Le confessioni
Son passati quasi cinque giorni, è l'ultimo dell'anno e io resto stesa su quel letto. Non so come svegliarmi, ma non ne posso più di stare così. Mio padre mi sta vicino, di tanto in tanto torna accanto alla nonna lasciandomi sola con i miei pensieri.
La porta della stanza si apre, alzo lo sguardo sulla figura che scivola dentro e siede accanto al mio corpo, Matty? Non dovrebbe essere tipo a qualche festa mezzo sbronzo a farsi Jenna aspettando la mezza notte? A quanto pare no. Tira fuori da una borsa di carta un mazzo di fiori e li appoggia sul comodino, prende anche una bottiglia mezza vuota di wodka e un bicchiere, se ne versa un bel po' e lo avvicina a me come stesse brindando.
-Buon anno Elizabeth.- dice prima di buttare giù tutto il liquido d'un fiato, stringe gli occhi quando il liquido trasparente gli brucia la gola. Io resto immobile a guardarlo mentre parla con il mio corpo addormentato, prende una mia mano tra le sue. -Elizabeth... come sei finita così?- mi sposta un ciuffo dalla fronte dietro le orecchie e sospira. -Sei così bella pure addormentata, come ho fatto a lasciarti andare? Se solo io ti avessi detto di si all'inizio della scuola, se solo io avessi lasciato Jenna per te ora probabilmente non saresti qui.- fa una pausa, mi guarda in viso e si morde il labbro inferiore. -Il professor Jogia, se non lo avessi incontrato non sarebbe successo. Anche la mia vita sarebbe stata diversa sai? È colpa sua se quella maledetta sera ha detto a mia madre della pagella, se non lo avessi incontrato probabilmente giocherei ancora a football, avrei ancora la mia auto e probabilmente avrei te.- il suo sguardo resta fisso su di me, non piange non fa niente per qualche minuto mi guarda e basta, poi si china su di me e mi bacia le labbra dolcemente. -Vorrei restare con te, ma non dovrei essere qui a quest'ora; meglio se vado. Ci vediamo domani Elizabeth.- sussurra sulle mie labbra ancora qualcosa e poi prende le sue poche cose ed esce. Resto nuovamente sola, mi avvicino ai fiori e li annuso: gelsomini i miei preferiti.
A Matty piaccio davvero. Non gli piace solo il mio corpo, ma forse gli piaccio tutta. Ho dovuto arrivare a questo per capirlo davvero? O meglio perché lui me lo dicesse davvero.
La porta si chiude con un piccolo scatto, due figure si avvicinano.
Matt e Ariana. Si tengono per mano, il riccio posa lo sguardo sui fiori del comodino e un piccolo sorriso si allarga sulle sue labbra. Devono essere diretti ad una festa, Ariana indossa delle decoltè brillantinate e il suo solito cappotto rosa, Matt ha i ricci sistemati indietro col gel. Dopo qualche minuto di silenzio Ariana è la prima a parlare.
-Elizabeth... ciao.- sussurra, con fatica si siede sul letto troppo alto per lei, i piedi a penzoloni. Mi accarezza la guancia. -Non so che dire... è una cosa che nessuno di noi avrebbe mai pensato potesse accadere. Non è colpa tua. Non é colpa di Beck. Solo vorrei capire cos'è successo prima che quel camion ti venisse addosso.-
-Vorremmo saperlo tutti.- Matt poggia una mano sulla spalla di Ariana con un espressione spenta. La ragazza alza lo sguardo su di lui e stringe le labbra.
-Ti ho sempre stimata, sei una ragazza stupenda e particolare, te lo ho già detto quella mattina del 21. Se solo anch'io avessi il coraggio che hai tu... dire tutto ciò che voglio...-
-Che stai dicendo piccola?- sussurra Matt, lei lentamente si volta verso il suo ragazzo e fa un sorriso triste.
-Matt... io... non lo so. A volte penso di comportarmi in modo diverso nelle diverse occasioni, ciò che dico è che Elizabeth è sempre uguale con tutti.-
-È normale assumere diversi comportamenti a seconda delle diverse persone.- le poggio una mano sulle spalle, so cosa sta cercando di dire a Matt e so che non è per niente facile. Ricordo anch'io l'espressione delusa di mia madre quando tre anni fa scoprì che fumavo; so che Ariana vuole dirgli qualcosa di più, qualcosa che forse cambierà il loro rapporto.
-Matt, quello che voglio dire è che... non riesco a trovare me stessa neanche quando sono con te. Tu mi piaci davvero tanto e per questo ho paura di deluderti e assumo atteggiamenti che non mi appartengono.- lo sguardo mi Matt si fa serio.
-Che stai dicendo?- Ariana fa un respiro profondo. Forza, fallo.
-Ecco, Matt, tu non hai mai conosciuto la vera me, ma solo una delle maschere che assumo per piacere agli altri. La vera me non ti piacerebbe.- abbassa lo sguardo e si morde il labbro inferiore.
-Che stai dicendo? Come potresti non piacermi? Ti amerei sempre e comunque.- la rossa alza lo sguardo su Matt con un mezzo sorriso.
-Anche se fumassi?- Matt fruga nelle tasche e tira fuori anche lui un pacchetto di sigarette.
-Sst, è un segreto: sono mesi che le rubo ad Elizabeth...- ridacchia indicandomi. Ecco perchè finivano subito: eravamo in due a fumarle! Appena mi sveglio mi sente!
-Quindi mi ami anche così?- Ariana circonda il collo di Matt con le braccia.
