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Smeraldi sotto la pelle


Il pigmento verde della decorazione che sta prendendo vita sulla mia schiena riluce sull'ago metallico del talentuoso tatuatore.

Seduto su uno sgabello a braccia conserte, sopporto il piacevole supplizio.

La punta di spina ripassa il contorno di un disegno che io stesso ho messo su carta: l'elmo con due corna, quello che indossavi tu con spavalderia, forse per assomigliare a nostro padre.

Ho stentato a riprodurlo, la mia mano tremava sul foglio mentre vi disegnavo tratti incerti con un lapis nero. Piano piano il cimiero ha preso forma, la stessa che vivrà sulla mia pelle, sotto di essa.

Dove sei entrato tu, serpente di immensa astuzia e di impensabili inganni, principe di distruzione e di ingegno sopraffino.

Un fagottino di candida lana avvolgeva il tuo piccolo corpo azzurro, quando ti vidi per la prima volta, giunto da Jötunheim. Un cucciolo abbandonato dalle fattezze curiose, erede di una glaciale e maledetta dinastia, trasformato per magia in un bambinetto dalla chioma corvina e dagli occhi di una sfumatura smeraldina. Verde, come i prati in cui ci rincorrevamo da ragazzini in continui e divertenti giochi, verde come lo scintillio delle acque del fiume Ífingr, testimone di lunghi bagni e vigorose nuotate.

Verde: è il mio colore preferito.

Lo scoprii per caso.

Accaldato dai raggi del sole della perenne e tiepida primavera di Ásgard, cerco di acchiapparti nel divertimento preferito, nel nostro luogo preferito, il palazzo reale dalle mille stanze e molti corridoi, per noi senza segreti. Io cacciatore, tu lepre, preda scontata e sacrificale.

Schegge di diamanti brillano di uno scintillio sfaccettato sul tuo ciuffo scuro, ondeggiante nella corsa affannata. Il corpo snello e sinuoso incede con eleganza, passo dopo passo, nella tua andatura già dinoccolata.

Tu, fratello minore e minuto, per una volta sei in vantaggio e io mi appresso, tentando di prenderti.

"Che fai? Perché ti sei fermato?" ti sei bloccato davanti alla porta socchiusa della stanza della tessitura, perdendo consapevolmente il tuo vantaggio.

"La mamma... guarda com'è assorta nel lavoro" nostra madre Frigga è china sul grande telaio di legno a sei licci, della cui arte è abile maestra.

Affascinati dall'intersecare dei fili multicolori disposti in senso longitudinale, ci soffermiamo a osservare nostra madre disporre gli altri fili in senso trasversale. Ordito e trama stanno componendo l'ennesimo capolavoro.

Ciò che si realizza davanti ai nostri occhi sbalorditi è un telo, di vari punti di colore.

"Sembra il Bifrǫst" ti riferisci al ponte dell'arcobaleno, che unisce la Terra alla dimora degli dei.

"Bentrovati. Non lo è, figlio mio" la mamma si volta, invitandoci a entrare. È più incantevole del solito nell'abito di seta longuette dalla casta scollatura ovale, di un rosa cipria adatto all'incarnato del suo viso, degno della sua regalità "Il Bifrǫst ha solo tre colori. Invece, per questo lavoro, ne ho scelti otto". Entusiasta, sfiora con le dita i boccoli inanellati della complessa pettinatura creata al mattino dalla sua ancella, un incastro del fulvo manto che la caratterizza.

"Sembra uno stendardo, madre" aggiungi tu, aggrottando le ali di corvo, folte sopracciglia di arguta espressività "cosa rappresenta esattamente?".

Il tuo dito si posa, nel medesimo istante, sui singoli colori che si susseguono in strisce orizzontali parallele al pavimento di quarzo intarsiato: rosa, rosso, arancione, giallo, verde, turchese, indaco e viola.

"La perfezione, figlio mio, in un'unione di diversità. Ogni colore simboleggia una particolarità. Rosa come l'intima sfera sessuale, rosso come la vita terrena, intensa, passionale. L'arancione è la guarigione, la speranza di superare una malattia fisica o dell'anima; il giallo ricorda i raggi della luce che illumina il nostro cammino".

La mamma non prosegue davanti al tuo volto estasiato. Le piccole dita di bambino lisciano amorevolmente il tessuto aureo, un'espressione di pura estasi ha ingentilito i tratti già nobili del tuo efebico pallore. Si tratta solo di un attimo e le tue iridi scintillanti si rivolgono a me, di sottecchi, in un incrocio di sguardi da brividi intensi.

"Posso continuare o sei troppo turbato, Loki?" lei ti dà il tempo sufficiente a metabolizzare l'improvvisa reazione emotiva.

"Prego, madre, non volevo interrompere".

"Dunque, dove eravamo? Al turchese, simbolo delle arti magiche che esercito e insegno; al blu indaco, intensa sfumatura di un'agognata pace spesso assente dalla nostra esistenza di popolo e di singolarità, e, altrettanto importante, il viola, lo spirito che alberga in noi".

Trattengo il respiro: mamma ha saltato un colore, come le tue dita, fratello. Non me ne meraviglio, sta per accadere qualcosa che non posso ancora definire.

"Ho tenuto per ultimo il verde" dichiara la nostra cara genitrice, con un pizzico di soddisfazione.

Credo di conoscerne la motivazione e la chiarisco "Perché è quello che preferisco... la pittura che dipinge la natura rigogliosa del nostro regno.. e del mio io interiore". Lo declamo e gli occhi profondi contornati da folte ciglia scure sbattono, presi dalle mie parole di dedica. Realizzo che sono smeraldi sfaccettati. Li amo più del resto, in tutti i regni esistenti nell'universo.

Le ali di falena notturna si bloccano, lo stupore diventa ingenua concretezza di un legame che non ha nulla di genetico, travalica stirpe e parentela acquisita per obbligo. Nessuna discendenza di sangue, nessuna incestuosa mostruosità. Siamo un sinolo di anime che va al di là della fratellanza, che supera le diversità delle specie opposte cui apparteniamo.

Siamo più che fratelli, penso; nel pezzo di stoffa del telaio c'è la semplice spiegazione di nostra madre del senso di malessere ed estraneità al mondo in cui tu non sei presente, e che, sono certo, condividi nei miei confronti. Esisto perché tu esisti. E viceversa.

"Potresti regalarmi lo stendardo, madre, quando lo avrai terminato? Ci terrei moltissimo" non osavo chiederlo ma mi faccio coraggio, timidamente. E sono il primo fra noi due.

"Lo vorrei anch'io, madre" lo domandi in modo diretto; capisco che tu abbia il mio medesimo desiderio. Attendo, ansioso, la risposta che potrebbe uccidermi o rendermi immensamente felice.

Sopravvivo, grazie alla saggezza di nostra madre, dea di fertilità e di senno "È un pezzo unico e vorrei restasse tale. Se a voi sta bene, potrei dividerlo in due parti, tagliandolo dal basso verso l'alto, in verticale. Ne avreste una metà per ciascuno, due scampoli di tessuto che insieme sono perfetti e lo saranno sempre, qualsiasi cosa accada" sorride di un sorriso eloquente e aperto. Percepisco, nonostante la mia giovane età, che lei veda già il futuro attraverso uno sguardo di modernità e di apertura mentale.

"Ottima idea, geniale" ti rallegri, porgendomi la mano che stringo con la mia. Le dita separate si incollano, come congiunte saranno le nostre vite. I cuori si fondono, altrettanto complici, il resto intorno a noi si zittisce; gli spiriti si baciano di un iniziale sfiorare di cuspidi, crisalide di emozioni, futura farfalla di pure passioni.

"Tornate a giocare, figli miei, in caso contrario non finirò mai e non potrò regalarvi nulla" mamma ci invita a lasciarla e tu scatti, sparendo, stavolta, con una delle magie per cui resto ancora a bocca aperta. La mia mano è libera di un vuoto incolmabile, dolore sopportabile esclusivamente per la consapevolezza che le nostre dita torneranno a combaciare, come i due pezzi dello stendardo.

Il lontano ricordo d'infanzia sfuma, l'amarezza della terribile scomparsa sfocia in un accorato e irrefrenabile singulto. Inghiotto un bolo di saliva indigesta più del fiele, le unghie delle mani chiuse a pugno segnano la carne morbida dei miei palmi intanto che l'ago continua a cesellare la mia pelle.

"Mi spiace se le ho fatto male" il tatuatore accenna qualche parola di scusa.

"Sono a posto" borbotto, a disagio di aver mostrato la mia debolezza a un perfetto estraneo.

"Ecco, abbiamo finito. Può guardare il risultato nello specchio, spero sia soddisfatto" mi sprona e mi alzo dallo sgabello.

Coi soli pantaloni e le scarpe indosso, mi avvicino alla lastra argentea di forma rettangolare, appesa vicino alla postazione dell'artista.

Posizionato di spalle, mi volto e ammiro l'opera d'arte sulla mia epidermide. "Grazie" mormoro con un filo di voce, osservando la perfezione delle linee, il combaciare sublime del disegno impresso con la mia muscolatura.

