3: Il discorso
Rocca della contea di Istmil, Terre di Alaron
FAOLAN
-Faolan! Faolan, mi senti?-
La voce di Grevor lo raggiunse mentre era ancora disteso sul pavimento, facendosi strada in mezzo al suo sogno confuso e ovattato.
Era svenuto soltanto da cinque minuti, eppure gli sembrava fosse passata un'eternità : una volta sbattuta la testa sul pavimento, le sue visioni non erano cessate nel sonno. La voce che gli aveva parlato si era dileguata, lasciando spazio alle immagini lontane di quella che probabilmente era la Terra, il luogo di origine dei suoi concittadini.
I contorni della villa di campagna che la voce aveva deciso di mostrargli si erano fatti più nitidi e definiti, il volto del ragazzo terrestre un po' più chiaro: aveva circa sedici anni, gli occhi verdi e i capelli arruffati, e Faolan non aveva la più pallida idea di chi fosse.
Lo aveva seguito nei suoi spostamenti per tutta la durata del sogno, quasi abitando nella sua testa, e anche se non era riuscito a cogliere una sola parola dei suoi dialoghi, aveva avvertito le sue sensazioni con la stessa forza di un pugno in faccia. Il senso di angoscia al suo risveglio, la paura per l'uomo dai capelli argentei che viveva nella sua casa erano solo due delle emozioni che rammentó alla perfezione non appena Grevor gli fece riaprire gli occhi, afferrandolo per un lembo della maglia e scrollandolo.
-Ma che cosa ti è preso? Mi farai arrivare in ritardo alla festa!- sbottó Grevor, tradendo per un istante la sfaccettatura più affilata del suo carattere, quella parte che tentava disperatamente di nascondere dietro ai sorrisi falsi e bendisposti. Faolan non si stupì neppure del fatto che non si stesse minimamente preoccupando per lui o per il modo in cui era svenuto senza alcun motivo apparente: ci era talmente abituato che si limitó a sbattere le palpebre per scacciare il senso di stordimento.
Provò a cercare la voce misteriosa dentro alla propria testa, per assicurarsi che fosse sparita, e si trattenne a stento dal sospirare di sollievo quando non la trovò. Forse si era immaginato tutto, forse quelle allucinazioni erano soltanto la brutta conseguenza di un momento di stanchezza, eppure la loro nitidezza gli aveva messo i brividi.
Non gli era mai capitato di avere un'esperienza simile, ed era spaventato da come la propria mente aveva reagito. Chi era quel ragazzo, Brian? Perché lo aveva visto, e perché non era riuscito a comunicare con lui in alcun modo? Purtroppo in quel momento non aveva tempo di riflettere sulla questione, non con Grevor che lo fissava stranito. Ci avrebbe ripensato nella quiete del suo accampamento, senza occhi indiscreti ad osservarlo.
-Mi è girata la testa per un attimo. Forse ho perso troppo sangue combattendo. – mentì rapidamente Faolan, cercando di rimettersi a sedere. L'impatto col pavimento gli aveva fatto prendere una brutta botta, tanto da fargli sentire un dolore lancinante alla testa. Il braccio sinistro gli doleva parecchio, ma per lo meno aveva risparmiato al resto del corpo l'urto della caduta.
Non aveva ancora idea di come ritrovare le forze per andare alla festa in quel condizioni, ma di una cosa era certo: non avrebbe rivelato nulla della voce misteriosa al fratellastro.
Anche se gli avrebbe creduto, non sarebbe stato di certo felice di essere oggetto di un complotto di un'entità invisibile. Il ricordo di quelle parole lontane fece rabbrividire Faolan: la voce misteriosa gli aveva promesso di mandare via Grevor in cambio della sua alleanza, ma poteva davvero fidarsi di qualcuno che non poteva neppure conoscere? Quale sarebbe stato il prezzo da pagare per realizzare quel desiderio? E soprattutto, ciò che aveva sentito era reale, o soltanto il frutto della sua stanchezza e nervosismo?
Si alzò in piedi a fatica, cercando di evitare lo sguardo del fratellastro, quando quel suono lontano tornò a farlo sobbalzare, ripresentandosi senza preavviso.
"Eccomi, pensavi che ti avessi abbandonato? Non potrei mai farlo. Non potrei mai lasciarti in queste condizioni, vicino a Grevor. " gli sussurrò la voce, con tono quasi compassionevole. "Non lo vedi come ti tratta male? Non gli importa nulla di te; fa così da quando siete bambini, pensa solo al suo guadagno personale. Ma tutto questo può finire, se gli farò lasciare il trono. Arriverò io sulla vostra isola, direttamente dalla Terra, e ti renderò il mio alleato. Dovrai solo fare quello che ti dico, e stare dalla mia parte.". - disse la voce, facendolo rabbrividire, mentre sembrava scavare nel suo inconscio, nei suoi ricordi e nelle sue paure.
