Capitolo XXVI
I giorni dopo l'intervista erano passati pigramente per Jade, senza che accadesse nulla di particolare. Josh le aveva fatto riavere l'auto come nuova, ma lei non l'aveva minimamente toccata. Era arrivato il Natale e con lui le miriadi di ricordi inutili e dolorosi. Non erano serviti a niente gli insistenti inviti di Cat a festeggiare con lei e la sua famiglia, né tanto meno erano stati utili i burberi borbottii del suo agente che le intimavano " gentilmente " di uscire e divertirsi, almeno un po'. Si sapeva d'altronde che la sua testardaggine era impossibile da battere. Così aveva passato il venticinque dicembre da sola, seduta davanti al suo pianoforte, a suonare canzoni che di parole non avevano bisogno, perché si raccontavano già da sé. Il segreto, era saper ascoltare la voce di chi non c'era più. Era stato di suo padre, quel vecchio pianoforte a coda nero lucido. Le aveva raccontato che era stata la prima cosa importante che avesse comprato con i soldi raccolti stipendio dopo stipendio. Imparó da piccolo a suonare, ma a quei tempi voler fare il musicista era una vergogna, disgrazia sulla famiglia il cui unico figlio maschio coltivasse la segreta passione di diventare un pazzo pianista pieno di sogni e idee. Così, qualche giorno prima di morire, durante una delle abituali lezioni che dava alla figlia, le aveva detto:
"Quando avevo la tua età avevo un sogno... un sogno che non ho mai potuto realizzare. Era quello di diventare un musicista... tu ce l'hai un sogno Jade?"
La piccola Jade guardava con gli occhi azzurri spalancati l'uomo accanto a sé. Rispose dopo un po'.
" Forse."
" E qual è?"
"Uhm... sai tipo... gli attori? Mi piacerebbe diventare una di loro... "
Una piccola pausa.
"A volte... mi piace fingere di essere qualcun altro. Mi piace tanto."
"È un bel sogno."
"Davvero?"
"Davvero." - suo padre sorrise.
Lei allora si sistemó meglio sullo sgabello di pelle bianca, guardandolo un po' più sicura.
"Pensi... che potrei andare in quella scuola... La Hollywood Arts?" - chiese, facendo dondolare avanti e indietro le gambe magre.
"Penso che tu possa fare tutto ciò che vuoi. E poi... visto il tuo talento nel dire le bugie..."
Jade rise. Una risata cristallina e pura, la risata di una bambina felice. Poi sul suo volto si dipinse un sorriso furbo.
"Ognuno ha il suo talento."
Per un po' non parlò nessuno. Poi.
"Quindi mi porterai ad Hollywood papà?"
"Certo, andrai a scuola e poi diventerai famosa. Ed io sarò tanto fiero di te."
Jade strinse i pugni sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Suo padre non l'aveva portata ad Hollywood, non l'aveva vista studiare e diventare famosa. Lei aveva fatto tanti di quelli errori... non era più la bambina di tanti anni prima. Piegò il busto in avanti, incrociando le braccia sulla tastiera e posandovi sopra la testa. I tasti gemettero sotto il suo peso, emettendo suoni contrastanti e fastidiosi all'orecchio. Sentiva il senso di colpa montare dentro di lei, unirsi alla rabbia e alla tristezza, formando un groviglio che le si bloccò proprio in gola. Gli occhi iniziarono a bruciare. Sapeva che non sarebbe mai stato fiero di lei.
Come si può essere fieri di un disastro?
