16- Makani: Dio Vento
Fleurdelys quella notte non aveva dormito; come un cucciolo terrorizzato era rimasta in attesa che qualcosa accadesse, lo sguardo che scattava ansioso dalla finestra aperta alla bestia che la fissava dalla parete. Era successo tutto in così poco tempo che Fleur ancora non aveva realizzato. Non riusciva a credere che lei, una Skysee, fosse stata costretta a lasciare la sua casa. Per quale assurdo motivo poi? Fleurdelys non riusciva a capire. Provava a pensare, si sforzava e cercava di comprendere cosa avesse spinto sua madre ad allontanarla, quale minaccia potesse incombere sulla corona. Non era arrivata a nessuna conclusione.
Vuxta d'altro canto, che sapeva perfettamente cosa stesse passando in quel momento Dionne, era rimasto sul tetto a osservare il cielo stellato per ore e ore, finché la luna non era calata portandosi con sé l'oscurità. Ora il blu si stava già tinteggiando di rosa, dando il benvenuto all'alba e alle sue mille sfumature. Non avrebbe mai immaginato che la storia potesse prendere una piega tanto drastica, non avrebbe mai immaginato che il volere di suo fratello potesse essere piegato così facilmente da un uomo. Vermund Crasteba sarebbe stato punito, Vuxta lo sapeva, era solo questione di tempo. Il mercante aveva usurpato il trono, aveva profanato il ricordo di Araw, un ricordo troppo importante per essere calpestato in tal modo. Se prima la furia del Dio Sole era rivolta alla sola sacerdotessa per via del suo umano egoismo, ora aveva un nuovo soggetto su cui riversarsi.
La punizione divina avrebbe colpito entrambi, senza alcuna distinzione. Quei due animi, così simili e affini, avrebbero continuato a esserlo fino alla morte, legati non solo da peculiari desideri, ma anche da un castigo eterno e incancellabile.
Vuxta sospirò. Lui che doveva rimanere imparziale, lui che non poteva intervenire, era costretto ora a seguire una principessa immatura e in pericolo. Il suo compito di maestro non era forse terminato? Aveva senso cercare ancora di portare Fleur sulla via per diventare una buona reggente? Scosse la testa. Non poteva abbandonarla, non dopo aver promesso a Dionne di affiancarla nel suo viaggio verso le Terre Montagnose. Aveva il compito di istruirla e così avrebbe continuato a fare: presto o tardi Fleurdelys Skysee sarebbe salita al trono, regnando sulle Terre Volanti. Questo era il volere di Araw.
Spostò l'attenzione sul burbero uomo, alzatosi di cattivo umore, che camminava verso l'entrata della casa con il volto imbronciato e gli occhi cerchiati da due profonde occhiaie. Quella notte nessuno aveva riposato. Vuxta lo seguì, anticipandolo di qualche minuto ed entrando nella stanza.
«Buongiorno, principessa! Il sole è sorto e gli uccellini già cantano, è ora, ahimè, di alzarsi» cantilenò, mettendo da parte i suoi cupi pensieri e assumendo il solito atteggiamento, lo stesso che Fleurdelys tanto detestava.
«Ultimamente eri così silenzioso, quasi lo rimpiango» brontolò Fleur, girandosi dall'altra parte del letto.
«Oh! Qualcuno si è svegliato con la luna storta?»
«Qualcuno ha ritrovato il suo pessimo umorismo?»
«Ti conviene alzarti, consiglio di un dio!»
«E se non mi andasse?»
«Sai vero, mia cara fanciulla, che se non ti alzerai da sola, ti aiuterà a farlo il tuo nuovo amicone?» ridacchiò il Dio Luna.
«E tu sai di essere terribilmente fastidioso?» puntualizzò l'altra.
«Eccolo che arriva! Tre...»
Fleur alzò gli occhi al cielo. «Voi dèi siete tutti così seccanti?»
«Mmh, non saprei risponderti... Due...»
«Allora dimmi perché tu lo sei»
«Uno...»
La porta si spalancò, facendola sobbalzare. August nel vederla ancora nel letto aggrottò la fronte e Fleur si portò le lenzuola fino al mento, come a proteggersi dalla sua occhiata contrariata.
«È l'alba, ragazzina, datti una mossa»
Le lanciò della biancheria e un vecchio abito. «Dovrebbero andarti» borbottò, lasciando poi la stanza.
Vuxta rise vedendo l'espressione di Fleur che, irritata, si sfilò il vestito con il quale aveva viaggiato e dormito. In parte era grata per quel cambio d'abiti inaspettato, dall'altra la sola idea di indossare vestiti di una stoffa del genere la inorridiva. Già sentiva prudere la sua delicata pelle, già la vedeva riempirsi di bolle ed eritemi! Prese un bel respiro. Doveva sopportare fino alle Terre Montagnose, sopportare fino alla fine, dove era certa l'avrebbero accolta e trattata con tutti i riguardi necessari. Poteva farcela, si disse, doveva farcela.
