era stata mutualmente benefica. La polizia ha ottenuto cure gratis, l'ospedale ha ottenuto una guardia gratis. La polizia infatti aveva il nostro stesso problema. Munizioni che scarseggiano, agenti che preferirebbero non lavorare. Per incentivare il lavoro anche loro hanno iniziato a chiedere sostegno economico, e pattugliano generalmente solo i quartieri che pagano o che sono immediatamente vicini alla stazione. Venne siglato due giorni dopo un patto estremamente importante tra i Sette e l'autoproclamatosi "Generalissimo" delle forze di Polizia e Carabinieri. La Polizia avrebbe fornito protezione gratuita al complesso delle sette facoltà e ai loro dispositivi mobili (ambulanze soprattutto). In cambio, anche la polizia sarebbe stata inclusa nei servizi "gratuiti", come le cure. Enrico era accanto a me in quel momento, stava sistemando il sistema motorizzante della sua sedia a rotelle "Lo Stato è morto" mi disse "E ora, lentamente, sta rinascendo". Siamo tornati a casa quel giorno, riportando mio padre. Mia madre, botanica, aveva organizzato qualcosa nel frattempo. Io mancavo perché ero in ospedale, mio padre pure, dunque lei aveva ingegnato un sistema insieme a tutti i vicini. Avevano preso tutto il terriccio che potevano trovare nei negozi e nei grandi magazzini, dalle piante di ogni vasetto, e lo avevano portato nelle varie terrazze. Qui avevano costruito delle serre improvvisate, e avevano iniziato a coltivare piante a crescita rapida. Erano abbastanza da nutrire a malapena le famiglie che ci lavoravano sopra, ma era ottimo. Un'altra cosa che non dovevamo comprare dal mercato. Di comune accordo i condomini decisero di organizzarsi. Tutti avrebbero lavorato la terra, ed ottenuto razioni per il numero di familiari man mano che i frutti maturavano. Inoltre i condomini si sarebbero uniti in turni per fare da guardia all'entrata, armati. Qui però sorse il problema: alcuni condomini non volevano partecipare. E urlavano parecchio, nel difendere la loro tesi.
"Io non ho mai detto di volerla fare questa cosa. Il cibo me lo trovo da me", dicevano, in dialetto.
Non era un problema che non volessero partecipare a forza ad un programma di lavoro e condivisione del cibo. Il problema era la protezione comune. Non volevano partecipare ai turni. Gli si spiegò che se non partecipavano avrebbero vissuto "da parassiti", protetti da altri che stavano svegli tutta la notte per loro "Non mi interessa, nessuno li ha obbligati, io non voglio farlo e non potete obbligarmi solo perché lo fate voi".
La questione era complessa. Se qualcuno poteva godere di un diritto (protezione), senza avere il dovere (fare la guardia), sarebbe stato privilegiato. E qualcun altro avrebbe presto detto "Se lui può, perché io no?" e nessuno, visto che la "protezione" è garantita, avrebbe fatto il turno. E questo avrebbe condotto ad un condominio sguardianato. Ma cosa potevamo fare? Obbligarli a forza a pagare una tassa? E se rifiutano? Li pestiamo? Nonostante fosse legittimo come forza di polizia, quando devi farlo tu suona decisamente....più totalitario. Fu mio padre, avvocato, a dirimere la situazione appena tornato. Ancora stanco con il suo bastone, sembrava invecchiato di una trentina d'anni, ma sapeva ancora arringare come una volta.
