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13- La natura degli dèi

I cinque dèi venivano raffigurati spesso in forma umana, ma non perché quello fosse il loro vero aspetto. Rappresentare un dio era pressoché impossibile dato che la sua vera natura era la natura stessa.

La Dea Terra era ogni singolo filo d'erba, ogni albero e ogni sua foglia. La Dea Acqua si trovava in ogni fiume, nel mare, in ogni singola goccia di pioggia. Il Dio Vento era aria, ogni sbuffo del cielo, ogni suo soffio e ogni corrente. Il Dio Luna si trovava nella notte, nelle sue stelle, nella luna; in ogni ombra si celava la sua essenza. E infine il Dio Sole era ogni raggio di luce, ogni fiamma e ogni fuoco.

Gli dèi si esprimevano attraverso temporali, incendi, maremoti, sentimenti furiosi che si manifestavano attraverso la natura. Si poteva dunque dire che questa fosse il loro essere, la via di comunicazione con il mondo terreno, e che il loro aspetto umano non fosse che una delle tante forme che potevano assumere; per tale motivo conoscevano il presente e il passato: mentre il loro corpo materiale si trovava in un posto, il loro spirito si trovava in ogni luogo e i loro molteplici occhi vedevano tutto.

La natura era il vero potere degli dèi e finché la natura avesse continuato a vivere, loro avrebbero continuato a esistere.

Dei cinque dèi solo due amavano prendere le somiglianze degli uomini. Nirina, la Dea Acqua, e Vuxta, il Dio Luna, erano inspiegabilmente legati alla mondanità. La prima si era affezionata a un uomo rimasto solo da bambino, lo aveva visto crescere, diventare adulto e se n'era innamorata; mai avrebbe smesso di affiancarlo, solo la morte avrebbe potuto separarla da lui, quella stessa morte di cui Vuxta era il messaggero. A differenza delle credenze popolari, il Dio Luna non portava il sonno eterno né puniva chi era stato malvagio. Ne riconosceva solo l'odore che si attaccava ai defunti e ai vivi che presto sarebbero morti, e ne portava le anime nell'oltretomba, guidandole nel cammino verso quella che gli umani chiamavano pace eterna.

Quando si moriva gli spiriti si staccavano dal corpo, incontrando Vuxta sul giaciglio del proprio letto. Accolti da ciò che credevano essere la morte stessa, si lasciavano guidare verso la porta della vera morte: la morte dello spirito. Quando anche l'anima, bruciata dalla luce di Araw, il Dio Sole, si spegneva per sempre, il corpo dell'uomo iniziava a putrefarsi. Veniva seppellito, divenendo un mucchio di ossa e terra, e quando anche le ossa sarebbero finalmente scomparse in superficie sarebbe rinata la vita.

Così come la vita e la morte, anche gli dèi erano legati tra loro: la Dea Terra si trovava al centro di una sorta di girotondo, circondata dai suoi quattro fratelli. La terra per vivere necessitava di acqua, di vento, di luce e oscurità. L'acqua nutriva le sue fondamenta, il vento trasportava il polline e inseminava i fiori, il sole e la luna permettevano invece l'alternarsi del giorno, della notte e delle stagioni, indispensabili per le piante e il loro ciclo di vita.

Duniya, sorella minore di tutti gli dèi, era la più bisognosa. Quando lei soffriva, la terra soffriva, quando uno dei fratelli veniva sopraffatto da emozioni negative, la terra piangeva dal dolore. Viveva in un limbo, intrappolata nel Kroaght per una scelta derivante dalla sua stessa volontà. Il potere della Dea Terra era troppo grande, troppo distruttivo, aveva bisogno di un contenitore che l'aiutasse a controllare tutta la sua forza; per questo aveva incanalato la sua essenza in quell'albero ritenuto sacro, reprimendo parte di sé. Ciò permetteva alle piante di non muoversi e alle foglie di non danzare, ad alcuni animali di reprimere la loro ferocia, alla terra di non ribellarsi all'uomo, alle sue costruzioni, ai suoi campi artificiali.

Così come Duniya aveva un collegamento diretto con gli animali della terra, anche Nirina e Makani, il Dio Vento, erano legati agli animali acquatici e ai volatili. Si poteva dire, in un certo senso, che le creature del loro elemento fossero parte di loro: quando una moriva, parte del dio moriva, quando una nasceva, parte del dio rinasceva. Si trattava di un ciclo continuo e del tutto naturale, da cui gli dèi traevano un po' della loro forza.

Per questo motivo Makani soffriva e si torceva in preda al dolore nel suo vento, non riuscendo a liberarsi da quel tormento continuo che era nato insieme alla Battaglia dei Mille. Per tre anni una grande quantità di draghi era stata uccisa, per tre anni parte di lui era stata distrutta. Mai era successo prima che un'intera razza venisse quasi sterminata, mai era accaduto che un dio si indebolisse al punto da non riuscire più a controllarsi. Solo Dionne Skysee si era domandata più volte perché Makani non le facesse più visita; non poteva sapere o immaginare che si trovasse in una situazione di malessere tale da non permettergli di scappare dal suo 'io'. Makani era rimasto intrappolato nel vento, proprio lui che il vento lo era.

Anche Araw, fratello maggiore degli dèi, per via di una serie di avvenimenti passati, preferiva restare nel suo mondo. A differenza di Makani, non era però costretto a farlo.

Le Terre Volanti erano quelle più vicine al sole e per questo durante la stagione secca pativano di più. Era anche vero che Araw, legato alle Skysee da un lontano e oscuro passato, si accaniva principalmente sul loro regno quando qualcosa andava diversamente dai suoi piani. E con Fleurdelys questi si erano completamente volatilizzati.

Araw la riteneva sporca, imperfetta, non adatta a ospitare nel suo corpo quel sangue puro e quasi divino. Fleurdelys era lontanissima dall'essere la sacerdotessa che Araw voleva che fosse, un insulto a un ricordo fin troppo prezioso: Vayanne, la prima Skysee.

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