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15: Ricordi d'infanzia

Contea di Istmil.

FAOLAN

Faolan sarebbe potuto scappare ovunque, ma non sarebbe servito a niente. Tutti loro, e soprattutto LUI, lo avrebbero trovato comunque.
Ma Faolan continuò lo stesso a correre nel giardino, fino ad appoggiarsi a un albero e riprendere fiato. Forse lì non avrebbe trovato nessuno che potesse fargli del male. Lì sarebbe stato al sicuro, almeno per un po'.

Faolan si rigirò nel letto, senza riuscire a svegliarsi. Quel sogno, simile a tanti altri che aveva già fatto, era capace di tenerlo inchiodato al materasso anche contro alla sua volontà.
Le prime luci dell'alba non erano ancora comparse, e la sua sveglia non sarebbe suonata ancora per un po', tendendogli le braccia per salvarlo. Fino a quando non si sarebbe dovuto mettere in piedi per iniziare la nuova spedizione, Faolan sarebbe rimasto preda di quel mondo che ancora non riusciva a dimenticare.
Il passato lo teneva intrappolato come una rete di filo spinato. Il passato gli appesantiva ogni passo e ogni scelta del presente, ancora e ancora, senza mai svanire.
E ormai, non c'era più notte in cui a Faolan veniva concesso di non pensarci.

Grevor era di fronte a lui e lo fissava sogghignando. Faolan gli assomigliava un po', ma non abbastanza, mai abbastanza. Grevor aveva la pelle molto più azzurra della sua, e non aveva quelle orribili orecchie a punta.
E poi, Faolan non era bravo con il fuoco. Faolan si bruciava sempre, con le fiamme, oppure, ancora peggio, dava fuoco a qualcosa in continuazione. Faceva ridere tutti quando passava, metteva la sua famiglia in imbarazzo ogni singolo giorno e sarebbe dovuto sparire.
Questo era ciò che gli diceva sempre il fratellastro, e Faolan aveva finito per credergli.
Le sue mani infuocate sulla pelle forse se le meritava. Le sue dita che gli avvolgevano le braccia fino a ustionarlo forse lo avrebbero aiutato a sopportare meglio il calore, a farlo diventare forte come gli altri compagni di classe. Quei segni che il bambino e i suoi amici gli lasciavano sulle mani, sulla schiena, sulle gambe e ovunque non potesse proteggersi, forse gli avrebbero ricordato che doveva stare al suo posto, che non doveva azzardarsi a avvicinarsi a loro, perché era diverso, perché era un mostro.
-Se non avrai più queste orecchie da elfo- gli disse Grevor, portando le dita alla parte di lui che era più strana, un po' più appuntita, un po' più vulnerabile –forse potrei riuscire a volerti bene. Gli elfi sono tutti orribili, Faolan, come tuo padre. E' un peccato che tu sia uno di loro, per metà. Non ti amerà mai nessuno, mai.-
Faolan avrebbe voluto muoversi, ma non poteva farlo. Grevor era amato da tutti gli altri bambini, e veniva sempre aiutato da molti di loro. Era lui, l'unico bambino che forse non sembrava un bambino ma una bestiaccia selvatica, un insetto che la gente si divertiva a schiacciare. Eppure non aveva chiesto lui, di essere così. Possibile non ci fosse nessun'altro modo di rimediare?

Si sentì agguantare per un braccio, sentì il fuoco nascere dalle mani di chi lo stringeva, e poi provò un forte dolore alle orecchie, una sensazione insopportabile, dove lo stavano stringendo più forte.
E allora qualcosa in lui si risvegliò. Forse era proprio quella parte da elfo che la gente disprezzava, una parte scattante e agile che agli altri faceva faceva paura, che forse i suoi antenati avevano usato in guerra. O forse, era soltanto esasperazione.


Un calcio nello stomaco di un bambino, un urlo di sorpresa, un pugno, una corsa troppo veloce per svignarsela.
Dopo aver fatto tutte quelle cose, Faolan sarebbe finito nei guai, e lo sapeva. Eppure, anche se aveva paura, non si sentì più di tanto colpevole, e si limitò a scappare, a correre, e correre, e correre, fino a quando non precipitò nel vuoto e i contorni del giardino intorno a lui scomparvero. Nel giro di pochi istanti si ritrovò cresciuto, con l'armatura indosso e un'espressione fredda, sicura, incapace di farsi intimorire. Lui era un guerriero, il più forte della sua terra e non poteva aver più paura di niente, neanche di Grevor. Non era più il bambino frignone di qualche minuto prima.
Continuò ad avanzare nel vuoto, galleggiando in un cielo buio, incapace di trovare una strada o un'indicazione, nonostante il passo deciso.

-Faolan, aspettami!-
Grevor comparve di nuovo, dal nulla, e si fermò di fronte a lui, ostacolandogli il cammino.
Crebbe in pochi istanti a sua volta, ma non smise di guardarlo nello stesso modo di tanti anni prima, con quel sorriso beffardo e con la convinzione di poter ridurre la sua esistenza in polvere con un semplice schiocco di dita.
-Faolan, ricordati una cosa. Puoi cambiare quanto vuoi, ma non avrai mai il diritto di essere felice. A quale prezzo dovresti ottenere la tua felicità? Lo sai, il tuo destino è già segnato. Il tuo destino è restare solo, per aiutare me contro il mondo.-

Era passato un anno da quando Faolan aveva incontrato Darfel. E quell'ultimo anno, era stato decisamente migliore di quello precedente, almeno fino a quella mattina, iniziata con un incubo terribile.

Faolan si risvegliò tirandosi su di scatto, prendendo un ampio respiro e stringendosi le ginocchia al petto per un istante, tremando. Gli capitava spesso di rabbrividire, dopo quegli incubi, dopo quei ricordi, ma aveva ormai perso l'impulso di urlare da tanto tempo. Il suo corpo solitamente composto e rigido tradiva tutto il suo nervosismo soltanto con lievi scosse, quasi un meccanismo interno gli si fosse spezzato ma tentasse comunque di funzionare.
Nei minuti successivi si preparò per uscire e tentò di concentrarsi per la missione, raggiungendo i suoi colleghi in cortile e porgendogli il saluto.
Quel giorno, avrebbe guidato lui una squadra di cavalieri su una montagna, esplorando una zona che ultimamente si stava rivelando sospetta.

Non era un posto particolarmente difficile da esplorare, eppure Faolan aspettava quel giorno da parecchio tempo per un'altra ragione: quando, avanzando verso la squadra, incrociò lo sguardo di Darfel, provò immediatamente una sensazione di sollievo, e per un attimo smise di pensare a quell'incubo.
Era la prima missione di Darfel, ed era contento di vederlo lì insieme agli altri cavalieri, con l'armatura indosso e l'espressione decisa. Era riuscito a trovare il coraggio di partecipare soltanto un anno dopo aver cominciato ad allenarsi: un risultato notevole, per una recluta nuova.
Durante i mesi precedenti, Faolan era riuscito a donargli parte del suo tempo libero per aiutarlo ad allenarsi, cosa di cui Darfel gli era davvero grato. Quando i ragazzi e le ragazze dell'accampamento tornavano a casa dalle loro famiglie, durante i fine settimana, Darfel era rimasto spesso da solo con lui, desideroso di dimenticare il suo passato e affidarsi al combattimento.
Il timore di infastidirlo che Darfel aveva provato nei primi tempi, chiedendogli continuamente di dargli una mano, si era dissolto da un pezzo: Faolan, ormai, si presentava da lui senza nemmeno aspettare una sua richiesta, quando lo vedeva troppo fermo e impigliato nei suoi pensieri, nei ricordi spiacevoli del deserto.
Faolan, meglio di chiunque altro, era consapevole di quanto una nuova attività, specialmente un'attività tanto impegnativa e gratificante, potesse salvare qualcuno dai pensieri peggiori.
E quando Darfel lo guardò, quel giorno, gli venne istintivo sorridergli, come accadeva ormai spesso.

-Siete pronti?- domandò Faolan, con tono più deciso. –Pare che sul monte Jefa i mostri si nascondano anche nelle grotte. Verificate che le vostre pietre lucenti funzionino.-Darfel annuì, visibilmente impaziente di iniziare, e ricambiò il suo sorriso.Faolan, di fronte al suo entusiasmo, per un istante, dimenticò il passato, il fratellastro che lo aveva tormentato per anni e tutto il peso che gli gravava sulle spalle.Forse a Grevor gli aveva ordinato di non essere mai più felice, ma questo non gli impediva certo di provare a rendere felice qualcun altro, qualcuno che lo meritava sul serio.

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