o son desto
È liscio il pensiero che scivola sul tuo corpo. Fa plof quando cade sul pavimento. Un rivolo di sangue trasparente che ti lascia l'anima. I tuoi pensieri sono pioggerelle di spermatozoi che si rincorrono fino alla morte sul suolo. Una stanza buia, stretta, entro cui terminare tutta la tua prole. Perché sono geloso, Manuel, dei figli che non posso darti. Sono geloso dei ventri che accanto ti passano e ti invitano, ti richiamano attraverso i seni, le anche, le cosce. Sono parte dei sogni, del mondo al di là della vita. Non mi senti, non mi vedi, ti dormo accanto ogni notte fingendomi assopito per gustarmi ogni sporco verso che ti fugge dalle labbra. Dormo poco, ma non mi affatica questa vita, anzi mi ricarica l'idea che ti avrò un'altra notte anche senza essere mio. Capita che il letto cigoli, capita che spinga anche il mio. Sono uniti da due pezzi di plastica che ci tengono insieme come in un utero. È quello che siamo, dopotutto, no? Ora che giochiamo alla famiglia felice mentre di notte spero di vedere la tua mano muoversi da sotto le lenzuola. Resta concentrato. Stupido, stupido Simone. Ti sei distratto, ti sei perso tutto, è silenzioso, ha finito. Ora non ha senso dormire, non potrai sognare nulla, non ha più senso alzarti domattina e andare a scuola. Non ha senso sopravvivere a questa notte se... ma ti muovi di nuovo... inaspettatamente, la mano si agita. Ora capisco, è chiaro, non riesci a venire. La luce cala dalla finestra con più insistenza e svela i tuoi lineamenti contratti, la bocca stretta tra i denti. Il naso in questo modo sembra più grande, mi richiama, e non posso che guardarlo, non posso che guardarti. Le ciglia tremano, si alzano, ed io resto immobile a guardarti, a guardare la mano che si libera dalle lenzuola e lo mostra. Dovrei chiudere gli occhi, smettere di respirare e fingere di essere con Morfeo, e tuttavia qualcosa di più grande di me mi ferma. Il tuo sguardo.
Credevo che vedermi ti avrebbe fermato, temevo un'offesa, o forse un silenzio imbarazzante che ci saremmmo tirati indietro per giorni. Inedito è invece il modo in cui ti scopri ancora di più, mostrandomi il tuo sesso come se fosse un gioco, una sfida alla quale mi sottoponi con la sicurezza di vedermi soccombere. Non sei divertito, però, nessun sorriso ti increspa le guance. Sei allarmato, forse, sei preoccupato per questo piacere che non giunge mai. Sei disperato. Nel tuo sguardo leggo una richiesta che forse ho io stesso formulato, e che segue il movimento della mia mano che si avvicina alla tua e la spinge via. Finalmente respiri sollevato, lasci cadere le braccia accanto a te, potresti sembrare addormentato. Ma non lo sei, hai gli occhi spalancati, il corpo fermo e lasci che io ti masturbi. Ti si fa subito sprezzante, pieno, violento, lo sento sotto le dita, quel pulsare eccessivo che sembra voler divorare ogni cosa intorno. La mano si allara intorno a te mentre sembri occupare sempre più spazio, ed io mi sento piccolo, risucchiato da te, mi sento pulsare il sangue dal tuo cazzo alla mia mano e vorrei solo che mi toccassi, ora che sono parte di te, vorrei che mi sfiorassi in ogni angolo del corpo, vorrei che mi inglobassi dentro di te e mi eliminassi completamente. I tuoi sospiri caldi si fanno più intensi, fino a tramutarsi in gemiti accennati, tenuti a bada dal timore di essere scoperto. Ti stringi forte alle lenzuola come se stessi per venire e allora mi fermo immediatamente e mi calo su di te, ti avvolgo nelle mie interiora calde, ti risucchio via ogni pulsione. Ogni vena è una linea che sento sulla mia lingua, fino a sfiorarmi il palato, a spingerlo quanto più riesco in me. Premi una mano contro la mia testa e io lascio che tu mi anneghi, che mi soffochi fino a sentirmi strozzare. Un calore mi scende lungo la gola, ho l'istinto di tossire ma lo combatto, è dentro di me che devono scendere, è il mio ventre che devono inseminare. Tutti i pezzi di te che si costruiranno in me fino a rompermi, fino a farmi diventare tanti piccoli frammenti informi. Sono attento a non perdermi nulla. Fino a che non mi sollevi il viso con due dita, dal mento, e mi porti alla tua bocca, richiedi ciò che è tuo. E solo così posso permettermi di liberarmene, solo dandole a te posso privarmene. Alcuni passi si intrufolano dalle fessure della porta chiusa. Il bagno sbattutto, lo sciacquone. Ti copri in fretta e in furia, ti rifugi sotto le coperte. Faccio lo stesso. La porta si apre silenziosa, dal dopobarba ipotizzo sia mio padre, ci osserva alcuni istanti, poi richiude la porta. Nascondo la vergogna dietro le palpebre calate finché il coraggio non mi permette di sollevarle. Nel buio i tuoi occhi mi scrutano. Accenni un sorriso, poi chiudi gli occhi. E trascini anche me nei tuoi sogni lontani.
note: non ricordavo la password di wattpad e ho dovuto cambiarla è questo il livello di ragnatele che ricopre questo profilo fa schifo comunque scusate tante menomale che è breve vi voglio benissimo paffute
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