8: Darfel
Capitolo ottavo
Terre di Alaron
FAOLAN
-Mi chiamo Darfel! Puoi chiamarmi Darfel Del Deserto, comunque.-
Faolan si era seduto di fronte al giovane che aveva appena salvato, insistendo perché prendesse la sua giacca per asciugarsi il sangue che ancora lo macchiava. Avrebbe voluto portarlo via di lì al più presto: le sue ferite non erano profonde, ma doveva disinfettarle. E necessitava di parecchio riposo, a giudicare dai cerchi scuri che aveva sotto agli occhi.
Ma Darfel non sembrava in vena di dormire: gli aveva chiesto subito del cibo, e ora stava dando fondo alle sue provviste, con la foga di chi non mangiava da giorni. Così, Faolan aveva deciso di aspettare ancora un po' e di ascoltare la sua storia.
-E quale sarebbe il tuo cognome, invece?- lo interrogò Faolan, con tono inquisitorio, ormai abituato a dare esclusivamente ordini. Poi si ricordò che stava avendo a che fare con una persona ferita, appena scampata al pericolo, e cercò di correggersi. Finse un leggero colpo di tosse e aggiunse, con più cautela: -Sei qui da solo?-
Darfel non sembrò troppo turbato dal suo modo di parlare. Annuì, con aria noncurante, e lo guardò negli occhi. Faolan approfittò di quel momento per osservarlo meglio. In un certo senso, Darfel sembrava il suo opposto: aveva la pelle color sabbia, come tutte le popolazioni che vivevano in quella zona, passando parecchio tempo sotto al sole; un incarnato totalmente diverso, rispetto al suo azzurro ghiaccio.
I suoi capelli, però, erano chiari, luminosi come dei raggi, così come gli occhi a mandorla, di un verde quasi abbagliante. Era un bell'uomo, con un viso dai lineamenti gentili e armoniosi. Aveva un contrasto di colori piuttosto forte, e qualcosa del suo stesso aspetto suggeriva una certa simpatia: le labbra spesso curvate in un sorriso, lo sguardo vivace e curioso. Se non fosse stato piuttosto malconcio, sarebbe potuto sembrare un qualunque ragazzo di città, felice e spensierato.
-Ho rinunciato il mio cognome il giorno in cui i miei genitori hanno rinunciato a me.- disse Darfel, addentando una mela.
-Che intendi dire?- ribatté Faolan, come pietrificato. Cosa gli era successo? Era stato esiliato, cacciato di casa, forse?
Se Darfel, inizialmente, gli aveva sorriso con sincerità, in quel momento sembrò fare uno sforzo sovraumano per non scoppiare in lacrime o crollare a terra. Soltanto in quel momento Faolan si rese conto che si stava strofinando gli occhi fin troppo spesso, simulando ombre di sorrisi che non riuscirono più a ingannarlo. Preoccupato, sussultò appena, scrutandolo con una certa preoccupazione.
-Forse non dovevo chiederlo...mi dispiace.- cercò di scusarsi Faolan, un po' impacciato, ma totalmente sincero, nel porgergli quelle scuse. Tuttavia, fu subito interrotto dall'altro.
Darfel gli piantò addosso gli occhi con decisione, come per dimostrargli che non paura di affrontare quei discorsi, nonostante le sue mani tremanti dicessero tutt'altro. In un certo senso, a Faolan ricordò sé stesso: stava fingendo di essere più forte di come realmente era; soltanto, in un modo diverso da sé.
Le persone così gentili, così amichevoli, a volte erano più abili a celare la sofferenza.
-Perché no? Non è colpa tua se sono solo.- disse Darfel, a denti stretti. –Sono solo, hai capito? Sono solo..proprio come come mi hai trovato tu, da..giorni e giorni. I miei genitori se ne sono andati senza dirmi niente.-
Faolan si sentì cogliere da un senso di profondo dispiacere, ascoltando quella risposta, mentre cercava di capire quanti anni potesse avere Darfel: diciotto, diciannove, venti? Che senso aveva abbandonare un figlio già così grande, in un posto del genere?
-Faccio..cioè, facevo parte di una tribù nomade del deserto.- gli spiegò Darfel, prima che lui potesse rispondere qualcosa, con tono tremante. –Un po'alla volta, abbiamo iniziato a finire le nostre riserve di cibo. Una mattina mi sono svegliato e mi sono ritrovato solo, in mezzo alla sabbia. Forse pensavano che gli sarei stato di intralcio, non lo so. Ma non mi hanno aspettato.-
Faolan lo fissò con le labbra leggermente dischiuse, palesando tutto il suo stupore e rammarico. Si sentì incredibilmente impotente, mentre osservava il giovane di fronte a sé con gli occhi lucidi e la schiena curva, quasi si stesse rannicchiando su sé stesso per proteggersi.
Non serviva che Darfel dicesse altro: Faolan poteva intuire facilmente cosa stava pensando: "non sono necessario a nessuno, sono insignificante".
Faolan tacque per un attimo, pensando a come rispondergli.
Non era bravo con le parole. Da tanto tempo, per svariati motivi, non parlava a cuore aperto con nessuno, fatta eccezione di Nev. Non aveva altri amici al di fuori di lei: soltanto colleghi, e un fratello che non sopportava. Di conseguenza, a volte faticava a far corrispondere ai propri sentimenti dei dialoghi che rappresentassero a dovere ciò che provava.
In quel momento, era sinceramente preoccupato per Darfel, e soffriva nel vederlo così. Tuttavia, esisteva forse un discorso che poteva aiutarlo sul serio? Esisteva un modo di fargli comprendere quanto il suo racconto lo avesse appena scosso?
Si disse che non era la persona adatta, per offrire a Darfel un'ala protettiva sotto a cui ripararsi. Pensò che, tutto sommato, non era nessuno per curare le sue ferite, ferite profonde da cui sarebbe stato difficile guarire: senso di abbandono, di paura, di impotenza. Lui, meglio di chiunque altro, sapeva che a volte non bastava l'aiuto degli altri: bisognava rimettersi in piedi da soli.
Eppure, nonostante tutto, Faolan realizzò che non voleva starsene lì, fermo, con le mani in mano, mentre l'altro stava per crollare.
Forse non poteva rimettere insieme i suoi pezzi, ma poteva comunque aiutarlo a farlo. Poteva dimostrargli di preoccuparsi per lui, di aver ascoltato il suo discorso, e di aver compreso la sua sofferenza.
Poteva cercare un modo pratico per dargli una mano, anche se non era un buon interlocutore, e quasi nessuno, normalmente, lo volesse attorno.
Si avvicinò a Darfel e gli offrì un braccio per alzarsi, andando a cingergli l'altro ai fianchi, aiutandolo a tirarsi su. Forse in maniera non troppo delicata, ma non conosceva nessun altro modo di farlo, dopotutto.
-Beh, ehm, ecco..non penserai mica che ti lascerò qui in mezzo alla sabbia, vero?- gli disse, cercando di parlare con un tono più calmo, facendolo sussultare. –Non c'è bisogno che tu resti qui da solo. Lavoro vicino alla città. Ti ci accompagno io, potresti andare vivere là.-
Darfel sgranò gli occhi, guardandolo incredulo. Si aggrappò per un attimo a lui, con una presa tanto debole che a Faolan si strinse il cuore. Lo sorresse con ulteriore cura, attento a non farlo cadere.
Lo conosceva da meno di un'ora, ma aveva già così tanta paura di vederlo crollare di nuovo da volersi prendere personalmente a cuore il suo benessere.
-Non ti sarò di intralcio?-, domandò Darfel, titubante.
-No, tranquillo.- ribatté Faolan, aiutandolo a muovere i primi passi, con cautela, senza abbandonare quella stretta neppure per un attimo.
