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22: La rivelazione


IVY E BRIAN
Cork, Irlanda, 22 Aprile 1929

-L'hai...ucciso?- ripeté Brian dopo qualche istante di silenzio. Ivy poteva facilmente leggere sul viso stupore, incredulità e paura. Ma non riuscì a pentirsi di essere stata sincera: aveva mentito per troppo tempo, gli aveva nascosto troppe cose. Forse ora Brian l'avrebbe temuta sul serio, ma almeno non avrebbe continuato a vivere nelle sue menzogne. –Hai ucciso l'uomo che ha scoperto i tuoi poteri?-

-Sì.-

Fu tutto ciò che poté dire. Poi non riuscì più a reggere il suo sguardo, e proseguì la camminata con passo rapido nel bosco, ripercorrendo la strada che li avrebbe condotti a villa Rosenfer, a casa. Il pensiero di avere l'Incantatrice alle spalle, che si sarebbe potuta liberare da un momento all'altro e carbonizzarli, era persino peggiore della reazione di Brian.

Ma Brian sembrava decisamente restio a seguirla.

-Perché..?- riuscì soltanto a dire il ragazzo,con un tono tremante e indecifrabile. Era triste, arrabbiato,spaventato?

Ivy non riusciva proprio a capirlo. Si fermò per un istante, continuando a fissare il terreno, con il cuore che le martellava forte nel petto.

-Dobbiamo fare in fretta ad andarcene-, gli disse, sviando l'argomento – ... o quella donna ci attaccherà di nuovo. Non so quanto i miei rovi possano reggere.-

-Lo stai facendo di nuovo-, replicò Brian, stringendo i denti, ma riprendendo saggiamente a camminare.

-Facendo cosa?-,domandò la ragazza, a bassa voce, quasi stupendosi che la stesse ancora seguendo e non fosse già scappato via, lontano da lei.

Ivy, solitamente, non amava manifestare i propri timori: abituata a dover apparire forte ed efficiente per dare sicurezza agli altri, difficilmente sembrava fragile come in quel momento. Ma con Brian che la guardava a quel modo, e la terribile prospettiva di poterlo perdere per sempre, si sentiva vulnerabile come un foglio di carta di fronte a un coltello.

-Ti stai tenendo tutto dentro.-, disse invece lui, cogliendola di sorpresa. Non aveva il tono più tranquillo del mondo, ma non sembrava nemmeno arrabbiato,e questo le bastò per tornare a respirare più regolarmente. La voce di Brian tremava inquieta,ma si sforzava comunque di trasmetterle sicurezza, come tante altre volte.

-Fidati di me: io voglio ascoltarti, questo lo sai?- le chiese Brian -Non penso affatto che tu abbia tramato alle mie spalle, se è questo che ti preoccupa. Mi hai appena salvato la vita, no? Ma voglio capire meglio cosa è successo. Fino ad un'ora fa pensavo di avere una normale vita da figlio di ricconi irlandesi ... - constatò, scrollando le spalle. –Ora scopro che mio padre è il capo degli alieni cattivi, che mi sta sfruttando, e che devo rubargli un paio di pietre per salvare un'isola che ho sempre creduto esistesse soltanto nei libri.-
Sollevò un sopracciglio, e un angolo della bocca gli si increspò in un sorriso sarcastico. Ironizzare, forse, era l'unico modo di dimostrare ad Ivy che poteva ancora affrontare una conversazione normale con lei, senza fuggire a gambe levate dalla paura. -Cose che succedono tutti i giorni, insomma... E come se non bastasse, scopro che sei coinvolta anche tu. Che ti accorgevi di cose strane da anni e non me lo hai mai detto!-

-Sì, ma..non volevo che lo scoprissi,ero..-

Brian la interruppe con un cenno della mano. -Lo so, Ivy. Lo so, me lo hai già spiegato perché lo hai fatto. Ma adesso di chi dovrei fidarmi? Di mio padre, no. Dei suoi amici, meno che mai. Di te? L'ho fatto fino ad ora e vorrei continuare a farlo, ma ho bisogno di sapere.