~°~°~°~°~°~
La vigilia di capodanno stava passando esattamente come tutti gli altri giorni. Jade era rannicchiata sul suo vecchio divano, posizionato strategicamente di fronte al televisore. Teneva un plaid blu sulle gambe incrociate, sorseggiando una tazza di caffè bollente, mentre guardava un programma insensato su un canale a caso qualsiasi. Alcuni ciuffi ribelli di capelli erano sfuggiti alla coda di cavallo in cui li aveva raccolti e adesso le incorniciavano il viso pallido. Accanto alla tv c'era un piccolo albero di Natale decorato con dei bibbles di cartapesta colorati, un regalo di Cat ovviamente. Sotto c'era un piccolo pacchetto avvolto da carta blu notte un po' strappata da un lato ed una busta rossa, dalla quale pendeva un bigliettino con scritto Per Jade con la calligrafia un po' incerta tipica dei bambini. Non si aspettava un regalo da parte di Anne e la sua famiglia. Era stata una bella sorpresa, soprattutto per lei che di regali ne riceveva ben pochi. Per la prima volta dopo tanto tempo aveva risentito il calore di una famiglia. Quando le braccia della signora McCartney si erano strette attorno a lei aveva sentito quel calore che solo le madri possono dare. Davvero una bella sensazione, anche se immeritata a suo parere. Era stato l'unico piccolo momento felice di quelle feste, visto che la piccola famigliola si era fermata un quarto d'ora con lei, chiacchierando del più e del meno e sorseggiando una tazza di cioccolata calda. Era arrivato anche Josh quel giorno, con il pacchetto blu sotto braccio. Era dispiaciuto per il ritardo, perciò quando vide che anche Anne aveva a portato il suo regalo il giorno dopo Natale si tranquillizzò un po'. Le aveva spettinato i capelli, beccandosi un occhiata fulminante, e l'aveva intimata ad aprire il regalo. Jade così fece, cercando di non apparire troppo euforica. Dentro ci aveva trovato un anello molto bello, con una rosa nera sopra. Lo indossava adesso, infilato sul dito medio destro, che faceva muovere insieme alle altre dita sulla tazza scolorita che aveva in mano. Il regalo di Milly e la sua famiglia invece era un maglione nero ricamato a mano da Anne. Ovviamente il ricamo consisteva in un paio di forbici. Sorrise ripensandoci. Era stato davvero un bel pensiero. Stava cercando di capire quello che stava blaterando la tizia vestita di rosa che gesticolava in televisione, quando il trillo del campanello coprì del tutto la sua voce, facendola trasalire e a momenti versare il caffè addosso. Borbottò, rintanandosi meglio nella coperta, decisa a non rispondere. I suoi piani andarono clamorosamente in fumo quando l'insopportabile persona fuori dalla porta iniziò a premere ininterrottamente sul campanello. Sbuffó gettando via il plaid con un gesto rabbioso della mano e alzandosi per andare ad aprire. Era pronta a suonarle si santa ragione all'idiota che stava lì fuori, ma il caldo sorriso che ritrovò davanti la lasciò alquanto spiazzata.
" Ehy..."
Fissò dalla testa ai piedi il ragazzo di fronte a sé, ancora con la tazza di caffè in mano. Beck teneva le mani nella tasca dei jeans stretti che indossava e sembrava non avere per niente freddo, nonostante indossasse solo una felpa verde militare con il cappuccio. I capelli erano come al solito in disordine, mossi dalla brezza invernale.
Bellissimo.
" Era necessario sfondarmi il campanello?"
" Se non l'avessi fatto tu non avresti aperto."
Jade alzò le spalle.
" Che vuoi?" - chiese stringendosi nella vecchia giacca della tuta che indossava sopra ad un maglioncino nero.
"Mi fai entrare? O preferisci farmi congelare?"
"Sai che non è una cattiva idea?"
Il ragazzo sbuffò.
"Muoviti." - fece lei, spostandosi di lato per permettergli di entrare.
Una volta che furono entrambi dentro chiuse la porta. Si portò la tazza alle labbra, bevendo un sorso della bevanda scura al suo interno. Sentiva gli occhi scuri di Beck su di sé, perciò cercò di guardare altrove, pur di non incontrare il suo sguardo.
"Allora?" - sbuffò dopo qualche secondo.
"Voglio portarti fuori, hai passato abbastanza giorni di festa chiusa qui. Quindi stasera esci con me e guardiamo i fuochi a mezzanotte." - rispose Beck sorridendo.
"Non esiste, te ne puoi andare. Sto benissimo qui. Ho il caffè, la tv e il riscaldamento. E poi non dovresti passare la sera del trentuno con i tuoi?"
"Nah. In qualunque caso non mi muovo da qui finché non accetti, perciò..." - sentenziò lui, andandosi a sedere tranquillo sul divano.
Quel divano ricordava troppe cose...
"Ti ho per caso dato il permesso di sederti?" - domandò acida Jade, guardandolo con un sopracciglio alzato.
"No, me lo sono preso da solo."
"Che gentleman."
Lui la osservò per bene. Anche con i capelli in disordine, senza trucco e avvolta in quella tuta sformata e grigia appariva stupenda.