Sciolgo la coda dei capelli biondi dall'elastico usato per raccoglierli e ricadono sciolti a coprire il collo. Tutti, tranne la treccina che parte dall'attaccatura della fronte, a sinistra, il lato del cuore, e scende sul petto.

È la commistione di due mie ciocche bionde e una tua, corvina come l'oscurità in cui sono piombato a causa della tua assenza. L'ho legata con un nastrino di seta sottile del colore più amato.

Verde, degli stessi smeraldi che mi trafiggono dallo specchio, sul tuo viso bellissimo, intanto che le labbra si arcuano di un sogghigno unico, ironico e indimenticabile.

"Sei pronto?" la voce grave di un solerte Steve mi desta dai troppi pensieri.

Pago il tatuatore con un paio di banconote dalla tasca posteriore dei jeans, sopra il tatuaggio coperto da un velo di vaselina rinfilo la maglietta a maniche corte lasciata su una seggiola.
Da quest'ultima riprendo anche l'oggetto più prezioso che possiedo: la metà di una bandiera unica.

La nostra, Loki, fratello, compagno, marito, mio unico e solo amore. Te lo assicuro, fratello, il sole brillerà nuovamente su di noi.

Ora sono davvero pronto. Raggiungo il Capitano Rogers che mi aspetta per la battaglia, asciugandomi gli occhi, i tuoi smeraldi sotto la pelle.

Glossario

Thor: noto come il Dio del Tuono (God of Thunder) o Il Tonante (The Thunderer), è l'erede al trono di Asgard, figlio di Odino e di Gea. Grazie ai poteri derivatigli dal suo doppio retaggio e dal martello incantato Mjolnir, è uno dei più forti e più importanti protettori di entrambi i mondi, un supereroe membro fondatore dei Vendicatori e uno degli esseri più potenti dell'Universo Marvel.

Loki Laufeyson: letteralmente Loki figlio di Laufey. Noto come il Dio dell'Inganno (God of Mischief) o il Dio delle Malefatte (God of Lies), è figlio adottivo di Odino e Frigga, nonché fratello adottivo di Thor.

Frigga: moglie di Odino, nonché regina di Asgard, e madre adottiva di Loki, il Dio dell'Inganno. Cresce e ama come fossero suoi sia i figli avuti in precedenza dal marito, fra cui Thor.

Ifing: nella mitologia norrena, dall'antico norvegese Ífingr, è il nome del fiume che separa il dominio degli dei, Ásgard, dal mondo dei giganti, Jötunheim. Questo nome ci è dato dal Vafþrúðnismál, il terzo poema dell'Edda poetico.

Jötunheim: è il mondo di due tipi di giganti: roccia e ghiaccio. Da questo posto minacciano gli umani che si trovano a Miðgarðr e gli dèi ad Ásgarðr (dai quali sono separati dal fiume Ífing).

Bifrǫst: (o anche Bilrǫst) è, nella mitologia norrena, il ponte dell'arcobaleno, che unisce la terra alla dimora degli dei, Ásgarðr. Assai robusto, ogni giorno gli dei lo percorrono per riunirsi a consiglio. È formato da tre colori, tra i quali il rosso è in realtà fuoco che arde. Il suo nome significa probabilmente "via tremula" o "via dei colori". È chiamato anche Ásbrú. Nell'universo Marvel il Ponte Bifrost è un Wormhole o Ponte Einstein-Rosen, un dispositivo che consente di collegare due punti separati nello spazio-tempo, utilizzato dagli Asgardiani. Ha tre colori, ovvero verde, rosso e azzurro

Lovelock: èstato popolare negli uomini di moda europeo dalla fine del secolo XVI fino alXVII. "La ciocca dell'amore" era una lunga ciocca solitamenteintrecciata, fatta poggiare sulla spalla sinistra, il lato del cuore, permostrare devozione alla persona amata. Thor, dalla folta chioma bionda, èspesso rappresentato con i capelli lunghi e una treccia al lato della testa,con una ciocca nera che spicca. Ovviamente è una ciocca dei capelli neri delfratello Loki.

Te lo assicuro, fratello, il sole brillerà nuovamente su di noi: frase di Loki a Thor, tratta dal film "Infinity war"

La one shot che avete appena terminato di leggere è stata scritta per il concorso indetto da @WattpadFanfictionIT dal titolo "La genesi del tuo colore".

È legata all'amore di Thor e del fratello adottivo Loki, la cosiddetta ship Thorki, ed è l'ultimo lavoro della mia esalogia sugli Avengers originali.

Ho scelto il colore verde, tipico di Loki, poiché rappresenta la natura e chi si identifica fuori dal binarismo maschile/femminile.

Spero che la storia breve vi sia piaciuta. Buona lettura e buona vita.

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