Parlò lui con le tre famiglie che si rifiutavano "Non c'è problema" disse ai signori "Se non volete contribuire alla protezione comune, siete liberi di non farlo. Buona serata". Mio padre organizzò qualche modifica al sistema di razionamento: razione doppia per chi partecipa alle ronde per un mese intero. Metà ora, metà quando finisci. Solo per residenti ovviamente. Venne stabilito (fece in modo di farsi sentire ad alta voce) che in caso di assedi, ci saremmo barricati tutti insieme, escludendo dalla protezione ovviamente le famiglie non paganti. Quando iniziarono a venire i mercanti, e quelle tre famiglie ci osservavano dare cibo in cambio di merce, abbiamo notato i loro sguardi. Tra invidia e commiserazione, uno dopo l'altro, hanno iniziato a lavorare con noi. Piano piano, la situazione si è stabilizzata. Ho lavorato abbastanza da creare una piccola scorta di medicinali, sempre più variegati. In cambio della mia consulenza e qualche farmaco ogni tanto sono stato esente dal lavoro. La nostra piccola torre era ben difesa. Per entrare serviva l'autorizzazione di almeno un abitante del condominio. Abbiamo anche iniziato ad affittare le camere a famiglie sfollate, dividendo il costo in comune informa di lavoro. Gli altri palazzi e condomini hanno iniziato ad emulare il nostro modello, qualcuno facendo anche un lavoro decisamente migliore. Chi con le coltivazioni, chi con le riparazioni, chi a costruire le barricate, chi nella difesa. Il sistema alla fine è sempre lo stesso, tutti i palazzi si ritrovano ad affrontare la dicotomia "beneficio comune>lavoro per ottenerlo". Mio padre non voleva saperne di riposare, ha iniziato a richiamare i rappresentanti di condominio di tutti i palazzi, invitandoli a far fronte comune. Tutti erano genericamente scettici, temendo che qualche palazzo potesse produrre meno e "stare su". Mio padre rispose prontamente "Lo stesso vale per le famiglie singole nel condominio, in piccolo". Alla fine si decise: Tutti e trentadue (da un lato) e ventisei (dall'altro) i palazzi della via, con tutti i loro abitanti, iniziarono a lavorare per due giorni trascinando macchine distrutte per ostruire le vie e creando dei cancelli provvisori. Ci siamo, praticamente, barricati nella nostra via. Nessuno entra e nessuno esce. Le macchine sono troppo pesanti per venire sfondate. Con delle torrette ben difese nessuno di guardia avrebbe rischiato. I turni si sarebbero fatti nei confini (gli incroci). Tutti avrebbero lavorato ai campi (oppure alle facoltà, se fornivano servizi di ritorno al proprio condominio). Abbiamo iniziato a coordinarci: insegnamenti su come coltivare meglio, addestramenti per sparare e tutto il resto. Inevitabilmente si presentarono alla nostra porta.
"L'avete pagata la protezione"? Chiese l'energumeno.
"Ci proteggiamo da soli, grazie" ha risposto il vecchio fabbro.
"Questa non è una minaccia, ma se non pagate non possiamo garantire che non vi succeda qualcosa" rispose subito l'energumeno, facendo un gesto molto eloquente con la mano.
"Poveracci quelli che avranno la sfortuna di provarci" rispose il vecchio fabbro. Nelle notti seguenti hanno cercato di attaccarci più volte. Non sono mai riusciti ad entrare. Il continuo attaccarci ha prodotto un rafforzamento nella nostra identità comune. "La via si protegge", dicevano in molti convinti. Niente pizzo, non qua. I mercanti iniziarono a venire molto volentieri qua, sempre più numerosi. Ed anche specializzati, portando cibo e materiali rari. E ognuno veniva a commerciare ciò che aveva trovato o raccolto con il tempo. "La sicurezza fa bene agli affari" disse il mercante una volta, mentre mi vendeva la solita carne strana. Io mi rifiutavo di mangiarla, ma il resto del quartiere la voleva e non era compito mio giudicare i loro acquisti. Io dovevo solo portarli avanti, quel giorno, come guardiano. "Le vie più grosse sono quelle con cui facciamo più affari. Sono felice che anche voi vi siete fortificati". Le vie vicine hanno iniziato a fare la stessa cosa. Non mancò molto tempo prima che si decidesse di fare fronte comune anche con loro. Si crearono piccoli quartieri