Quando uscì dalla casa, Fleurdelys si ritrovò ad osservare nei minimi dettagli quel paesaggio che durante la notte non aveva potuto studiare con attenzione, rimanendo affascinata dall'equilibrio e dall'armonia degli elementi della natura. Dalla collinetta riusciva a vedere gran parte dell'arcipelago: davanti a lei si estendevano i campi aridi e quasi abbandonati che l'avevano colpita qualche ora prima, mentre poco più lontano si potevano scorgere le luci delle case del paesello e i diversi alberghi di Vintr. La maggior parte delle finestre era ancora oscurata data l'ora, ma qualche mercante già era partito verso la Capitale, nel cielo gli esemplari di drago comune che, con versi lunghi e striduli, sbattevano le ali con forza e trainavano carri carichi di merce e denaro.
«Muoviamoci» interruppe il suo sognar August, che iniziò a camminare senza preoccuparsi se lei lo stesse seguendo o meno.
A Fleur sembrò quasi che August aumentasse di proposito il passo per tenere le distanze e non essere quindi costretto a parlarle. Seguirono il sentiero in silenzio, solo Vuxta non sembrava intenzionato a tacere.
«Nelle Terre di Nessuno, io troverò il mio io, nessun disturbo alcuno, al mondo dirò addio» canticchiò.
Vuxta puntò lo sguardo perso verso il cielo, consapevole delle occhiate perplesse di Fleur.
«Corruzione e ignavia, egoismo e slealtà, alle spalle quella via, per silenzio e verità! Dell'uomo la voce, non voglio più sentir, ecco la mia croce, così voglio perir»
«È triste» si ritrovò a dire Fleurdelys, riferendosi alla canzone.
Vuxta alzò un sopracciglio. «Io la trovo interessante»
«Interessante?»
«Considerando che la inventò un uomo anni fa, un uomo che si stancò del mondo in cui viveva, direi che è molto più che interessante»
«Stancarsi del mondo in cui si vive? È possibile?»
Non ricevette risposta. Vuxta ammutolì e lei di conseguenza si ritrovò a imitarlo, rigida e preoccupata. Anche August si fermò sul posto, osservando il piccolo porticciolo, luogo di attracco dei draghi, con aria perplessa. Affrettò poi il passo, cambiando direzione e dirigendosi verso il solito albergo. Fleurdelys lo seguì muta, realizzando che qualcosa non andasse. Indossò la sua fredda maschera, la stessa della sacerdotessa, per nascondere quella debolezza che improvvisamente sembrava essersi annidata in lei, e si alzò il cappuccio alla ricerca forse di maggiore protezione.
August spalancò la porta.
«Vanya, cosa sta succedendo?»
Non un saluto, non un cenno, l'uomo andò dritto al punto con il suo solito modo burbero di porsi, facendo sobbalzare la donna dietro al bancone. Vanya portò una mano al petto e prese un bel respiro prima di rispondere.
«Non hai saputo? Sembra che la corona abbia aggiunto un'altra tassa e che da oggi gli spostamenti verranno sottoposti a qualche controllo»
August mugugnò qualcosa, ringraziò e uscì, seguito da Fleurdelys. Il suo viso si contorse in un'espressione pensierosa, le rughe intorno agli occhi che sembrarono farsi più evidenti. Anche Fleur si dimostrò allarmata da quella notizia. E se l'avessero scoperta? Nel vedere in lontananza alcuni soldati si rifugiò dietro la massiccia schiena di August. Lo stemma della casata reale confermava la riverenza a Dionne Skysee, eppure c'era qualcosa che stonava in quella scena. I controlli cittadini non rientravano nella politica pacifica della regina, non erano conformi ai suoi ideali e Fleurdelys, sebbene non si fosse mai interessata al modo in cui sua madre gestiva il regno, conosceva fin troppo bene i valori che questa aveva provato a trasmetterle. "Libertà e rispetto nei confronti dei nostri sudditi sono le fondamenta del regno, valle a intaccare e il popolo insorgerà" diceva quando non era occupata a rimproverarla per una cosa o per l'altra.
«Non è stata lei» mormorò, la voce sottile e tremante.
August la fissò per un lungo istante, senza rispondere o ribattere. Continuò ad avanzare, raggiungendo una delle guardie.
«Dobbiamo andare a Saigo»
«Tu e...?»
August si spostò di lato, lasciando che la guardia vedesse Fleur. Lei si irrigidì, le gambe che iniziarono a tremare. Fece un passo indietro, deglutendo, l'istinto che le suggeriva di andarsene nell'immediato. Si era fidata di August quella notte, ma non poteva dire di conoscerlo. Se l'avesse tradita? Se avesse capito chi fosse? Chi le garantiva che non stesse per venderla a quel soldato? Fleurdelys si guardò intorno, alla ricerca di una via di fuga. Non poteva restare lì, non poteva...
«Non fare stupidaggini, Fleur, lascia parlare l'umano» le sussurrò all'orecchio Vuxta, stringendole con affetto le spalle «Andrà bene»
Fleurdelys inaspettatamente si calmò, il cuore che tornò a battere normalmente. Era strano come fossero bastate poche parole da parte di Vuxta per far scemare l'ansia, la paura che si era subito dileguata. Non era sola dopotutto.
«In che grado di parentela siete?» sentì dire al soldato.
August non rispose per un tempo che le parve infinito e Fleurdelys si ritrovò a trattenere il respiro. Doveva fidarsi.
«È mia figlia»
Fleur schiuse le labbra, sentendo improvvisamente la gola secca e un profondo bisogno di respirare. La sensazione di ansia all'altezza dello stomaco scemò del tutto solo quando il soldato annuì distrattamente, troppo impegnato a compilare scartoffie per accorgersi che i documenti datogli da August non combaciassero con la realtà.
«Questo è il permesso, inserite i nomi e il motivo per cui vi state dirigendo a Saigo. Lì...» disse indicando alcuni suoi compagni «...pagate e sarete liberi di partire»
Fleurdelys fece per seguire August, già direttosi verso gli altri soldati senza aspettarla, quando la guardia l'afferrò per un braccio. Il cuore saltò un battito, il respiro si bloccò e le mani iniziarono a tremare di nuovo in preda alla paura. "Scappa" urlava la sua mente, eppure le sue gambe non sembravano avere intenzione di muoversi: rimasero ferme, immobili, pietrificate. Dov'era Vuxta?
«Sei molto bella, sai?»
Conosceva quel tono di voce. Lo aveva usato così tante volte che Fleur rabbrividì. Sorrise debolmente, cercando con lo sguardo il suo burbero accompagnatore. Dov'erano finiti lui e Vuxta?
«Grazie» si costrinse a rispondere.
Un'ombra passò accanto a loro, ma né Fleur né il soldato la notarono. In quello stesso istante l'uomo lasciò il suo braccio e Fleurdelys ne approfittò subito per scappare il più lontano possibile e raggiungere August. Non si accorse degli occhi vitrei e spenti, non si accorse di come qualcosa nel soldato avesse iniziato a cambiare. L'uomo emise un verso di dolore quando una fitta si espanse lungo la sua spina dorsale. Una morsa gli strinse poi il cuore, stritolandolo, soffocandolo. Il corpo ormai non era più suo. Non gli apparteneva. I suoi pensieri sfocarono fino a scomparire del tutto e la vista gli si annebbiò, un telo bianco che si posava su di lui. Poi il nulla.
«Sei intervenuto»
«La stava toccando» rispose Vuxta, la voce che non gli apparteneva.
«E quindi? Non avresti dovuto» rise.
«Makani...»
Vuxta strinse le labbra, sentendosi estraneo a quel nuovo insulso corpo. Non vedeva suo fratello da anni, eppure non era cambiato, il tempo non l'aveva scalfito. Il suo viso immortale era rimasto uguale, in ogni minimo particolare: le guance paffute gli donavano un aspetto dolce e roseo, in contrasto con le smorte labbra sottili, e la mossa chioma bianca contornava i fanciulleschi lineamenti del viso. Intimidivano i suoi due grandi occhi dorati: l'iride, un tempo celeste come il cielo, era stata inghiottita dall'oro divino, segno di una pazzia nata e mai più svanita. La sua parte terrena, che lo avvicinava agli uomini, era scomparsa con la Battaglia dei Mille. Vuxta era addirittura sorpreso che fosse riuscito, dopo tutto quel tempo, a recuperare quella forma che credeva perduta per sempre.
«Oh! La senti?» mille pieghe si formarono sulla sua fronte pallida «È l'ira di nostro fratello che si abbatterà su di noi!» rise di nuovo.
«Makani...»
La sua bocca si spalancò. L'oro negli occhi brillò più di prima, in preda alla follia e alla confusione.
«Fratello mio, i venti fin qui mi hanno guidato»
«Come stai?» finalmente Vuxta riuscì a domandarlo. Una domanda così umana e sincera, che in passato gli dèi mai avrebbero pensato di arrivare a porre.
«Come sto, tu dici? Lo vedi questo aspetto? Sto divinamente! Ma ora addio, fratello, ci vedremo di nuovo un giorno!»
E così come era arrivato, come una folata di vento improvvisa e passeggera, Makani sparì. Vuxta sospirò e cercò Fleurdelys con lo sguardo. Non poteva lasciarla sola adesso, non ora che si trovava in pericolo e che la caccia al tesoro era stata annunciata.
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