Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

CAPITOLO QUATTORDICI

Cinque fascicoli di cinque ragazze diverse erano sparsi sulla scrivania del mio ufficio, Connor era seduto al mio fianco mentre cercavamo di rintracciare la complice di nome May.
«Così non la troveremo mai...» sbottai sfinita poggiandomi con la schiena alla sedia. «Forse potresti andare da Jesy, mostrarle le foto e farti indicare chi tra di loro è, sarebbe la via più semplice!» dissi guardando il ragazzo.
«Forse hai ragione, faccio un salto in ospedale prima di recarmi fuori città!» affermò Connor alzandosi ed indossando la giacca color grigio chiaro.
Gli sorrisi mentre usciva dal mio ufficio, lasciando entrare Chris dopo averlo salutato.
«Ehi, ti va di accompagnarmi da Vicky?» gli chiesi posando delle carte in uno scompartimento a lato della stanza.

Balzai nell'avvertire le grandi mani di Chris posarsi sui miei fianchi, stando alle mie spalle. Chiusi lentamente l'anta del mobile voltando di poco la testa verso sinistra.
«Dopo il lavoro porto Matt da mia madre, alle sette abbiamo un volo per Edimburgo, ti va?» disse lasciandomi un lieve bacio sul collo.
Rabbrividii a quelle parole, la mia amata Scozia mi mancava più di qualsiasi altra cosa al mondo e non potevo non accettare.
Mi voltai verso di lui, permettendogli di bloccarmi con la schiena contro al mobile e infine, avvicinandosi con il corpo al mio.
«Per questo weekend?» domandai guardandolo.                      

Lui annuì mordendosi il labbro inferiore mentre faceva scivolare lentamente le mani sul mio fondoschiena.
Avvampai al tocco cercando però di spostarmi, non riuscivo a spiegare la sensazione di malessere che provavo ogni volta che lui si avvicinava, un vuoto allo stomaco che non mi permetteva di farmi godere il momento.
All'apparenza sembravo distaccata, fredda come il ghiaccio, una parte di me aveva iniziato a vedere Chris con occhi diversi.
L'altra parte, invece, fingeva che tutto stesse andando bene, che niente fosse mai successo tra noi e che le cose potessero andare sulla retta via.
Chris si accorse della mia impassibilità che si allontanò senza replicare, passandosi una mano tra i capelli e voltandomi le spalle.

Il mio sguardo rimase fisso su di lui quando le mie mani aggiustavano nervose il mio completo blu scuro.
«Ti aspetto fuori!» e senza degnarmi di un'ulteriore occhiata, Chris lasciò la stanza sospirando.
Respirai profondamente prendendomi qualche secondo per riflettere.
Guardai fuori dalla finestra, il cielo oggi era nuvoloso ma fortunatamente non dava segni di pioggia, le nuvole si spostavano di tanto in tanto lasciando trapassare i forti raggi del sole.
La strada era trafficata, tra i pullman, i taxi ed altre macchine varie che suonavano il clacson, stanchi di stare in quella mischia bloccata.
Persone che correvano, ridevano, camminavano o stavano ferme ad aspettare chissà chi. Londra era così caotica e stupenda, come potevo lasciarla nuovamente?

Recuperai il distintivo dalla mia scrivania, agganciandolo all'orlo dei miei pantaloni e mi recai all'esterno dell'edificio. Ma prima che potessi effettivamente lasciare quel posto, la voce di Jay catturò la mia attenzione.
«Per ora lei non lo deve sapere...»
La porta del suo ufficio era spalancata, con lui c'era qualcuno ma non riuscii a capire chi fosse perché la sua figura non era visibile.
Non appena gli occhi di Jay balzarono su di me, lasciai la centrale con fare indifferente.
«Andiamo?» la voce di Chris alle mie spalle, che uscì poco dopo di me, mi fece sussultare.
Mi voltai mentre lui continuava a camminare e mi soffermai su Jay che era fermo, all'interno, a guardarmi con le mani in tasca.

Quello sguardo mi mise i brividi, costringendomi ad andarmene con un nodo alla gola. Cosa stava succedendo?

***

«Parcheggia lì» dissi indicando un posto libero.
Non appena la macchina si fermò, saltai velocemente fuori e senza aspettarlo, entrai nella Mean Jane College, dove Vicky stava tenendo i suoi studi.
La preside della scuola ci fece accomodare in una piccola sala, non c'era quasi niente all'interno, solo un tavolo al centro della stanza e un divano con degli scaffali contro la parete.
Chris si era accomodato nell'attesa rimanendo in totale silenzio, nel frattempo io stavo scrutando i vari libri che vi erano sugli scaffali.
Ne afferrai uno intitolato la realtà della psicologia, sfogliai delle pagine leggendo alcuni titoli, iniziai a chiedermi se fosse arrivato il moment di consultare uno psicologo o meno, data la mia situazione. Forse, parlare con qualcuno che conosceva solo il mio nome, mi avrebbe fatto bene.

Una risatina femminile mi riportò alla realtà facendomi girare, notando che Vicky era da poco entrata nella stanza.
«Chelsea Pearson, a cosa devo la tua visita?» domandò lei guardandomi per poi salutare col capo il mio collega. «Chris!»
Riposai il libro mantenendo il contatto visivo col suo, rivedere il suo volto tumefatto mi riportò al passato dove annegavo nei sensi di colpa.
La parte destra del suo viso era ustionato, non aveva più ciglia e sopracciglia ed aveva perso un occhio, per questo ne portava uno di vetro.
A quanto pare, il giorno che io e Steph organizzammo quell'imboscata negli spogliatoi, si trasformò in una tragedia, anziché in un ignorante scherzo.
Era stato trovato, in un altro armadietto, della roba contenente del gas detonante che permetteva di farti sballare per pochi minuti, ciò, aveva fatto si che da una piccola fiamma ne uscisse un'esplosione, forte da ferire ma non tanto da uccidere.

Io e la ragazza ci accomodammo una di fronte all'altra. Ero intimorita sotto ai suoi occhi verde chiaro che abbassai il capo, i sensi di colpa mi stavano mangiando dentro e non mi permisero di avere una conversazione chiara con lei.
«Vicky, immagino tu sappia perché siamo qui...» grazie al cielo, Chris diede inizio al discorso rompendo l'imbarazzo creatosi in quella stanza.
«In verità no, ma penso centri con il killer delle classi duemila!» sostenne Vicky.
«Vogliamo farti solo un paio di domande e sarò schietto: per qualche ragione, ben evidente, crediamo tu possa avere qualche collegamento con gli omicidi!» rivelò Chris con le braccia conserte.

Vicky corrugò la fronte, sembrava non aver capito le sue parole rimanendo sorpresa dall'accusa che le era stata appena fatta.
«Con quali prove mi state accusando?» domandò con agitazione.
«Non ti stiamo accusando, fa parte della procedura, tu sei una delle tante persone delle nostre classi che è sospettata... dopo di te passeremo agli altri, dobbiamo solo capire!» spiegai.
«Allora immagino che anche tu sei una sospettata?» domandò lei sporgendosi in avanti con il busto. «O ti sei dimenticata che io non ero l'unica stronza in quella scuola... vuoi che ti rinfreschi la memoria di quella notte?»
«Di cosa stai parlando?» chiese Chris.

Il suo sguardo e il suo tono di voce, riportarono a galla un ricordo che avevo completamente rimosso dalla mia mente.
Schiusi le labbra rimanendo in silenzio, mentre Vicky mi guardava quasi compiaciuta.
Mille fatti iniziarono a collegarsi come saette nella mia testa, sentendo un dolore atroce nelle tempie ma non mostrando alcuna emozione, semplicemente mi alzai massaggiandomi la fronte e iniziando a camminare avanti e indietro nella stanza.
«Tutto bene?» chiese Vicky.
Io annuii senza rispondere poi guardai Chris bloccandomi.
«Chris, puoi andarmi a prendere un bicchiere d'acqua, per favore?» chiesi gentilmente.
Esitò qualche istante prima di lasciare la stanza e chiudersi la porta alle spalle.

Presi nuovamente posto di fronte a Vicky guardandola: «Chris non sa nulla di ciò che è successo anni fa, non devi farne parola...» presi una piccola pausa prima di continuare. «Ho motivo di credere che tu sarai la prossima vittima, hai bisogno di protezione!»
«Chelsea, ma cosa stai dicendo?» domandò lei con panico, alzandosi di scatto. «Oh cazzo...»
Un silenzio fastidioso cadde in quella stanza mentre io e Vicky non ci staccavamo gli occhi di dosso, sembrava avessimo capito entrambe la gravità della situazione, arrivando ad una conclusione, affrettata ed assurda allo stesso tempo.
«Tutte le vittime... tutti quelli che sono morti erano alla festa quella sera...» farneticò lei realizzando.
«Tony Lauren ha detto di aver visto un braccio con un nome tatuato... Emh, Kim...» spiegai. «Ma non riesco a ricordare nessuno con quel nome, forse tu...»
Lei scosse la testa senza lasciarmi finire, quel nome non le era nuovo ma non ricordava dove lo avesse sentito.

«Credi che quella festa possa centrare qualcosa?» domandò Vicky mordendosi le labbra.
«Non prendiamo conclusioni affrettate, devo investigare su ciò e avrò bisogno del tuo aiuto!»
Chris rientrò nella stanza stringendo un bicchiere di plastica in una mano, me lo porse informandomi che Jay lo avesse chiamato: «Hanno denunciato la scomparsa di una ragazza, non la si trova da più di una settimana!»
Annuii capendo che era ora di andare così, mi avviai verso la porta fermandomi non appena Vicky afferrò il mio polso.
«Mi dispiace per ciò che è successo a Steph, non meritava di morire...» disse guardandomi negli occhi.
Incurvai le mie labbra sorridendole appena, non mi aspettavo quelle parole da parte sua e ciò mi fece capire che, in fondo, Vicky era cresciuta e cambiata.

***

Eravamo nuovamente alla centrale di polizia, entrai lasciando che Chris mi seguisse e mi incamminai verso l'ufficio di Jay.
Ma una volta nell'atrio, notai che Jay era lì alle prese nel calmare una coppia sposata ed una ragazzina che avrebbe avuto meno di ventanni.
Rallentai il passo riconoscendo la donna che piangeva disperata.
«Signora, adesso si calmi, faremo il possibile nel ritrovare vostra figlia, a costo di smuovere tutta la città...» disse Jay rassicurandola.
«Ma non capisce? Mia sorella potrebbe essere già morta...» sbraitò la ragazzina. «Dov'è Chelsea? Lei è la responsabile di tutto, è la carnefice di tutti questi omicidi...»
Jay, sconfortato, si portò le mani sui fianchi rivolgendo lo sguardo su di me non appena notò che fossi lì.
La ragazza, cui il suo nome era Maggie, si voltò nel guardarmi notando così l'ira nei suoi occhi.
Prese un gran respiro, prima di avvicinarsi a me e darmi un pugno dritto in faccia.
Voltai il viso di lato avvertendo lo zigomo iniziare a pulsare e subito dopo, ricevetti altri colpi su qualsiasi altra parte del corpo, dove meglio lei credeva fosse appropriato colpire.
«HAI UCCISO MIA SORELLA!» urlò senza fermarsi fino a quando degli agenti non la spostarono con forza.

Mi voltai a guardarla mentre massaggiavo la guancia sinistra, Maggie si dimenava piangendo tra le mani dei miei colleghi e tutto ciò che io fui capace di fare fu rimanere in silenzio a quella scena, incapace di dire qualcosa mentre sentivo gli occhi pizzicare e lo stomaco bruciare.
«Te ne sei stata con le mani in mano per tutto questo tempo, Dio sa che cosa hai fatto, lui vede e provvede Chelsea...» continuò Maggie tra le urla. «Te la farò pagare!»
«Portatela via!» ordinò Jay.
Rimasi pietrificata sotto allo sguardo arrabbiato e triste della famiglia di Roxy, così si chiamava la potenziale vittima. Ella era cresciuta in una famiglia benestante, la madre Diana era una delle amiche strette di mia madre ma non avevo mai avuto un rapporto con la figlia, se non scolastico.

Mi scostai i capelli dal viso avvicinandomi con timore a Diana, non mi lasciò parlare che aprì lei bocca per prima.
«Non chiederò scusa per la reazione di Maggie, ne ti dirò ciò che realmente penso di te... ma per favore ritrova Roxy, che sia viva o morta... riporta mia figlia a casa...» disse con voce tremante la donna avviandosi poi verso l'uscita ma si fermò, tenendo a precisare l'inevitabile. «Però una cosa ci tengo a dirtela: non mi sei mai piaciuta e continuerai a non piacermi, nella tua innocenza e buonismo, ho sempre visto della cattiveria e della falsità... verrà  fatta giustizia un giorno!» concluse lasciando successivamente la centrale con suo marito e raggiungere la figlia.

Deglutii abbassando la testa e scansando bruscamente la mano di Jay che si stava per poggiare sulla mia spalla destra: «Ho bisogno di restare un attimo da sola!»
Raggiunsi il mio ufficio a passo svelto e poggiando, per qualche secondo, le spalle contro la porta chiusa una volta dentro.
Mi avvicinai alla scrivania lasciandomi cadere di peso sulla sedia, sprofondai su di essa fissando il muro.
Non sapevo cosa pensare o cosa fare, la mia prossima mossa era segnata e controllata, più mi avvicinavo al killer e più affondavo con lui. Le parole di Diana mi ferirono, più dei pugni ricevuti dalla figlia. Stavo fallendo ma non volevo ammetterlo, non accettavo la sconfitta, ero sempre stata brava in tutto, la migliore in qualsiasi cosa e capire che tutto mi stava sfuggendo dalle mani, che stavo perdendo il controllo della mia posizione mi faceva rabbia, tristezza.
Provavo un senso di delusione che stava divorando pian piano i miei organi interni e la paura, allo stesso tempo, cresceva sempre di più lasciando spazio all'ansia appropriarsi della mia salute mentale.

Senza rimurginarci sopra, aprii il mio computer navigando sul web per arrivare a comprare un biglietto aereo per l'America. Bastò premere un pulsante e il biglietto sarebbe stato mio, ma quando Chris irruppe nella stanza senza bussare, mi spaventò facendomi chiudere di scatto lo schermo.
«Chels, dovremmo andare...» disse guardandomi.
«Ma dove andiamo? Ho tutta Londra contro e tu vuoi portarmi in vacanza?» chiesi turbata.
«Jay ci ha dato il permesso... è solo per due giorni Chelsea!»
«Bene!» esclamai buffando.
Lasciai il mio ufficio, con Chris che rimase lì a guardare per svariati secondi, in lontananza, il mio computer.
Non volevo lasciare la città ma allo stesso tempo, ero emozionata nel tornare a respirare l'aria Scozzese e mettere di nuovo piece nella mia vera casa, una piccola dimora antica che tanto mi mancava.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro