Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

CAPITOLO XIII - UN CALCIO AD UN PALLONE

Un calcio forte al pallone che va dritto vicino al muro e ritorna veloce verso di me.

Mi tuffo sul lato destro, bloccandolo tra le mie mani, al campo sono solo e per non pensare a ciò che ho appena saputo mi nascondo nel mio mondo amato: il calcio. Leggere gocce di pioggia iniziano a tamburellare sulla mia testa e sui guantoni. È ciò di cui ho bisogno, un bell'allenamento sotto una grande e grossa tempesta d'acqua anche se non riuscirà mai a reggere il confronto con la tempesta che ho dentro di me.

Il pallone nella mano sinistra. Lo lascio cadere e dopo aver disteso la gamba che avevo chiuso ad "L" l'ho colpisco con rabbia e decisione per tirarlo al muro, tanto forte da farlo tornare verso di me e pararlo all'altezza dello stomaco, chiudendomi a riccio su di esso.

«Così fai cadere il muro!», mi volto nella direzione da dove provengono le parole.

Sullo spiazzale antistante le gradinate c'è una ragazza sotto a un ombrellino, con gonna scozzese a pieghe nera e verde, calze nere, capelli corti... la conosco e avvicinandomi ne ho la certezza.

«Papà mi aveva detto che il nostro capitano era un esempio per tutti, ma non mi aspettavo lo fosse al punto da presentarsi agli allenamenti con tre quarti d'ora d'anticipo!», la sua voce si disperde nello spazio aperto.

«Ohi... Matilde!», la saluto una volta accanto.

Ma ho sentito bene? Ha detto "papà"?

Un bacio sulle guance e:«Che ci fai qui?»

«Ho accompagnato il Presidente, la sua macchina è rotta, quindi...», spiega.

«Aspetta un momento... tuo padre è il Presidente?», la guardo sbalordito e a corto di parole.

«Sì! Ma sono venuta veramente poche volte qui al campo».

Ho il pallone tra le mani e per il nervosismo mi scivola via e colpisce le gambe di lei.

«Scusami...», ma perché sono così nervoso? Un tuono squarcia il cielo e la fa trasalire.

La pioggia sta diventando più fitta.

«Ehi Alex, io adesso vado, perché tra poco quest'ombrellino inizia a bucarsi...»

«Beh, io devo continuare gli allenamenti».

«Mi raccomando vacci piano».

«Ehi, Matilde mi ha fatto piacere rivederti».

«Anche a me. Farò il tifo per te, Capitano, anche se di calcio non ci capisco proprio niente», la pioggia inizia a rendere difficoltoso anche solo tenere gli occhi aperti.

«Dobbiamo rimediare».

«Coosaaaa..?», replica lei portandosi una mano vicino alle labbra per alzare la voce.

«Dicevo che dobbiamo vederci, devo spiegarti almeno i fondamentali del calcio».

«Ah ok, però non il fuorigioco!», e ci scappa da ridere.

«O.K. inizieremo proprio da quello!», rispondo mentre la guardo salire in auto, e subito dopo aggiungo: «Questa sera per te va bene?»

«Sì, va bene, poi ci sentiamo per l›orario», replica simulando con la mano la cornetta del telefono.

I ragazzi cominciano ad arrivare alla spicciolata e nel giro di cinquanta minuti ci ritroviamo tutti agli ordini del mister! L'allenamento si svolge sotto una pioggia scrosciante, e imbrattarmi in queste pozzanghere è per me la soluzione migliore al dolore. È come una sorte di sfida contro madre natura. Desideravo questo tempo.

Ciò che mi meraviglia è che tra un tuffo e una parata non faccio altro che pensare all'incontro che avrò in serata, sono in fibrillante attesa.

Una doccia calda e in auto per far subito ritorno a casa.

Prima di avviare la mia auto do un'occhiata al cellulare.

- Alex, sto organizzando una pizza per stasera con tutto il gruppo dello spettacolo. Sei dei nostri?

In un altro momento avrei fatto i salti mortali per esserci e vederla, ma dopo quello che ho saputo non ho voglia di affrontarla. Ho solo voglia di starle alla larga, altrimenti mi irrigidirei e soffrirei tantissimo, consapevole che il suo cuore appartiene a qualcun altro. No, non sono masochista.

- Mi dispiace, Iris, ho già un impegno! Le rispondo.

***

Alle 21:00 incontro Matilde in piazza. La vedo arrivare nella sua sfavillante "X3" nera. Scende dall'auto con un giubbotto in pelle, un cappellino Borsalino, che fa arrotondare i suoi capelli lisci, una maglietta rosa e una gonna nera a palloncino. È davvero bella, ma di una bellezza diversa rispetto a quella d'Iris. Molto più sportiva, più genuina. Mi viene vicino, ci scambiamo un bacio sulla guancia, poi la vedo frugare nella borsa e tirare fuori una penna Bic nera: «Per favore puoi tenermela? Devo prendere una cosa...»