"Bel anello... è nuovo?" - chiese, facendo un cenno verso la sua mano.
"Ti interessa?"
"Sì."
Ennesimo sbuffo da parte di Jade.
"È un regalo di Natale."
"Da parte di chi?"
"Josh. Hai finito con l'interrogatorio adesso?"
"Chi è Josh?" - Beck corrugò la fronte.
"Oh Dio. Non ti interessa. E poi te lo avevo già detto." - rispose la ragazza facendo roteare gli occhi.
"Ti sbrighi o no?"
"Ti ho detto che non voglio venire!"
"Bene."
L'attore afferrò il telecomando, cambiando canale. Jade riconobbe i rombi delle auto in corsa.
"Cambia."
"Tu vieni con me."
"No!"
"Avanti che ti costa? Ci facciamo un giro... così, da amici.
Jade sospirò.
"Hai vinto rompi coglioni, ma solo perché so che mi offrirai da mangiare."
Beck si alzò, un sorriso da ebete vittorioso scolpito in faccia.
"Andiamo allora."
"Aspetta... ti aspetti che esca così?"
"Perché, che hai che non va?"
"Tutto! Aspettami qua, vado a darmi una sistemata." - ordinò prendendo la busta rossa da sotto il piccolo albero e andando di sopra.
"Non ci mettere troppo come al tuo solito!" - le urlò dietro Beck, tornando a sedersi.
Jade invece non si era smentita e di tempo ce ne aveva messo parecchio prima di tornare di sotto.
" Eccomi." - esordì scendendo l'ultimo gradino quasi un ora e un quarto dopo, portandosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio distratta.
Il ragazzo si alzò, voltandosi per guardarla. La osservò attento con i suoi occhi scuri, cercando di catturare ogni dettaglio: le dita magre che si muovevano veloci cercando di sistemare la mezza coda in cui aveva raccolto i capelli ondulati, il maglione nero un po' troppo grande che indossava, i jeans scuri che le fasciavano le gambe affusolate e gli anfibi allacciati stretti. Ogni minimo dettaglio la faceva apparire sempre più bella.
" Allora, andiamo si o no?"
"Cos'è, adesso hai fretta?"
"No, mi dà fastidio che tu mi guardi così." - borbottò incrociando le braccia sotto il seno.
Beck distolse lo sguardo, nascondendo l'imbarazzo schiarendosi la voce.
Jade afferrò la giacca dall'attaccapanni indossandola. Prese la borsa e aprì la porta.
"Ti sbrighi?"
"Arrivo, arrivo." - rispose lui uscendo dalla porta che la ragazza teneva aperta.
Appena fuori si voltò verso di lei, allargando le braccia.
"Pronta per l'ultima notte dell'anno?"
~°~°~°~°~°~
Ridevano così forte da così tanto tempo che se ne erano completamente dimenticati il motivo. Stavano camminando per una stradina tutta illuminata, uno accanto all'altra. Jade faceva dondolare tra l'indice ed il pollice della mano destra il collo di una bottiglia verde scuro di birra al limone, continuando a ridere sommessamente, lanciando timide occhiate al ragazzo accanto a lei. Beck rideva più apertamente, con le mani in tasca e gli occhi socchiusi. Avevano mangiato una pizza seduti su un muretto, parlando del più e del meno, guardando distrattamente la gente che passava davanti a loro. Poi si erano alzati, ignorando i nuvoloni neri che avevano iniziato a coprire il cielo e cominciato a passeggiare per le stradine piene di decorazioni natalizie tutte colorate.
"Me ne dai un po'?" - chiese l'attore indicando la bottiglia che teneva in mano Jade.
Lei annuì porgendogliela. Le loro dita si sfiorarono per un attimo.
Beck portò l'oggetto alla bocca, bevendo un po' di birra. Guardava dritto di fronte a sé, nei suoi occhi si riflettevano i mille colori delle luci decorative sopra di loro. Jade tirò l'orlo della manica del maglione fino a coprire tre quarti di mano, lasciando scoperte soltanto le unghie smaltate di nero. Alzò lo sguardo al cielo preoccupata quando il rombo assordante di un tuono interruppe la quiete silenziosa di quel viottolo dove erano andati a cacciarsi.
"Beck?"
"Mh?"
"Sta piovendo..." - disse, asciugando con il dorso della mano una gocciolina di pioggia che le era arrivata sulla fronte.
