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CAPITOLO NOVE

Seduta in macchina davanti casa di Chris, osservavo la struttura ancora dubbiosa sul da farsi, se affrontarlo o meno.
Poco prima avevo accompagnato Harry e mio padre all'aeroporto, i due sarebbero andati in America insieme solo per una settimana.
Papà voleva che Harry scrivesse un articolo su ciò che facevano alla Nasa, quando l'uomo glielo propose, il ragazzo era al settimo cielo.
Andare a visitare la sede principale, vivere come loro per due settimana e chissà, magari partire per lo Spazio e raccontare com'è realmente la vita li sopra.

Mi rendeva felice il fatto che i due andassero d'accordo, anche se non eravamo ancora una coppia affermata e tra di noi le cose erano strane, ma a me andava bene cosi. Ne troppi impegni, ne troppi giri di parole, eravamo tranquilli.
Andare in America con lui valeva dire stare anche con mio padre, potevo vederlo spesso, passare del tempo con lui quindi avevo tutte le ragioni del mondo per cambiare aria.
Presi un gran respiro per prendere coraggio e scendere successivamente dalla macchina.
Strinsi il manico della stampella con la mano iniziando a camminare verso la porta di casa di Chris.
La gamba stava bene, stava guarendo man mano che passavano i giorni ma avevo ancora bisogno di un appoggio.
Mi ritrovai dopo poco di fronte la porta di entrata, esitai un attimo prima di bussare con le nocche contro il legno chiaro.

Passarono pochi secondi prima che la porta si aprisse rivelandone una ragazza bassa, capelli castani lunghi, occhi scuri e carnagione rosea, bellissima a primo impatto.
Senza farlo apposta, i miei occhi la squadrarono da capo a piedi, sentii lo stomaco restringersi e il cuore fare quasi un tuffo nel vuoto. Beh, io, volevo fare un tuffo nel vuoto.

«Posso aiutarti?» chiese la ragazza sorridendomi, nel frattempo, anche i suoi occhi facevano su e giù lungo il mio corpo.
«Dora chi è?» la voce profonda di Chris mi fece spostare lo sguardo su di lui, non appena comparì alle spalle della ragazza aggiustandosi la maglia.
Si bloccò non appena mi vide.
«Dora, va pure, ci vediamo domani!» disse lui poggiandole una mano sulla schiena.
Lei fece come le era stato chiesto e, dopo aver recuperato la borsa, lasciò la casa.
Chris rientrò nell'appartamento lasciando la porta aperta così lo seguii, chiudendo l'anta alle mie spalle.

«Ti vedo... in forma...» ammiccai restando in piedi mentre lui si era accomodato sul divano con le gambe accavallate.
Aveva tagliato la barba, il suo viso era liscio e pulito, finalmente risaltavano i suoi occhi profondi.
«Ti sei dato una ripulita!» continuai indicando i capelli che, a sua volta, erano stati tagliati leggermente più corti.
Era stranamente... attraente!
Chris continuava a guardarmi, stese entrambe le braccia sullo schienale del divano inclinando la testa di lato.
«Perché sei qui Chelsea?» il suo tono era freddo!
«Non rispondevi alle mie chiamate, ne ai miei messaggi...» non finii di parlare che mi interruppe.
«Ed hai ben pensato di presentarti a casa mia?» storse le labbra infastidito.
«Chris, ma che ti prende?» domandai scocciata.

Si alzò di scatto venendomi in contro: «Se non ti ho risposto è perché non volevo sentirti, se non sono venuto a casa tua è perché non volevo vederti, hai ventisei anni queste cose potresti capirle anche da sola, invece che aspettare qualcuno che te le metta in bocca col cucchiaino!»
Quanto maledettamente stronzo era stato?
Schiusi le labbra estere fatta da quelle parole.
«Wow, non potevi essere più chiaro di così!» esclamai indietreggiando.
Notai i suoi occhi, erano strani, rossi, gonfi!
Poi mi guardai intorno, delle bottiglie di birra vuote erano poggiate in disordine sul bancone della cucina.
Invece, una bottiglia di Whisky appena aperta era sul tavolino del soggiorno affiancato da due bicchieri mezzo vuoti.
Continuai a scrutare la stanza, speranzosa di trovare quella cosa che tanto Chris ripudiava, ma che tanto avrebbe voluto provare.

«Guardami quando ti parlo!» disse.
Sussultai alla presa del mio viso con la sua mano, stringeva le guance costringendomi a guardarlo.
Ero talmente presa dai miei pensieri che non mi ero resa conto che mi stesse dicendo qualcosa.
«Ma ti sei bevuto anche il cervello per caso?» lo spintonai lasciando cadere la stampella sul pavimento. «Sarei dovuta andare dritta da Jay, maledetta me e che ho pensato ancora una volta prima a te!» sbraitai.
Il sangue mi ribolliva dentro, le mie mani erano strette in due pugni intanto, i miei occhi erano puntati su di lui.
«E allora vattene, perché sei ancora qui?»  urlò Chris di sua volta. Le vene risaltavano sul suo collo, il viso rosso come un peperoncino e gli occhi spalancati dalla nervatura.

«Christopher, se metto piede fuori da quella porta, giuro su Dio che questa sarà l'ultima volta che vedrai la mia faccia, fosse l'ultima cosa che faccio!»  dissi serrando la mascella.
«Di quello che devi dire e poi vattene!»  esclamò con tono cupo il ragazzo.
«Ho deciso di abbandonare il caso, presto raggiungo mio padre ed Harry in America...»  dissi tutto d'un fiato ma ebbi paura della sua futura reazione, avrei dovuto girarci intorno e non essere così schietta.
Chris ammiccò una risata nervosa, prima di abbassare la testa e portare le mani sui suoi fianchi.
Feci un passo indietro strisciando il piede della gamba infortunata a terra, rimanere vicino la porta era come una safe zone per me.
Non temevo usasse le mani, Chris non era violento, ma sapeva essere irascibile quando era ubriaco.

Con un veloce scatto, afferrò la bottiglia di Whisky gettandola con tutta la rabbia contro il muro. Si ruppe in mille pezzi mentre il liquido sgocciolava lento sulla parete.
Mi indicò con un dito facendo un passo verso di me: «Tu non vai da nessuna parte!»
Cercai di dire qualcosa ma mi fu impossibile parlare.
«No, no mia cara, tu da questo posto non te ne scappi di nuovo come anni fa, tu non mi abbandoni di nuovo come anni fa con la MERDA... FINO... AL COLLO!» gridò furioso le ultime parole prendendosi una pausa per prendere fiato.
«Tu non te ne andrai a vivere felice con il tuo nuovo fidanzatino, lasciandomi di nuovo qui a soffrire! Mia moglie è morta e tu mi dici che te ne vuoi andare?» le sua voce si faceva sempre più acuta mentre continuava ad avvicinarsi.

Strisciai a lato della stanza per non rimanere intrappolata contro il muro, storsi le labbra al dolore della gamba destra, poggiai tutto il mio peso su di essa senza un supporto.
«Ti ho cercato Chris... ti ho cercato per ben tre settimane, ma hai preferito la compagnia di una ragazzina che ti fa annegare i problemi nell'alcol e in chissà quale droga!» dissi a pieni polmoni.
«Non ho assunto nulla!» rispose con franchezza.
«Cristo non mentirmi Chris, hai delle lampadine al posto degli occhi!»
Riprese ad avvicinarsi ma restai ferma, la curiosità di vedere fin dove si potesse spingere mi stava divorando.
Ma di sicuro una sberla non gliel'avrebbe tolta nessuno.
«Sei gelosa perché ancora una volta non ho scelto te?» domandò con un sorriso beffardo.

In quell'esatto momento, risentii il rumore della bottiglia rompersi, ma sta volta era il mio cuore che si sfasciava in mille pezzi.

«Smettila!» esclamai tremante.
«Sei arrabbiata perché sono andata a letto con una ventenne?» disse passandosi la lingua tra i denti, compiaciuto dalle sue parole.
«Ho detto di smetterla!» sbraitai spingendolo.
Strinsi per un istante gli occhi avvertendo le lacrime salire, non dovevo piangere.
«Ma cosa ti importa? Stai andando in America giusto?» domandò sorridendo, un sorriso che subito si trasformò in labbra serrate e mascella altrettanto. «Non ti lascio andare un'altra volta!»

«Io e te non siamo niente Chris, e mai saremo qualcosa.» respirai profondamente dopo aver detto quelle parole.
L'odore dell'alcol mi stava dando il voltastomaco, le lacrime che respingevo mi stavano per far scoppiare la testa, ero affranta, arrabbiata, avrei voluto urlargli che se fossi lì, era perché magari quella piccola parte di me sperava che mi facesse cambiare idea, che forse sarei potuta stargli accanto, nel bene o nel male.
Ma avevo perso ogni tipo di speranza sin da quando quella ragazza aveva aperto la porta.
Ancora una volta, non ero stata una sua priorità.

A quelle mie parole, Chris perse del tutto il senno, afferrava tutto ciò che gli capitava davanti e la lanciava contro il pavimento, creando così un tappeto di detriti nella stanza.
«Basta Chris, finirai per farti male cosi!» gridai cercando di fermarlo ma fu tutto inutile.
Per la milionesima volta, invece di prendere coraggio ed andare, restai a pensare più alla sua salute che alla mia.
Mi afferrò per le braccia avvicinandomi il più possibile a lui, deglutii spaventata da quel gesto, potevo avvertire il suo respiro sulla mia pelle e il suo battito accelerato.

Ma prima che potesse dire qualcos'altro, qualcuno lo distrasse facendogli voltare il capo alla sua sinistra.
«Papà?»
Rimasi spiazzata alla visa di Matt, scioccata da quanto idiota sapeva essere Chris.
«Per tutto questo tempo... tuo figlio era nell'altra stanza e tu eri con quella ragazza a fare solo Dio sa che cosa? Chris, come hai potuto?» domandai sussurrando con occhi lucidi.
Lui abbassò la testa in silenzio, probabilmente pieno di vergogna così lo spostai e camminai verso Matt, lo presi in braccio voltandomi nuovamente verso l'uomo.
«Sei pericoloso per lui e per me in questo momento, lo rivedrai appena ti sarai fatto un'esame di coscienza!» furono le mie ultime parole prima di uscire di casa il più in fretta possibile.

Posai Matt nei sedili posteriori allacciandogli la cintura e, di conseguenza, salii al posto del guidatore.
«Perché papà è arrabbiato?» domandò con innocenza Matt mentre mangiucchiava le sue piccole dita.
Non gli risposi, semplicemente poggiai le mani sul voltante e su di esse la fronte, crollando in uno sconfortante pianto.

***

Erano le cinque del pomeriggio quando misi piede dentro la centrale di Liverpool Street.
Matt camminava al mio fianco mentre gli stringevo la sua piccola mano.
Entrai nel mio ufficio storcendo le labbra alla vista delle mille scartoffie sulla mia scrivania.
«Chels, finalmente sei tornata, devo darti alcune notizie!» entrò esclamando Jay con tono sereno.
Ma curvò le sopracciglia non appena gli feci segno di fare silenzio, indicandogli poi Matt che si era messo a sedere su un divanetto di pelle all'angolo della stanza.

«Che ci fai con il figlio di Chris?» domandò riportando i suoi occhi su di me, dopo aver lanciato un'occhiata veloce al bambino.
«Christopher sta facendo una raccapricciante nuotata negli abissi...» dissi poggiando le mani sulla scrivania. «Starà con me fin quando il padre non si sarà ripreso!»
«Sta bene?» domandò lui preoccupato.
«Sta bene, ha solo bisogno di un po' di... tempo!» esclamai mettendomi a sedere.
«Era proprio di questo di cui ti volevo parlare...»

Lo guardai, capendo dal suo sguardo che c'era qualcosa che non andava, così chiamai Peg che era nell'atrio e gli chiesi gentilmente di portare Matt alla sala giochi.
Una volta fuori entrambi, chiusi la porta alle mie spalle dedicandomi a Jay.
«In questi ultimi giorni Chris non si è presentato a lavoro, ha avuto una discussione con un'agente delle forze speciali prima di ritirarsi a casa sua, stavano arrivando alle mani!» spiegò Jay a braccia conserte.
«E la ragione?» chiesi alzando un sopracciglio.
«Chris supponeva che uno di loro stesse nascondendo delle prove...»
«È la verità?» chiesi seria.

Jay rimase in silenzio e distolse lo sguardo dal mio intimorito, non riuscendo più a guardarmi in faccia.
«Gli faranno rapporto!» esclamò Jay in un sussurro.
«Esattamente per cosa, Jay?» mi poggiai con il sedere ai braccioli del divanetto, i miei occhi non si staccarono nemmeno per un secondo dal viso di Jay, non ne volevo sapere neanche di sbattere le palpebre.
Se c'era una cosa in cui ero eccezionale, era intimidire le persone con lo sguardo fino a portarli ad una crisi di nervi.
È cosi che ho scoperto e concluso la maggior parte dei miei precedenti casi.

«Capo...» ci tenni a precisare quella parola con il tono fermo della mia voce. «Se vengo a scoprire, e spero per voi di no, che c'è della corruzione qui dentro, farò io rapporto... e Jay, sai bene che un rapporto da un'agente che viene da fuori è meno piacevole di uno che lo fa dal posto! Conosco Christopher più di chiunque altro qui dentro... io ci penserei due volte prima di fare qualche stronzata!»
Jay annuì: «Tu cosa volevi dirmi?»
«Non è più importante!» sorrisi falsamente facendogli segno di uscire.
Jay era un brav uomo, ci si poteva fidare, amava il suo lavoro ma amava anche i soldi e la vista gli si appanava quando c'era di mezzo del denaro.

Mi risedetti alla scrivania guardando la stanza, c'era silenzio ed iniziai a pensare.
Mi resi conto che non potevo più lasciare la città, non potevo abbandonare il lavoro a degli assetati di soldi, quegli imebicilli dell'F.B.I. sarebbero stati in grado di archiviare il caso!
Non potevo lasciare nelle loro mani ciò che a loro non interessava.
Dovevo restare per rivendicare le morti dei nostri più cari amici.

Andava fatta giustizia: Per Steph, per Miles e per Sarah.

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