-Ti amo di più cosí.- si china su di lei e la bacia, poggia le sigarette sul comodino accanto ai fiori di Matty. Qualche altro bacio e se ne vanno salutandomi entrambi con un bacio sulla fronte. La stanza torna buia e silenziosa, io torno a sedermi sulla poltroncina accanto al letto e mi guardo dormire. Un'altra decina di minuti e qualcun'altro entra nella stanza. Poggia sul comodino una piastrina di metallo argentato, non può essere quella di papà perchè è nel cassetto. Posa lo sguardo sui fiori e sulle sigarette, fa una smorfia.
-Vedo che Matty è stato qui.- mia madre sospira, inizia a sistemarmi le lenzuola e i capelli. Quando tutto le sembra in ordine resta in piedi a guardarmi, abbassa lo sguardo un un foglio che tiene in mano ben arrotolato, lo apre. -Liz, tesoro, ho capito subito cos'eri andata a fare davanti Willwwood park, lo ho capito non appena mi hai chiesto dove stessero Tiana e Thomas. Mi dispiace così tanto, avrei dovuto dirtelo io stessa appena lo ho saputo. Ma avevo così paura, ti prego perdonami.- una lacrima scende sul suo viso, la asciuga con la mano e tira su con il naso. -Ti ho portato un pezzetto del diario del giorno in cui incontrai Ryan. Ora c'è Phillip che mi aspetta e non ho tanto tempo per leggertelo, ma te lo lascio qui e ti racconto una volta per tutte come conobbi tuo padre.- sistema il foglio accanto alle altre cose e si siede sul materasso accanto a me.
-Era un giorno di primavera del 1996, era la prima volta in cui passavo alla prima linea, solitamente facevo l'infermiera delle retrovie; ma avevano bisogno di un medico per una missione particolare e chiamarono me. Strano che una donna venga chiamata in prima linea, lo so.- si ferma, porta una mano alla fronte. -Oh, scusa tesoro, non lo sai; anche la tua mamma una volta era parte dell'esercito, quello inglese ovviamente. Facevo l'infermiera di campo, nulla di che, ma avevamo anche noi il nostro bel da fare tra cucire ferite, estrarre pallottole e guarire le ustioni. Comunque conobbi tuo padre in quella prima missione; era il più giovane del gruppo eppure era sempre il primo, mi colpì da subito. Ci trovammo una sera a parlare sotto le stelle e si beh, le cose andarono come ben sai. Quando mi scoprii incinta subito glielo dissi e decise che sarebbe stato giusto sposarmi, io ero pazza di lui.- si morde il labbro inferiore e vedo una lacrima scendere lungo la sua guancia, non conoscevo questa parte di mia madre. -Io chiesi il congedo all'esercito, mi trovai un lavoro all'ospedale di Haworth. Nascesti tu e beh, il resto della storia la conosci già. Mi dispiace ciò che hai dovuto passare, un allontanamento così improvviso e netto... ma dovevo farlo. Avevo bisogno di un uomo della mia età, Ryan era un ragazzino ancora. Avevo bisogno che mi stesse vicino, che tu avessi un padre presente; ho rincontrato Phil, un vecchio compagno delle superiori, primario di chirurgia all'ospedale più famoso di Boston; ciò che cercavo.- fa un respiro profondo. -Con Ryan non avrebbe mai funzionato.- seguono diversi minuti di silenzio in cui lei mi guarda dormire, poi abbassa lo sguardo sul suo orologio. -Accidenti! È tardissimo: Phil mi aspetta!- si alza e raccoglie la borsa da terra. -Ciao tesoro mio, buon anno.- mi lascia un bacio sulla guancia ed esce di corsa dalla stanza.
Wow, serata movimentata questa. Sembra che tutti con l'arrivo dell'anno nuovo abbiamo deciso di confessarsi. Mi avvicino al comodino e guardo la piastrina appena lasciata da mia madre: Pamela Sarah Woody. La vedo totalmente diversa ora. Non è stata una scelta presa alla leggera quella di venire in America e sposarsi con Phillip. Chi sa dov'è ora mio padre. Chi sa cosa penserebbe se fosse stato qui. L'orologio digitale del mio apparecchio respiratorio segna mezzanotte meno dieci minuti quando qualcun altro entra nella stanza, sorrido nel riconoscere il mio quarto visitatore: Avan.
-Ciao Amore mio.- sussurra inginocchiandosi accanto a me, mi bacia la guancia; già, ha iniziato a chiamarmi così qualche giorno fa, inutile specificare che amo quando mi apostrofa così. -Guarda, guarda un po' che ti ho portato...- mi mostra un ciondolo, lo scuote un poco e produce un suono argenteo. -Ti piace? È un chiama angeli, è il mio portafortuna dalla terza liceo.- apre la mia mano e gira attorno la lunga catenella facendomi stringere tra le dita la pallina argentata, sorride. -Ti sembra stupido vero?- abbassa lo sguardo sull'orologio, meno un minuto al 2017. Mi alzo dalla poltrona, odio essere intrappolata in questo maledetto limbo e dover guardare Avan costretto in ospedale anche l'ultimo dell'anno.
-Ah, andiamo perchè sei ancora qui?- mi avvicino a lui e gli accarezzo una guancia, un brivido lo fa muovere. Alza lo sguardo a vuoto senza potermi vedere.
-Elizabeth?- allunga una mano alla ceca, no Avan, non puoi toccarmi ne vedermi purtroppo, mi guarda. Un botto improvviso mi fa capire che la mezzanotte è appena suonata. -Buon 2017 Elizabeth.- si china verso la me addormentata e fa sfiorare le nostre labbra per la prima volta da quando sono stesa su quel letto di ospedale. Succede qualcosa, i macchinari che mi permettono il respiro iniziano a suonare, subito Avan si alza impanicato. Mi sento sempre più debole, abbasso lo sguardo sulle mie mani che lentamente si stanno dissolvendo.
Cado addormentata sul letto.
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