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2 - Rinascita

Terra, New York.

La fronte imperlata di sudore e un rantolio che usciva dalla bocca. Se ne stava lì, accasciata sul pavimento freddo del suo piccolo salotto. Le ginocchia tirate fino al petto e le mani che abbracciavano le gambe. La testa piegata faceva sì che i lunghi capelli scuri le coprissero il volto.

Erano passati cinque secoli da quando aveva smesso di percepire la sua magia ed era stata confinata in quel mondo, costretta a trascorrere la sua immortalità come un qualsiasi banale terrestre.

Ma qualcosa era cambiato.
Così, all'improvviso, permettendole di afferrare nuovamente il suo potere e farlo rientrare nel suo corpo umano. Non aveva idea di che cosa potesse essere successo, sapeva solo che era determinata a scoprirlo, a trovare la fonte di quella potente e antica magia.

In preda a quei dolori lancinanti alla testa e al resto del corpo, ripensò a quanto fosse gloriosa la sua vita prima.

Lilith era stata creata, nata dalla sabbia, insieme ad Adamo, per volere di Dio. Era stata la prima donna, la prima amante e la prima traditrice.

Non si sentiva inferiore e non voleva sottomettersi al volere dell'uomo. Lei era forte, fin troppo intelligente e determinata. Lilith voleva comandare la sua vita, esserne l'unica padrona.

Perciò decise di abbandonare l'Eden, costringendo Dio a creare una nuova donna, a creare Eva. Una volta dopo aver lasciato quel giardino, Lilith divenne esattamente come il primo traditore, Mephisto, un Angelo caduto.

E cadde per davvero.
Cadde negli inferi, scoprendo un mondo più consono alla sua idea di vita.

Si affiancò a Mephisto, utilizzando tutta la sua furbizia e facendogli credere di potersi fidare di lei. Fu la sua metà perfetta, seppe tenergli testa e abbassarsi al suo volere quando era necessario, per farlo cadere nella sua trappola.

Seppe farlo innamorare di lei.

Ma la verità era che Lilith non provava alcun sentimento nei suoi confronti, lei era solamente arrabbiata. Una rabbia che le montava dentro ogni giorno di più, una voglia di conquista che la stava logorando dall'interno.

Lei voleva la parità, non accettava di essere sottomessa a nessuno. Non voleva obbedire agli ordini e tanto meno accontentarsi di poter regnare solo sotto il volere di Mephisto.

Perciò decise, fin troppo avventatamente, di attaccarlo. Il piano era quello di ucciderlo e prendere il suo posto, dimostrando a tutti quanto potesse valere una donna che bramava la libertà.

Ma, lì negli Inferi, il suo re ha occhi e orecchie ovunque. Batterlo, da sola, nel suo regno era qualcosa di impossibile, perché non si sarebbe mai giocato ad armi pari. Quella era casa sua e gli assi nella manica li possedeva tutti lui.

Mephisto scoprì quanto Lilith aveva in mente di compiere e riuscì a fermarla, prima che potesse ucciderlo. Sentendosi tradito nel profondo, come mai prima d'ora, dall'unica persona che avesse mai amato in vita sua, decise di cacciarla.

Era accecato dalla rabbia e dalla delusione per aver permesso ai sentimenti di fargli abbassare la guardia, così la confinò sulla Terra. Un luogo che lui riteneva triste e pieno di sofferenze, il luogo perfetto per farle scontare la sua punizione eterna.

Lilith non voleva essere sottomessa a nessuno, era questo tutto ciò per cui aveva sempre lottato. E Mephisto decise di renderla esattamente come qualsiasi altro essere umano, privandola dei suoi poteri e abbandonandola lì, al suo destino crudele.

Durante quei cinque secoli, lei non aveva mai smesso di combattere, non si era mai data per vinta e aveva cercato ininterrottamente una soluzione. Lilith aveva vissuto molte epoche, si era adattata ai cambiamenti degli anni, come un perfetto camaleonte.

Aveva visto guerre e rappacificazioni, aveva assistito alla conquista di paesi e alla costruzione di nuove e gloriose città. Si era data da fare, mettendosi in gioco, raggirando e ingannando tutti. Aveva ucciso per sopravvivere e minacciato per ottenere ciò che voleva. Non si era mai lasciata sottomettere, nemmeno da semplice umana.

Aveva visto povere donne, schiave del volere dei loro mariti e le aveva aiutate, portandole al potere e facendole diventare temibili, proprio come lei. Aveva guidato rivoluzioni e visto morire tante delle sue sorelle streghe. Bruciate vive davanti ai suoi occhi, perché non erano state abbastanza furbe da nascondere con maestria la loro vera natura.