Mi dici che hai ucciso un uomo e non mi spieghi nemmeno perché.- il giovane trattenne il fiato per un istante, come per assimilare meglio il significato di quelle parole, quasi non se ne rendesse ancora conto.

Ucciso.

Suonava terribilmente male, ora che lo diceva ad alta voce, e non era più solo dentro alla sua testa.

-E..la cosa mi fa una paura tremanda, non lo nego,ma..ci sarà una ragione, vero? Io bisogno che tu mi spieghi, altrimenti.. – fece un mezzo sorriso, ma Ivy riuscì comunque a scorgere un certo nervosismo, in quel gesto apparentemente leggero, volto a sdrammatizzare l'atmosfera- chi mi dice che non mi farai mangiare da una pianta carnivora, non mi farai crescere un cactus in mezzo agli occhi, oppure ... ?-

-E' stato un incidente.-, disse Ivy improvvisamente. Finalmente, la verità. Non appena pronunciò quelle parole, si sentì come se le avessero levato un pesante masso dal petto.

-Un incidente?-

Ivy annuì, promettendosi di essere il più esauriente possibile, nel resto della conversazione. Sentiva che glielo doveva, in un certo senso: Brian stava provando a capirla, contro ad ogni sua aspettativa. Aveva ammesso di avere paura, certo, ma il fatto che cercasse di comprendere la ragione delle sue azioni la commuoveva. Si era aspettata per anni che l'amico la respingesse, che la allontanasse con una spinta o che si infuriasse a morte per il suo silenzio, ma così non stava accadendo. Gli occhi di Ivy si inumidirono di gratitudine: da quando aveva ucciso un uomo non aveva mai creduto che qualcuno potesse restare al suo fianco, una volta scoperto chi fosse veramente. Guardò Brian, prima di riprendere a parlare, e sperò che dal proprio sguardo potesse comprendere quanto felice fosse della sua reazione, delle sue domande, del modo in cui stava cercando di tenere insieme i pezzi della sua storia senza ridurla ulteriormente in brandelli.

–Ti ricordi quando ti ho detto che il mio precedente datore di lavoro era morto?- domandò ivy, dopo qualche istante.

-Sì, certo-, rispose Brian, scostandosi dagli occhi qualche ciocca ribelle. Aveva il respiro affannato per tutto quel correre. I suoi passi e quelli dell'amica erano veloci, frutto di anni di camminate. Il fango ancora fresco, le radici e i sassi di tanto in tanto li rallentavano, ma il profilo imponente di villa Rosenfer già si intravedeva all'orizzonte.

Forse, correndo un po' di più, in cinque minuti l'avrebbero raggiunta. Ma in quel momento, aveva bisogno di sapere molte più cose da Ivy.

-Me lo ricordo. Me lo hai detto tre anni fa, il primo giorno che eri arrivata qui.-, aggiunse.

-Esatto. E' stato lui ad avermi vista compiere degli incantesimi, non saprei come chiamarli. Il lavoro che mi aveva dato consisteva nella manutenzione di alcuni campi da coltivare-, spiegò Ivy, e il suo viso per un istante si liberò di tutta la tensione, come assorto nei ricordi. Gli occhi le brillavano, vagando sulla vegetazione del bosco, sui fiori e sulle piante, il suo potere e la sua passione allo stesso tempo.

Brian si chiese se in qualche modo i gusti di una persona influissero sul tipo di incantesimi che le veniva istintivo fare. Lui, da quanto aveva capito, aveva i poteri bloccati dal padre. Chissà cosa sarebbe stato in grado di fare, se non fosse stato controllato. Far vivere i disegni? Creare melodie magiche?