Si sarebbe pentito di quella scelta? Non poteva saperlo, ma in quel momento, l'unica cosa che voleva era che Darfel smettesse di sentirsi di troppo. Nessuno, a quel mondo, avrebbe mai dovuto provare una sensazione simile.
Lui si era sentito a quel modo, per tutti quegli anni, e di certo non augurava un malessere simile a un ragazzo così buono, coraggioso e gentile come era Darfel.
Gli piaceva pensare che facessero tutti parte di un grande ingranaggio, e che non ci fossero pezzi inutili: né lui che era così diverso da tutti, né le persone più allegre e amichevoli, né tantomeno quelle sole e abbandonate.
Darfel non meritava nulla di ciò che gli era capitato: gli bastava sapere quello, per dargli una mano.
–Ascoltami, Darfel, te lo ripeto di nuovo: tu non sei d'intralcio a nessuno, hai capito? Non lo sei affatto, tantomeno per me. Non pensare a come ti hanno trattato le persone sbagliate.- ribadì Faolan, con convinzione. –Io posso aiutarti, anzi, voglio farlo.-
L'espressione di Darfel si rasserenò, facendogli distendere il viso, prima di riscuotersi, improvvisamente, come se avesse realizzato qualcosa. Lo guardò con aria decisa, sforzandosi di parlare senza alcun tentennamento.
-D'accordo, allora. Ma..ti devo chiedere un ultimo favore.- dichiarò, risoluto. Faolan replicò con un'occhiata interrogativa, facendogli cenno di continuare.
-Voglio diventare forte come te.- disse Darfel, lasciandolo di stucco, mentre iniziava a camminare, seguendolo. –Sapere usare le armi che usi tu. Non voglio più aver paura, voglio essere in grado di cavarmela da solo, e..- esitò appena, trattenendo il fiato, quasi dovesse dire ancora la cosa peggiore di tutte -..non voglio che nessun altro si faccia del male vicino a me. Ho già perso la mia gemella, per colpa dei mostri. Anche lei è stata abbandonata dal mio popolo, insieme a me, e non sono riuscito a salvarla. E' successo pochi giorni fa.-
Faolan si fermò di scatto. Quanto aveva sopportato, quel ragazzo? Cosa sarebbe successo, se non lo avesse trovato? Si sentì subito stretto da una morsa di dispiacere, che subito dopo fu rimpiazzata da un moto di stupore.
Darfel aveva perso tutto quanto. Probabilmente, sua sorella gli era morta davanti agli occhi. E nonostante tutto, gli stava chiedendo di imparare a combattere, con tutta la decisione del mondo. Come riusciva a trovare tanta forza di volontà? Non poté fare a meno di provare una grande ammirazione, per quel ragazzo poco più giovane di lui, ma ben più deciso di quanto lui fosse mai stato.
Era straordinario. Quel pensiero lo attraversò per un istante, mentre lo osservava, così tenace e deciso, tornare a farsi strada tra la sabbia.
-Non so bene che lavoro fai, ma sai sconfiggere i mostri...- osservò Darfel, speranzoso. –Insegnami a fare lo stesso. Per favore.-
-Mi dispiace per quello che hai passato. Mi dispiace veramente moltissimo. Perdere qualcuno è..orribile, lo capisco bene.- rispose Faolan, serio, abbassando il tono di voce. Non gli diede modo di approfondire quella conversazione già troppo pericolosamente confidenziale: aveva aggiunto quel dettaglio soltanto per fargli capire quanto, realmente, provasse empatia per lui, anche perché aveva vissuto esperienze simili. Poco dopo, però, aggiunse a malincuore: –Ma..lo sai cosa vuol dire essere un cavaliere?-
Non voleva tarpargli le ali, ma temeva che Darfel si potesse pentire, prendendo una via troppo rischiosa. Salvarlo e poi rigettarlo nel dolore non era forse peggio? Lo scrutò preoccupato, mentre proseguì: –Vuol dire combattere per ore e ore. Passare la vita in mezzo ai mostri come ho fatto io oggi, non avere praticamente una casa, esplorare continuamente nuovi posti, a volte pericolosi e sconosciuti.-,sospirò piano, scuotendo il capo. -Sei sicuro che sia una buona idea, dopo quello che hai passato? Sei sicuro di voler vivere accanto alla paura? Non lo so, io..non vorrei che tu stessi peggio, tutto qui.-
-Sì che lo sono. Mettimi alla prova, se vuoi.- lo sfidò Darfel, tornando a sfoggiare un leggero ghigno. –Ora mi vedi giù di corda e magari hai dei dubbi, lo so. Ma se mi accetterai come apprendista, ti prometto che ti mostrerò che ho tenacia da vendere, e che non mi lamenterò.-
-Hmm..senti, no, mi dispiace, ma non posso: sei troppo giovane.- tagliò corto Faolan, scuotendo il capo. Iniziava ad avere paura: non voleva di condurre Darfel in una vita troppo pericolosa.
Inoltre, sapeva bene cosa succedeva, quando stava troppo vicino a qualcuno, e come ogni persona a cui si affezionava e che vedeva veniva trattata da Grevor. Se Darfel sarebbe andato a vivere al suo accampamento, non avrebbe potuto evitare il suo fratellastro così facilmente.
La strana voce nella sua testa si premurò di ricordarglielo.
"Quando arriverò da te e chiederò il tuo aiuto, Faolan, pensi di essere in grado di concentrarti solo su ciò che ti chiederò io? Spero di sì. Perché non mi piace, la confidenza che stai dando a questo ragazzo."
-Macché giovane! Ho diciannove anni. Tra un mese ne compierò venti. E poi, ha parlato l'uomo vissuto, eh!- lo schernì Darfel, sarcastico, con una confidenza che fece provare una fitta dolorosa a Faolan.
Darfel voleva scherzare con lui, forse addirittura fare amicizia. Peccato che Faolan non sarebbe mai potuto essere una persona degna di stargli accanto, pensò, con rammarico. Lo avrebbe messo in pericolo e basta, rovinandogli la vita.
Così com'era successo a tutti coloro che gli avevano voluto bene in passato.
Ma era giusto privare qualcuno del suo sogno, del suo obiettivo, a causa dei problemi personali che affliggevano lui? Forse, si stava comportando in maniera egoista, anche se voleva soltanto proteggerlo.
-Perché tu quanti anni hai, scusa, venti? Ventuno, al massimo, se vogliamo esagerare, giusto perché sei alto?- incalzò Darfel, canzonatorio. –Allora sì che puoi dettarmi legge, sei taaaanto più saggio e maturo di me!-
-Beh, ne ho ventidue, sì.- ammise Faolan, aggrottando la fronte, prima di parlare senza quasi pensare più, riuscendo a essere istintivo, per la prima volta dopo tanto tempo, di fronte a quegli occhi che lo supplicavano. –...tre anni, comunque. L'apprendistato dura tre anni. Dovrai lavorare sodo, però. Ma potrai decidere quando vuoi di tornare indietro, e ti cercherò comunque un altro lavoro. Non ti lascerò solo.-
Darfel cacciò un urlo di entusiasmo, andando a strattonargli il braccio senza pensarci due volte.
-QUINDI E' UN SI'?! POSSO INIZIARE?-
-Hey, le mie orecchie! Guarda che potrei cambiare idea.- ribatté Faolan, accennando un tono più scherzoso. Dopotutto, chi era lui per dire a qualcun altro cosa fare della sua vita? Poteva lasciarlo provare, per lo meno. –Ma prima, ti trascino in ospedale. Non si sa mai che tu ti sia preso chissà quale schifezza, là in mezzo alla sabbia.-
Darfel cercò di calmarsi, rallentando il passo e rivolgendogli un gran sorriso.
-Grazie mille, Faolan! Per tutto quanto! Sei un grande!-
Faolan sentì di essere quasi felice e rassicurato, quel giorno, prima che la voce riprese a tormentarlo.
