4. Non toccare la pistola che sta sotto il suo cuscino
Non appena sia io che Harry fummo scesi dall'auto, la chiuse a chiave e le mise una specie di coperta bianca sopra. Non c'era un vero e proprio garage dove potesse essere riparata dalle intemperie, quindi immaginai che il telo servisse a quel proposito.
Mi issai lo zaino sulle spalle, prendendomi qualche secondo per osservare il posto in cui ero capitata, mentre Harry fissava il tessuto alla carrozzeria.
All'apparenza era un albergo in disuso, alto tre piani, al quale sarebbe davvero servita una vernice nuova. Tutte le finestre dell'edificio erano sbarrate da pesanti assi di legno, tutte eccetto due sul secondo piano e due sul primo, da cui proveniva una luce giallastra.
Era abitato, dunque.
Non mi accorsi che Harry mi aveva affiancata, fino a quando non sentii la sua voce alle mie spalle. «Stammi vicino, intesi?»
Gli feci un lieve cenno d'assenso, anche se probabilmente non lo notò, visto che aveva iniziato a camminare verso l'entrata del vecchio albergo, senza aspettarmi. Mi affrettai a raggiungerlo, scontrandomi con il suo braccio quando aprì la porta, e guadagnandomi un suo sguardo di disapprovazione, manco l'avessi fatto apposta.
Una flebile lampadina illuminava la hall, dove un bancone della reception stava abbandonato in un angolo. Doveva essere stato un bel posto, una volta, e lo sarebbe stato ancora, se non fosse per la carta da parati rovinata o la macchia di umidità sul soffitto.
«Di qua. Io e i miei amici stiamo al secondo piano,» borbottò Harry, già ai piedi della scalinata. «Ci sono solo due stanze abitabili, purtroppo».
Se una la occupava lui con i suoi amici, chi aveva l'altra?
«I padroni dell'albergo. Joe e sua moglie Dalia,» mi rispose, come a leggermi nella mente. «Ora smettila con le domande. Seriamente».
«Ma non ti ho chiesto niente!» protestai, sbuffando quando inciampai su un gradino, rischiando di ruzzolare giù per le scale.
Harry mi lanciò un'occhiata stizzita. «Stavi per farlo».
«Invece no,» farfugliai tra me e me, senza che sentisse.
Il corridoio del secondo piano era leggermente più pulito della hall, anche se c'erano macchie sulla moquette verde scuro, sporca di fango in alcuni punti.
«Se i miei coinquilini ti dovessero infastidire, fammelo sapere. Chiaro?» mi disse, girandosi per metà verso di me e rallentando il passo.
«Perché dovrebbero infastidirmi?»
Sbuffò, roteando gli occhi. «Perché? Perché sono maschi in piena crisi ormonale, ecco perché. E tu attrai maschi come il miele attrae le mosche».
«Quindi ho attratto pure te?»
Si fermò di colpo, e lo sguardo assassino che mi rivolse mi fece pentire d'aver detto una cosa simile. «Non tirare troppo la corda, Selena Parker. Solo perché sono stato in grado di sopportarti quasi ventiquattro ore di fila, e sono stato abbastanza gentile da ospitarti in casa mia perché tu non ne hai una tua, non significa io sia attratto da te».
«Lo so, era una battuta, rilassati,» mormorai.
«Beh, smettila. Odio le battute che fai».
«Scusa, santo cielo. Non c'è bisogno che ti scaldi tanto».
Borbottò allora qualcosa di incomprensibile, mettendo fine alla laconica discussione, fermandosi davanti ad una porta di legno con il numero duecento dodici inciso in una targhetta di ferro. Provò ad abbassare la maniglia, ma era chiusa a chiave –dall'interno si sentiva il rumore di una chitarra, ma non appena Harry iniziò a bussare furiosamente sul legno, quel rumore sparì e venne rimpiazzato con dei passi che si avvicinavano.