fortificati. Circondati da mura agli incroci e punti sensibili, poi dentro si era liberi di circolare a piedi. Un piccolo quartiere contiene diverse vie, ognuna piena di case, villette e condomini. Ognuno capace di produrre più cibo di quanto necessita una famiglia. Con tutto il cibo e tutte le risorse che potevamo produrre, abbiamo iniziato a comprare in massa medicinali e visite mediche. Fu proprio a me che venne l'idea. Parlai con il rettore. Fu Enrico a condurmi da lui organizzandomi l'incontro. Gli stava montando un nuovo braccio prostetico. Uno che risponde agli stimoli nervosi muovendosi come muoveresti il braccio che ti manca. E mentre lui glielo montava, io gli spiegai la proposta. Il nostro quartiere avrebbe fornito cibo (utile per le spese e per produrre i farmaci) ai Sette. E i Sette avrebbero fornito i loro servizi medici e la protezione della polizia. Il Rettore mi ha chiesto quante casse di frutta potevamo produrre. Quando gli ho detto la cifra è trasalito. "Chiedo subito agli altri". Il patto venne stretto. Il quartiere produce. La polizia protegge. Le università agiscono. Sempre più quartieri chiusi chiesero un simile "Abbonamento". Dare cibo in cambio di protezione e cure gratis per i propri residenti, tante cure quante erano le casse di cibo. Adesso le ambulanze potevano circolare in sicurezza, e moltissimi erano i quartieri che si erano "abbonati". Una volta ho spiato la polizia durante le loro ronde. Avevamo una mappa della zona della città. Mi sono avvicinato e ho chiesto maggiori informazioni. La zona verde era la "nostra". Comprendeva le maggiori università (quasi tutte quelle ancora attive), le stazioni di polizia e tutta una serie di quartieri. Era come un insieme di cerchietti, forme strane e rettangoli sulla mappa. La zona rossa, ovviamente, apparteneva a "loro". Le famiglie.
Principalmente i quartieri più poveri e violenti, qualche ex stazione di polizia completamente svuotata dalle armi. Anche loro ora avevano iniziato a murarsi. E ci attaccavano spesso. "Le famiglie mafiose sono in lotta tra loro. Senza il comando centrale di Cosa Nostra la città ora non ha una gerarchia precisa, e quindi non hanno ancora un comando centrale. Per ora si stanno attaccando a vicenda, speriamo non si riuniscano".
C'erano altri tre gruppi. Il gruppo viola era simile al nostro. Un mucchio di quartieri, industrie, ingegneri e guardie armate. Avevano ricevuto la nostra proposta di unione e, semplicemente, avevano rifiutato. Non erano ostili, volevano limitarsi a commerciare. Il gruppo azzurro era nella regione settentrionale, vicino al Mare. Erano i vecchi pescatori. Adesso dal mare non usciva più nulla, quindi ci aspettavamo che collassassero. E invece erano ancora vivi nonostante fosse la zona più radioattiva della città. Erano i più grandi produttori di carne strana. Si diceva (erano solo voci) che commerciassero fuori dalla Zona di Alienazione. Ma queste erano solo voci, ovviamente. "Nessuno può uscire dalla città" disse l'agente, chiudendo il discorso. Infine, il gruppo giallo. Era un altro gruppo ancora, sempre non intenzionato a commerciare con noi. Aveva importanti rapporti con la piazza centrale, il mercato in cui tutti i venditori si riunivano. "Parecchi mercanti vengono da qua" mi disse l'agente in dialetto "Non amano l'idea della nostra.....cosa insieme. Temono che arriveranno tasse e messa in comune dei beni". Il resto della città era divisa in piccoli quartieri-stato come quello che eravamo noi o zone distrutte e disabitate. Era principalmente qui, nella terra di nessuno, che c'erano ancora conflitti e dove tutti potevano ancora cercare di accaparrarsi le risorse dei palazzi abbandonati. Ed era qua che i più feriti, mutati e poverissimi si rifugiavano, vittime di strozzini e predoni. "Ed è, allo stato attuale, il 70% della città". Concluse il carabiniere.
Risultava ovvio che nei mesi seguenti ci sarebbe stata una lotta senza quartiere. Una lotta per spartirsi il resto della città. E in tutto questo, nonostante le cure continue, il mio braccio non smetteva di bruciare.
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