Annuisco e resto ad osservarla, incuriosito, tira fuori un block-notes e aggiunge:«Ecco Capitano, sono pronta a prendere gli appunti...».

Scoppio a ridere.

«Dai veramente?»

«Sicuro!», dice seria.

«O.K. ma prima mi concedi di cenare?»

«Va bene... pizza?», chiede lei prendendo l'iniziativa.

«Vada per la pizza!», confermo.

«Comunque hai un'auto pazzesca!», non riesco a resistere, adoro le auto grandi.

«Per me tutto è... tranne che pazzesca. Ed è anche troppo grande...»

«Vuoi dirmi che tu non sei innamorata della tua auto?»

«È ingombrante, mio padre è pazzo di lei!»

«Daiii...», esclamo con disappunto, aggiungendo:«Il Presidente sì che ne capisce!».

«Credimi...», insiste lei, «ho sempre problemi a trovare un parcheggio, devo stare attenta a prendere bene le misure quando faccio manovra... insomma non è per me...», fa un sospiro ed esclama: «Preferisco la mia Ford fiesta!»

«No, mi dispiace, ma non ci siamo proprio», il mio disappunto è notevole.

«L'hai mai guidata?», chiede provocatoriamente.

«No...», borbotto.

La vedo avvicinarsi alla sua auto voltarsi verso di me e... mi lancia le chiavi. Nonostante quel gesto mi colga di sorpresa, riesco a prenderle a volo.

«Forza Capitano, ti faccio vedere com'è scomoda.»

«Veramente vuoi che la guidi?»

«Stai ancora lì? Sali!», mi ordina sorridendo.

In auto sono particolarmente teso, agitato ed anche emozionato. Perché? Sono al volante di una delle mie auto preferite. Mi fa sentire un portento. Insomma, immagino il pensiero di chi mi vede alla guida di un'auto così e con accanto una ragazza bellissima... mi invidieranno alla grande!

Il battibecco continua, io ad elencare tutti i pregi dell'auto e lei a rispondere con un difetto. Trovo questo siparietto davvero naturale e simpatico.

Arrivati in pizzeria è possibile accedere all'ultimo piano dove si può godere di una vista fantastica di tutto il golfo di Napoli. Non c'è troppa gente e riusciamo ad avere un tavolo accanto alla vetrata. Una scelta che ci mette un po' a disagio. La cena acquista una nota romantica che nessuno dei due aveva preventivato. Il momento mi sconforta un po', mi preoccupo del messaggio che può recepire lei. Non voglio che pensi che la stia corteggiando. 

Lei tira fuori il block-notes e interrompe il disagio. «Allora Capitano, mi spieghi le regole?»

«Va bene, ma smettila di chiamarmi "Capitano"», la rimprovero sorridendo.

- Lei continua -si diverte proprio a chiamarmi così.

Allungo la mano per prendere il blocco e la penna e in quel modo inaspettatamente le nostre mani si sfiorano. Sento un calore crescermi dentro e ne rimango sorpreso. 

«La regola fondamentale è fare gol!», riesco a dire.

«Ma va!?!», continua a scherzare con me, e fortunatamente l'atmosfera torna leggera.

Arriva il cameriere e ordiniamo delle pizze. Riprendiamo a parlare di calcio per un po' e non cerco di smettere solo perché noto nei suoi gesti e nel suo modo di partecipare che è realmente interessata. Certo, lo sta facendo a modo suo, tra una battuta e un commento serio, ma è piacevole. Arrivano le pizze, gli verso l'aranciata, ancora una volta mi trovo a sfiorarle la mano. Con mio stupore questo contatto dura qualche istante in più.

Sto tagliando un pezzo di pizza quando il mio telefono suona.

«Scusami Matilde».

«Fai pure».

«Pronto...»

«Ciao Alex, sono Iris, volevo dirti una cosa... ti disturbo?», la sua voce mi fa rabbrividire, perché mi sento così in difficoltà, soprattutto nei confronti di Matilde? Esito un momento, poi trovo la forza di dare fiato alla bocca.

«Dimmi...», dico con voce neutra.

«Domani mattina il Don ci vuole tutti in Chiesa. Vuole che andiamo a raccogliere sulla montagna del materiale per gli addobbi. Tu ci sei?»

«Signorina serve dell'altro?», la voce del cameriere rompe lo strano silenzio che sta aleggiando.

«No grazie, va bene così!», risponde gentilmente Matilde.