Per un attimo, Faolan si chiese se anche Grevor potesse sentirla, nonostante tutti i suoi sforzi di continuare la conversazione come se nulla lo turbasse. Dopo tutto quello che era successo negli ultimi anni, ormai una parte di lui era quasi convinta che il fratellastro fosse in grado di analizzarlo come un insetto al microscopio, di leggergli la mente e di prevedere ogni sua azione. Non ricordava neanche più come si sentiva quando ancora non temeva di compiere ogni minimo passo di fronte a lui.
-Ma cosa stai facendo? Sembri ubriaco. Ho bussato alla porta e non mi hai nemmeno risposto, e ora barcolli e fissi il vuoto.- sbuffò Grevor, afferrandolo per un braccio e trascinandolo di peso in piedi. I vestiti che Faolan si era portato in bagno erano ancora appoggiati sullo sgabello, e all'inizio della cerimonia mancavano sempre meno minuti. Grevor era nervoso come non mai, tanto che strinse troppo forte la presa sulla sua camicia, senza curarsi di arrecare dolore al suo gomito già sbucciato.
-Ma sì, certo, Grevor, mi sono messo a bere mentre combattevo. Tra un colpo di spada e un altro buttavo giù un bicchiere. Così, per premiarmi.- gli rispose Faolan, con tono ironico, provando una lieve soddisfazione nel vedere Grevor accigliarsi ulteriormente.
-Smettila di scherzare e preparati. Non abbiamo tempo.- ribatté Grevor, seccato, prima di lasciare la stanza. Faolan avrebbe tanto voluto sbagliarsi, ma era piuttosto sicuro di aver sentito una risatina soddisfatta risuonargli in testa, non appena il fratellastro si chiuse la porta alle spalle.
"Tra non molto non potrà più rivolgersi a te in questo modo, te lo prometto."
*****
Una volta che si fu preparato, Faolan raggiunse Grevor nel salone.
-Eccoti, fratello caro.- esordì, con un tono totalmente diverso da quello che era solito usare in sua presenza, ben attento a non smentirsi di fronte alle guardie che lo circondavano. La contessa Konyl lo salutò con un sorriso gioviale, dimostrando molta meno impazienza del fratellastro.
Ogni volta che la vedeva, Faolan sopprimeva a stento la tentazione di chiederle di rimanere sul trono per ancora qualche anno, per quanto violasse le loro leggi: era sicuramente una regnante migliore di quanto Grevor non sarebbe mai stato, e non meritava di lasciare il potere in mano a qualcuno che non amava la loro contea quanto lei.
-Questa è una delle ultime feste che celebrerò nelle vesti di contessa.- disse Konyl, con una traccia di nostalgia che venne presto dissipata da uno sguardo più sereno, che si posò su Grevor e fece rabbrividire Faolan. –Mi mancherà occuparmi di Istmil, ma almeno so che Grevor sarà un sovrano giusto e rispettoso.-
Grevor sorrise soddisfatto, prima di seguire la donna fuori dalla porta, e far cenno a Faolan di imitarlo. La folla della capitale li accolse in un corteo, esplodendo in applausi e saluti non appena misero piede fuori dal castello, lasciando libera la strada che consentiva il loro passaggio.
Ormai la festa era iniziata, e c'erano già talmente tanti fuochi d'artificio nel cielo che era quasi impossibile intravederne il colore e le stelle. Le vie che stavano attraversando erano addobbate da fiori e ghirlande, riempite dai cittadini giunti da ogni angolo della contea, trasportarti dalle funicolari. La musica aspettava pazientemente di abbandonare gli strumenti dell'orchestra e di liberarsi nell'aria, mentre i partecipanti della festa finivano di sistemarsi gli abiti variopinti e si dirigevano verso la piazza principale.
I posti riservati al pubblico stavano per finire, notò Faolan, mentre aspettava con Grevor il turno per entrare nella piazza principale, un grande spiazzo circolare dov'era stato allestito un palco di fronte a numerose file di sedie.
-Attenzione! La cerimonia sta per iniziare! Partecipate tutti, fatelo per la nostra isola!- annunciò un elfo sul palco, sventolando una bandiera con il ritratto del fondatore e il simbolo delle due contee. -Oggi, dopo migliaia di anni, ricordiamo il giorno in cui i nostri antenati abbandonarono la Terra per trasferirsi qui!-
-Ci siamo. I nostri posti sono quei due in prima fila, verso il centro.- disse Grevor, guardandosi intorno con aria attenta. –Guarda com'è bello qui! Non vedo l'ora che finisca la cerimonia per andare a festeggiare.-
Faolan scrollò le spalle, consapevole di essere terribilmente fuori posto in una serata luminosa come quella, con gli abitanti che avevano già iniziato a ballare a tutto spiano, facendo un fracasso tremendo. Seguì Grevor senza dire una parola, superando gli spiazzi vuoti dove la gente si fermava a danzare e a chiacchierare, e lanciando qualche occhiata abbattuta ai banchetti di cibo caldo e profumato. Gli sarebbe piaciuto addentare qualcosa, ma sapeva di non avere più tempo. Stava per raggiungere la zona dedicata al pubblico, quando l'apparizione di Nevaeh, la sua unica amica, lo fece fermare di colpo.
-Ciao, Faolan!- lo salutò la ragazza, prima di rivolgere un sorriso forzato a Grevor, che fortunatamente venne scambiato per un gesto dovuto alla timidezza. Nev non nutriva una gran simpatia per Grevor, conoscendo almeno in parte i racconti di Faolan, ma il suo carattere riservato non lasciava tradire troppo quelle emozioni. –E buonasera, signor Grevor.-
-Mi fermo un attimo a parlare con lei. Ti raggiungo tra poco.- disse velocemente Faolan, approfittando della presenza delle guardie per sfuggire al controllo del fratellastro. Davanti a loro, Grevor non poteva certo sbottargli contro. Limitandosi a sorridere, con l'angolo della bocca leggermente tremante a tradire il suo nervosismo, Grevor difatti rispose: -D'accordo. Cerca di non fare tardi, tra poco incomincia la cerimonia.-
Sospirando di sollievo nel vederlo andar via, Faolan tornò a guardare l'amica. Nev era una curatrice dell'ospedale vicino all'accampamento, che spesso guariva i cavalieri e le cavaliere feriti dalle battaglie contro ai mostri. Erano diventati amici con il passare degli anni, tra una sua visita e l'altra, paradossalmente avvicinati dal comune carattere introverso.
Quando gli altri membri dell'accampamento si riunivano in gruppi per uscire, Faolan si sentiva più a suo agio a parlare con l'amica, cercando di incoraggiarla e di tenerle compagnia come poteva.
Orfana di entrambi i genitori, ormai la giovane si era dovuta adattare a vivere in maniera solitaria, legata soltanto alla famiglia benefattrice non troppo affettuosa, e alla loro figlia e collega di Faolan, la giovane cavaliera Shalenya. A Faolan era capitato spesso di pensare che avrebbe decisamente preferito avere una sorella come Nev a un fratello come Grevor: era quello il tipo di affetto che provava nei suoi confronti, un istinto protettivo e incoraggiante che sperava durasse ancora per tanti altri anni.
Nevaeh aveva un viso amichevole, la pelle ambrata e i capelli rosa, gli occhi limpidi come il cielo in primavera, e, soprattutto, un carattere gentile e paziente. Ma in presenza di sconosciuti, fuori dal suo ambiente professionale, sembrava sempre che non sapesse cosa dire o dove posare lo sguardo, costantemente spaventata di fare qualcosa di sbagliato. Tutto il suo corpo tradiva nervosismo: non era raro vederla tremare sotto al peso dell'insicurezza.
Soltanto quando Grevor si fu allontanato si rilassò visibilmente, rivolgendogli la parola.
-Tutto bene? Grevor ti ha dato ancora fastidio?- domandò Nev, preoccupata, notando la sua espressione cupa. Faolan per un istante esitò, indeciso su cosa rispondere: sì, Grevor gli aveva dato fastidio, mam per una volta, non era stato la causa principale del suo turbamento.
Ma poteva davvero raccontarle che cosa aveva visto e sentito? Forse era troppo rischioso, e neppure una persona come Nev, l'unica che in quell'ultimo anno si era preoccupata per lui al di fuori dell'ambito professionale, avrebbe totalmente compreso come si sentisse. Ma più si teneva quei dubbi dentro, e più si agitava: non era passata nemmeno un'ora, e già tutti i suoi pensieri continuavano a muoversi in quella direzione, incapaci di farlo distrarre.
Mentre ci ragionava su, sentì uno dei ragazzi sul palco richiamare l'attenzione per il discorso di apertura. Faolan sussultò: Grevor sarebbe andato su tutte le furie se avesse tardato troppo, ma quella era l'unica occasione che aveva per parlare con qualcuno di fidato di ciò che gli era accaduto.
-Sì, ma è successo anche altro. Ho iniziato a sentire come una specie di voce in testa.- provò a dire Faolan, esitando, e provando un po' di vergogna a esordire a quel modo. Nev fu abbastanza gentile da non mostrarsi scettica, ma la sorpresa si dipinse inevitabile nei suoi occhi.
-In che senso?- chiese l'amica, confusa e leggermente preoccupata.
Il ragazzo sul palco tornò a parlare a voce così alta che per qualche istante Faolan e Nev furono costretti ad ascoltarlo, voltandosi.
--Cittadini delle Terre libere di Alaron! Salve a tutti, il mio nome è Oflodor.- si presentò un giovane elfo quando ormai quasi tutte le sedie in prima fila vennero occupate, avanzando sul palco per permettere ai musicisti dietro di lui di sistemare gli strumenti. - Questa sera io e la mia orchestra suoneremo per voi in occasione di questo evento molto importante, ma lasciate che io spenda due parole a riguardo.- disse Oflodor, parlando con un tono di voce allegro, che ben si adattava al suo volto gentile, agli occhi che si spostavano dal pubblico al cielo stellato, alle luci e alle decorazioni di un giorno che probabilmente aspettava da tempo.
Faolan provò un moto di simpatia nei suoi confronti, notando la sua mano tremante: era ancora un ragazzino, quello doveva essere il suo primo concerto importante. Con un pizzico di tristezza, si ritrovò a chiedersi quando era stata l'ultima volta che si era sentito come lui, così vivo e impaziente di realizzare qualcosa. Non fece però neanche in tempo a rispondersi che Oflodor proseguì.
-Oggi è un giorno fondamentale per la nostra storia: ogni anno dobbiamo ricordare da dove veniamo, e non dimenticare tutti coloro che si sono sacrificati per noi. Ma non dobbiamo ripensare a loro con la tristezza nel cuore, bensì vivere in pace e armonia per onorare la loro memoria.- proseguì l'elfo, portandosi una mano stretta in un pugno sul petto. -Migliaia di anni fa, i nostri antenati vivevano in dei continenti lontani chiamati semplicemente "Terra". Appartenevano a tante razze diverse, spesso in conflitto tra loro: elfi, come me, oppure umani, gnomi, leridi, cloryn..non c'era una vera unione, non esisteva un unico popolo terrestre, finché dal cielo non arrivò un nemico più grande a legarlo.-
Faolan conosceva bene quella storia, come qualunque abitante delle terre di Alaron, ma non trovava mai seccante ascoltarla: era un pezzo del loro passato, e capiva perché fosse importante onorarne la memoria. Ma proprio quelle convinzioni che erano sempre vissute salde in lui iniziavano a sfaldarsi: la Terra era davvero così lontana, un semplice luogo di origine disabitato e dimenticato? Ormai, il dubbio si era insinuato in lui.
-Dei nemici extraterrestri venuti dal cielo volevano conquistare la Terra, sterminando i suoi abitanti. Si facevano chiamare Incantatori, e uccisero molti dei nostri antenati innocenti.- raccontò Oflodor, con voce più cupa. - Non si era mai vista una guerra del genere. Fu a quel punto che i terrestri si unirono e si allearono tra loro. Ma sarebbero comunque stati spacciati senzauna persona fondamentale che li proteggesse, senza l'eroe che celebriamo oggi, il grande Alaron Lebrow. È a lui che dobbiamo tutto.-
La statua al centro della piazza, posta vicino al palco, fu illuminata da decine di bagliori.
Faolan non poté fare a meno di voltarsi a guardarla, pur conoscendone l'aspetto quasi a memoria: ci passava sempre di fianco ogni volta che rientrava all'accampamento dopo le battaglie, ammirandone le striature scarlatte tra i capelli di marmo, la postura fiera, e le grandi ali di granito che si spiegavano contro il cielo. Non esisteva persona sulla sull'isola che non conoscesse il nome o l'aspetto di Alaron Lebrow, dipinto in centinaia di quadri.
Non esisteva persona che non ammirasse il suo coraggio la sua lealtà e che ogni giorno non lo ringraziasse, almeno inconsciamente, di avergli dato la possibilità di vivere.
-Immagino che tutti voi sappiate bene chi sia Alaron Lebrow, naturalmente. Ma la cosa che a volte non sottolineamo abbastanza è che anche lui era un alieno, un cosiddetto nemico, eppure fu il primo a opporsi alle cattiverie dei suoi simili a provare compassione per i terrestri. Creò un rifugio sicuro per loro, fondando quest'isola nascosta dal resto della Terra. Ci permise di vivere in pace per sempre.-
-Alaron ci dimostra che non è importante essere un alieno o un terrestre, ma è che è importante essere una persona buona. Ed è seguendo il suo esempio che dobbiamo continuare a perseguire la pace tra le varie razze dell'isola a onorare la sua memoria. Elfi, umani, cloryn, leridi, non importa chi siamo: qui, noi siamo tutti uguali, qui. Non conta come nasci, ma contano le azioni che compi.- Oflodor rivolse al pubblico un sorriso caloroso e sincero, prima di concludere il discorso. -Ci sono i mostri, certo. Sono il prezzo da pagare per un isola creata artificialmente con la magia. Ma i cavalieri proteggeranno la nostra patria, e a noi non resterà altro da fare che proteggerci a vicenda. Vi auguro una festa felice, una vita felice, miei cari concittadini!-
-Faolan.- Nev richiamò la sua attenzione quando il pubblico iniziò ad applaudire, commosso, interrompendo il discorso del musicista. –Che cosa mi stavi dicendo?-
-Ero nel castello di Grevor, e stavo andando a cambiarmi per la festa, quando all'improvviso ho sentito una voce in testa che mi parlava, e diceva di provenire dalla Terra.- spiegò Faolan, tormentandosi nervosamente le mani. –Mi ha detto che sulla Terra ci abitando ancora molte persone, e che stanno per arrivare qua.-
-Ma com'è possibile? Non è che qualcuno ti ha stregato la mente, o qualcosa del genere?- sussultò Nev, prima di scuotere il capo. –Ma no, conosco bene la magia, e non ho mai sentito parlare di un incantesimo che fa sentire una voce..e poi, cosa significa? I contatti con la Terra sono stati chiusi da millenni. Perché dovrebbero venire a cercarci?-
-Mi ha detto che..vogliono mandare via Grevor, e che hanno bisogno del mio aiuto.- rispose Faolan, con voce spezzata, guardando l'amica negli occhi. –Non so cosa significa. Sono svenuto, e poi ho avuto come delle visioni di una villa di campagna, e di un ragazzino, e poi mi sono svegliato e son dovuto venire qua alla festa..non riesco proprio a capire che cosa significhi. Forse sto impazzendo.-
-Non sei pazzo. Ma tutto questo è..inquietante, e molto strano.- non poté fare a meno di notare Nev, aggiungendo. –Forse hai contratto una sostanza che ti da delle visioni strane mentre combattevi qualche mostro. Può capitare, è già successo a qualche cavaliere. Si guarisce facilmente.- osservò l'amica, ridandogli un barlume di speranza: sarebbe stato di certo più rassicurante e logico, anche se non riusciva ancora a illudersi del tutto.
-Dici che è possibile?- chiese conferma, speranzoso, tornando poi a prestare attenzione al discorso che nel frattempo Oflodor aveva proseguito, presentando i brani che l'orchestra aveva in programma di suonare.
-Sì, certo. E' già successo. Forse avevi per la testa la questione della cerimonia, della storia della Terra, ed eri preoccupato per Grevor, e, semplicemente, il tuo cervello ha messo insieme tutto quanto. – provò a rassicurarlo Nev. –A volte basta anche solo un graffio di un mostro per contrarre parte della sua materia oscura e la mente si offusca, ma si guarisce subito. Per sicurezza, passa domani da me in ospedale, ti farò una visita.-
-Grazie, Nev. Devo fare una spedizione nel deserto, ma dopo, verso sera, sarò libero.- disse Faolan, riconoscente, seppur ancora titubante, prima di indicarle i posti di fronte all'orchestra. –Se vuoi adesso possiamo andare a sedere, prima che inizino a suonare.-
-Volentieri, andiamo.- sorrise Nev, aggiungendo, poco dopo. –Se vuoi ne riparliamo dopo con calma, ma stai tranquillo: andrà tutto bene.-
Faolan abbozzò un sorriso, che gli uscì più incerto di quanto avesse voluto: voleva crederle con tutte le sue forze, ma ad ogni istante che passava, continuava a temere che la voce si ripresentasse, sconvolgendo la sua vita ancora più di quanto già fosse abituato a sopportare.
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