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5: Ivy


BRIAN

Cork, Irlanda, 1929

Una volta salutata la giovane ladra, Brian si era dedicato a proseguire la sua gita fuori porta, che, come sempre, gli stava sembrando troppo breve- Nell'ora appena trascorsa, si era fermato a guardare il mare, seduto sui muretti della città. Aveva camminato per tante strade diverse, perdendosi in vicoli che si intrecciavano l'uno con l'altro, fermandosi spesso a disegnare, ispirato dalla pace che si era impadronita dei suoi pensieri. Era riuscito persino ad ascoltare la musica degli artisti di strada, quasi dispiaciuto di non avere mezza moneta da donargli, mentre tratteneva a stento l'impulso di ballare al ritmo dei loro strumenti, ormai abituato a trattenere quell'impulso.
Immerso com'era in quell'atmosfera, notó piuttosto tardi le imprecazioni che provenivano da una piazza vicina, urla ovattate senza un volto che potesse riconoscere. Cosa stava succedendo? La curiosità ebbe la meglio sul suo scarso senso di responsabilità: si incamminò con passo veloce verso la fonte di quel suono, drizzando le orecchie. Non gli capitava spesso di assistere a delle discussioni così animate:a casa sua era abitato alla rabbia contenuta del padre, al nervosismo trattenuto fino quasi a bruciare sotto alla pelle.


-Guardate che bel bottino ha preso, questa mocciosa!- urlò un giovane, prima di scoppiare in una risata compiaciuta.

-Ma non ce l'hai una casa, una famiglia che ti dia dei vestiti?-
Brian si schiacciò contro il muro di una casa non appena varcato l'ingresso della piazza, cercando di mettere a fuoco meglio la situazione, e sussultò quando riconobbe la chioma bionda e spettinata della ragazza che aveva conosciuto pochi minuti prima. La piccola ladra.

La giovane era strattonata tra le braccia di un paio di ragazzi, alti il doppio di lei, con un ghigno dipinto sul volto. Nemmeno loro erano sconosciuti a Brian: erano figli di alcuni lavoratori del mercato di suo padre. Erano così vicini che avrebbero potuto notarlo facilmente, ma sembravano troppo arrabbiati con la ragazza bionda per concentrarsi su di lui o su qualunque altra cosa.

-Posso restituirvi tutto, mi dispiace!-

La voce della ragazza era ferma, ma Brian vi lesse una nota di preoccupazione. Si irrigidì, indeciso sul da farsi.

- Ma davvero? Anche quello che hai già mangiato?-
Un pugno colpì allo stomaco la giovane, che si ripiegò su se stessa. Aveva i riflessi pronti, rapidi quanto il suo modo di correre, e riuscì a scostarsi più volte, ma i ragazzi erano comunque in maggioranza.

Brian vide volare sberle, spinte e ulteriori strattoni, e una sensazione di angoscia gli strinse la morsa dello stomaco: era tremendo restare a guardare, sentirsi impotente mentre ascoltava il suono secco dei loro schiaffi abbattersi sulla ragazza.

Raggiungerli di corsa, staccarsi dal muro come una molla per fare qualcosa fu per lui istintivo come respirare. Quasi non realizzò che cosa aveva appena fatto, fino a quando non si sentì esposto ai loro sguardi, e comprese, con un certo panico, di dover cercare velocemente le parole o i gesti adatti a fermarli.

Non poteva assistere a una cosa del genere, lasciare che un gruppo così corposo aggredisse una persona tanto indifesa. Aveva rubato, sì, ma per egoismo? No di certo. Sembrava così debole, così sull'orlo della fame da spingerlo a un'istintiva preoccupazione, perplesso della mancanza di quella reazione nei suoi altri coetanei. Stava per intervenire, quando vide la bionda spintonare con forza un ragazzo alto il doppio di lei, le piccole mani premute sul suo petto, e un calcio ben assestato agli stinchi. Il giovane cadde all'indietro, e, per tutta risposta, la ragazza ricevette un pugno in pieno volto da un altro. Quando Brian riuscì finalmente ad arrivare poco vicino lei, vide un rivolo di sangue uscirle dal naso.

L'individuo posto di fronte a lui sembrava intenzionato a ripetere il gesto, e sollevò una mano, mentre la ragazza abbassava il capo, cercando di proteggersi. Brian afferrò il giovane per le spalle, e gli piantò una forte gomitata nelle costole senza pensarci due volte.

Poco dopo, di fronte alla sua espressione furiosa e perplessa, gli concesse anche un sonoro ceffone. Non era mai stato un tipo manesco, ma quell'eccezione sembrava aver dato i suoi frutti.

Quasi sorpreso da sé stesso, Brian trattenne il fiato: temeva le conseguenze di quel gesto, ma aveva ancora un asso nella manica che sperava di poter sfoderare proprio in quel momento. Sollevó il viso per farsi guardare con sufficiente attenzione, trattenendo un ghigno quando venne riconosciuto, come aveva previsto.

-Oh Dio ... è Brian? E' il figlio del capo?!?- mormoró un ragazzo, con voce spezzata.

-Sì, è il figlio del Mago Grigio.-

Brian si scostò dal giovane appena colpito, che sembrava trattenersi a stento dal restituirgli una consistente quantità di botte. Incrociò poi le braccia al petto, cercando di trattenere il respiro affannato e lasciando vagare gli occhi su tutti i presenti. Per una volta, gli avrebbe fatto comodo essere il figlio di Stephen Rosenfer.

-Sì, sono io, in carne ed ossa. Qual è il problema, allora? Perché la state picchiando tutti?- domandò, indicando con un cenno del capo la ragazzina, la cui sorpresa aleggiava palese sul viso tumefatto.

-Ehi, non sono affari tuoi!-

-Idiota, è il figlio del capo, vuoi che papà ce le dia perché lo abbiamo fatto arrabbiare? Ti ho detto che è il figlio del Mago Gri..-

-Allora, insomma, basta!-, sbottò Brian -Sì, sono il figlio del Mago Grigio, va bene, volete ripeterlo un altro paio di volte? Ora, semplicemente, vorrei che smetteste di picchiare questa ragazza. Se è una questione di soldi, ve li farò restituire io.-

-Smettiamo, promesso!-, esclamò uno di loro, la cui preoccupazione evidentemente prevaleva su ogni altra cosa.

-Basta che non dici niente a tuo padre, mio padre mi ucciderebbe se ... -

-E cosa mi assicura che non alzerete più un dito su di lei, quando me ne andrò?- lo interruppe Brian, cercando di simulare una sicurezza che era piuttosto certo di non possedere, ma che in quel momento più che mai era fondamentale.

-Brian.- La ragazza si avvicinò a lui, scostandosi una ciocca di capelli chiari dal volto -Non preoccuparti, oggi stesso lascerò la città, dovrò lavorare in campagna. Grazie, comunque. Grazie, davvero. Ti devo moltissimo.- Gli parlava con tono confidenziale, con un gergo amichevole più di quanto la sua stessa famiglia avesse mai fatto con lui.

Brian lanciò un'ultima occhiataccia ai restanti presenti. Gli tremavano ancora le mani.

-Se avete qualche problema con i furti, fatemi il favore di comunicare le perdite a mio padre, o meglio, chiedete ai vostri genitori di farlo. Non c'è niente che vi autorizzi a farvi giustizia da soli, specialmente a questo modo. Sono certo che verrete risarciti in maniera adeguata. C'è un contratto per questo, un'assicurazione, e sono sicuro che ne eravate benissimo al corrente.- concluse con tono fermo, per poi rivolgersi alla ragazza, facendole cenno di seguirlo. Voltò poi i tacchi, abbandonando la piazza per una via meno trafficata, attento che la giovane lo seguisse.

-Grazie, veramente. Mi dispiace averti messo nei guai. - mormoró la ragazza dopo qualche istante.

Brian sorrise, e si voltò a guardarla.
-Non preoccuparti: ero lì, e non sono riuscito a non intervenire. E lasciatelo dire, non te la cavavi male! Dove hai imparato a dare quegli spintoni? Per poco non lo facevi secco!-

La ragazza si lasciò sfuggire una risata, e gli porse la mano. Non esattamente pulita, ma Brian la strinse senza indugi.

-Mi chiamo Ivy, piacere. A spingere così ... non lo so, veramente, credo fossi solo spaventata, e ho provato a difendermi in qualche modo. Ma è stata colpa mia, me la sono cercata. Avrei dovuto stare più attenta prima di rubare quelle cose, cose con cui comunque qualcun altro voleva guadagnare. Per fortuna, a breve non avrò più bisogno di rubare. Però, grazie. Per i complimenti, intendo.-

-E' la quarta volta che mi ringrazi, mi sento onorato!-

Ivy si dondolò appena sulle gambe, le labbra increspate in un sorriso. Sembrava parecchio scomoda, in quelle lunghe ed ingombranti gonne, quasi non riuscisse a star ferma per un istante. 

-Posso chiederti una cosa? Chi è tuo padre? Sembravano terrorizzati da lui, quando ne parlavano ... e perché lo chiamano "il Mago Grigio"? C'è qualche leggenda, o ... - domandò la giovane, riscuotendolo dai suoi pensieri.

I suoi occhi traboccavano di curiosità; a Brian sembrò di scorgere in quello sguardo lo stesso entusiasmo che aveva lui quando si trattava di cogliere un barlume di fantastico o irreale nella vita di ogni giorno. Gli venne naturale sorriderle con una certa complicità, prima di risponderle.

-Mio padre è il proprietario di un mercato del centro: fornisce merci tramite alcuni traffici intercontinentali ad alcune bancarelle che le rivendono, gestisce i conti, e così via. In realtà non me ne intendo granché.

E mi dispiace deluderti, ma lo chiamano così solo perché ha i capelli grigi, gli occhi grigiastri, e si veste...beh, di grigio, scommetto che non lo avresti mai detto,eh? Però...- Brian era il primo che odiava chi gli smontava le fantasticherie, non avrebbe potuto fare lo stesso di fronte a quel viso colmo di aspettative. -..in effetti, qualcosa di strano mio padre ce l'ha. Ha dei libri fantastici a casa, sai? Dovresti vederli, li abbiamo ricevuti in dotazione con la villa che ha comprato qualche anno fa. Parlano tutti di terre lontane, di elfi, di razze con nomi strani, una cosa come "Incantatori", e... posso farti io una domanda?-

Ivy si affrettò ad annuire. Sembrava combattuta tra il replicare qualcosa, e il voler conoscere il quesito di Brian.
- Sì, dimmi!-
-Posso vedere il libro che hai nel cestino?-
-Ma certo! Prima o poi vorrei vedere anche io i tuoi.-
La ragazzina frugò nel cestino di vimini che portava con sé, e gli porse il tomo dalla copertina scura.

Incantesimi, barriere, e l'alba delle terre di Alaron, lesse Brian ad alta voce, ed ebbe l'impressione che il cuore iniziasse a battere più in fretta. Quell'ultimo nome gli suonava conosciuto: lo aveva sognato quella mattina. Forse apparteneva a una molto nota, che aveva letto di recente e rielaborato durante le sue visioni notturne.

In ogni caso, era un libro con tematiche fantastiche, ed era sorpreso di vederlo nelle mani di una persona che sembrava tanto povera da non potersi permettere del cibo, figurarsi una scuola per imparare a leggere.

-Non vedo l'ora di iniziare a leggerlo.- confessò Ivy, entusiasta.
-Il fantastico è il mio genere preferito-, sorrise Brian; poi, non riuscendo a trattenersi, chiese: -Ma com'è che ... sai leggere?-
-Quando ero a Dublino ...- Ivy esitò un attimo, stringendosi nelle spalle sottili, e a Brian sembrò di scorgere un velo di tristezza nei suoi occhi -mio padre aveva una biblioteca, a casa, un po' come la tua. Non andavo a scuola, ma mi ha insegnato a leggere lui.- Fece un breve sorriso, ma a Brian parve di scorgere un velo di lacrime appannarle lo sguardo. -Penso che sarebbe contento di vedermi ancora alle prese coi libri, se solo.. ci fosse ancora, ecco. Questo libro me l'ha lasciato lui.-

-Tu hai detto che partirai domani, e andrai in campagna. Ma se tornerò di nuovo a Cork, e ci tornerai anche tu, di tanto in tanto ... -, replicò Brian, dopo qualche istante in cui cercava le parole adatte a confortare la sofferenza a stento celata sul volto di Ivy.
-.. ti prometto che ti cercherò, e ti porterò qualcuno dei miei libri. Sai, si sono stufati di essere letti soltanto da me.-

Ivy sembrava incredula, quasi non sentisse parole gentili da tanto tempo. Il sorriso le si ampliò all'istante, accendendole il volto pallido e lentigginoso di un vivace entusiasmo.-Io graz... no, scusa, è la quinta volta che ti dico grazie. Ora, però, devo andare, mi dispiace. Mia madre mi starà aspettando, e sarà preoccupata. Ci vediamo presto, allora.-

-Certo, va bene.- Brian si sentì un po' rincuorato, venendo a sapere che almeno una persona al mondo si occupava di lei.Ivy gli rivolse un cenno di saluto con la mano, e fece per correre via, ma si fermò a meta strada. Si voltò di scatto e ritornò da Brian, anch'egli in procinto di andarsene e raggiungere il padre.

Brian fece per chiederle qualcosa, ma Ivy gli piazzò tra le mani il libro dalla copertina scura senza troppi complimenti, prima ancora che potesse aprir bocca

-Ecco, tieni. Ho pensato che questo sarebbe stato meglio di cinque grazie. Ho visto come lo guardavi, prima.- la voce di Ivy era gentile quanto il tocco delle sue mani, che per un istante sfiorarono la copertina con affetto, quasi a dargli un ultimo saluto.

- Leggevo moltissimo anche io, e conosco lo sguardo di un lettore che non vede l'ora di divorare un libro. Me lo racconterai tu. Tanto ci rivedremo presto, spero.-Brian avrebbe voluto ringraziarla lui, a sua volta, ma non fece tempo ad aprir bocca che Ivy era già sfrecciata via chissà dove.

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