"Forse ho fatto un errore con te.", gli disse, piano, mentre Darfel continuava a camminare di fianco a lui, con un'espressione talmente colma di gratitudine che a Faolan faceva quasi male guardarlo.
"Forse, la verità è che della tua terra non ti importa molto, ma delle persone ti importa fin troppo, nonostante tutto. In realtà sei un mollaccione, debole e fin troppo emotivo. E' questo il tuo segreto, vero?".
Faolan si fermò di colpo, come se avesse ricevuto una coltellata nel petto.
Perché quella voce riusciva a leggerlo con una tale chiarezza? Perché gli rinfacciava tutto ciò che non voleva sentire?
"Eviti tutti quanti perché pensi di essere soltanto dannoso, eppure non smetti di volerli aiutare, in un modo o nell'altro. E questo non mi piace. Allora, te lo chiedo per l'ultima volta: vuoi collaborare con me, sì o no?" gli domandò la voce, inflessibile.
"NO!", pensò Faolan, ripetendoselo più volte. "No, no, non voglio. Lasciami in pace."
"Capisco. Forse non ci sto neppure perdendo granché: tanto, una persona come te non potrebbe mai aiutarmi ad ottenere ciò che ho in mente. E' un vero peccato, perché la tua forza mi sarebbe stata utile."
-Faolan, tutto a posto?- lo chiamò Darfel, voltandosi verso di lui. Ma Faolan non riusciva più a muoversi, soffocato dalle urla e dalle immagini che gli stavano riempiendo la testa.
Faolan rabbrividì, coprendosi il volto con le mani, soffocando un lamento.
"Forse un giorno ci incontreremo, in qualche modo. Non resterò sulla Terra ancora a lungo. Presto sarò sulle Terre di Alaron. Ciao, Faolan."
Quella fu l'ultima volta che Faolan sentì quella voce sconosciuta parlargli di cose incomprensibili. Poco prima che svanisse del tutto, tornò a vedere una serie di immagini.
Una villa con un immenso giardino, circondata da alberi.
Scogliere rocciose, case dai tetti a punta, e poi un ragazzo, con un libro in mano e un gran sorriso.
Sentì qualche altra voce lontana, parole che non riuscì a comprendere.
"Trattieni il potere, trattienilo.."
La figura di una ragazza bionda, circondata da rampicanti altissimi, gli si materializzò nella mente con tanta vividezza che quasi si stupì di non potersi avvicinare a lei.
"Brian, vai a studiare", disse qualcun altro, al ragazzo con il libro in mano.
Infine, un uomo dai capelli grigi e le ali nere, volò nel cielo e iniziò a ridere.
Faolan urlò, mentre sentiva il cranio martellato da fitte di dolore.
-FAOLAN?- gridò Darfel, scrollandolo per le spalle, riportandolo alla luce, a concentrarsi sul mondo concreto in cui viveva.
Faolan inspirò profondamente e inventò un paio di scuse per giustificare le sue reazioni, dando la colpa alla stanchezza, prima di tornare a camminare di fianco a lui, ancora terrorizzato.
Ma con sé stesso non giustificò più nulla.
Non aveva capito nulla di ciò che aveva appena visto, ma da quel momento in poi, avrebbe smesso di dirsi che era soltanto stanchezza.
Non esisteva nessuna stanchezza in grado di farti vedere mondi lontani, persone mai conosciute prima. E se qualcuno stava cercando di ottenere la sua forza per qualche scopo oscuro, doveva cercare di evitarlo.
Se la voce sarebbe ritornata, la avrebbe ignorata di nuovo, a costo di farsi scoppiare la testa. Anche perché ormai, non era più solo.
-E' tutto a posto, Darfel, stai tranquillo.- disse, con tono rassicurante. –Andiamo. Ora ti porto al sicuro, te lo prometto.-
***
NOTE DELL'AUTORE
Heyo tutto bene? <3
Finalmente i due si sono conosciuti.
Per favore, se ti piace la storia supportala con una stellina o lasciami un commento, ne sarei felicissimo <3
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