Capitolo 4
Al suo rientro, Aris, rimase totalmente perplesso dall'atteggiamento di Sven: cosa stava facendo quel pazzoide?
«Puoi spiegarmi perché stai ridendo a crepapelle e per di più da solo?» gli domandò, sentendosi in dovere di farlo.
Sven si arrestò un attimo, a fatica, cercando di trattenere quell'ilarità che lo aveva colpito, ma non rispose ancora.
Allora il suo coinquilino rincarò la dose: «Che succede? Ti sei calato qualcosa senza di me?» chiese, andando a pensare di tutto.
«Oh, no, affatto. Devo lavorare» rispose secco, facendo spallucce.
«Spiegami perché ridi come un invasato.»
«Perché mi ha chiamato una cliente al telefono...» ammise Sven, ricominciando a ridacchiare.
«Come se fosse la prima volta. È il numero che hai sul biglietto da visita...» Aris cominciò a chiedersi quale fosse la ragione di tanto divertimento, ma Sven tornò improvvisamente serio e liquidò tutto con una frase:
«Era la moglie di mio fratello.»
Saul aveva atteso impazientemente l'arrivo della sera. Il fatto che Sven gli avesse mandato a monte quella sorta di appuntamento, lo aveva fatto diventare parecchio ansioso e intollerante. L'unica alternativa per vedere Björn era ritornare al pub dove lo aveva incontrato e sperare di trovarlo.
Entrando lì, si rilassò subito. Lo riconobbe: era di spalle, seduto al bandone del bar, esattamente come la prima volta.
«Ehi...» lo chiamò.
«Saul!» esclamò questi, stupito di vederlo dopo la mancata colazione. Aveva perso le speranze, aveva pensato che gli avesse dato buca.
«Perdonami. Questa mattina, mio fratello ha avuto un problema...» rispose mortificato, sentendosi in dovere di dargli una giustificazione.
«Non ti preoccupare» rispose Björn agitando la mano. «In realtà avevo pensato che non volessi più vedermi. Sai, essendo tu un tipo così tenebroso, potevo aver urtato la tua sensibilità...» L'ironia era parte del ragazzo, probabilmente anche un mezzo della sua seduzione, dato che riuscì a strappare un sorriso a Saul, il quale si avvicinò al suo orecchio per mormorare un:
«Però ti ho ritrovato.»
Björn, spiazzato, s'irrigidì. Subito pensò alla musica e si disse che forse era stata proprio questa ad averlo portato ad avvicinarsi tanto così all'improvviso. «Sei stato migliore di un segugio» disse dopo un po', ridacchiando. Non immaginava affatto quanto quelle parole potessero essere vere.
«Mi lusinghi.»
«Che cosa prendi da bere?» domandò di colpo.
«Qualcosa di estremamente forte. La mia emicrania non accenna a volersene andare.» Saul sospirò, poi proseguì: «Lascia che offra io, però. Mi sembra il mimino, dopo averti dato buca.»
Björn alzò le mani in segno di resa. «Un drink, specie se offerto, non si rifiuta mai.» E Saul era quasi certo di quella risposta.
La casa di Björn era un'abitazione situata non molto lontano dal pub, perciò Saul si disse che doveva frequentarlo spesso. Era piccola, non troppo ordinata, ma almeno pulita. Si vedeva chiaramente che l'altro viveva da solo, senza aver nessuno a cui badare.
«Siediti pure» disse lui, gentilmente..
Saul si sedette sul divanetto appena superato l'ingresso. Ne accarezzò la superficie e subito capì che si trattava di eco-pelle, un materiale più economico rispetto agli altri.
«Posso offrirti qualcosa?» gli domandò.
Destato dai propri pensieri, lo guardò. Gli sorrise, o forse ghignò. «Vuoi farmi ancora bere? Capisco che io regga bene l'alcool, ma credo che, per questa sera, sia sufficiente» chiarì. Non voleva farsi sopraffare troppo dalla sua testa.
«Spero tu non stia a disagio, almeno. Casa è piccola è un po' disordinata...» disse, evidentemente a disagio.
Saul prendeva delle grandi pause prima di parlare, e questo lo faceva innervosire. Gli sembrava come se fosse sull'orlo di criticarlo, quando, in realtà, non faceva che combattere con le voci.
«Non ti preoccupare: anzi, scusami tu se sono silenzioso, ma non è mia abitudine fare conoscenza con delle persone. Sono piuttosto solitario...» rispose, continuando a guardarsi intorno.
Per Björn, il suo atteggiamento sembrava quello di chi voleva fuggire. Non si accorgeva di come fosse solo attento ai dettagli.
«Allora, Björn, dimmi che lavoro fai?» Azzardò Saul. Una delle domande più semplici e banali, la prima, quella con cui cominciare a conoscerlo.
«Meglio non dirlo. I segreti servono, Saul. Godiamoci ancora un po' questo alone di mistero...» Björn gli sorrise maliziosamente. In qualche modo doveva pur cercare di rompere il ghiaccio, e la domanda di Saul, per quanto banale, era arrivata proprio al momento giusto.
«Indubbiamente» ridacchiò lui spensierato. In fondo, era il primo con dei segreti.
Björn, percependo meno tensione nell'aria, si fermò a osservare Saul nella sua totalità. Gli era parso bello la prima sera, ma guardandolo meglio non poteva che farsi calamitare da lui. Era una sensazione strana, mista anche alla paura. Tuttavia, d'un tratto, notò un dettaglio e sollevò un sopracciglio. «Sei sposato» disse.
«Sì, ma il mio matrimonio è stato combinato. Non ho voglia di spiegarti i dettagli, ma se per te questo è un problema, basta dirlo: posso andarmene.»
Björn ci pensò un po' su. «Non credi ne soffrirebbe?»
«Ch,i lei?» domandò retorico, trattenendo una risata con fatica. «Non credo che questo possa disturbarla, dopotutto non è la prima volta che accade. Le importa solo ed esclusivamente una cosa.»
«Questa è la tipica frase dei mariti che tradiscono le mogli, però» ridacchiò.
«Sì, lo immagino. Ma, non è un mio problema. Come ti ho già spiegato, se vuoi che me ne vada, basta dirlo.»
Björn non voleva che se ne andasse, Saul lo attraeva e, probabilmente, lui non era così innocente o ingenuo da mandarlo via.
«Voglio fidarmi...» disse facendo spallucce. Non si fidava propriamente, non ci credeva neanche, ma in fondo erano soltanto due uomini che si erano conosciuti in un locale. E, forse, era stata la vita piena di obblighi e doveri ad averlo spinto verso di lui. «Posso sedermi?» gli domandò con un sorriso.
«È la tua casa, è il tuo divano, certo che puoi...» gli rispose Saul, capendo le sue intenzioni. Si spostò per fargli spazio e una volta questi si sedette, si lasciò guardare. Era divertito, perché Björn lo stava mangiando letteralmente con gli occhi, in più era eccitato; la pupilla non mentiva mai. Voleva aspettare, però, che facesse la prima mossa, o quantomeno farsi desiderare, prolungare quel gioco di aspettative.
Björn si avvicinò al viso di Saul, ne poté percepire il respiro. Sorrise. Gli lambì parte del labbro inferiore, avendo intuito il gioco di Saul, lanciandogli una sfida.
Ma lui non si mosse ancora, ghignò e basta.
E Björn rincarò la dose: lo morse appena, lo succhiò senza vederlo cedere. Era quasi tentato di saltargli addosso, ma quando meno se l'aspettò, fu proprio Saul che lo stese letteralmente sul divano e lo baciò, divorandolo. Björn ricambiò quel contatto, dicendosi che lui, così mite e pacato, era quasi diventato una bastia famelica.
Di che sapore saprebbe se annegasse nel sangue?
Le prime avvisaglie cominciarono a infastidirlo, ma Saul non voleva dargliela vinta, così continuò a concentrarsi su Björn.
Mangialo.
Non era un cannibale, non lo avrebbe mai mangiato. Era ovvio che si stesse prendendo gioco di lui.
Prima che fosse troppo tardi, con poca grazia, si scostò da quelle labbra, lasciandolo quasi senza respiro. «Scusami, ma devo andare a casa» disse frettolosamente.
Björn si mise a sedere preoccupato. «Stai bene?» Domandò confuso. Saul non gli sembrava uno in grado di potersi pentire all'improvviso, piuttosto aveva tutta l'aria di qualcuno che stesse sul punto di soffocare.
«Sì, sì, sto bene. Ma adesso lasciami andare.»
Non fece in tempo a rispondere, che vide Saul sfrecciare verso l'uscita. Ancora una volta non gli aveva lasciato nessun indirizzo, nessun numero di telefono. Ancora una volta il loro incontro sarebbe stato dettato dal destino.
Era riuscito ad andarsene via in tempo. Lungo il tragitto quella maledetta voce continuò a tormentarlo.
Avanti ammettilo, Saul. Eri pronto a tutto. Lo sappiamo sia io che te: anzi, lo sanno anche tutti gli altri. Ti stai forse rammollendo? O i suoi dannatissimi occhi azzurri ti piacciono? Oh, sì! Forse ti piacciono! Come quelli di Salazar!
E fu costretto a tapparsi le orecchie, perché un'altra voce, nell'udire quel nome, si mise a urlare.
Arrivò a casa affaticato, quasi come se avesse corso. E trovare suo fratello fuori dalla porta non lo tranquillizzò affatto.
«Cosa ci fai qui?» chiese.
«Chiedilo a Ludmilla...» rispose Sven, del tutto incurante, appoggiato contro lo stipite, con le gambe incrociate e la sigaretta accesa.
Ragazzuoli belli amanti dei thriller e degli psicopatici x3 ecco l'aggiornamento di Sixteen! Scusate, questo aggiornamento va un po' a rilento, anche se di capitoli ne sono stati scritti molti. Purtroppo non ho ancora portato a termine la storia, pertanto, onde evitare che rimaniate troppo con il fiato sospeso sul finale, sto temporaggiando su questi primi capitoli.
Comunque se il capitolo vi è piaciuto lasciatemi una stellina o un commento, ne sarò felice =)
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