20: Difesa
Cork, Irlanda, 22 Aprile 1929
IVY
Stava accadendo tutto così in fretta che Ivy non trovò neppure il tempo di riflettere prima di agire. Il corpo dell'amico straziato dai lampi era ciò che di più agghiacciante avesse mai visto. Si contorceva a terra come un animale braccato, mentre l'Incantatrice dalle ali viola agitava le mani, come tessendo la causa del suo dolore in fili di luce dorata.
Benché il suo primo istinto fosse quello di urlare di lasciare in pace l'amico, Ivy non riuscì a dire niente: semplicemente, ancora prima di pensare, si gettò sul corpo di Brian, ignorando le fitte che la percorsero non appena i lampi le sfiorarono la pelle.
Era furiosa. Avrebbe preferito che attaccassero lei piuttosto che Brian. Brian non conosceva la magia, era impossibile che sapesse difendersi.
Tre anni passati a contenere un potere, ed ecco che esplodeva come un fuoco. Le mani di Ivy bruciarono all'istante, si riempirono di liane e germogli, ma non provò più a trattenere nulla. Il suo migliore amico stava morendo, farsi scoprire era l'ultimo dei suoi problemi. Se poteva fare qualcosa per aiutarlo, preferiva correre dei rischi.
Prendi me e non lui. Fammi pure a pezzi, se è l'unico modo di risparmiare lui, le avrebbe urlato, se solo avesse avuto la forza di parlare.
Non aveva più paura di sconvolgere Brian, in quel momento: anche se l'avrebbe odiata per sempre, anche se avesse avuto paura dei suoi poteri, almeno sarebbe stato salvo.
L'Incantatrice dai capelli viola strinse i denti, sussultando per la sorpresa, e indietreggiò di qualche passo, sollevando una mano e puntandola contro Ivy, che fu percorsa da un lampo.
Ivy urlò, ma strinse gli occhi e sollevò una mano, cercando di rincorrere la donna. Dalla sua mano prese a diramarsi uno stelo sottile, e Ivy cercò di concentrarsi proprio come faceva quando intendeva annullare quei poteri. In quel momento non le serviva affatto annullarlo, le serviva che fosse più forte che mai, anche se non sapeva bene come gestirlo.
Brian giaceva immobile al suolo, e Ivy annaspò a quella vista, tornando poi a fissare la pianta che stava crescendo sulla sua mano, senza smettere di correre.
D'un tratto si sentì agguantare, e un braccio le premette contro il collo, facendole mancare l'aria. Tentò di dimenarsi, ma la donna la stringeva tra le braccia così saldamente che a stento lei riusciva a respirare.
-Lascia stare le piante, ragazzina, o giuro che ti ammazzo, ti ammazzo prima che tu possa salutare il tuo amico. Tanto ci basta che sia in vita uno di voi due, e tu mi sembri fin troppo ribelle per i miei gusti. Ci aveva avvisati tua madre, ma non mi aspettavo che le cose si fossero aggravate fino a questo punto. Metti giù le mani o ti strozzo.-
La presa della donna si strinse intorno al collo di Ivy. Ad Ivy mancava l'aria nei polmoni e le sembrò di precipitare in un abisso vischioso, ma tentò di tenersi a galla in quel mare di paura. Stava soffocando, sì, ma era viva. Era viva e aveva un corpo, aveva altre parti che poteva controllare, sentire. Il panico le si innescò nel sangue, lo sentiva quasi tangibile, bruciante e mescolato alla volontà ferrea di liberarsi da quella situazione.
Ad occhi chiusi, concentrò la rabbia dentro di sé. Poteva vedere, dentro alla propria testa, roveti e spine, piante e fiori irti di difese. Pensò alle rose, a come le spine non le rovinassero, ma, al contrario, le rendessero più forti. Agli animali che sfoderano gli artigli per proteggersi. Pensò agli occhi di Brian, due distese primaverili, gentili e sinceri come il suo carattere, che in quel momento si erano chiusi. Alla sua risata che si sprigionava così facilmente, rimpiazzata ora da urla di dolore. Alle sue mani sempre sporche d'inchiostro da disegno, coperte di lividi e di sangue.
E seppe cosa fare.
Non si era mai sentita leggera come quando liberò il suo potere in quell'istante.
I gemiti di dolore dell'Incantatrice percossero le orecchie di Ivy, dandole un crudele sollievo. Ivy sorrise, con la stessa perfidia che la donna aveva rivolto contro di lei, e strinse le dita alle basi dei rovi che aveva lasciato crescere dalle sue mani, ignorando il dolore che le spine arrecavano a lei stessa. Continuò a lasciarli crescere, lasciando che il proprio pensiero seguisse il percorso che andavano a tracciare sulla pelle della nemica, che si conficcassero nella sua carne.
L'Incantatrice gridò e tentò di evocare altri bagliori, ma aveva le mani immobilizzate dagli arbusti di Ivy e non riusciva a dirigerli bene come poco prima.
-Lascia stare Brian, mi hai capito? Fammi quello che vuoi, non mi importa. Ma ferisci lui..e te ne pentirai.- Ivy si scostò bruscamente dalla donna, mantenendo la presa sul suo braccio, lasciando che i rovi le si avviluppassero addosso, intrappolandola. Chiuse gli occhi sotto lo sforzo faticoso di mantenere quell'incantesimo, prese una rincorsa e la calciò a terra con tutte le forze di cui disponeva.
L'Incantatrice cadde rovinosamente. Le spine le graffiavano persino il viso, ma nonostante ciò, rise divertita.
-Non puoi uccidermi! Non sai come si fa, non sai niente degli Incantatori. Le nostre vite non possono essere eliminate, e tu non puoi farmi niente. Sei solo una mocciosa con qualche potere, che si diverte a giocare con il fuoco.-
Ivy deglutì, cercando di riprendere fiato. Cercò con lo sguardo Brian.
Il ragazzo aveva riaperto gli occhi, e tentava di rimettersi in piedi, puntellando i gomiti a terra. Ivy non l'aveva mai visto così debole, e la sua espressione tradiva un forte sgomento: osservava gli intrecci uscire dalle mani di Ivy con stupore e terrore.
Ivy provò una punta di rammarico, ma fece del suo meglio per ignorarla: ma non era certo quello l'istante per i pentimenti. Lanciò un'occhiata gelida all'Incantatrice, poi sollevò un angolo della bocca in un piccolo sorriso.
-Hai ragione: io non posso ucciderti. Ma posso tenerti bloccata per un po', così il tuo piano di portarci da Evan andrà a monte. Che ne dici?-
"Sempre che tutti questi rovi reggano fino ad allora", pensò Ivy con terrore, ma non lo disse ad alta voce. Non voleva mostrarsi vacillante davanti a una nemica. E non aveva tempo per i ripensamenti.
Tentò di sollevare Brian in piedi, ma non avendo forze a sufficienza, non trovò niente di meglio che afferrarlo per il colletto della camicia e cercare di trascinarlo via, lontano.
-Ehi, ehi, Ivy, aspetta ...!- mormorò Brian, dolorante.
-Sì, ecco, scusami-, mormorò Ivy imbarazzata dall'impulsività con cui lo aveva strattonato, senza curarsi troppo di come stesse. Il panico aveva preso il sopravvento su ogni altro pensiero. -E' che, davvero, dovremmo andarcene. Riesci a camminare?-
-Sì, sì, non preoccuparti per me. Ma come hai fatto, cioè ...?-
-Ne parliamo dopo- , disse Ivy, ma senza durezza. Gli porse un braccio e Brian lo strinse con gratitudine, rimettendosi in piedi e strizzando le palpebre per il dolore.
Ivy continuava a lanciarsi occhiate alle spalle, mentre l'Incantatrice imprecava e si divincolava, cercando di liberarsi le mani. Cercò di raccogliere gli ultimi brandelli di forze, e puntò gli occhi sul primo albero che si trovò davanti. Cercò di concentrarsi, di smuoverlo.
Avrebbe potuto bloccarle il corpo a terra con un tronco, ma non riusciva a percepire la stessa affinità che sentiva con le piante più piccole, con le liane, non riusciva a renderlo flessibile o a modellarlo a suo piacimento. Era come se fosse troppo pesante per lei.
-Temo che i rovi dovranno bastarci ... Vieni, andiamo via, a Villa Rosenfer, prima che questa riesca a liberarsi! Corri!-
Ivy afferrò la mano di Brian, con una confidenza che solitamente non si prendeva, dettata dalla necessità.
Iniziarono a correre, e dall'espressione dubbiosa di Brian, Ivy comprese che era solo l'urgenza della fuga a fargli trattenere le domande. Saette e bagliori irregolari sfrecciavano dietro di loro, sfuggendo dalle mani dell'Incantatrice. A Brian la pelle bruciava ancora per i lampi di prima, non ci teneva affatto a ripetere l'esperienza.
-Ehm..so che non è il momento, ma dopo possiamo parlare?- chiese l'amico dopo qualche istante di silenzio, quando si furono allontanati di diversi metri.
Ivy sussultò, ma non rispose. Poteva facilmente intuire che cosa aveva da dirle. Rallentò il passo, mentre Brian la guardava con un misto di sentimenti contrastanti, indeciso su cosa avrebbe dovuto fare. L'amica che aveva conosciuto da sempre, tranquilla e apparentemente normale, aveva in realtà un lato deciso ed agguerrito, e dei poteri di cui non gli aveva mai parlato. E gli aveva salvato la vita. Con quel lato quasi spietato e nascosto, l'aveva difeso a spada tratta, scontrandosi contro chi avrebbe potuto farle del male.
-Sì, dimmi.- disse Ivy, con un filo di voce.
-Tu mi hai salvato la vita! -, disse semplicemente, avvicinandosi a lei. –Vorrei trovare le parole adatte per ringraziarti, ma non ci riesco. Ti sei buttata a aiutarmi senza pensarci, e hai rischiato tanto. Volevo ringraziarti.-
Ivy sorrise appena. Non era abituata a essere ringraziata: sua madre non era più in grado di provare emozioni forti come la gratitudine da tanto tempo, e per quanto riguardava il resto, negli ultimi anni aveva sempre creduto di aver fatto troppi danni per realizzare davvero qualcosa di buono per qualcuno. Ancora non riusciva a credere di essere riuscita a proteggere Brian con lo stesso potere con cui, tempo prima, aveva ucciso una persona.
-Ho solo ricambiato un favore di tanto tempo fa. Tu aiuti me, e io ti aiuto quando posso. Siamo una squadra, no?- disse Ivy, cercando di parlare con un tono leggero.
Brian annuì, poi si morse il labbro, titubante, come se già sapesse di fare una domanda pericolosa. -Ma c'è un'altra cosa che vorrei chiederti. Tu hai questi poteri da sempre?-
Ivy continuò a camminare di fianco a lui con il capo abbassato, quasi a voler sfuggire il suo sguardo. I riccioli chiari le coprivano buona parte del viso, e le sue mani, strette in grembo, tremavano come foglie.
-No. Da quando ho tredici anni. Hanno iniziato a manifestarsi circa un mese prima che io venissi a lavorare alla tua villa, e io non ne capivo il motivo.-
Brian trattenne il fiato, ma con le parole non riuscì a fare lo stesso. Probabilmente il suo turbamento era più grande della delicatezza con cui voleva parlare alla persona che conosceva da tre anni, in quel momento. –Ma..non mi hai detto mai niente. Come mai? Io ti ho sempre detto tutto di me, ma tu mi hai nascosto chi sei. Perché? Tu sapevi già di tutta questa storia? Delle terre di Alaron che esistono veramente, degli Incantatori e della magia ...?-
Gli occhi di Ivy scattarono sul suo viso, colpevoli e improvvisamente fragili.
-Ti ho tenuto tutto nascosto, lo so. E ho sbagliato, hai ragione tu. Ma l'ho fatto perché avevo paura. Paura che se avessi scoperto che ero in grado di fare queste cose terribili, tu mi avresti allontanato, temuto.- La sua voce tremava come se stesse per spezzarsi. Ivy abbassò di nuovo il capo, socchiudendo gli occhi e trattenendo a stento le lacrime, mentre respirava con più fatica, quasi temesse di esplodere da un momento all'altro.
–E soprattutto, avevo paura di farti del male, se avessi manifestato i poteri di fronte a te. Sai, non so controllarli così bene..non potevo rischiare.- ammise Ivy, affondando le unghie nei palmi delle mani, quasi a quel modo avesse potuto distruggere il potere che generava con esse, soffocare quelle piante che tanto temeva. –Sono anni che non mi affeziono così tanto a qualcuno, e..non volevo ferirti in nessun modo.-
Brian ammorbidì l'espressione, continuando ad ascoltarla, senza interromperla.
-Ho questi poteri da circa tre anni, ma ci ho messo del tempo a imparare a controllarli. Quando li uso, a volte li sento ancora pronti ad esplodere senza che io riesca a gestirli.
Ma non sapevo degli Incantatori, non sapevo niente, te lo giuro. Ho scoperto tutto da Iskender, proprio come te! Non hai sentito che cosa ci ha detto?Che i nostri genitori ci hanno cresciuti come esseri umani.- osservò Ivy, pensierosa. -Non so perché i miei poteri si siano manifestati lo stesso, mentre i tuoi no. Se c'è una cosa che so, è che avrei voluto sapere prima queste cose, forse avrei trovato una spiegazione logica a.. a come sono!-
-Non mi avresti fatto paura. Mi sarebbe piaciuto aiutarti, invece. Ma non ti biasimo. Insomma, io non ho vissuto questa cosa, è troppo facile per me parlare.- Brian era visibilmente dispiaciuto, nonostante lo stupore aleggiasse ancora sul suo volto, prima di alzare la voce, parlando con tono più sicuro, posandole una mano sulla spalla, con delicatezza. –Quindi, mi stai dicendo che in tutto questo tempo non hai detto a nessuno della tua magia? Ti sei tenuta tutto dentro?! Da sola? Mi dispiace. Mi dispiace così tanto, Ivy..avrei voluto aiutarti.-
Ivy esitò per qualche istante. Era quello che lo preoccupava più di tutto quanto, ancora più di quello che lei era capace di fare? L'idea che avesse affrontato tutto senza l'aiuto di nessuno? Per un istante, le lacrime che le appannavano gli occhi le sfuggirono dalle ciglia, facendola commuovere. Non si era aspettata una reazione del genere. E il minimo che poteva fare per ricambiare quel suo gesto era dirgli tutta la verità, finalmente, per quanto dolorosa fosse.
-In realtà..una persona lo ha scoperto, una volta.-, ammise, a bassa voce.
-Tua madre? Tuo padre?- tentò di indovinare Brian.
Ivy scosse il capo.
-E chi, allora?-
-Un uomo che non c'è più. E' morto.- Ivy fece una pausa, guardando Brian negli occhi, e temendo ciò che stava per dire più di ogni altra cosa al mondo. –L'ho ucciso.-
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