«Scusa Alex... ma sei in dolce compagnia?», chiede Iris.

«Sì...», sibilo.

«O.K. allora dai ti lascio alle tue cose... scusami se ti ho dato fastidio, a domani», subito stacca senza neanche aspettare un mio saluto.

Perché ho l'impressione che sia uno scatto di gelosia? Il suo cuore non appartiene già ad un altro? A che gioco vuole giocare? Da come ha messo giù in fretta è chiaro che è infastidita, ma perché? Ripongo il telefono cercando di nascondere a Matilde il mio turbamento.

«Chi è la strega che ti ha messo paura?»

«Cosa?»

«Sì, la strega che ti ha fatto sbiancare chi è?»

È davvero così evidente?

«Un'amica», taglio corto.

«Ti va di parlarne?»

«Non vorrei annoiarti...»

«Te l'ho chiesto io!»

«È assurdo...», sbotto. Poi continuo con più calma: «Perché fa la gelosa con me se poi è già fidanzata?», dallo sguardo di Matilde intuisco che non comprende il mio borbottare. Butto giù un sorso di birra e segue un lungo silenzio. Gli unici rumori sono quelli delle posate e il vociferare della sala.

«Dai, su racconta...»

Racconto la storia dal principio, di come l'ho vista la prima volta, dell'incontro in libreria fino a come mi ha difeso con Tullio. Parliamo di Iris tra un boccone di pizza e un sorso delle nostre rispettive bibite. Sono un fiume in piena, a tratti sembra coinvolta, ma verso la fine capisco che forse inizia ad annoiarsi.

«Ti sto annoiando... scusami...»

«Ehi, non mi stai annoiando e poi ti ho chiesto io di parlarne...»

Arrivo così a raccontarle di quello che mi ha riferito Andrew.

«Hai capito ora il mio nervosismo? Lei è fidanzata, ma fa l'amica gelosa con me! È intollerabile!», concludo abbastanza incavolato.

«Ma tu glielo hai chiesto direttamente?», mi domanda lei con schiettezza.

«A che serve?», rispondo stizzito.

«Tu prova, così almeno avrai la sicurezza!»

Restiamo in silenzio, poi il cameriere porta il conto. Lei si offre di pagare, ma con gentilezza rifiuto e le dico che ci tengo ad offrire io. 

Al ritorno, in auto mi fa guidare, ma l'atmosfera si è fatta imbarazzante, la complicità sembra smarrita. Lei ha cambiato atteggiamento, è più fredda e tra i nostri dialoghi ci sono molte più pause. Si è irrigidita, tanto che in questi ultimi chilometri c'è stato un fastidiosissimo silenzio e, a tratti, lei ha tenuto le braccia conserte. Provo a domandarle se tutto va bene, lei gentilmente dice di sì, dice che è solo stanca e preoccupata per la tesi, ma so bene che è in quello stato a causa del mio racconto. Non avrei dovuto. Come si fa a parlare ad una ragazza di una sua amica? Sono stato superficiale. Arriviamo in piazza, ci salutiamo con i consueti baci sulle guance.

Poi aggiungo:«Matilde... ascolta, capirò se non vorrai più vedermi. Sono stato uno stupido ad annoiarti con il mio racconto, non avrei dovuto, scusami...»

«Capitano...», mi interrompe, e sentirmi chiamare di nuovo così mi fa sussultare dolcemente.

«Non ti libererai così facilmente di me!»

Voglio abbracciarla. È stupenda.

«Ed io non voglio che ti liberi di me!», le dico, e poi ci dividiamo.

Raggiungo la mia auto. Una volta dentro chiudo gli occhi sprofondando nel sediolino. Cosa sto facendo? Non posso avere due piedi in una sola scarpa! Non posso passare una serata con una ragazza e parlare d'Iris! La mia mente è annebbiata, sono stanco e pensare a queste cose dopo quella serata non fa che complicare la mia situazione, così scrollo la testa come per mandare via ogni pensiero.

Un cd di Vasco e una sigaretta, ecco cosa mi ci vuole.

E su queste note...

...Voglio una vita spericolata voglio una vita come quelle dei film...

abbasso i finestrini, respiro profondo l'aria gelida della notte, le luci gialle si allungano sulla mia auto, la strada è libera davanti a me, faccio un tiro di sigaretta più lungo del normale, e poi canto con il "mio" Vasco tirando fuori tutta la rabbia che mi porto dentro.

Canto a squarciagola, mi fa stare bene.

E poi ci troveremo come le stars a bere del whisky al Roxy bar

oppure non c'incontreremo mai ognuno a rincorrere i suoi guai

ognuno col suo viaggio, ognuno diverso

e ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi!

Dopo un po' raggiungo casa!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro