Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

CAPITOLO DICIASETTE

Correvo il più veloce possibile tra le strade vuote di Londra. Continuavo a voltarmi, terrorizzata da chi mi stesse inseguendo.
Correva a sua volta, l'uomo in nero mentre continuava a puntarmi contro una pistola, sparando di tanto in tanto, cercando di colpirmi.
Pochi minuti prima, aveva centrato il mio fianco destro che ormai era pieno di sangue denso che non smetteva di colare.
Il bruciore era intenso e il dolore era così forte da farmi rallentare il passo, ma non dovevo fermarmi sebbene stessi rischiando la vita.

Svoltai in un vicolo, mi sembrò la scelta migliore da fare per seminare l'uomo.
Una via stretta ricoperta da immondizia, vedevo poco per via dei palazzi alti che coprivano l'unica luce nel cuore di quella notte: la luna.
Mi fermai di botto contro una via senza uscita, mi ritrovai davanti un muro di cemento svoltando nuovamente un angolo. Ero fottuta.
Mi voltai notando l'uomo arrivare e rallentare il suo passo.
«È finita!» disse con voce profonda, puntandomi ancora una volta l'arma che stringeva in una mano.
Prima di spararmi dritta al petto, urlai dalla paura, lasciandomi poi cadere in ginocchio sull'asfalto bagnato ormai senza forze.

Piangevo, non sentivo più nulla se non un formicolio in tutto il mio corpo.
Pregai l'uomo pietà, ma fu tutto inutile che, fermandosi di fronte a me, premette il dito sul grilletto ancora una volta, facendo partire un colpo dritto sulla mia fronte.
Il mio corpo cadde inerme sul pavimento, ormai senza vita. Era finita.

Fortunatamente tutto svanì quando il suono della sveglia mi fece saltare dal letto, tremante e immersa in un mare di sudore, ponendo una fine a quell'incubo.

Neanche più nei sogni potevo rifugiarmi.

***

Entrai nella stazione di polizia con un aspetto alquanto orribile, non ero riuscita a dormire bene quella notte, combattevo con un mostro che continuava a perseguitarmi non appena mi addormentavo. Il mio viso era pallido con delle occhiaie color viola scuro sotto agli occhi.
Evitai vari 'buongiorno' da parte di alcuni colleghi, dirigendomi direttamente nel mio ufficio... ma venni bloccata dal grande braccio di Jay, che posò contro al muro tagliandomi la via.

Con timore, strinsi al petto con entrambe le braccia delle carte, mentre il mio sguardo si abbassava sui miei piedi.
«Voglio che sia tu ad andare a casa di Harry e fare una perquisizione!» esclamò l'uomo.
«Perché non ci mandi Chris?» domandai cercando di sorpassarlo, ma afferrò il mio polso prima che potessi fare qualche altro passo.
«Non mi va di vederti così, ci andiamo insieme, va bene?» disse avvicinandomi a lui.
Al che lo guardai, abbastanza stranita dal suo atteggiamento quasi dolce.

«Posso prima vederlo?» chiesi.
Jay sospirò passandosi una mano fra i capelli e dopo averci pensato su annuì, avvertendomi poi che mi avrebbe aspettata tra mezz'ora in macchina.
Mi recai nelle celle dei sotterranei senza aspettare un minuto in più, a passo lento, mi fermai davanti quella di Harry dove lo trovai a pancia in su sul letto, a fissare il soffitto.
Picchiettai vicino le sbarre, per attirare l'attenzione e scattò in su con il busto, non appena notò che fossi io.
«Non posso entrare, Jay non mi ha lasciato le chiavi...» spiegai avvolgendo le mani intorno alle sbarre. «Come stai?»

«Sto bene!» farfugliò lui, avvicinandosi ad esse.
«Harry... cos'è questa storia?» domandai quasi pregandolo, volevo sapere la verità ed ero sicura che ciò che avessero detto il giorno prima, erano solo stronzate.
«Credo che l'assassino voglia incastrarmi... Chelsea, io non c'entro nulla!» le sue mani colpirono il ferro battuto, creando un eco tra le pareti del sotterraneo e nel mentre, iniziò a piangere.
«Io ti credo!» rivelai. «Ti credo e ti tirerò fuori da qui, ma devi collaborare...»
«In che modo?» domandò tra le lacrime il ragazzo.

«A partire dagli ultimi omicidi, tu eri in viaggio e questo è un movente...» dissi velocemente prima di essere interrotta da Chris.
«Che ci fai quì?» domandò con voce roca, spostandomi bruscamente dalla cella.
«Non è evidente?» infierì Harry, serrando le labbra ed avvicinandosi il più possibile alle sbarre mentre i suoi occhi, iniettati di sangue, non si distoglievano dalla figura del ragazzo al mio fianco. «Guardati... sei raccapricciante, che cosa cazzo hai fatto per farmi finire quì dentro, mh?» ringhiò continuando.
«Bada a come parli!» Chris si avvicinò ad esso, ad un centimetro dal suo viso, potevo vedere i loro nasi sfiorarsi ma fortunatamente, c'erano le sbarre che li dividevano.

