Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Le vene sulle braccia coperte di tatuaggi

-Così non funziona.- apro gli occhi di colpo, lui mi sorride -Se dormi, non funziona.-

-Io... mi scusi.- sussurro guardandolo negli occhi per la prima volta da quando é arrivato, per una frazione di secondo vedo uno strano bagliore percorrere il suo sguardo.

-È il fatto che io sono un tuo professore.- dice con un sorriso.

-Come scusi?- chiedo, non capisco cosa c'entri questo con la nostra "chiacchierata".

-La prima volta, quando stavi andando in bagno prima della lezione, tu non sapevi che io fossi il tuo professore...- risponde poggiando penna e blocco sul tavolo, getto un occhiata sulla pagina segnata di blu: Matty, amico, madre, paura.

-Io non ho paura di lei.- penso a voce alta, lui copre con la mano il foglio.

-Io penso di si, ti mette in soggezione parlare con me perchè sono un professore.- lo guardo accigliata, se anche questo fosse vero, e non lo è, non capisco perchè dovrebbe importargli.

-Ecco vedi, ho bisogno che tu ti apra con me- fa una breve pausa, il suo sguardo cade sul mio decoltè, incrocio le braccia al petto e il suo sguardo torna ai miei occhi -Dovresti pensare a me come ad una persona fidata a cui raccontare i tuoi problemi.- si sofferma particolarmente sulla parola fidata.

-In che senso scusi?- domando sempre più confusa.

-Ad esempio quello "scusi"... lo useresti parlando con Matty?- io scuoto la testa, ovvio che no. Ma Matty ed io non siamo prof e alunna.

-Ma lei è il mio professore.- obietto capendoci sempre meno.

-Non adesso... fai finta di non conoscermi.- fa una pausa, forse inizio a capire quello che intende -Sono Avan.- mi porge la mano e si passa l'altra tra i capelli. Io gli stringo la mano e a qual primissimo contatto con il prof... emh... con Avan una scarica mi scuote la spina dorsale.

-Elizabeth...- sussurro, lui sembra soddisfatto della cosa.

-Quindi ora cosa vuoi dirmi riguardo a prima?- mi mordo il labbro inferiore e chiudo gli occhi, immagino una persona fidata a cui racconterei tutto ciò che mi passa per la mente, per un momento mi sembra di stare con mio padre. Lo stesso profumo, la stessa voce sicura, le vene sulle braccia coperte di tatuaggi uno dei quali porta il mio nome, i suoi capelli biondastri tagliati cortissimi per l'esercito.

-Io... perdonami.- inizio a singhiozzare, mi stringo nella felpa iniziando a piangere.

-Per cosa?- mi copro il volto con le mani nascondendomi da lui, cerco di riprendere il controllo sciogliendo il nodo che mi stringe la gola.

-Io non ti ho mai detto la vertità, non sono come ti racconto.- balbetto.

-Come racconti a chi?- apro gli occhi, il professor Jogia mi guarda, i suoi occhi di caramello sono fissi nei miei e cercano di capire cosa mi passa per la testa in questo momento. Io mi raddrizzo sulla sedia, mi poggio allo schienale e, dopo aver asciugato le guance dalle lacrime con i polsini della felpa, sistemo le mani con le dita distese sulle mie cosce cercando di riprendere il controllo di me.

Il prof mi guarda in attesa di una risposta, ma non voglio dargliela, non voglio fornirgli la chiave per entrare nella mia vita. Questa è una cosa privata mia e di mio padre.

-Nessuno.- lui sospira, immagino che per un momento avesse sperato in una mia confessione. Abbassa lo sguardo sul polso leggendo l'orologio. Tra silenzi e pianto è passata una mezz'oretta da quando è arrivato.

-Come ti senti?- mi domanda, lo guardo cercando di anticipare la sua domanda, ma non è Matty; non riesco a leggere il suo sguardo.

-Bene.- rispondo più che altro per evitare altre domande.