Avrei mentito se avessi detto di non essere nervosa, o ansiosa, o intimorita al pensiero che avrei presto incontrato gli amici di Harry. Da come li aveva fatti sembrare, non dovevano essere persone raccomandabili, o persone con cui avrei potuto intrattenere una conversazione. Ché comunque, in un posto del genere, quante probabilità c'erano di trovare persone oneste e normali?
Forse non avrei dovuto accettare quel passaggio da parte sua, forse avrei dovuto ringraziarlo di non avermi fatta cacciare nei guai e continuare per la mia strada; mi sarei risparmiata un sacco di problemi, sia con quel ragazzo all'autogrill, sia con i coinquilini di Harry. Ma che avrei fatto, da sola, in ogni caso?
La porta si aprì improvvisamente, facendomi tornare alla realtà.
«Era ora,» commentò Harry.
«Ah, sei tu,» un ragazzo biondo, dagli occhi azzurri e brillanti lo lasciò passare. Era vestito in modo semplice, camicia rossa e blue jeans -niente a che vedere col nero triste e spento degli abiti del riccio- che mi rivolse un sorriso enorme.
Mi guardai attorno. C'era un open space tra la cucina ed il salotto, più grande di quanto mi sarei aspettata. Due finestre erano incassate nella parete opposta da cui si vedeva il cielo scuro, mentre nella cucina c'era un tavolo da sei posti ed una porta chiusa portava probabilmente alle camere.
«Prima che tu chieda,» iniziò Harry, guardando il biondo. «Niall, lei è Selena, Selena, lui è Niall. Fate conoscenza, baci e abbracci, non me ne frega».
Niall mi tese una mano. «Tanto piacere, Selena».
«Il piacere è mio,» risposi, sentendomi estremamente lusingata quando baciò il dorso della mia. «Cosa ti porta in questa città dalle mille e mille opportunità?» la nota di sarcasmo e scetticismo nella sua voce era palese.
C'erano due divani in salotto, uno dei quali era appoggiato alla parete e un ragazzo stava stravaccato su ognuno di loro. Quando ci videro si alzarono in piedi, venendoci incontro. Inutile dire che mi sentivo come una formica –mi superavano tutti di almeno una testa, tranne Niall, che pareva il più giovane. Forse pure più di me.
«Non è qui per lavoro,» si intromise Harry, facendo un lieve cenno agli altri due. «Se è quello che vuoi sapere».
«Sono Zayn, comunque,» il ragazzo dai capelli corvini si fece avanti.
La sua pelle olivastra, i suoi lineamenti leggermente stranieri mi suggerirono venisse dall'India o dal Pakistan, anche se il suo accento americano era perfetto. Aveva delle ciglia lunghe che gli davano un'aria più dolce, in contrasto con la leggera barba che gli cresceva sul mento. «Lui è Louis,» mi indicò il ragazzo dai capelli castani vicino a sé, che al contrario, non diede alcun segno di voler socializzare in alcun modo con me, cosa che mi lasciò alquanto perplessa –dopo avermi squadrata da cima a fondo con i suoi occhi di ghiaccio, se ne tornò al divano che aveva dovuto abbandonare per salutare Harry.
«Ha la luna storta, lascialo perdere,» ridacchiò Zayn.
«Vaffanculo, stronzo,» sentii Louis borbottare. «Ho sonno. E' diverso».
Per essere dei ragazzi della mia età, sembravano tutti molto maturi, e anche abbastanza carini. Certo, nessuno di loro tre si avvicinava minimamente alla bellezza di Harry –lo aveva affermato lui stesso d'essere bello– stavano su due livelli differenti, ma a modo loro erano particolarmente affascinanti.
«Zayn,» sghignazzò Harry, sedendosi sul tavolo. «Non penso Selena sia fidanzata. Se vuoi chiederle di uscire ti conviene farlo prima che lo faccia Niall».
«Hey!» sbottarono i due, mentre le mie guance iniziarono a bollire.
«Dai, si vede che-»
«Ti arriva un pugno in faccia fra poco, amico,» lo interruppe Zayn.
«Ah sì?» Harry alzò un sopracciglio. «Chi è che ti ha fatto il culo, l'altra settimana?»
«Stai zitto, spaccone di merda. Potrei stenderti nella metà del tempo che tu impiegheresti per stendere un bambino di tre anni».
«Non fanno sul serio,» bisbigliò Niall, appoggiando un braccio sulla mia spalla –ciò che succedeva a tutte le ragazze basse.
«Sogna, sogna,» sbuffò Harry, saltando giù dal mobile con un balzo. «Rimarrei qui a socializzare, ma penso che andò a letto. State attenti a lei, ha una lieve tendenza a far venire l'emicrania alla gente».
Non feci in tempo a ribattere per difendere il mio ego, che la porta dall'altra parte della stanza si aprì e ne uscì un ragazzo coperto solo da un asciugamano bianco attorno alla vita.
«Niall, hai preso il mio-» si bloccò quando mi vide. I suoi capelli erano bagnati e gocciolanti, e non potei fare a meno di notare degli addominali scolpiti e tatuaggi sulle braccia muscolose. Harry tossì forte, facendo ritornare il mio sguardo al viso del nuovo arrivato.
«Cosa succede?» domandò. «Mi pareva d'aver sentito la tua simpaticissima voce, Harry».
«Abbiamo una coinquilina,» sbuffò allora Louis, dal divano, e il modo in cui lo disse era tutto fuorché entusiasta.
«Lei è Selena,» Niall mi spinse avanti, così che potessi stringere la mano umidiccia del ragazzo.
«Sono William, ma tutti mi chiamano Liam,» si presentò. «Vedi, quel coglione del mio compagno di stanza,» e guardò Harry. «Aveva iniziato a chiamarmi Willy, cosa che non sopporto, quindi ti sarei grata se non lo facessi anche tu».
«Willy il ragnetto, sale la montagna,» cantilenò Harry, a bassa voce. «Piove e si bagna, e Willy cade giù».
«Oh, stai un po' zitto,» lo apostrofò Liam. «E' Whisky il ragnetto, tanto per la cronaca».
«Così è più divertente, Willy, ammettilo».
Liam avrebbe replicato, probabilmente con qualcosa di simile a ciò che gli aveva detto Zayn, poco prima, quando un cellulare prese a squillare. Dal divano, Louis si alzò a sedere, e «oh-oh,» disse, guardando il display del suo telefono. «Non promette nulla di buono».
Accettò la chiamata, intimandoci di fare silenzio con un dito premuto alle labbra sottili. «Sì, signore. Qualche problema?»
Guardai le espressioni di tutti, che s'erano incupite immediatamente. «Harry, signore? No, non è ancora tornato,» fece una pausa. «Certo. Riferirò il messaggio. Dovrebbe essere qui a momenti, in ogni caso,» un'altra pausa, in cui sentii una voce cupa provenire dall'altra parte, poi
«buonasera, signore,» e Louis riattaccò.
Un silenzio di tomba era sceso sulla stanza, così innaturalmente strano da farmi preoccupare. Louis aveva mentito di proposito, senza battere ciglio, a qualcuno che chiamava signore. Non era una buon segnale.
«Beh...» mormorò Liam. «Vado a vestirmi,» e sgattaiolò da dove era venuto, con una fretta tale da farmi agitare un po'.
«Niente pisolino per te, a quanto pare,» Zayn diede un'amichevole pacca sulla spalla ad Harry, rompendo la tensione, che sbuffò e si passò una mano fra i capelli.
«T'accompagno, se vuoi,» si offrì Louis, balzando in piedi. «Farlo attendere troppo non è una buona idea».
Harry si infilò il giubbotto, seguito a ruota dall'altro ragazzo, che uscì dall'appartamento senza salutare, o guardarsi indietro, come se non stesse aspettando altro.
«Tenetela d'occhio,» disse il riccio, sulla soglia, facendomi sospirare. «E tu, Selena, evita di farli esasperare con le tue poesie di merda,» poi si chiuse la porta alle spalle, celere, così che non avessi potuto ribattere neanche se avessi voluto.
«Dove stanno andando?» chiesi a Zayn e Niall, gli unici rimasti con me. «Chi era che ha chiamato?»
«Ah, storia lunga,» con un movimento dissuasivo della mano, come a scacciare la risposta che avrei tanto voluto sentire, «allora, dove ti va di dormire?» disse il secondo.
«Dove va meglio a voi,» risposi, facendo spallucce. «Insomma, anche sul divano, o in un sacco a pelo-»
Mi fermai quando vidi che Zayn si era messo a ridere, scuotendo la testa. «Andiamo, mica possiamo lasciarti dormire sul divano o sul pavimento».
«Ha ragione,» s'intromise Niall. «Puoi stare nella mia stanza».
Il moro voltò la testa nella sua direzione. «O nella mia, Selena,» rimarcò. «Visto che con Niall ci sta Louis».
«O sul divano,» suggerii. «Davvero, non voglio creare problemi-»
«Ma quali problemi,» sorrise Niall, agitando il suo ciuffo biondo. «Non penso che a Louis dispiacerebbe fare un piccolo scambio».
«Vi conviene lanciare una moneta, bambini,» la voce divertita di Liam mi fece voltare, giusto per vederlo ritornare in salotto, vestito, 'sta volta.
«Non sarà necessario; io ho un letto libero in più,» Zayn mi prese delicatamente il polso. «Così non si deve spostare nessuno».
«Non avevi detto che preferivi la solitudine, quella volta che abbiamo tirato a sorte per il possesso delle camere?» lo fulminò Niall.
Zayn si fece pensieroso tutto d'un tratto, ma l'attimo dopo sfoderò un bel sorrisetto innocente, e «no, devi aver capito male,» gli disse. «Vieni, Selena. Ti faccio vedere la nostra modesta dimora».
Mi giudò fuori dal soggiorno, oltre la soglia che lo divideva dalla zona notte. «Quello è il bagno,» indicò la prima porta a destra, poi ne puntò un'altra, a sinistra. «Questa è la camera di Niall e Louis, mentre questa,» e guardò la terza, dall'altra parte del corridoio. «Di Liam ed Harry».
Davanti a quell'ultima, c'era la stanza che pensai dovesse essere di Zayn, e ne ebbi la conferma quando mi fece segno di entrare. Lo spazio era arredato in un modo davvero semplice: una finestra dai balconi chiusi si trovava nella parete opposta rispetto ad una cassettiera bassa, di legno scuro, abbinata al comodino. Due letti singoli, uno dei quali totalmente disfatto, stavano addossati al muro, e quello era tutto.
«Un paio di precisazioni, prima che ti lasci sistemarti,» iniziò Zayn, aprendo l'ultimo cassetto del mobile. «Un asciugamano, se vuoi farti la doccia,» lo posò sul letto che avrei usato. «E la mia pistola di riserva è sotto al mio cuscino, se dovesse succedere qualcosa».
Boccheggiai, sorpresa. «Cosa?»
«Forse non avrei dovuto dirtelo,» pensò, ad alta voce, fra sé e sé. «Sai com'è... nel caso... uhm...» si grattò la nuca.
«Nel caso...?»
«Niente. Lascia stare,» scosse la testa, sorridendo debolmente. «Sappi solo che la mia pistola è lì, come quelle di tutti gli altri. Solo Harry ne ha una anche sotto al materasso, ma non l'ha mai usata».
«E' una cosa normale, qui, vero?» annuii.
«Già. Mi piacerebbe che le cose andassero diversamente, credimi, ma stanno bene così, suppongo».
Spostai il peso del mio corpo sul piede sinistro, sorridendogli sinceramente. «Grazie, Zayn. Apprezzo molto quello che state già facendo, per me».
«E' un piacere, davvero,» replicò. «Sono in salotto con gli altri, se mi cerchi. Tra poco ceniamo, quindi se vuoi unirti a noi, sarai la benvenuta».
Riuscii a ringraziarlo di nuovo, prima che uscisse dalla camera, chiudendo piano la porta.
. . .
Lasciai scivolare l'acqua calda della doccia lungo il mio corpo, cercando di rilassarmi il più possibile, senza però consumarla tutta. In quei pochi minuti, il getto era comunque riuscito a lavare via non solo tutto il sudore e lo sporco dei giorni precedenti, ma anche il nervosismo che avevo nei confronti dei miei coinquilini nuovi, e di tutta quella situazione in cui mi ero ritrovata.
Una città fantasma, quasi, che probabilmente contava più gente morta che gente viva, ragazzi di vent'anni che tenevano pistole sotto ai cuscini, che ricevevano chiamate strane, da persone ancora più strane –ed io ancora non avevo messo piede fuori dall'albergo. Mi ero fidata ciecamente di Harry, e questo era stato il risultato: cenare in un salotto, circondata da volti che non conoscevo, perché di lui non c'era neanche l'ombra. Non che mi dispiacessero, Zayn, Niall e Liam, ma il loro comportamento schivo stava diventando leggermente preoccupante.
«Avete una qualche idea,» iniziai, inforcando la mia pasta. «Di quando tornerà Harry?»
«No,» rispose Niall, con la bocca piena di cibo. «Se non è già a casa, significa che-»
Liam, seduto alla sua destra, gli tirò una gomitata. «Sarà in giro con Louis a bere, probabilmente,» lo interruppe.
«Harry mi ha detto d'essere astemio,» osservai, e non appena pronunciai l'ultima parola, Liam parve strozzarsi con il boccone che stava masticando.
«Oh,» si ricompose, tossicchiando. «In quel caso, no, non sarà in giro a bere».
«Posso farti una domanda, Selena?» Zayn si sporse verso di me, sul tavolo. «Tu e Harry, siete andati a letto insieme?»
Fu il mio turno di tossire forte, quasi sputandogli in faccia l'acqua che stavo bevendo. «Io e Harry cosa?» risi. «No, assolutamente».
«Sul serio?» insistette.
«Sì, Zayn. Sul serio».
Niall lo guardò, ghignando quel poco da farmi intuire che quei due non me la dicevano giusta, e poi «Zayn, i miei soldi, grazie».
Con uno sbuffo, il moro gli passò una banconota da cinque dollari. «Li avrei guadagnati, se aveste fatto sesso, comunque».
«Avete fatto scommesse su Harry e me?» risi. «Perché?»
«Ogni scusa è buona, valli a capire,» sospirò Liam, che pareva ormai rassegnato al loro piccolo vizio. «Guardate che se Harry lo scopre-»
«Lo sappiamo,» il sorriso stracolmo di vittoria sul viso di Niall, tradiva un certo menefreghismo verso il pericolo che scommettere su Harry rappresentava. «Ma non lo scoprirà, perché voi manterrete il segreto».
«Non esserne tanto sicuro,» ammiccò Liam.
«Su, non fare il cattivo, Willy,» sghignazzò Zayn. «Noi t'abbiamo coperto, quando hai saltato tre ore di lavoro, la scorsa settimana».
«Fottetevi tutti e due, mica ve l'avevo chiesto io,» ribatté. «Mangiate e tacete».
«E tu, Selena?» Niall fece sporgere il labbro inferiore, mettendo in mostra due occhioni azzurri imploranti. «Manterrai il segreto?»
«Forse,» annuii, seria. «Vediamo».
Riuscii a tenere la mia espressione neutrale per qualche secondo, poi scoppiai in una risata sinceramente divertita, che non facevo da tanto, tanto tempo.
«Niall, Niall!» esclamò Zayn. «Falle sentire la tua imitazione di Harry».
Al ché, il biondino, sedendosi dritto sulla sedia, gonfiò il petto, si mise una mano nei capelli, scompigliandoli, «sono Harold Styles,» disse. «E non me ne frega un fottuto cazzo di nessuno. Willy! Cazzo, Willy, mettiti una maglietta, vuoi che Selena ti veda mezzo nudo?» imitò la voce roca e autoritaria di Harry alla perfezione, facendoci ridere ancora di più.
«Mi sento in colpa, non dovremmo prenderci gioco di lui così,» osservai, cercando di tornare seria, non riuscendo ad evitare che il mio sguardo si posasse sulla porta d'entrata, sperando di vederlo tornare.
«Al contrario, Selena,» mi disse Liam. «Bisogna approfittare dei momenti in cui non c'è, per gioire e festeggiare. Domani sarà tutta un'altra storia, col suo muso perenne, come se questo posto di merda non fosse già abbastanza deprimente».
Alla fine, però, passammo il resto della cena a chiacchierare di cose che non avevano nulla a che fare con Harry. Non aveva mentito affatto, quando mi aveva elencato gli aggettivi che i ragazzi usavano per descriverlo; in fondo, comunque, si vedeva che a lui ci tenevano, specie quando mi dissero che erano sollevati nel vedere che non era tornato a casa con altre botte o ferite, da aggiungere alla collezione.
Niall e Zayn scapparono in salotto e lasciarono a Liam il compito di lavare i piatti, e decisi di aiutarlo per sdebitarmi almeno un pochino, e non sembrare troppo l'approfittatrice che probabilmente ero.
«Non devi farlo per forza, sono solo quattro stoviglie,» disse lui.
«Insisto, invece, visto che mi state ospitando,» immersi le mani nel lavello, iniziando a strofinare le forchette. «E poi, mi piace tenermi occupata».
Liam mi sorrise e mormorò un grazie sottovoce. Pulimmo i piatti in silenzio, con il rumore di Niall che cantava accompagnato dalla sua chitarra in sottofondo.
«E' bravo,» sorrisi.
«Lo è,» confermò Liam. «Niall canta sempre. Se chiedessi a Louis, ti direbbe che lo fa anche mentre dorme».
Il buon umore che mi avevano messo, sparì di colpo. «Non piaccio molto a Louis, vero?»
«Nah, fa così con tutti. Un paio di giorni e sarete migliori amici».
Poco convinta, «se lo dici tu,» borbottai, mi asciugai le mani sui pantaloni della tuta che mi fungeva da pigiama, e «vado a letto, Liam, ché sono stanchissima».
«Va bene,» mi sorrise caldamente. «Buonanotte, Selena».
«'Notte, ragazzi,» sbadigliai, rivolta a Niall e Zayn, guardando l'orologio sulla parete.
Le otto di sera.
Nonostante Harry dovesse avermi davvero, davvero sfinita, con le sue frecciatine, chiesi comunque di lui un'ultima volta. «Se torna, potete dargli la buonanotte da parte mia?» non avevo neanche bisogno di fare il suo nome, perché capissero.
«Certo, sì,» annuì Niall, arrestando le corde della chitarra. «Domani mattina i ragazzi escono presto per lavorare, quindi sto io a casa con te, che ho già fatto le mie ore, per questa settimana».
Annuii, sorrisi a tutti un'ultima volta, andai in bagno, mi lavai i denti, e mi trascinai fino alla camera di Zayn, già pregustando le coperte e il cuscino morbidi, che ben presto toccarono il mio corpo.
Ecco. Quello sì che era un vero letto.
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