" Nah, è solo qualche goccia." - rispose lui buttando nel cestino la bottiglia ormai vuota.
Un altro tuono. La pioggia cominciò a cadere più fitta.
"No Beck, non è solo qualche goccia!" - urlò Jade, cercando di coprirsi la testa con le braccia.
" Okay, forse hai ragione."
"Forse?!"
Beck si tirò il cappuccio della felpa sulla testa. Prese la mano destra di Jade ed iniziò a correre trascinandosela dietro. Sembrava un bambino: rideva come un pazzo, correndo sempre più veloce, senza avere paura di scivolare, ignorando le imprecazioni della ragazza qualche passo dietro di lui.
" Lasciamo la macchina a casa mia, così ci facciamo una passeggiata! Tanto non ci allontaniamo! Certo, come no! Adesso stiamo correndo come due deficienti perché sta letteralmente diluv-" - Jade non fece in tempo a finire il monologo, perché andò dritta a sbattere contro la schiena di Beck, che si era fermato all'improvviso.
"Ma che fai?!"
"Smettila di urlare e divertiti un po', avanti!" - rise lui guardandola.
"Divertirmi?! Sono bagnata fradicia e tu mi dici di divertirmi?!"
Il ragazzo sbuffò alzando gli occhi al cielo, le mise un braccio attorno alla vita e se la caricò in spalla, ricominciando a correre.
"Beck! Beck lasciami subito!" - urlò lei scalciando, aggrappandosi alla sua felpa per paura di cadere.
L'unica risposta che ottenne furono soltanto altre risate e si sa che le risate sono contagiose. Così la sua risata timida si unì a quella aperta del pazzo che la teneva in braccio, creando la sua musica preferita.
Si era quasi dimenticata com'era.
Dopo altri dieci minuti di pazza corsa sotto la pioggia arrivarono finalmente di fronte il portone del condominio dove Beck abitava, riparandosi sotto i piccoli balconi del palazzo.
"Puoi mettermi giù adesso?!"
Il ragazzo obbedì ridacchiando, posandola a terra. Nella fretta della corsa il cappuccio era scivolato giù, adesso i suoi capelli erano bagnati fradici e li ricadevano disordinati sulla fronte. Il suo petto si alzava e abbassava velocemente a causa dell'affanno dovuto alla corsa spericolata.
Jade si tolse le ciocche zuppe dal viso piagnucolando.
"Adesso avrò tutto il trucco colato..."
"Sembri un panda." - confermò annuendo lui.
L'attrice alzò la testa di scatto guardandolo negli occhi e puntandogli l'indice destro contro.
"Questa è soltanto colpa tua!" - lo aggredì facendo un passo in avanti minacciosa.
"Sei bellissima..." - sussurrò il canadese tutto d'un fiato.
Lei ritirò lentamente il braccio, abbassando lo sguardo. La pioggia continuava a cadere.
"Beck..."
Conosceva quel tono. Iniziava ad odiarlo.
"Ascolta, non ho intenzione di farti entrare in macchina grondante d'acqua... e poi non abbiamo ancora visto i fuochi quindi saliamo sopra, ti presto qualcosa di asciutto e ci beviamo un caffè... okay?"
Jade fece spallucce, incrociando le braccia.
"A casa a piedi non posso tornare..." - bofonchiò.
Beck tirò fuori le chiavi dalla tasca dei jeans, la infilò nella serratura e aprì il portone. Salirono le scale in silenzio, le scarpe che lasciavano orme fangose sugli scalini di marmo bianco. Si fermarono al secondo piano, di fronte ad una porticina di legno scuro. Una volta entrati in casa un leggero
calore li investì, segno che Beck aveva tenuto i riscaldamenti accesi fino ad un secondo prima di uscire. Jade rimase sulla soglia un po' incerta, mente il ragazzo correva ad accendere i termosifoni, lasciando orme sul pavimento pulito. Lì dentro l'aria profumava di lui. Si piegò per slacciare gli anfibi e toglierli. Li posò accanto alla porta, per poi camminare in punta di piedi e raggiungere Beck che armeggiava con un piccolo contatore.
"Uhm... e adesso?" - chiese, facendo girare lo sguardo intorno a sé, osservando il piccolo salotto dove si trovavano.
"Adesso..." - rispose l'attore chiudendo uno sportellino e voltandosi verso di lei - "vado a cercare qualcosa che ti possa andare bene e ti togli quella roba bagnata di dosso, prima che ti venga una bronchite."