E poi era arrivata fino nel presente, con ancora tanta voglia di combattere, ma senza risposte e soluzioni al suo problema. In tutti quegli anni non era mai riuscita a trovare una formula, un incantesimo, che le permettesse di riacquisire i suoi poteri.

Non si era arresa, ma aveva semplicemente deciso di prendersi una pausa, credendo che più avrebbe cercato una soluzione e meno sarebbe arrivata.
E così era stato.

Proprio mentre conduceva la sua misera vita da bibliotecaria, un qualcosa aveva bussato alla sua porta, donandole una nuova possibilità.

Una possibilità che non poteva farsi sfuggire.

Quel dolore che stava provando era la magia che si stava impossessando nuovamente del suo corpo. Una magia oscura e che conosceva bene, ma che non proveniva dalle sue origini.

C'era qualcosa di strano in tutto ciò, perché non era stato Mephisto a ridarle il suo potere e tantomeno Dio. Quello che stava provando non proveniva dai suoi mondi, ma da qualche parte sconosciuta dell'universo.

Ne era certa, perché quella magia si stava impossessando di lei lentamente e dolorosamente. Era sempre la sua, era sempre la Dea dell'Oscurità, ma quella volta era come se entrambe le parti dovessero conoscersi da zero.

Come se la sua forma terrestre e quella astrale avessero perso la memoria e stessero ricominciando tutto da capo. Non aveva idea di quanto tempo ci sarebbe voluto, ma non poteva aspettare che quel procedimento giungesse al termine, doveva scovare la fonte di quella magia il prima possibile e abbandonare la terra.

Se Mephisto si fosse accorto di qualcosa, l'avrebbe fermata e riportata alla sua forma umana. Condannandola una seconda volta, costringendola a vivere una seconda eternità.

Decise di alzarsi in piedi. Lo fece lentamente, poggiandosi alla parete e sorreggendo il peso del corpo. Un peso che le sue gambe tremanti non sarebbero state in grado di reggere in quel momento.

Camminò verso il bagno. Una piccola stanza malconcia e con un'orrenda luce al neon, rotta sin dal momento in cui aveva messo piede in quell'appartamento.

Era un posto alquanto squallido quello dove viveva, ma era tutto ciò che aveva trovato. Una casa sfitta e nella quale si sarebbe potuta rifugiare senza che qualcuno andasse a disturbare il suo momento di riposo.

Poggiò i palmi delle mani sul bordo di quel lavabo bianco, alzando la testa e osservando la sua immagine riflessa nello specchio.

Delle profonde occhiaie solcavano i suoi occhi scuri, illuminati da una nuova luce, mentre le lentiggini decoravano i suoi zigomi alti e il naso sottile. Vedeva riflessa la sua immagine umana, niente denti affilati, crepe o iridi nere. Riusciva ancora a controllare la sua trasformazione e questo era un buon segno.

Strinse con forza il bordo di quel lavabo, quando una forte fitta alla schiena la colpì, costringendola a piegare di poco le gambe. Prese un profondo respiro, aprendo il rubinetto e facendo scorrere un po' di acqua fredda.

Si bagnò il viso, cercando di riprendersi. Non sarebbe mai stata in grado di localizzare il punto preciso dal quale provenisse quella magia o di uscire a cercarlo in quelle condizioni.

Avvertì qualcosa risalirle lungo la gamba, che la costrinse ad abbassare lo sguardo. Vide il suo serpente, il suo famiglio, colui che l'aveva trovata fuori dall'Eden e non l'aveva mai più abbandonata. Lo stesso serpente che, guidato da lei, aveva poi spinto Eva a compiere il peccato originale.

Lo prese tra le mani, facendoselo passare dietro al collo e accarezzando la sua squamosa pelle verde. Un verde chiaro, intenso, quasi accecante per la perfezione del suo pigmento. Lo guardò in quei suoi occhi gialli e dalle pupille romboidali, sorridendogli appena, mentre la lingua biforcuta usciva dalla sua bocca e andava a toccarle la punta del naso.

«Non preoccuparti, Asmodeo. La mamma presto starà bene» lo rassicurò, percependo il suo timore. Loro due erano una cosa sola. Lui era il suo famiglio, un fedele compagno, una guida e un supporto tra il mondo magico e quello mortale.

Asmodeo l'aveva scelta subito, appena si erano incontrati, diventando il suo demone minore, colui che si sarebbe preso cura di lei, per sempre.

«Ma non credo di potercela fare in tempo, non senza il tuo aiuto» gli disse, accarezzandogli la testa e mantenendo un tono di voce basso. Il serpente capì subito ciò di cui la sua padrona aveva bisogno, perciò si poggiò completamente su di lei, avvolgendole il collo e stringendole parte del busto.

Conficcò i suoi due denti ricurvi e affilati, come le lame di un coltello, dentro la carne di Lilith, mordendola poco dietro la spalla, iniettandole il suo veleno e succhiando via il dolore. In quel modo, lei avrebbe avuto le forze necessarie per localizzare la fonte della magia e raggiungerla.

«Vai a riposarti ora» ordinò Lilith, mentre Asmodeo strisciava lungo la sua gamba e scompariva nella camera da letto. La donna si precipitò nuovamente in salotto, dirigendosi verso la dispensa.

Recuperò alcuni barattoli contenenti varie polveri dai colori scuri, un pugnale antico e una scatola di fiammiferi. Spostò il piccolo tavolino in legno in un angolo e spinse indietro il divano in pelle alquanto malconcio. Chiuse le tende, facendo piombare nel buio l'intero ambiente e poi iniziò con il suo incantesimo.

Disegnò un grosso cerchio con la polvere nera e vi entrò, esso sarebbe servito per proteggerla, per evitare che qualsiasi altra strega, stregone o peggio, Mephisto, potesse percepire la sua magia.

Si sedette con le gambe incrociate e prese un pugno di polvere bordeaux da un secondo barattolo. La adagiò davanti a lei, formando una piccola cunetta. Con il pugnale si tagliò il palmo della mano sinistra, stando attenta che il suo sangue colasse proprio sulla punta di quella montagnetta di polvere.

Le due sfumature di rosso si mescolarono, l'una assorbì l'altra e cambiarono colore, diventando anch'esse nere. A quel punto diede fuoco al tutto con il fiammifero, ponendoci poi le mani sopra. Avvertiva il calore della fiamma su di esse, sentiva la pelle bruciare e ribollire, ma strinse i denti, doveva resistere per qualche secondo.

Fu un attimo e poi il fuoco si spense, come se una folata di vento fosse arrivata all'improvviso, Lilith inarcò la schiena e buttò la testa all'indietro. Gli occhi completamente neri e la bocca schiusa.

La sua mente stava viaggiando per le strade di quell'enorme città, stava ispezionando ogni via, ogni angolo e qualsiasi possibile meandro dimenticato. Controllava le persone, senza che esse se ne accorgessero, in cerca di quella fonte.

Una fonte che trovò, non molto lontano da lei, in un grosso edificio antico, ma ristrutturato da poco. Si concentrò ulteriormente, cercando di scorgere il nome della via, ma trovò qualcosa di meglio. Individuò la targa argento che stava appesa proprio accanto alle porte d'entrata principali.

"Shady Acres Care Home" recitava a caratteri cubitali.

Poteva bastare, interruppe l'incantesimo, ritornando seduta normalmente e scuotendo la testa, come per riprendersi.

Si alzò, rompendo il cerchio e afferrando il suo cappotto marrone. Lo infilò velocemente, coprendo quella maglietta giallo canarino, che metteva in risalto il suo incarnato scuro. Infilò i jeans chiari a campana e gli stivaletti neri con il tacco. Infine uscì di casa, sbattendosi la porta alle spalle.

Il viaggio non fu lungo ed entrare in quell'edificio non fu per niente complicato, grazie alla sua maestria nel mentire e manipolare.

Aveva preso uno dei tanti ascensori e poi camminato lungo quel corridoio, sorridendo alle persone che incontrava.

Alla fine si fermò davanti a una porta grigia, con una finestrella rettangolare, dalla quale però non si riusciva a scorgere nulla.

La fonte di quella magia si trovava proprio dietro di essa. La sentiva, forte, che la richiamava a sé. Entrò in quella stanza, semplicemente abbassando la maniglia in metallo.

Al suo interno erano presenti degli scaffali, con sopra poggiati dei vecchi giornali, tenuti assieme da alcune corde. Sembrava non esserci nessuno, nulla di strano, ma non poteva essersi sbagliata, perché quella magia non era mai stata così forte come in quel punto.

Poi un rumore attirò la sua attenzione, spingendola ad aggirare uno degli scaffali. Si ritrovò davanti ad un uomo anziano, dai capelli e barba bianca. L'occhio destro era coperto da una specie di placca in oro, mentre l'altro, azzurro come il cielo, la osservava con curiosità.

Lilith era sorpresa davanti alla vista di quella figura umana e dall'aria stanca. Si aspettava di trovare un guardiano a protezione di quella fonte di magia, un mostro o un valoroso guerriero.

E invece nulla di tutto ciò, solo un vecchio uomo che la fissava imbambolato.

«Chi sei tu?» le domandò, quasi sussurrando, come se non volesse farsi sentire da qualcuno.

«Lilith, Regina degli Inferi, Prima Strega e Dea dell'Oscurità» rispose lei, elencando tutti i suoi titoli. L'uomo la guardò più confuso di prima, con le sopracciglia aggrottate.

«Chi?» le chiese ancora, prendendo uno di quei pacchi di giornale tra le mani e sorpassandola. La donna arricciò le labbra spazientita.

Si domandò come fosse possibile che tanta magia provenisse proprio da quell'anziano signore, che non sembrava avere nemmeno idea di cosa stesse facendo.

Decise di seguirlo, afferrandogli l'avambraccio per fermarlo. A quel contatto le arrivò come una forte scossa, che la costrinse a ritrarre subito la mano.

«Cosa sei tu, invece?» gli domandò, osservando le vene della sua mano che pulsavano. Quell'uomo non rispose, continuando a camminare e andando a posare i giornali su un altro scaffale.

Lilith aveva perso la pazienza, perciò gli posò una mano sulla nuca, volendo scoprire da sola chi fosse.

Ripercorse velocemente tutta la vita di quel vecchio, vedendola scorrere dentro la sua testa. Interruppe anche quel contatto, più che sorpresa di ciò che aveva visto.

«Odino...» disse a bassa voce. Lilith finalmente capì perché il suo potere ci stesse mettendo così tanto a riappropriarsi di lei. Il perché sembrava che fosse la prima volta che il suo corpo astrale venisse a contatto con quello umano.

«Una divinità della mitologia nordica, la più potente. Cosa ci fai qui sulla terra? Chi ti ha ridotto così?» lo disse ad alta voce, ma erano domande che stava rivolgendo più a se stessa che a lui.

Quell'uomo ormai sembrava stanco, così incapace di intendere ciò che stava accadendo attorno a lui. Non si ricordava chi era e non sapeva perché fosse lì, la strada per Lilith appariva completamente spianata.

«Conosci mio figlio?» le chiese poi improvvisamente, spiazzandola quasi del tutto. Lilith cercò di fare mente locale, ricordandosi quanto più sapeva di quella mitologia.

«Thor?» domandò, sperando di ottenere qualche informazione utile. Odino ci pensò su qualche secondo, come se stesse cercando di ricordarsi il volto della sua stessa prole.

Scosse poi la testa. «No, Loki» disse e gli occhi di Lilith si illuminarono. Collegò tutto, iniziando a inserire ogni tassello di quel complicato puzzle.

Loki, il Dio degli Inganni, non poteva esserci altro che il suo zampino dietro quel maleficio che legava Odino alla terra e non gli permetteva di rendersi conto di nulla.

«Povero vecchio uomo, capisco cosa significa essere relegati in questa misera forma» gli disse, alzando una mano davanti al suo volto, caratterizzato da parecchie rughe. «Ti aiuterò io» aggiunse poi.

Lilith iniziò a muovere le dita della mano, con una cadenza ben definita. Dalle sue unghie lunghe, appuntite e laccate di nero, uscirono dei piccoli fasci di luce fredda.

«Ma prima lasciami approfittare della tua debolezza. Le tue conoscenze e il tuo potere potrebbero tornarmi utili» rivelò, facendo sì che quei fasci si posassero sul suo viso e iniziassero a risucchiare tutto il potere che era contenuto in lui.

Lilith sentiva la magia scorrerle dentro il corpo e amalgamarsi alla sua. Non era molto potente quella rimasta dentro Odino, perché bloccata dal maleficio e logorata dalla vecchiaia, ma le sarebbe comunque servita per poter trovare Loki.

«Bene e ora vai, Padre degli Dei Pagani, trova la tua vera casa qui sulla terra» gli ordinò, notando come dopo il suo incantesimo lui fosse invecchiato ulteriormente.

Odino fece ciò che gli era stato detto, camminando verso la porta, proprio come un automa che obbedisce ai comandi.

Lilith sorrise furbamente, mentre i suoi occhi diventavano completamente neri e i suoi denti si affilavano, iniziando ad assumere la sua vera forma.

Da quel momento il suo piano poteva prendere vita. La sua rinascita poteva avvenire.

«Spero che tu sia in vena di nuove conoscenze, caro Loki» e dopo quella frase si lasciò andare a una risata di gusto.

🌟🌟🌟

Eccomi qui con un nuovo capitolo!

Conosciamo un po' quella che è la storia di Lilith, che ne pensate di questa donna così determinata e combattiva?
Secondo voi le scelte che ha preso nella sua vita sono state davvero tutte sbagliate?

Ma, cosa più importante, la Dea dell'Oscurità ora ha trovato Odino e sa chi c'è dietro al suo ritrovato potere.
Credete che Loki debba iniziare a preoccuparsi?

Per scoprirlo non dovrete fare altro che continuare a leggere😈

Lasciate una stellina nel caso il capitolo dovesse esservi piaciuto e non dimenticatevi di commentare facendomi sapere cosa ne pensate.
Per qualsiasi cosa non esitate a scrivermi.

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XOXO, Allison💕

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