–Mi piaceva. Veramente, mi piaceva un sacco. Era un periodo molto triste per me: mio padre era morto da poco, mia madre stava male e avevamo bisogno di soldi. Quindi ho investito tutte le mie energie nel lavoro, nelle piante e nel giardino. Mi rilassava molto stare in mezzo alla natura ed occuparmene. Poi, come ben sai, i miei poteri sono comparsi poco dopo la morte di mio padre.-

Si interruppe, e Brian notò che aveva preso a tormentarsi le mani, come era solita fare quando era agitata. Fu in quel momento che le rivolse un'occhiata incoraggiante: più di ogni altra cosa, voleva che in quel momento riuscisse a confessargli tutto ciò che riteneva peggiore,e dimostrarle che non sarebbe indietreggiato comunque.

-A questo punto, mi viene da pensare che mia madre non sapesse come controllarli, nasconderli. Iskender ha detto che era mio padre a proteggermi. Forse, dopo che è morto, sono esplosi all'improvviso. E la morte di mio padre ...- sollevò un sopracciglio- ora mi sembra così strana. Come il mio arrivo a Cork, proprio qui, nella villa di Evan. Suppongo sia uno dei tanti piani segreti della mia cara mammina!- Scrollò le spalle, come a dar segno che non gliene importava più di tanto, benché Brian la conoscesse abbastanza bene da intuire quanto delusa e spaventata si sentisse.

-In ogni caso, ti dicevo del lavoro. Le piante hanno preso a crescermi dalle mani, ma non come adesso. Non riuscivo a controllarle. Così, dal nulla: posavo le mani sul terreno, e per quanto brullo fosse, si riempiva di germogli, che sbocciavano in pochi secondi.-

Scosse il capo, come a volersi rimproverare. La sua bocca si strinse in una piega di disappunto, di disprezzo verso sé stessa. –Che cretina che sono stata! Pensavo di essere furba, di poterne approfittare: ho reso i campi rigogliosi in pochissimo tempo, pregando che non se ne accorgesse nessuno. Speravo che se il padrone avesse visto quanto bene mi fosse riuscito il lavoro, mi avrebbe dato più denaro. Con quello avrei risarcito i debiti, aiutato mia madre, ma poi ... niente, se n'è accorto eccome, e allora io ... -

Brian le posò una mano sulla spalla, con delicatezza, come a darle segno che poteva scostarla se l'avesse infastidita; ma Ivy la strinse, invece, mentre serrava gli occhi.

-Avevi tredici anni, e non era una situazione facile. Non devi essere tanto dura con te stessa! Tu ... -

-Io l'ho ucciso, Brian! Quando si è accorto di quello che sapevo fare mi ha minacciato per giorni. Ogni mattina mi costringeva a riempirgli i campi di frutta, verdura e via dicendo, a raccoglierli tutti e poi a produrglieli da capo. Non avevo più forze. E se non lavoravo, lui mi picchiava continuamente, sempre di più. All'inizio non reagivo, perché avevo paura che lo dicesse a qualcuno, e dopo tutte le leggende che sentivo sulle streghe, sugli esorcismi, in un Paese cattolico come l'Irlanda ... ero terrorizzata.-

Brian non la interruppe, accelerò solo il passo per precauzione. Ivy non si era mai aperta tanto con lui come in quel momento.
Certo, di solito parlava tanto, ma non di sé. Di libri, di viaggi, di tutt'altro. Non aveva mai parlato del suo passato. Le fece cenno di continuare. Voleva che si sfogasse, che si sentisse a suo agio con lui. Voleva ascoltarla.

Capì che nessuno aveva mai voluto ascoltarla veramente, che nessun altro, probabilmente, le avrebbe mai creduto, e questo gli fece male. Cosa aveva pensato di fare, fino a quel momento? Portarsi quel peso per sempre, da sola?

-Beh, a un certo punto non ce l'ho più fatta. Ero talmente piena di rabbia che sono scoppiata, come ho fatto prima con quell'Incantatrice, ma cento volte peggio, perché non sapevo come controllarmi. Anziché piante mi uscivano dalle mani solo liane e rovi. Si sono attorcigliate attorno a lui, e in pochi secondi lo hanno soffocato. Non riuscivo proprio a fermarle, è stato ... -

-Ivy, stammi a sentire...-il tono di voce di Brian era insolitamente fermo, quello di un ragazzo più adulto, più serio. –Sai cosa penso? Che era un grandissimo stronzo! E' stata colpa sua, è lui che ti ha sfruttata e trattata male. Lui!-

Questo fece sorridere Ivy, che gli diede una gomitata.

-Piccolo Lord! Da quando utilizzi questo gergo?-

-Da quando la gente ti tratta male!-

Ivy ormai rideva, scuotendo il capo: -Un Brian del genere mi mancava!-

-Non ridere!-, replicò lui, ma lo disse sorridendo, e prese a rincorrerla, considerando che nel frattempo l'aveva sorpassato. –Non ridere, dico sul serio: continui a sentirti colpevole, quando le cose non le hai fatte apposta. E di natura sei gentile, io lo so: sono tuo amico da tre anni! E so anche di non sopportare ... - fece una pausa, come a voler trovare le parole adatte -... che la gente scambi la tua gentilezza per una debolezza. Tua madre: ti sei fatta in quattro per lei, e ti ha solo ingannata. E che quell'uomo ti maltrattava.

Uno dei motivi per cui ho accettato la missione di Iskender, è che voglio scoprire che cosa è successo veramente, e cosa stanno tramando alle nostre spalle. Poi non sopporto di starmene con le mani in mano quando compiono ingiustizie contro di te, contro un altro mondo, contro popoli interi, quando ho la possibilità di fare qualcosa.-

Ivy lo guardò negli occhi, colpita. Nelle sue iridi indaco, Brian lesse rispetto ed affetto, misti ad un certo stupore.

Brian non poté fare a meno di ricambiare il suo sguardo, e in quel momento, pur conoscendola da tre anni, gli sembrò di vederla davvero per la prima volta: non solo perché finalmente sapeva tutto di lei, ma soprattutto perché perché continuava a volerla vicina per quello che era, senza più segreti, senza alcun timore.

Non aveva dubitato di lei sul serio, a primo impatto, sentendola parlare di omicidio. Sapeva che Ivy era fin troppo dura con sé stessa, di tanto in tanto, e che dunque poteva esagerare con le parole. Ma in quel momento, mentre Ivy lo guardava con gli occhi colmi di rassicurazione, di gratitudine per aver capito le sue motivazioni, provò più che mai l'istinto di dirle che non doveva preoccuparsi. Che per lui, lei andava bene così: lei non era soltanto un'incantatrice, e non era di certo un'assassina, per come la vedeva lui. Lei era semplicemente Ivy, come lo era stata prima di quella confessione: una ragazza incorruttibile e tenace, quando si trattava delle persone che amava. Una persona gentile e forte al tempo stesso, che non doveva colpevolizzarsi o odiarsi, ma guardare i suoi atti in un contesto più ampio. E che doveva imparare a perdonarsi.

-Sei tu quello che non ha meritato una briciola di cattiveria! Invece tuo padre ... – disse Ivy poco dopo,riscuotendolo da quei pensieri.

-Non ho mai sofferto quanto te, io. Non paragonare le due cose, screditando i tuoi sentimenti.- la riprese Brian. -Mio padre non ha mai iniziato a farmi male davvero, è sempre stato soltanto molto freddo. Tu, invece, ne hai passate tantissime. E quello che ti ha fatto tua madre è ben peggiore. E' stato davvero orribile ingannarti a questo modo. Vorrei capirne di più. Sono così arrabbiato..-

Ivy aggrottò la fronte. Anche lei avrebbe voluto capire di più riguardo a sua madre. Si sentiva delusa, lacerata nel profondo come mai in vita sua.

Sapere del tradimento, dei piani di sua madre era stato come ricevere un pugno in pieno volto, una sconcertante rivelazione. Non c'era un istante in cui non ci pensasse. E più cercava di giustificarla, più le coincidenze che le venivano in mente sembravano aumentare: il fatto che fosse stata lei a suggerirle di andare a Cork, dove, guarda caso, c'era Evan; i poteri apparsi dopo la morte del padre; lo scudo della falsa malattia che si era creata.
Ma non poteva soffermarsi troppo sui propri problemi, rimuginarci non serviva. Forse solo l'azione l'avrebbe portata alla verità.

-Brian, tuo padre ti ha sempre fatto sentire inadeguato, e ti tratta come una pedina da gioco per i suoi piani! Alieno o non alieno, anche prima di scoprire questa storia non l'ho mai sopportato. Sei la persona più leale che io abbia mai conosciuto. E ... sei sicuro che non ti faccia male lasciare questo mondo?-

Brian si era stretto nelle spalle, stupito da quei complimenti, quasi imbarazzato. Non aveva mai pensato che Ivy lo disprezzasse, certo: lo incoraggiava ogni volta che lo vedeva scrivere o disegnare, non lo faceva mai sentire un pezzo fuori posto in un ingranaggio perfetto; ma la loro era sempre stata una comunicazione indiretta, gesti gentili che non si tramutavano mai in parole tanto esplicite.

-Perché dovrebbe farmi male?-

-Hai sempre voluto viaggiare. Conoscere la nostra Terra, percorrere i mari a bordo di un vascello, non avere una casa fissa ...-, sorrise Ivy, pensierosa. –Se davvero andassimo in quell'isola separata e ignorata dal resto del mondo, non ti spiacerebbe non poter vedere tutte le città che hai programmato di visitare, o ... ?-

-No! Cioè, mica staremo chiusi in galera! Vedremo una terra nuova. Sono curioso, a dire il vero! Forse un viaggio inaspettato è ancora meglio.- Sembrò sincero nel dirlo, tanto che ad Ivy si levò un peso dal cuore. –E poi, chissà come sarà arrampicarci su quegli alberi: magari saranno alti il quadruplo dei nostri! Io spero che vada tutto bene, perché, a dirla tutta non vedo l'ora di cambiare aria! E tu ...? -

-Io ti seguo sempre, lo farò anche là. Se vuoi...-

-Sei un'erba che si avvinghia, proprio come il rampicante di cui porti il nome. Ivy, come l'edera.-, disse Brian, con tono scherzoso. Ma sì. Probabilmente non ti caccerò via...-

Scomparvero in fondo all'ennesimo sentiero, mentre il sole calava all'orizzonte. Erano speranzosi come pochi, tanto che il pericolo imminente sembrava un nulla, in confronto all'aspettativa di una nuova vita.

Peccato che l'euforia, di tanto in tanto, non faccia prendere in considerazione l'ipotesi di futuro che non si avvera necessariamente come lo si sogna.

-Comunque..grazie.- disse Ivy dopo qualche istante, in un sussurro che quasi si perse nel vento.

-Di cosa?- domandò Brian, sorridendo lievemente.

-Di essere sempre dalla mia parte, nonostante tutto.-,mormorò Ivy, sentendo i propri occhi velarsi di lacrime di incredula commozione.

-Come potrei non esserlo.-

Brian allargò le braccia, e Ivy, senza pensarci due volte, andò a stringerlo forte, nascondendo il volto contro alla sua spalla.

Per tanto tempo, Ivy aveva pensato di dover uccidere il mostro che aveva preso possesso delle sue azioni e della sua anima.

Brian, invece, le aveva dimostrato che per sconfiggerlo bastava abbraccialo.

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