"Disse quello che è più zuppo di me."
"Io non mi ammalo mai." - sentenziò allontanandosi ed entrando in un corridoio stretto, lasciandola sola.
"Mh-mh, certo."
Beck tornò qualche minuto dopo, con in mano qualcosa che Jade non sapeva definire.
"Okay qui ci sono una felpa ed un asciugamano pulito. La felpa è abbastanza grande da coprirti credo... non ho niente altro che possa andare bene..."
Lei annuì un po' incerta, afferrando ciò che il ragazzo le stava porgendo.
"Il bagno è la prima porta a destra."
Jade seguì le indicazioni, trovando il bagno e chiudendosi dentro. Si guardò un attimo allo specchio, prima di lavarsi la faccia con il sapone per togliere tutto il trucco nero che aveva formato un alone piuttosto evidente attorno ai suoi occhi. Sfregò il viso con forza per un bel po' prima di riuscire ad ottenere un risultato decente. Poi si spogliò lentamente, appoggiando i suoi vestiti completamente zuppi al bordo della piccola vasca dietro di sé. Infilò la felpa di Beck, inspirando a fondo il suo odore. Sapeva di fresco, di pino... sapeva di casa. Tirò su le maniche abbastanza da riuscire ad intravedere le punte delle dita. La felpa era abbastanza lunga da coprirla quasi fino al ginocchio. Non voleva girare in quel modo per casa del suo ex ragazzo... ma non aveva scelta, oltre a quella di tenersi i vestiti bagnati e prendersi un accidente. Cercò di sistemarsi i capelli, tamponandoli con l'asciugamano per asciugarli. La mezza coda in cui li aveva raccolti non esisteva più e si era ormai arresa all'idea di aver perso le forcine mentre quell'idiota la trascinava in giro per la città sotto l'insistente pioggia invernale. Sospirò, posando la piccola tovaglia bianca sul lavandino.
Sperava solo...
Recuperò i vestiti bagnati da dove li aveva poggiati. Li avrebbe messi su un termosifone per farli asciugare un po' e appena sarebbero stati abbastanza asciutti si sarebbe fatta accompagnare a casa. Uscì dal bagno, camminando incerta verso dove aveva lasciato Beck.
"Beck?" - chiamò non vedendolo.
La sua testa spuntò da una porta un pochino più in là da dove si trovava lei.
"Sono qui, vieni..." - disse scomparendo di nuovo all'interno della camera.
Jade lo raggiunse, scoprendo che si trovava in cucina. Stava versando una bevanda scura in due grandi tazze dalle fantasie strane. Caffè.
Posò i suoi vestiti su un termosifone, abbassando il più possibile la felpa che aveva addosso, in modo di lasciare solo un minimo di coscia scoperta. Si appoggiò al davanzale di marmo della finestra, guardando la città illuminata, fingendo di esserne molto interessata. In realtà era solo una scusa per non incrociare lo sguardo di Beck ed inoltre sapeva di avere le guance già rosse per l'imbarazzo. Lo sentì avvicinarsi e darle una spallata per attirare la sua attenzione. Si voltò a guardarlo. Lui sorrideva e le stava porgendo una tazza di caffè. La afferrò mormorando un leggero grazie, nascondendoci dentro il viso e bevendo un lungo sorso del liquido bollente al suo interno. Tornò a guardare fuori. Il ragazzo al suo fianco la imitò, sorseggiando tranquillo il suo caffè. Dopo cinque minuti Jade aveva già finito. Posò la tazza sul davanzale, passandosi la lingua sulle labbra soddisfatta.
"Ti ricordi ancora quanto zucchero ci metto..."
Lui smise di bere, poggiando la tazza che aveva in mano accanto a quella di Jade, anche se era ancora mezza piena.
"Certe cose non si dimenticano..." - rispose girando la testa per guardarla.
Lei sostenne lo sguardo e quasi si perse in quel mare di cioccolato.
Non riusciva a capire niente, se davvero il viso di Beck si stava avvicinando al suo o se era soltanto frutto della sua immaginazione.
Non le importava.
I botti dei fuochi d'artificio arrivavano ovattati alle sue orecchie. Mezzanotte era passata, si trovavano ufficialmente nell'anno nuovo e lei se ne curava appena.
Una scarica elettrica percorse la sua spina dorsale nel preciso istante in cui le labbra morbide di Beck avevano sfiorato le sue screpolate dal freddo. La mano calda del ragazzo si era posata sulla sua guancia, facendola rabbrividire. Lei non si era tirata indietro però, aveva dischiuso un poco la bocca, alzandosi in punta di piedi per cercare quella del ragazzo. Le loro labbra si incontrarono di nuovo, questa volta per più tempo. Jade allacciò le braccia attorno al collo di Beck.
Sapeva che era sbagliato, la sua mente continuava a lanciare grida dell'allarme, ma lei non voleva fermarsi. Era solo un bacio... solo uno. Aveva fatto tanti di quelli errori, che cosa sarebbe cambiato se ne avesse fatto un altro?
Solo un bacio...
Le dita dell'attrice iniziarono a giocherellare con le punte bagnate dei capelli morbidi del ragazzo, mentre lui piegava la testa di lato per approfondire il bacio. Jade avvicinò di più il viso di Beck al suo. Stava affogando e non voleva essere tirata in superficie. Aveva la pelle d'oca ovunque, il cuore batteva così forte che aveva paura uscisse fuori dal suo petto. Le labbra di Beck sapevano di caffè.
Dio quanto le erano mancate.
Sentì la mano del ragazzo scendere giù dalla sua guancia e appoggiarsi sul suo fianco. Beck la spinse dolcemente indietro, senza smettere di baciarla, fino a quando la schiena di lei non si scontrò con il freddo muro bianco della piccola cucina. A quel contatto Jade sembrò recuperare il senno.
Stava mandando tutto all'aria, solo perché non era capace di mantenere il controllo. Non poteva cedere così.
Portò le mani sulle spalle del canadese, allontanandolo.
"No... io-... devo andare." - balbettò allontanandosi, correndo verso i vestiti che aveva appoggiato sul termosifone.
Si infilò in fretta i jeans ancora umidi con le mani tremanti.
"Jade..."
"Ti... riporterò la felpa." - disse con voce roca, afferrando la borsa e il suo maglione e avviandosi verso la porta di casa.
Beck la seguì.
"Jade, aspetta..."
Lei si infilò gli anfibi senza allacciarli, aprendo la porta.
"Devo andare ho detto."
Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca, che Jade era già sparita oltre la soglia.
~°~°~°~°~°~
Stava camminando a passo veloce verso casa, maledicendosi per essere stata così debole. Il cielo adesso era limpido, senza una minima traccia delle nubi nere di poco prima. Con la testa rivolta verso il basso, guardava le punte rovinate delle sue scarpe, contando ogni passo.
Sette, otto.
L'acqua piovana di una pozzanghera schizzò sulle sue ginocchia. Sentiva ancora le labbra bruciare nonostante il vento freddo.
Nove, dieci.
Aveva iniziato l'anno con un errore.
Undici, dodici.
Di nuovo.
Strinse più forte le braccia attorno a sé. Aveva dimenticato la giacca in macchina di Beck. Strinse tra le dita il tessuto scuro della sua felpa.
Stava andando tutto storto. Non avrebbero dovuto vedersi. Né in quel momento, né mai.
Lei non voleva vederlo.
Sapeva che sarebbe successa una cosa del genere prima o poi. Avrebbe dovuto mantenere le distanze fin dall'inizio. Ma quando lui la guardava con quegli occhi... dannazione, proprio non ci riusciva. Sentì il rumore di un auto
che rallentava, accostandosi al marciapiede. La ignorò, continuando a camminare.
Venti, ventuno.
La macchina continuava a seguirla lentamente. Jade portò il cappuccio della felpa in avanti, in modo da coprirsi il più possibile.
Ad un grido voltò di scatto la testa.
" Ehilà signorina!"
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Okay, non so se andare a sotterrarmi o scappare in Botswana. Questo capitolo è uscito parecchio lungo, quindi mi scuso se è risultato un po' noioso. Mi scuso anche per eventuali errori, sono un piccolo disastro:3
Non vedevo l'ora di scrivere questa parte, anche se non ne sono completamente soddisfatta, ma io non sono mai soddisfatta di quello che faccio, quindi ew.
Niente, spero vi piaccia. Vi ringrazio per il supporto, le visualizzazioni, i voti ed i commenti, è davvero molto importante per me.
A presto :3
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