Restarono a lungo a guardarsi negli occhi con aria di sfida, nessuno parlava e potevo sentire i loro respiri che si facevano sempre più profondi.
Fino a quando, Harry non gli sputò dritto in faccia, proseguendo con una testata sul setto nasale.
Chris balzò all'indietro, gemendo dal dolore mentre si copriva il naso ormai sanguinante.
«Di la verità, hai ucciso tu tua moglie...» urlò Harry, aveva completamente perso le staffe. «Volevi riaverla per te, non sopportavi l'idea che un uomo che non fossi tu potesse possederla ed amarla come tu non hai saputo fare!» terminò tra gli strilli, sbattendo le mani contro il ferro.

Rimasi inerme a quella scena, quasi sconvolta fino a quando non iniziai seriamente a temere il peggio quando Chris aprì la cella scattando all'interno.
«Non ti permettere mai più di nominare mia moglie...» a denti stretti, lo avvertì Chris afferrando Harry per il collo e sbattendolo contro il muro.
«CHRIS, FERMATI...» finalmente ritrovai le parole, urlandole mentre cercavo di tirarlo via.
Quest'ultimo lanciò con prepotenza Harry sul pavimento che, nel recuperare il fiato, strisciò all'indietro cercando di allontanarsi da noi.
«Sei dentro come sospettato, ma spero vivamente di trovare qualcosa che ti accusi perché se non fosse così, inizia a temere per la tua vita!» terminò Chris tirandomi poi fuori di lì con lui.

Rimasi un po' spiazzata dalle sue parole, come lo ero rimasta per quelle di Harry. Mi stavano trattando come se fossi un premio, senza dare importanza a ciò che davvero provavo.
A stento riuscii a stare al passo di Chris, mentre non dava segni di lasciare la presa del mio braccio.
«Chris, mi stai facendo male...» dissi divincolandomi ma sembrò scioccato dalle mie parole che si fermò di botto e mi lasciò.
«Scusami...» disse.
Volevo rimproverarlo, ma non appena notai i suoi occhi pieni di lacrime e il suo viso spento, fu un colpo allo stomaco, odiavo vederlo così.
«Chris... senti...» azzardai a fare un passo verso di lui, ma lui ne fece uno indietro tirando su col naso e asciugandosi velocemente una lacrima.
«Chelsea, lascia stare... Jay ti sta aspettando, non perdere altro tempo...» disse con tono scontroso, senza farmi dire nient'altro che se ne andò, lasciandomi nel buio ed il freddo dei sotterranei.

***

«Sei sicuro sia questo il posto?» domandai guardando un palazzo bianco con finestre nere, classiche case popolari.
«Pensavo conoscessi casa sua!» esclamò Jay, guardando anche lui a sua volta l'immobile.
Non ricevendo alcuna risposta da parte mia, si voltò alzando un sopracciglio. «Non sei mai stata a casa sua?»
«No!»
Effettivamente, pensandoci su, Harry non mi aveva mai invitata a stare da lui e se qualche volta proponevo io di andarci, trovava sempre una scusa, del tipo che sua madre era passata a trovarlo o che il proprietario di casa era tornato in città e gli serviva un posto dove dormire.
Ma non ci avevo mai dato tanto peso.

Jay schioccò la lingua sotto il palato, voleva dire qualcosa ma si trattenne: quello schiocco valeva più di mille parole.
«Andiamo va!» disse dirigendosi verso il portone.
Lo seguii salendo al quindicesimo piano del posto, l'odore degli interni dava il voltastomaco: le pareti dei corridoi erano di un colore giallo sporco, la luce soffusa rendeva gli spazi ancora più lugubri, la moquette era appiccicosa e mal odorante con varie macchie sparse, c'erano tantissimi rumori diversi a partire da urla, pianti di bambini, tonfi indecifrabili e finire con gli impianti del palazzo che erano in funzione, creando un suono assordante ed insopportabile.
«Interno Quindici A, eccolo!» disse Jay, fermandosi davanti ad una porta color verde scuro.

Girai la maniglia, udendo uno scatto all'interno che permise alla porta di aprirsi. Stranamente non era chiusa a chiave, così Jay afferrò la sua pistola ed io feci lo stesso, nel caso qualcuno vi fosse all'interno, sapevamo come proteggerci.
Ma le riabbassammo subito dopo essere entrati, notando che l'appartamento, non era nient'altro che un'unica stanza: alla nostra destra c'era una piccola cucina, in un angolo del muro un letto con a lato un armadio e al centro un divano con di fronte un mobile con la televisione, affiancato da una scrivania.
Il bagno era letteralmente un quadrato con solo il vaso, la doccia ed un lavandino.
«Adesso capisco perché non mi ha mai invitata!» esclamai guardandomi intorno.

«Non posso dargli torto...» disse Jay accendendo una piccola pila ed iniziando a controllare nei cassetti della cucina. «Neanche io ti avrei invitata a casa mia se stessi vivendo in queste condizioni!»
Gli lanciai un'occhiata veloce, prima di indossare dei guanti e controllare dentro l'armadio.
Tutto ciò che ci trovai furono solo magliette, pantaloni e qualche felpa, nulla di sospetto.
Controllai anche sotto il letto, ma a parte i ragni e la polvere, neanche lì trovai granché.
Sbuffai, avvicinandomi alla scrivania e spostando le varie carte che vi erano sulla superficie.

«Avevi detto che alla Britannia nessuno lo conosceva, ma qui ci sono documenti, contratti e pagine di giornale scritte da lui...» dissi leggendo le carte.
Quei fogli sostenevano, effettivamente, che Harry lavorasse alla Britannia da ben due anni, che era stato il miglior impiegato del mese per ben tre volte e che era stato l'unico giornalista a finire nelle bocche della famiglia Reale, avendo scritto un articolo interessante ma provocatorio, nei confronti del Principe e della Principessa del Galles.
Ammiccai un sorriso iniziando poi ad aprire i vari cassetti, l'occhio cadde immediatamente su un contratto di una casa e non era l'indirizzo di dove mi trovassi in quel momento, a Shadwell, una delle zone malfamate di Londra.

Afferrai quel foglio plastificato riconoscendone l'indirizzo, era la casa nel Kent. Ma storsi le labbra leggendo che, quella casa, era stata affittata nel Gennaio di quell'anno e non che era di sua proprietà, come Harry aveva raccontato.
Mandai giù un magone assicurandomi che Jay non stesse guardando, per mettere quel contratto all'interno della mia felpa.
«Trovato qualcosa?» domandai in seguito, avvicinandomi al ragazzo.
«No...» disse sbattendo un cassetto della cucina. «La maggior parte di questi sono vuoti o con utensili sporchi e pieni di ruggine... non me la racconta giusta, sembra non abitarci nessuno quì!»
Disse con tono nervoso, mentre puntava la pila ovunque in cerca di qualcosa, ma non trovammo assolutamente nulla, o almeno, Jay non trovò nulla.
«Meglio andare... questa puzza di muffa mi sta dando alla testa!» esclamò incamminandosi verso l'uscita, ma inciampò in una tegola rialzata del pavimento e si voltò notando che quest'ultima potesse aprirsi.

Solo qualcuno che nascondeva qualcosa, aveva questi nascondigli e schiusi le labbra sconvolta da ciò che Jay ne tirò fuori.
Il ragazzo tossì più volte dal cattivo odore che emanava quella busta di plastica, ricoperta di terra e qualche altra sostanza.
«Merda...» dissi disgustata mentre coprivo il mio naso. «Ma che cosa c'è dentro?»
Jay l'aprì lentamente, lasciandola cadere sul pavimento una volta guardato al suo interno, spaventato.
Alzò lo sguardo su di me, un'occhiata che non prometteva nulla di buono.

***

Varcai esausta la porta d'ingresso di casa mia verso tarda serata, gettai le chiavi sul comò togliendomi le scarpe dai piedi e sospirai, prima di recarmi nella stanza degli ospiti.
Avevo chiesto a Chris di restare a dormire da me quella notte e Matt era in quella stanza, nel sonno più profondo, nascosto sotto le lenzuola.
Gli lasciai un dolce bacio sulla testa, proseguito da una carezza per poi recarmi nella mia stanza da letto, dove c'era Chris rannicchiato nel letto, probabilmente già nel mondo dei sogni.

Mi stesi al suo fianco tirandolo lentamente tra le mie braccia, lui percepì io fossi lì che poggiò la testa sul mio petto e le sue braccia intorno la mia vita, abbracciandomi.
Aveva il viso umido e le guancia rosse, aveva probabilmente pianto e mi si spezzò il cuore vedendolo in quelle condizioni.
Iniziai ad accarezzargli lentamente i capelli, avevo bisogno di lui più che mai in quel momento.
Iniziai a capire quanto bisogno avessi che lui facesse parte della mia vita, finalmente, dopo tanto tempo. Decisi di perdonarlo dopo tutto il male che mi aveva causato, decisi di accettare suo figlio, che era una delle creature più belle che avessi mai potuto conoscere fino ad ora.

«Sei tornata adesso?» farfugliò ad occhi chiusi contro la mia pelle.
«Poco fa!» dissi lasciandogli un bacio sul capo.
«Avete trovato qualcosa?» continuò il ragazzo, senza muoversi dalla posizione in cui is trovava.
Se avessimo trovato qualcosa? Non gli risposi, non sapevo come spiegargli ciò che avevamo scoperto così mi limitai a restare in silenzio, senza smettere di accarezzarlo con la speranza che si riaddormentasse presto.
Poggiai la nuca alla testiera del letto, dal giorno seguente il caso avrebbe preso una piega diversa, ci saremmo avvicinati di più alla fine di quell'incubo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro