CAPITOLO QUINDICI
L'aria estiva di quella mattina di agosto era diversa in Scozia, il cielo era di un grigio intenso ma coperta dalle nuvole riuscivo a vedere l'alba rosea delle cinque.
Mi coprii bene con un maglione mentre restavo in piedi sul pianerottolo di casa mia, con tra le mani una tazza di caffè bollente.
Il fruscio degli alberi e i cinguettii degli uccelli mi rilassarono come non mai, il vento leggero sulla mia pelle, il verde che mi circondava e il silenzio, la cosa di cui più avevo bisogno e che avevo trascurato negli ultimi mesi, il prendemi un secondo per riflettere nella quiete più assoluta.
La mia abitazione non era al centro di Edimburgo, ma bensì, nelle campagne fuori città, dove ero immersa nella natura con pochi vicini e poco rumore cittadino.
Avevo comprato questa casa un anno dopo essere arrivata in Scozia, era graziosa e spaziosa, a due piani ma piccola, bastava per una persona.
Era in stile rustico, ricoperta di pietre all'esterno e di legno all'interno.
Il pianerottolo dell'entrata era di legno ruvido di colore scuro, era circondato da una ringhiera fatta dello stesso materiale, esso era ricoperto da un tetto bianco sostenuto da travi dure e nere.
Avevo sempre desiderato una casa con questo stile e quando la trovai, nel bel mezzo del nulla e disabitata da anni, la presi subito senza neanche pensare al prezzo o a come fosse ridotta.
Ciò di cui mi ero innamorata di quel posto fu la pace.
Mi sedetti su una panchina lì presente sorseggiando il caffè, accavallai le gambe ed iniziai a guardarmi intorno.
Forse andare in America non sarebbe stata un'ottima scelta dopotutto, non amavo le grandi città ed andarmene in un'altra che sarebbe stata il doppio di Londra, non mi avrebbe portato nient'altro che depressione.
La Scozia era il mio posto nel mondo, le campagne Inglesi erano il mio Regno e speravo tanto di poterci ritornare il più presto possibile.
Iniziai a pensare a tutto ciò che era accaduto in quelle ultime settimane.
Gli avvenimenti sembrarono non volersi fermare, accadeva tutto così velocemente, ogni giorno un qualcosa di nuovo.
I miei pensieri ritornarono su Dayenne e a ciò che avevo fatto, per adesso la sua morte era stata archiviata essendo una degli assassini, ma presto mi avrebbero mandata a chiamare per un confronto.
Anche se tra le mani avevamo il registratore con la sua confessione e con ciò che mi stava facendo, nulla toglie che avevo comunque ucciso una persona.
Con tutta tranquillità, tornai a bere il mio caffè mentre il mio pensiero si spostò su Jay.
Capii che ieri, quando origliai casualmente la sua conversazione, l'altra persona era Chris. Nessuno me lo riferì e tanto meno io vidi qualcosa, ma uscendo dopo di me dalla centrale, con alle spalle Jay beh... i fatti erano molto evidenti!
Afferrai il mio cellulare dalla tasca volendo chiamare Harry. A Washington erano le mezzanotte passate, infatti, la chiamata andò a vuoto. Riprovai per la terza ed ultima volta, decidendo così di lasciargli un messaggio in segreteria!
«Ehi, ciao sono io umh...» strinsi le labbra per un secondo non sapendo effettivamente cosa dire. «Sono ad Edimburgo per questo fine settimana, sono sola e... avevo voglia di sentire la tua voce ma... a quanto pare dormi gia!» ridacchiai.
«Spero che questi ultimi giorni passino veloci, non vedo l'ora di rivederti, ho tante cose da raccontarti...» ma prima che potessi continuare a dire altro, la segreteria mi avvisò che il messaggio era terminato così, con sconforto, posai il telefono al mio fianco e continuai a rilassarmi nel guardare il sole sorgere.
Sfortunatamente, tutto ciò durò davvero poco, che una voce profonda ed impastata dal sonno provenire dalle mie spalle, mi fece sussultare dallo spavento.
«Sei sola, mh?» Chris mi guardava in piedi sulla soglia del pianerottolo, con un braccio poggiato all'arco della porta. Indossava solo il pantalone del pigiama, infatti, schiusi le labbra alla vista del suo petto nudo e delle sue braccia muscolose.
«Con chi parlavi?»continuò lui strofinandosi gli occhi.
«Mio padre, avevo voglia di sentirlo ma probabilmente dormiva già!» gli sorrisi bevendo del caffè.
«Perché gli hai detto che fossi sola?»
«Perché ero da sola fino a poco fa...» ribadii. «È la seconda volta che mi origli Chris!»
«Beh, l'ultima volta non mi ha fatto piacere ascoltarti...»
«Oh, ma per favore!» sbottai alzandomi e rientrando in casa. «Stavo trascorrendo una fantastica mattinata prima che arrivassi tu, perché non torni a dormire?»
In due secondi mi ritrovai contro il suo petto, stringeva con la mano destra il mio polso e con il braccio sinistro avvolgeva la mia vita.
Mi alzai sulle punte dei piedi mentre continuava a stringere la presa, ignorai quel pizzico di dolore non appena alzai i miei occhi nei suoi. Deglutii al contatto e strinsi le gambe, sentendo una vampata di calore percorrermi tutto il corpo.
Era passato davvero troppo tempo dall'ultima volta che mi soffermai a guardarlo negli occhi e, come tutte le volte precedenti, mi possedeva con un solo sguardo, rimanendo inerme e abbindolata da ciò che più mi piaceva di lui.
«Devi smetterla di trattarmi così!» sussurrò lui ad un centimetro dalle mie labbra.
Annuii mugolando appena, quasi dal piacere, sentendo la sua presa farsi sempre più forte.
«Allora, cosa facciamo oggi?» domandò infine, lasciandomi andare in preda all'eccitazione.
***
Ciò che più mi piaceva fare ad Edimburgo nel mio tempo libero, era andare a cavallo.
Portai Chris in una scuderia non tanto lontano da casa mia, avremmo passato l'intero pomeriggio a cavalcare per le campagne scozzesi, fino ad arrivare a Loch Maree, uno dei laghi più belli della Scozia.
Seduta sul mio Purosangue Inglese di colore nero, stringevo tra le mani le redini guardando Chris che si trovava in difficoltà nel montare il suo cavallo.
«È la tua prima volta?» domandai ridacchiando.
«No...» mugolò lui riuscendo finalmente a salirci. «Ma non è una cosa che faccio abitualmente!»
Mi avvicinai a lui ridendo ed attaccai la cinghia del suo destriero al mio, così che potessi controllarlo in caso di qualcosa.
Accarezzai la criniera del mio Purosangue sorridendo e iniziammo poi, ad incamminarci lungo il verde sentiero.
«Come si chiama?» domandò Chris riferendosi al mio cavallo.
«Lilibeth...» dissi voltandomi verso di lui. «È nata lo stesso giorno di quando morì la Regina Elisabetta, un piccolo omaggio a sua Maestà!»
«Sei sempre stata legata alla famiglia Reale, a me non sono mai piaciuti!» precisò guardandosi intorno. «È bello qui.»
«Adesso capisci perché non ho alcuna voglia di lasciare questo posto?» domandai.
«E pure non ti ha fermata nell'idea di andare in America!»
Strinsi la cinghia tra le mani a quelle parole rimanendo in silenzio, lo ignorai godendomi il paesaggio delle montagne rocciose e l'odore dell'erba bagnata.
Sorrisi alla vista di piccole cascate e laghetti, che indicavano l'inizio del lungo lago Loch Maree.
Eravamo al centro di un sentiero a slalom, intorno a noi si inalzavano alti montagne ricoperte solo da un verde intenso.
Man mano che camminavamo sui nostri cavalli, il lago si faceva sempre più vicino, mostrando una meravigliosa distesa d'acqua dove rifletteva il cielo azzurro insieme alle sue nuvole. Al centro del lago, vi erano piccole isole sparse, ricoperte tutte da vegetazione.
«Mio Dio... ma è stupendo qui!» esclamò Chris a bocca aperta, mentre rallentava con la sua cavalcatura.
Io, scesi da Lilibeth toccando finalmente terreno: «Sei stata brava!» dissi, baciando il muso del cavallo e dandole, successivamente, una carota.
Feci lo stesso con Steve, il cavallo che stava usando Chris, e lui mosse la testa come se mi stesse ringraziando per il gesto.
Gli lasciai una veloce carezza, prima di prendere anche le sue redini e far scendere Chris in tranquillità.
«Adesso capisco perché ami la Scozia!» esclamò lui guardando il paesaggio con occhi innamorati, poi, si girò a guardare me.
Legai le redini ad un paletto lì vicino pulendomi le mani successivamente, sospirai alzando poi lo sguardo sul lago. Che silenzio c'era quel sabato pomeriggio.
Chris mi abbracciò da dietro e io poggiai la nuca al suo petto, mi rilassai sotto le sue carezze delicate.
«Io... ti devo delle scuse...» ammiccò poggiando il mento sulla mia testa. «So quanto hai sofferto per tutti questi anni!»
«No, non lo sai...» sussurrai.
Con uno scatto, mi girò velocemente verso di lui intrecciando le braccia al mio bacino, alzai la testa per guardarlo meglio e perdermi nuovamente nelle sue profondi iridi blu.
«Ho sofferto tanto quanto te nell'averti lontana, nel provare a dimenticarti ed essere felice con la mia famiglia... Matthew era tutto ciò che io chiamavo felicità!» disse in un sospiro.
«Eri abbastanza grande nel dire a tua madre che Sarah non era la donna giusta per te, che non l'amavi... ogni madre vuole la felicità del figlio!»
«Come tua madre?» domandò schietto.
Schiusi le labbra alle sue parole che quasi mi ferirono, ma non diedi tanto peso, in effetti non aveva tutti i torti.
«È diverso, mia madre non ha mai accettato il mio stile di vita, non ha mai voluto avere neanche dei figli... sono stato il più grande sbaglio della sua vita!»
Chris mi prese il viso tra le mani costringendolo a guardarlo, notando che stavo abbassando lo sguardo sconfortata dalle mie parole.
«Ma sei stata lo sbaglio più bello della mia invece!»
***
Rientrammo in casa verso tarda serata, avevamo trascorso il resto del pomeriggio in un pub a giocare a biliardo e bere della buona birra Inglese con alcuni miei colleghi di lavoro.
Era inutile dire che eravamo brilli, ma non ubriachi da star male.
«Ma perché fa così freddo qui? Siamo ad agosto...» lagnò il ragazzo strofinandosi le mani.
«Non lamentarti, anni fa venne a nevicare in piena estate!» esclamai in una risata, mentre barcollavo leggermente verso la cucina. Avevo bisogno di bere dell'acqua.
«I tuoi colleghi erano simpatici, tranne quel Dean, ho notato il modo in cui ti guardava...» disse infastidito lui, prendendomi in braccio e facendomi sedere sul ripiano della cucina.
L'acqua che stavo cercando di bere, cadde tutta sul pavimento facendomi inizialmente imprecare e poi ridere alle sue parole.
«Solo io posso guardarti così!» continuò sussurrando, piazzandosi al centro delle mie gambe.
Notai le sue mani salire lungo di esse e stringermi leggermente le cosce, le vene iniziarono a risaltargli su tutto l'avambraccio mentre i suoi muscoli cominciarono a contrarsi grazie ai suoi movimenti.
Mi prese in braccio camminando poi verso il divano dove mi adagiò con fare delicato, si sfilò la maglia lasciandola cadere sul pavimento e stendersi successivamente su di me, aprendo le mie gambe con le sue.
Mandai giù un magone mentre tra gli ansimi di piacere chiudevo gli occhi, sentendo le sue umide labbra lasciare dei piccoli baci sulla mia pelle.
Alzò gli orli della mia maglia togliendola e prendendo a piccoli morsi la parte inferiore della mia pancia.
Lo guardai sbottonarmi lentamente i pantaloni e tirandoli giù mentre mi guardava voglioso. Vedevo in lui, la brama di possedermi ancora una volta ed io, non desideravo altro che sentirlo nuovamente in me, il calore del suo corpo contro il mio e il piacere che mi procurava fino a portarmi al limite di me stessa.
Alzai gli occhi al soffitto, non appena iniziò a baciare la parte più intima di me.
Quei pochi secondi sembrarono durare un'eternità mentre mi contorcevo compiaciuta sui cuscini di lino. Non mi bastava.
Con affanno, tirai il ragazzo all'altezza della mia testa mentre lo guardai quasi pregandolo.
Con un bacio rovente, alzò le mie gambe possedendomi nei suoi migliori dei modi.
Sussultai gemendo, aggrappandomi calorosa al suo corpo.
Non riuscii a pensare a nient'altro in quel momento, mi lasciai andare riprovando emozioni che non pensavo di poter mai riprovare nella mia vita.
Chris avvinghiato al mio corpo, che esplorava ogni minima parte con le sue mani e stringeva la mia pelle, procurandomi brividi ad ogni tocco.
Le sue labbra che premevano contro le mie, con baci passionali e a tratti con foga, rendevano la situazione ancora più inebriante.
Continuavo a ripetere il suo nome tra gemiti strozzati, mentre chiudevo gli occhi tremando dal gusto, sentendomi ad un tratto debole ma sorridente allo stesso tempo, sentendo la sua barba solleticarmi la pelle.
Con i suoi ultimi movimenti decisi e secchi, talvolta dolci, mi portò al culmine dell'orgasmo, iniziando a rilassarmi sul divano e respirando lentamente mentre lui si sistemava al mio fianco.
Lo guardai, poggiando una mano sulla sua guancia e accarezzandola con il pollice.
Era così bello riaverlo lì con me, ritornare a come quando eravamo ragazzini e non pensare a nient'altro, solo a noi.
E pure, quante cose ancora lui non era a conoscenza, quante cose mancate e quante bugie raccontate.
Avrei ammesso tutti i miei peccati, se solo esistesse un paradiso.
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