-Come stai messa a febbre?- io alzo le spalle, a parte un po' di affaticamento non sento un vero e proprio sintomo di febbre -Andiamo a farci un giro, ti racconto qualcosa di me.- si alza infila la sua giacca di lana cotta e si sistema la sciarpa al collo. Gli passo il blocco e la penna che infila nella sua cartella di cuoio sistemandosela poi sulla spalla.

Andiamo in entrata, mi aspetta mentre infilo le scarpe e mi copro con piumino, sciarpa e berretto.

Quando son pronta anch'io usciamo.

Il vento mi gela le mani che infilo subito in tasca, il prof ed io camminiamo in silenzio per una decina di minuti. Non so, forse dovrei dire qualcosa o forse lasciare che sia lui a guidare la discussione. In ogni caso non so che potrei dire...

Si ferma, io alzo lo sguardo dalla strada cercando di capire dove sono; ero così assorta nel trovare qualcosa per rompere il silenzio che non ho neanche guardato dove mi stava portando.

-Eccoci, ci siamo.- sospira fermandosi davanti al cancello di una casa, fruga in tasca e trova le chiavi, senza difficoltà apre la grata facendola girare sui cardini ben oleati.

-Dove siamo?- sussurro entrando nel cortile, lui mi guarda con un sorriso.

-Questa è casa mia.- un esclamazione di meraviglia incontrollata mi sfugge.

-Lei vive qui?- domando sfiorando le foglie della bassa siepe ai bordi del sentierino di ciottoli.

-In realtà...- mi volta il viso verso un angolo de giardino in cui è sistemata una roulotte grigia metallizzata -Io abito lì, la casa vera e propria è dei miei genitori e di mio fratello.- annuisco leggermente, voltiamo in una diramazione del sentierino che porta alla roulette. Lui apre senza difficoltà la porta, entra. Esito un attimo, l'idea di restare chiusa in un ambiente così ristretto sola con il prof Jogia mi rende nervosa; per di più che sono a casa sua.

-Allora? Entri?- chiede porgendomi una mano per farmi salire. Io stringo le dita attorno alle sue e mi tira su.

Dentro è molto arredato, diversamente da quello che appare all'esterno l'ambiente è grande. Alle pareti sono affissi certificati e attestati, oltre ad un numero impressionante di fotografie del professore; negli spazi liberi sono fissate delle mensole che si curvano sotto il peso di libri, statuette, macchinine da collezione e qualche trofeo.

-Accomodati pure sul letto.- seguo il suo indice e vedo che indica un basso materasso poggiato in un angolo, rialzato di qualche decina di centimetri da una struttura in legno. Seguo il suo consiglio e mi siedo accarezzando la morbida coperta rosso scuro.

-Immagino non fosse ciò che ti aspettavi.- ridacchia alla mia espressione di smarrimento e meraviglia, si siede su di un amaca che pende dal soffitto.

-Non pensavo vivesse in una roulotte.- ammetto, poi mi mordo la lingua rendendomi conto che forse non era una cosa carina da dire.

-Che vivessi.- mi corregge dondolandosi sull'amaca -Si, hai ragione. Non sei la prima ragazza che me lo dice.- alzo lo sguardo su di lui, l'idea che possa aver portato qui altre ragazze mi infastidisce -In ogni caso, preferisco stare in una catapecchia come questa più tosto che vivere con i miei genitori e mio fratello.-

-Perchè?- il suo sguardo si fissa per terra, mi accorgo di essere stata forse troppo indelicata -Scusi... scusa.- mi correggo abbassando lo sguardo.

-No, non devi scusarti. È solo una questione di conflitti, non son mai andato d'accordo con mio padre...- mi guardo le mani pensando a quanto invece pagherei io per poter vivere con mio padre.

-Non ha... hai idea di quello che farei io per poter stare anche solo un paio d'ore con mio padre.- sospiro, lui alza lo sguardo interessato.

-Immagino sia diverso il rapporto padre-figlia e padre-figlio...- annuisco in assenso ricordando le dolci serate in cui si sdraiava con me a leggere storie di principesse guerriere e sciocchi cavalieri, concludendo sempre col fatto che è sempre meglio salvarsi da soli. Già da lì immaginava che non sarebbe stato sempre al mio fianco.

Mi sorprendo a torturare l'interno della mia guancia mordicchiandolo inconsciamente.

-Mio padre non ha mai approvato la mia vocazione per la filosofia e le scienze umane... antropologia, pedagogia, psicologia... tutte cose inutili nella vita. Penso sia stato quando ho deciso di cambiare università il taglio netto tra noi due.- dice con un po' di rammarico nella voce, poi si scuote -In ogni caso lo rifarei, abbandonerei la facoltà di medicina e la mia famiglia per studiare filosofia ed arrivare dove sono ora.- posa lo sguardo su di me, aspettando un mio commento o una risposta.

-No, mio padre è completamente diverso; mi appoggerebbe in qualunque caso. Non gli importa quel che faccio, gli basta sapere che sono felice.-

-E tu sei felice?- la sua domanda mi spiazza. Non so bene cosa dovrei rispondergli.

La ragazza che ha composto il tema dell'inizio dell'anno risponderebbe no, con un sorriso provocatorio sul volto e un alzata di spalle.

La ragazza che fino a un'oretta fa stava con Matty direbbe si, crollando poi in lacrime sulle ginocchia del professore.

Non so quale risposta possa preferire il professore... la verità è che spazio dalla più cupa disperazione alla felicità più rosea in pochi secondi. Lo sguardo del professore attende ancora una risposta. Sto formulando una frase di senso compiuto quando sento il cellulare vibrare nella tasca del mio piumino; ci frugo dentro e rispondo:
-Heilà.-

-Dove sei?-

-È mia madre.- avverto il professore coprendo il microfono del telefono, lui annuisce -Sono dal professor Jogia.-

-Si, e io ci credo.-

-Mamma, è vero; è qui con me adesso, te lo passo?-

-Elizabeth, non voglio essere presa per il culo da te e da quel beota del tuo scopa-ragazzo!-

-Ma è vero!- il prof Jogia si avvicina a me, poggia anche lui l'orecchio sul telefono per ascoltare mia madre che da il meglio di se.

-Elizabeth non mentirmi! Ti altri dieci minuti e voglio vederti a casa; e preparati: non esci per un mese! Mi hai stufata con questo tuo comportamento immaturo e irrispettoso. Il professore ed io stiamo solo cercando di aiutarti e tu ci ripaghi stando a casa da scuola per scopare con tuo moroso!- alzo gli occhi al cielo.

-Mi hai detto tu di stare a casa da scuola perchè avevo la febbre!-

-Smettila Elizabeth! Se una ha la febbre non scopa con un ragazzo sul divano di casa dopo aver letto che la chiacchierata con il professore era stata anticipata!-

-Non ho letto il tuo messaggio!- sospiro, allontano il telefono dall'orecchio... tanto già so che dirà:

Hai sempre quel telefono in mano e non hai letto il messaggio?!? Ma allora lo fai apposta per fari incazzare!

Ecco, appunto.
-Vedi di essere a casa tra dieci minuti.- attacca il cellulare, lascio cadere il braccio penzolante sul mio fianco. Una cosa è certa: ora non torno a casa.
-Immagino tu debba andare...- dice il professore indicando il cellulare.

-Si certo.- rispondo trattenendo un sorrisino, chi sa cosa penserà Matty quando mi presenterò a casa sua chiedendo asilo da mia madre.

-Ti accompagno con la macchina.- sta già prendendo le chiavi dalla mensola, lo fermo.

-No, mi faccio una passeggiata.- alzo le spalle, lui mi sorride. Non voglio che sappia o mi giudichi sul fatto del non tornare a casa.

-Sicura?- annuisco -In questo caso ci vediamo lunedì a scuola...- poggia una mano sulla mia coscia facendomi rabbrividire.

-Terza ora.- confermo posando la mano sulla sua... non capisco bene cosa sto facendo, ne da dove derivi questo mio coraggio.

-Ciao Elizabeth.- mi alzo, sistemo la giacca e cerco le cuffiette in tasca.
-Buona giornata professore.- esco dalla sua roulette e mi infilo le cuffiette. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro