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22- Saigo

Arrivarono nel tardo pomeriggio, ora del giorno in cui sole calante e luna nascente si contendevano l'egemonia del cielo. A differenza di quanto avveniva nelle altre isole, Saigo brulicava di persone e di vita, era caos in mezzo alla pace, era tempesta in mezzo alla calma. L'influenza delle Terre di Mezzo era evidente, tant'è che gli abitanti, sebbene fossero su carta a tutti gli effetti cittadini delle Terre Volanti, nel cuore si sentivano appartenere più al mare, alle navi, ai soldi. Fleurdelys rimase affascinata dal viavai continuo di persone, persone così prese dai propri affari, ma minuziose nel controllare gli altri, così calorose, ma al contempo così inquiete; niente passava inosservato ai loro occhi predatori.

August camminava sicuro tra i venditori di merce, che di tanto in tanto lo fermavano cercando di vendergli scaltri i loro prodotti; puntualmente lui li allontanava burbero, spronando Fleur ad aumentare il passo. La ragazza si perdeva però nell'osservare le alte case di mattoni, i tetti piatti di lamiera, le bancarelle straripanti di cibi in vendita, così piene che il mercato della Capitale pareva nulla se messo a confronto. Nonostante la città in cui il Sinjeon sorgeva fosse molto più grande di Saigo, nonostante la sua popolazione superasse non di poco quella dell'ultima isola del regno, era assai più calma e silenziosa. Saigo invece sapeva di vita, sapeva di libertà. Possenti campane rintoccarono, scontrandosi l'una contro l'altra in un suono forte e sordo, un sottofondo alle urla dei mercanti che riempivano ogni strada del paese. Erano le sei.

«Pesce fresco!»

«Pane appena sfornato, venite gente, venite!»

Mentre guardava spaesata tutti quegli elementi così diversi da ciò a cui era abituata, una mano rugosa trascinò Fleurdelys al lato della strada, strappandola quasi con violenza dal suo tranquillo curiosare. Una vecchia strabica le sorrise sbilenca, mostrando i denti neri e giallognoli e stringendo sempre più il suo braccio già arrossato.

«Mi lasci» ringhiò Fleur, liberandosi dalla presa con uno strattone e cercando disperata August tra la folla.

La vecchia la guardò con vivo interesse e, tremante, tirò fuori dalla larga tasca dello sporco abito delle carte. Non si trattava di semplici carte da gioco, erano anzi più spesse e rigide. I particolari filamenti dorati che rilegavano i bordi brillavano al riflesso dei raggi.

«Pesca»

La giovane fece per andarsene, quando la manaccia si aggrappò ancora alla sua veste. «Ti leggerò il futuro, pesca»

«Sciocchezze» si sporse in cerca dell'uomo, sempre più nervosa e preoccupata.

«Pesca tre carte, forza» la spronò insistente, afferrandole di nuovo il braccio.

Solo a quel punto Fleur, spazientita, si girò nella sua direzione. Gli occhi bigi, così opachi e finti, la fissavano inquieti, contrastando la pelle scura e il groviglio bianco di capelli che si arricciavano sulle spalle. Indossava un abito sgualcito color sabbia, dei sandali bucati da cui sbucavano unghie alzate e malate, una lunga collana di pietre fasulle. Pescò le tre carte, nella speranza di uscire presto da quella sgradita situazione, mentre i rumori intorno si ovattavano, sempre più lontani, sempre più distanti. Per qualche istante ci furono solo lei, la vecchia e le terrificanti carte, che Fleurdelys fissava con sgomento e scetticismo.

Un sole rosso, una luna nera, un albero a metà.

La donna le riprese nell'immediato, come fossero la cosa più preziosa al mondo, le guardò e spalancò l'occhio buono, mentre l'altro si rovesciò all'indietro, non lasciando che una conca bianca al posto dell'iride. Le mani iniziarono a tremarle, il collo a piegarsi in malo modo, la bocca si trasformò in una smorfia raccapricciante, contrazioni ripetitive scossero le palpebre nere.

«Sole di sangue, luna di tenebre, terra piangente» il suo sguardo tornò su Fleurdelys. Fece una lunga pausa, la testa si inclinò verso una spalla, le labbra screpolate si schiusero, proferendo una sola parola: «Distruzione»

Nell'istante che venne le mancò il fiato, annaspò, spalancando le narici e portandosi le carte al petto.

«Tu...» proferì avvicinando il viso rugoso a quello della principessa. Rimase in silenzio ancora, sotto lo sguardo scioccato dell'altra. «Tu!» urlò poi, facendo girare qualche viandante e sussultare sorpresa Fleur. «Sei il male, il male, il male, il male, il male, il male, il male...» continuò all'infinito, senza smettere neanche quando la ragazza indietreggiò spaventata.

Fleur interruppe il contatto visivo con la vecchia matta solo quando si scontrò con qualcuno. Si scusò e riprese il cammino in fretta e furia, sperando di incontrare August il prima possibile. Camminò a passo spedito, ignorando i tocchi invadenti dei venditori, girandosi di volta in volta per controllare che la cartomante non la stesse seguendo. Scappò da quelle parole, forse veritiere, che per sempre avrebbe ricordato: "tu sei il male". In quella corsa senza fine, sbucò in prossimità di un porto. Enormi barche di legno dalle prorompenti vele bianche, pronte ad essere issate per la partenza, erano legate al molo con pesanti corde e strani nodi. Si respirava una dolce aria salmastra, a cui Fleur non era abituata. Anche lì la gente continuava a urlare: uomini di ogni età trasportavano barili, alcuni con bizzarri cappelli sul capo davano ordini, altri li eseguivano. Tutti ridevano, cantavano, pronti per avventurarsi nei segreti del mare. Fleurdelys riconobbe August grazie alla sua stazza e lo raggiunse in fretta e furia, cercando di nascondere il terrore ancora dipinto sul suo pallido viso.

«Cerca di non perderti»

Fleur annuì distratta, scossa ancora dalle parole da poco udite e spaventata dal ripugnante sguardo della vecchia. Spostò quindi l'attenzione sulla donna con cui August stava parlando, una giovane dalla pelle ambrata che odorava di salsedine. La chioma castana svolazzava mossa dal forte vento, mentre gli occhi celesti saettavano da August agli uomini a cui, di tanto in tanto, dava precise indicazioni. Enormi orecchini a cerchio penzolavano dalle sue orecchie, leggermente più grandi dei soliti canoni, e un anellino spiccava sul suo naso all'insù, dandole quasi un'aria graziosa. L'accurato studio si soffermò sull'enorme cappello nero poggiato sul capo, sugli alti stivali di cuoio e sui larghi pantaloni, che nelle Terre Volanti erano destinati al solo sesso maschile.

«Mi stai sciupando, ragazza» sghignazzò la sconosciuta, accendendo il sigaro.

La sacerdotessa continuò a fissarla, il solito atteggiamento di superiorità che la portò ad arricciare il naso ed a incrociare le braccia. «E voi chi siete?» chiese quindi.

«Lei è Phienn, l'amica di cui ti parlavo» si intromise August, presentandola «Ti accompagnerà da oggi in poi»

Phienn le porse la mano e Fleur la strinse titubante. «Capitano Phienn, sarà un piacere averti sulla Concordia»

«Lys» rispose incerta.

«Hai delle mani straordinariamente curate, sai? Un peccato che sulla mia nave si rovineranno»

Il discorso morì sul nascere, perché August parlò nuovamente, preferendo non divulgare oltre la sua presenza a Saigo, isola per cui da sempre provava una strana avversione. «È ora che io vada» lanciò un'ultima occhiata a Fleurdelys, accennando un sorriso tirato. Quindi si voltò, allontanandosi piano e sparendo tra i passanti.

Non ne capì il motivo, ma il cuore di Fleur si strinse. Non si sarebbero più rivisti. Si girò verso la mercante, lo sguardo puntato sulle vie della città e il sigaro in bocca.

«Fossi in te lo saluterei come si deve, dubito lo incontrerai di nuovo»

Inizialmente dubbiosa, si lasciò ben presto convincere da quelle parole. Spinta da un raro sentimento di gratitudine, Fleur partì alle calcagna dell'uomo che l'aveva aiutata -se non addirittura salvata- in quegli ultimi giorni. Non sapeva perché, ma Fleurdelys sentiva suo dovere ringraziare August per quello che aveva fatto per lei. Anche se l'aveva costretta a dormire nella natura per ben due notti.

«August!» lo chiamò quando lo scorse di spalle.

August si girò, confuso. «Non devi salpare, ragazzina?»

«Io... Io volevo ringraziarti»

Le labbra dell'uomo si stesero in un mezzo sorriso. «Mi hai pagato»

«Hai dormito in una stalla per farmi spazio» rispose Fleur, esitando. «E hai viaggiato con me per due giorni»

Perché si sentiva così trattenuta? Perché non riusciva ad esprimere ciò che provava? Fleurdelys avrebbe voluto dire altro, ma non trovò le parole giuste. August, contro ogni aspettativa, rise. Era la prima volta che lo faceva.

«A mia figlia saresti piaciuta» sospirò «Più di quanto gli sarei piaciuto io con i miei sessantaquattro anni»

«Credevo fossi più giovane»

«Mi reggo ancora in piedi»

Il gesto che seguì colse Fleur del tutto di sorpresa: l'abbracciò. Quello scorbutico vecchio, sempre sulle sue, l'abbracciò forte con affetto. Fleurdelys ricambiò incerta, stringendolo prima e poggiando poi la guancia sul petto. Poteva sentire il cuore battere, un suono costante e nuovo, che fece subito suo. Lo fece suo come quell'abbraccio, il primo e unico che avesse mai ricevuto. Non era certa di cosa quell'atto significasse, ma di sicuro non aveva niente a che vedere con le strette possessive a cui era abituata o con le carezze ricche di malizia. Era un gesto spontaneo, sincero, estraneo perché paterno. Un gesto in grado di smuovere qualcosa nel suo cuore di ghiaccio, di formare una piccola crepa nella maschera costruita con così tanta fatica. Perché alla fine dietro la sacerdotessa forte e sfrontata non si nascondeva che una ragazza sola, impaurita e insicura.

Durò troppo poco. Questo pensò Fleurdelys quando le braccia di August tornarono al loro posto. Un velo di tristezza calò sugli occhi di entrambi: era giunto il momento di separarsi. Si salutarono ancora una volta, un po' in imbarazzo, e ognuno prese poi la sua strada. Fleur si fece coraggio e si voltò di nuovo, l'impazienza di conoscere l'ultimo tassello della storia di August e completarla forse definitivamente.

«Come si chiamava tua figlia?»

L'uomo non si girò, ma rispose: «Elaisa» la voce era appena un sussurro «Elaisa Crasteba»

Senza aspettare ancora se ne andò, questa volta per sempre, sotto lo sguardo sorpreso di Fleur che, immobile, lo vide sparire tra la folla. Non capiva, qual era il legame tra August e il mercante delle Terre di Mezzo? E così, in silenzio, tornò sui suoi passi. Con estrema lentezza si ricongiunse a Phienn, che ancora con il sigaro in bocca la stava aspettando vicino al molo. Le cinse le spalle con il braccio magro ma muscoloso e le regalò un sorriso a trentadue denti.

«Benvenuta a bordo, Lys, che la tua avventura possa avere inizio!»

Mentre Fleurdelys Skysee saliva sulla nave, lasciandosi finalmente alle spalle il regno delle Terre Volanti, Vermund Crasteba, dal balcone del Sinjeon, ripensava alla madre. Quella stessa madre che non aveva mai conosciuto, ma della quale aveva deciso di utilizzare il cognome.



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