7: Il primo giorno a Villa Rosenfer
Cork, Irlanda, 22 Aprile 1926
IVY
Dopo aver detto addio a Brian, Ivy era ritornata al suo giaciglio, silenziosamente. Si era lasciata alle spalle quello strano ragazzo, ma non aveva più smesso di pensare a lui, ai suoi occhi curiosi e alla biblioteca di cui le aveva parlato. Era davvero felice di averlo conosciuto: sembrava un tipo impulsivo, certo, ma anche gentile e coraggioso, onesto come un libro aperto. Putroppo, però, dubitava di poterlo rivedere ancora. Non gli aveva nemmeno chiesto quale fosse il suo cognome. Aveva detto che si sarebbero rivisti, ma come? Presto sarebbe andata a vivere da tutt'altra parte, e l'Irlanda non era poi così piccola.
Passò la notte stretta tra la strada e un muretto, con pochi centimetri di tetto a farle da riparo dalla pioggia, immersa nei suoi pensieri. Quando si svegliò, avvertì i muscoli doloranti come non mai, ma si mise comunque in piedi, con parecchio sforzo.
Quella mattina, la città era fredda e grigia. Le nubi si erano addensate agli angoli di un cielo d'acciaio, scure e minacciose.
Si preparò in fretta, non perdendo nemmeno un minuto. Non poteva permettersi di distrarsi: aveva girovagato da una parte all'altra dell'Irlanda, perso una casa e un impiego, ma ora aveva ottenuto una possibilità di lavoro, e di certo non l'avrebbe sprecata poltrendo a terra.
La carrozza che avrebbe condotto lei e sua madre alla villa di Mr. Rosenfer sarebbe giunta in città nel giro di mezz'ora, così si sistemò in fretta, districando con le dita i nodi che le increspavano i riccioli chiari.
Per quanto riguardava l'abito, Ivy si era ormai arresa ai buchi e alle macchie che lo deturpavano. D'altro canto, non aveva nemmeno nulla con cui sistemarlo.
In fondo, che importava? Mr. Rosenfer l'aveva assunta, o per lo meno, voleva verificare che fosse idonea ad essere assunta, per le sue capacità, non per la sua eleganza o ricchezza. Lui sapeva bene, quando l'aveva vista trafficare con i vasi e il terriccio del mercato, ed elargire consigli ai fiorai, che lei non aveva che pochi spiccioli in tasca.
Sebbene il pensiero di andare ad abitare presso una famiglia tanto ricca e distante dalla città la rendesse inquieta, Ivy aveva ugualmente accettato l'incarico di giardiniera che le era stato proposto. Le era sembrato, tuttavia, piuttosto strano che un uomo tanto importante in città chiedesse proprio a lei, una ragazza di sedici anni, di occuparsi delle piante della villa, quando avrebbe potuto trovare qualcuno con più esperienza.
"Perché so fare cose assurde in questo campo, le mie capacità non sono normali, non più, e anche un uomo comune come quel Mr Rosenfer se n'è accorto. Beh, naturalmente non ha notato i poteri, e ci mancherebbe altro, sarebbe un disastro". Quando Ivy veniva assalita dai dubbi, sentiva spesso la necessità di fermarsi e ragionare sulle proprie condizioni, quasi perdendosi tra i propri pensieri.
"La mia affinità con le piante, a quanto pare, è percepibile anche quando trattengo i poteri. Ma comunque,.sto qua a preoccuparmi di un lavoro, ma come la mettiamo, con i miei poteri? E' forse normale far crescere le piante con un solo tocco? Che cosa..che cosa sto diventando?"
-Ivy...-
Ivy sussultò, si distolse da quei pensieri e accorse dalla madre, Jennifer. Era raro che la riconoscesse. Ivy non era l'unica ad essere cambiata, dopo la morte di Mr. Tallis. Da quel giorno, Jennifer sembrava vacillare costantemente in un abisso vischioso di follia e dolore. I suoi occhi acquamarina si erano fatti spenti e vacui, e le labbra non facevano che ripetere il nome del marito defunto e poche altre parole confuse.
Era quasi come aver perso entrambi i genitori in una volta sola.
-Mamma...- Ivy si sforzò di sorridere e le porse il braccio sottile, alla quale la donna si aggrappò debolmente.
-Andiamo via oggi?-
Ivy annuì, e aiutò la madre ad alzarsi, guidandola poi lungo la strada. Aveva i passi incerti e confusi, come se avesse avuto i piedi di piombo.
-Spero che l'aria di campagna ti gioverà un po'. Non vedo l'ora di arrivare a villa Rosenfer-, sussurrò Ivy con voce gentile, e si morse il labbro con forza quando avvertì un familiare dolore pungerle il palmo della mano. In un certo senso, era una fortuna che la madre avesse la mente altrove e l'aria dispersa. Almeno non avrebbe notato nulla, neanche quella volta ...
"Trattieni il potere, o qualunque cosa sia. Trattieni, trattieni, non è il momento, non..."
Non riuscì a trattenere un bel niente. Uno stelo sottile le aprì il palmo nel giro di pochi istanti, e un mare di foglie presero ad ornarlo. Almeno avesse avuto un potere utile! Delle piante che germogliavano dalle mani senza spiegazione logica non erano esattamente il massimo.
Ivy rallentò il passo, e, cercando di non dare troppo nell'occhio, strinse la mano libera sulle radici che avevano preso a diramarsi lungo le dita dell'altra. Era uno spettacolo inquietante, ma aveva imparato a sedarlo.
Chiuse gli occhi, cercando di concentrare la rabbia all'interno della mente, del cuore, annerendo i pensieri di una furia cieca. Voleva spezzare quella cosa. Voleva spezzare quel potere, annientarlo. Voleva essere una persona normale.
Le foglie le scivolarono dal palmo, secche ed annerite come cenere. La mano le doleva, ed era solcata da segni profondi, da tracce di sangue. Ma era di nuovo libera.
La pelle le si rimarginò più in fretta di quanto avrebbe dovuto. Forse stava migliorando, forse col tempo avrebbe imparato a nascondere la sua natura. Forse, un giorno, non sarebbe stata costretta a fuggire continuamente per evitare di spaventare con quella forza a lei ignota chiunque le stesse intorno.
Senza ombra di dubbio, al mondo molta gente avrebbe gioito di possedere della magia, l'avrebbe desiderata ardentemente.
Ma ad Ivy quei poteri indefiniti avevano portato solo guai e ferite, prima del suo arrivo a Cork. E una marea di interrogativi. Perché quelle abilità iniziavano a manifestarsi a quattordici anni? Era sempre stata così, oppure qualcosa l'aveva mutata? Avrebbe dovuto dirlo a qualcuno? E poi, se la magia indicava il controllo della natura, perché lei aveva l'impressione di non riuscire a gestire ciò che evocava?
Era inesperta. Non sempre riusciva fermare gli oggetti che a volte si sollevavano ad un suo semplice sforzo del pensiero o a trattenere l'impulso di sfruttare la velocità che i suoi movimenti stavano sviluppando. Il suo corpo stava cambiando da un mese, si ritrovava a sognare foreste e figure alate, e necessitava di risposte che nessuno avrebbe potuto darle. Eccetto, forse, i libri di leggende e stregonerie che andava cercando e rubando in lungo e in largo.
Tentò di cancellare dalla mente l'immagine del primo e ultimo padrone presso il quale aveva cercato lavoro, che l'aveva colpita e le aveva lasciato quei brutti tagli sulla pelle, una volta che aveva visto il terreno arido riempirsi di germogli quando lei vi aveva posato le mani. Le sembrava di sentire i suoi colpi ogni volta che non si teneva impegnata con qualcosa, ogni volta che permetteva ai pensieri di muoversi liberi nella sua testa.
Più che il dolore, Ivy temeva il ricordo della sensazione che aveva provato quando aveva visto le sue mani avvicinarsi per strattonarla, il panico che le aveva stretto il petto come una morsa, il senso di impotenza quando, con la vanga di un rastrello, quell'uomo le aveva colpito la schiena come a volerla spezzare.
Allontanò il ricordo delle liane che erano cresciute dal suo terrore e dal suo desiderio di difesa, che avevano stretto e colpito a loro volta il padrone, e degli alberi del bosco che erano crollati senza che lei potesse farci nulla, schiacciandolo come un insetto.
Non era riuscita a restare a guardare che cosa ne era stato di lui, le era bastato sentire le sue grida. A un interrogativo forse poteva rispondersi da sola: no, non doveva dirlo a nessuno.
Era fuggita senza indugio insieme alla madre, alla quale aveva semplicemente detto che il padrone era venuto a mancare per un incidente, e che non c'erano più soldi o lavoro per lei. La madre le aveva creduto, con la confusione dei primi giorni di lutto, e Ivy aveva pregato di non doversi mai più difendere in vita sua. Non voleva lasciarsi un sentiero di morti alle spalle.
Avrebbe sfruttato diversamente quella sua affinità con la vegetazione. Se proprio sapeva fare qualche strana magia con le piante, l'avrebbe usata per creare giardini, per arricchirsi in momenti di bisogno come quello. Non c'era miglior modo per affogare il senso di colpa del buttarsi in una nuova vita o attività.
-Ivy, stai bene?-
Ivy annuì rapidamente alla madre, che la strinse con inaspettato affetto. Si ritrovò a sorridere tra le sue braccia. Era più cosciente del solito, la riconosceva e parlava. Forse si sarebbe ripresa, avrebbero ricominciato una nuova vita. Non aveva paura a lavorare sodo per lei.
-Sì, sto bene.-
-Mi manca tanto ... mi manca così tanto. Quando c'era lui...quando c'era lui era tutto a posto ... -
Ivy avvertì gli occhi pizzicare, inumidirsi di lacrime che trattenne a stento. Non c'era bisogno di chiedere di chi stesse parlando per capirlo. Non c'era nemmeno bisogno di angosciarla facendole vedere che razza di creatura strana mai fosse veramente. La strinse di nuovo, per poi condurla alla carrozza che intravide in fondo alla piazza, il famoso mezzo di salvataggio.
-Anche a me, ma vedrai, sarà di nuovo tutto a posto. Papà non vorrebbe vederci abbattute. Ci sono io, per te. Ti aiuterò sempre, mamma.- Ivy inspirò profondamente, tenendo un braccio stretto alle sue spalle come se avesse potuto proteggerla. Sua madre avrebbe meritato di meglio di lei, ne era certa. Ma lei non poteva fermarsi. Il giorno in cui si era ritrovata a abbracciarla sotto alla pioggia mentre fissava impotente la lapide col nome di suo padre, le aveva promesso l'unica cosa che contava molto di più di tutte le sue paure: l'avrebbe protetta per sempre, a qualunque costo.
***
La carrozza era talmente colma di gente da sbandare e barcollare pericolosamente, sobbalzando sui rialzi del terreno. Mr Rosenfer l'aveva mandata in città e caricata di altri aspiranti domestici come Ivy: cameriere, maggiordomi, cuochi ... tra i quali lei era indubbiamente la più giovane.
Si rallegrò alla vista del bel paesaggio di campagna, che, per quanto riuscì a scorgere dal finestrino, era variegato di varie sfumature di verde ed incredibilmente aperto.
Dopo un'abbondante ora di tragitto, quando finalmente intravide la sagoma imponente di villa Rosenfer, Ivy trattenne il fiato dallo stupore.
Era una casa dalle mura chiare, chiazzate di edera e miriadi di rampicanti, screziata dei colori dei fiori primaverili. Le vetrate, sporgenti e chiare, erano così ampie da dare l'impressione di voler catturare ogni raggio di sole nei dintorni.
Un maggiordomo accorse a spalancare il cancello di ferro battuto, lasciando entrare il veicolo all'interno del giardino.
Ivy saltò giù dalla carrozza, e gli occhi celesti si spalancarono curiosi sul paesaggio circostante. Un bosco fitto e rigoglioso avvolgeva i confini artificiali della tenuta, caratterizzata da stalle, aiuole e composizioni di sassi e vegetazione.
Seguì il maggiordomo che condusse lei e i compagni di viaggio all'interno della dimora, e piegò il capo in un leggero inchino alla vista di una donna elegantemente vestita: la moglie di Mr. Rosenfer, dedusse dal modo in cui tutti parevano rivolgersi a lei con estremo rispetto. Era circondata da altra servitù, pronta ad eseguire i suoi ordini e a sistemare i nuovi arrivati al loro posto.
-Madeleine, conduci i cuochi nelle loro stanze e poi mostragli la cucina; Ernest, porta i ragazzi nello studio e nella biblioteca, e tu, John ... -
Ivy seguì a stento la pioggia di ordini che la signora diede agli altri compagni di viaggio, e drizzò le orecchie solo alla parola "giardino."
-Sono qui, Signora.-
Mrs Rosenfer sembrò sconcertata, e guardò la madre di Ivy con palese irritazione.
- Miss Tallis, non ero a conoscenza del fatto che intendeste portare qui anche la vostra..-spostò lo sguardo su Ivy e aggrottò la fronte, come a voler trattenere un appellativo piuttosto sgradevole -... ragazzina. Questo non è un ostello per bisognosi, e mi sorprende che mio marito sia stato tanto indulgente. Mi auguro per lo meno che la mocciosa sappia rendersi utile, o non dovrete indugiare a spedirla in una casa di lavoro o in una manifattura nel centro città.-
Non si era aspettata certo che la padrona di casa le offrisse the e biscotti, ma neppure che parlasse a loro in quel modo. Mr. Rosenfer le era sembrato felice di accoglierla nella sua villa ed offrirle un impiego, ma a quanto pareva, non si era consultato con la moglie.
-Ho già parlato con vostro marito, che è al corrente della cagionevole salute di mia madre. Sarò io ad occuparmi del giardino, e lavorerò il doppio delle ore fino a quando lei non si rimetterà completamente. Ci accontenteremo di poco. Una stanza sarà più che sufficiente.-
- Oh, capisco. - gli occhi di Mrs Rosenfer ebbero un guizzo di sorpresa mista a disagio. -Beh, in tal caso, mi auguro che la vostra giovane età non influisca sul vostro operato.-
-Farò del mio meglio, Signora.-
-Lo spero bene. Vado a chiamare una domestica. Avete decisamente bisogno di una sistemata, e voglio sperare che senza stracci addosso sarete di più gradevole presenza.-
Ivy le rivolse una linguaccia non appena le voltò le spalle, e poi seguì una cameriera che la raggiunse pochi istanti dopo, facendole cenno di andarle dietro.
-Vostra madre sarà affidata momentaneamente alle cure di una mia collega. Voi seguitemi, Miss Tallis. Vi mostrerò la vostra stanza, la toeletta, e vi saranno dati un paio di abiti nuovi.-
-Vi ringrazio.-
***
Ivy si chiuse la porta alle spalle, e decise di immergersi nella tinozza d'acqua messale a diposizione. Lasciò cadere gli abiti laceri sul pavimento, e si strofinò con forza il sapone contro la pelle chiara, pulendola al meglio. Era come essere avvolti da una coperta di neve, tanto faceva freddo, ma non era una sensazione spiacevole.
Quando osservò il proprio riflesso, una volta che fu pronta e la cameriera le stava spazzolando la chioma ribelle davanti allo specchio, si riconobbe a stento. L'abito nuovo, azzurro e dalla linea semplice, le metteva in risalto l'indaco degli occhi, e le guance colorite dal freddo la facevano apparire più sana del solito.
-Dovremmo tagliarli ... saranno scomodi per lavorare, questi.-
La cameriera strinse la presa sui suoi capelli biondi, e senza aggiungere altro, dimezzò la loro lunghezza con delle grosse forbici, sistemando poi alcune ciocche con un pettine. Ivy sussultò stupita, ma decise di non fare obiezioni: d'altronde, ed era troppo impaziente di uscire dalla stanza e perlustrare la villa per protestare per una cosa simile.
I riccioli le ricadevano in onde morbide sulle spalle e, appena puliti e ravvivati dall'acqua fresca, rilucevano di riflessi ramati. Erano decisamente accettabili, benché molto più corti.
-Siete davvero carina, adesso-, commentò la cameriera, e la fece alzare dalla sedia, conducendola fuori dalla stanza. –La padrona, Mrs Rosenfer, tiene particolarmente all'estetica, desidera che nella sua villa persino i domestici appaiano bellissimi. Come dei soprammobili, insomma.-
Ivy notò il suo sorriso triste, e si scoprì a trovare sempre più antipatica quell'acida, superficiale Mrs Rosenfer.
-Forse spera che in tal modo gli ospiti non si concentrino su di lei ma su altri elementi. Viene piuttosto comodo, in effetti, se si ha una faccia da topo e un pessimo carattere.-
Ivy quasi si diede uno schiaffo da sola, non appena si rese conto di aver realmente pronunciato quelle parole. Di solito le capitava di riuscire a trattenere commenti del genere.
La cameriera scoppiò inaspettatamente a ridere, e le fece cenno di lasciare la stanza.
-Forse è meglio che non vi facciate sentire da quella ... "faccia da topo"... ah, e gli ordini per la manutenzione in giardino sono questi. Me li ha consegnati il capo giardiniere per voi.- Le porse una foglio di carta piuttosto informale, scribacchiato distrattamente; Ivy cercò di decifrare qualche parola, ed annuì piano. Era una serie di elenchi, come "piantare le primule, estirpare le erbacce", con tanti piccoli disegni e mappe.
-Il padrone sarà in città fino a tarda serata, ma vi consiglio di iniziare a lavorare, se siete abbastanza in forze. Il magazzino degli attrezzi si trova su questo piano, due porte dopo la camera.-
-Vado subito. Grazie infinitamente per l'aiuto!-
Dopo aver indossato un grembiule da lavoro, recuperato vanghe, rastrelli e sacchi di terriccio, Ivy si precipitò giù dalle scale di corsa, ignorando il peso di tutti quegli strumenti sulle spalle esili. I piedi si muovevano rapidi giù per gli scalini della villa, non trovando alcun tipo di intralcio.
Proprio quando Ivy giunse all'ultima rampa e la fretta dei suoi passi aumentò ulteriormente, una figura le bloccò il passaggio, correndo nella direzione opposta con una serie di volumi stretti al petto.
Ivy si scansò di lato con un brusco scatto ancora prima di vedere chi fosse, e si chinò a recuperare il rastrello che le era caduto dopo quella mossa. Stava per alzarsi in piedi, quando, improvvisamente, sentì una voce familiare rivolgersi a lei.
-Insomma, Ivy, so che sei impaziente che io ti restituisca il libro, ma seguirmi fino a casa non è un po' eccessivo?-
Ivy aveva sentito quella voce per un solo giorno, ma l'aveva già riconosciuta: apparteneva a Brian Rosenfer, il ragazzo incontrato a Cork. Il nuovo proprietario del suo libro.
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