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"Su quelle braccia razza di rammolliti!" Mark urlò di nuovo, ero quasi sicura di aver visto della saliva uscire dalla sua bocca, ma avevo problemi più importanti a cui badare. Come il ragazzo con cui mi stavo allenando quella sera.
Derek, non era grosso di statura, abbastanza basso e magrolino, ma pur sempre un ragazzo per cui i suoi pugni facevano sicuramente più male dei miei. "Ho detto che voglio una pratica pulita, sottospecie di babbuini." Mark camminò fino a raggiungere due ragazzi che se le stavamo dando di brutto. "Questa è rissa! La rissa la fate al bar la domenica mattina! E mi dite l'indirizzo così posso vedervi e partecipare, sono anni che non faccio una rissa per bene!" Urlò ancora, non immaginavo il dolore della sua povera gola. "Qua si fa kick boxe polito, giù sulle ginocchia e 200 flessioni."

"Cavolo." Mormorai, mi dispiaceva per quei due che alla fine non stavano facendo niente di male, sbagliare era lecito. Poi riportai lo sguardo sul mio compagno che era pronto in posizione, fece una finta verso di me e spaventata gli diedi un pugno diretto che parò con il suo guantone, senza rifletterci troppo diedi un calcio medio prendendolo appena sotto le costole, cosa che lo fece piegare in avanti. "Oh mio Dio, scusami, scusami tantissimo non volevo farti male." Mi scusai velocemente.

"Tranquilla, adesso mi riprendo." Mormorò Derek e sospirai. Non ne facevo una giusta, mi girai per un attimo a guardare l'altra parte della palestra dove le ballerine stavano provando dei passi alquanto strambi ma aggraziati con della musica classica di sottofondo. Chissà, magari se mi fossi impegnata sarei riuscita ad arrivare al loro stesso livello. "Cheryl dammi un minuto per respirare." Derek forzò un sorriso tenendosi lo stomaco. Mi avvicinai per aiutarlo ma lui scosse la testa. "Sto bene, davvero, non devi preoccuparti." E con questo andò a sedersi su una panchina lasciandomi da sola.

Perfetto, avevo rovinato tutto, di nuovo. Brava Cheryl, complimenti. Avrei voluto prendermi a schiaffi fa sola, ma prima che potessi anche solo pensare sul da farsi sentii un battito di mani, mi girai solo per vedere Louis ghignare. "Ed ecco che la grande e bravissima Cheryl mette a tappeto un altro dei suoi compagni." alzò le sopracciglia e sbuffai.

"Cosa vuoi?" sbottai. Lui venne verso di me sistemandosi i guantoni.

"Ti serve un compagno, eccomi qua." ridacchiò. "O hai paura, Cheryl? O dovrei dire Charlotte?" a quelle parole saltai sul posto spalancando gli occhi. "Aww, non temere, Harry mi ha chiesto di non divulgare questo tuo segreto." prese a girarmi intorno, la sua posizione di guardia era perfetta. Io, però, non riuscivo a muovermi. "Quanti segreti hai? I tuoi genitori sono omosessuali, il tuo vero nome è da bimba, oh, e non dimentichiamoci del fatto che il tuo vero padre è il tuo professore di arte." e dopo aver lasciato andare tutte quelle bombe, si mosse velocemente e mi diede un diretto che non riuscii a schivare.

Entrò poi con un calcio basso al mio polpaccio facendomi cadere a terra. Rimasi a fissare il soffitto sbattendo velocemente palpebre finché non riuscii a elaborare tutto quello che aveva detto. "A volte mi chiedo chi sia più stupido." dissi alzandomi a fatica. "Tu che continui a venirmi contro o io che spero in una tregua." scossi la testa. "Ho chiuso per sta sera."

Non gli diedi il tempo per rispondere, slacciai i guanti e li buttai a terra per poi raggiungere velocemente Mark con le mani incrociate al petto. Davanti a lui i due ragazzi erano ancora pressi dalle loro flessioni per preoccuparsi per me. "Hemmings." mi salutò non appena mi notò. "Qualche problema?"

"Sto andando, non mi sento troppo bene." forzai un sorriso, speravo fosse un minimo convincente.

Lui mi fissò negli occhi per qualche secondo, cosa che mi mise alquanto in soggezione. "Ti sta succedendo qualcosa, Hemmings, non sei più la ragazzina di prima." disse con voce severa, sospirai guardando le ballerine prese a ballare sulle loro punte.

"Al momento mi sento un'altra persona." borbottai. Era come se fossi diventata all'improvviso quello che avevo sempre ammirato ma mai cercato.

Cheryl era solo l'involucro introverso e serio di quello che era Charlotte, la parte più interna e fuori controllo di me.

Ma a quel punto, io chi ero?

**
Le strade non mi erano mai sembrate così desolate, mi sembrava di essere l'unica rimasta a camminare su un marciapiede malandato. La mia sacca da ginnastica sulla mia spalla continuava a pesare ricordandomi di aver lasciato la lezione neanche a metà solo per un mio stupido capriccio.

Non potevo tornare a casa, Luke e Michael avrebbero capito che qualcosa non andava e si sarebbero posti delle domande. L'ultima cosa che volevo era farli preoccupare.

Mi fermai e mi sedetti sul bordo del marciapiede, le mie gambe stese in strada e la mia testa piegata per osservare il cielo. Mancava poco al tramonto, potevo dirlo dagli accenni di arancione tra le nuvole.

Dove potevo andare? Harry stava lavorando nella panetteria, Gemma era ancora a Londra e non volevo vedere Liam.

Quella mattina il mio fidanzato mi aveva rimproverata per non avergli scritto la buonanotte e continuava ad insistere che dovevo lasciare il corso di canto perché anche Harry lo frequentava.

Inutile dire che rifiutai. Ero riuscita a capire cosa cantare al prom e avevo proposto le canzoni alla professoressa che le accettò con felicità. Nonostante Anne-Marie mi disse che faceva così con ogni proposta e che non badava veramente a quello che volevamo cantare.

Sbuffai, mi sentivo vuota.

Una passeggiata avrebbe comunque aiutato. Mi alzai e ripresi a camminare, i miei passi sempre più lunghi e pesanti nonostante volessi andare il più piano possibile.

La mia mente sembrava fatta solo per pensare a tutti gli errori che avevo commesso, dal cambiare chi ero alla ricerca di mia madre, la quale mi mandava continuamente foto di quando ero piccola.

Venni distratta da quei pensieri solo quando notai un'auto alquanto familiare parcheggiata di fronte al café più "rinomato" di tutta la città.

Vai avanti Cheryl, non è il momento giusto. Abbi pazienza.

No, avevo smesso di avere pazienza già tempo fa. Charlotte aveva perso troppo tempo ad aspettare nell'ombra, era ora che Charlotte si facesse avanti. Così strinsi la sacca tra le mani e attraversai la strada, ero sicura fosse la sua macchina, c'ero anche stata dentro, ma cosa avevo intenzione di fare? Una cavolata, come mio solito.
Presi un grosso respiro ed entrai nel café, mi guardai intorno disorientata e solo quando riuscii a visualizzare una chioma nera mi decisi a camminare verso il suo tavolo notando il fatto che fosse solo.
"Buonasera." Salutai e senza chiedere niente mi sedetti di fronte a lui.

"Cheryl, che piacevole sorpresa." Il sig. Malik mi accolse, sorrisi poggiando la borsa a terra. "A cosa devo la tua presenza?" Scherzò girando un cucchiaio di zucchero nella sua tazza di tè, ridacchiai leggermente scrollando le spalle.

"Stavo tornando dal mio allenamento e l'ho vista qui tutto solo soletto, ho pensato avesse bisogno di un po' di compagnia." Spiegai tirando fuori il telefono e guardando l'ora, non sarei dovuta rientrare in almeno un'ora, avevo tutto il tempo del mondo. "Sig. Malik posso- posso essere sincera con lei?"

"Totalmente." Mi sorrise calorosamente, le mie mani tremavano ed ero quasi sicura fossero esageratamente sudate. "C'è qualcosa che ti preoccupa? Non ti vedo a scuola da una settimana o più." I suoi occhi si posarono sulla mia figura e cercai di respirare normalmente.

"Vede, dovevo parlarle di una cosa molto importante già due giorni fa, ma l'ho ignorata di proposito durante le sue ore." Ammisi con voce piccola. "Ecco, è una cosa davvero importante." Sospirai. "Ho notato che negli ultimi tempi io e lei ci siamo avvicinati... molto, lei è probabilmente il professore con cui abbia interagito e legato di più." Iniziai il mio discorso, non sapevo come arrivare al punto, d'altronde non era normale che una ragazza che reputavi tua alunna venga a dirti di essere tua figlia, non volevo sconvolgerlo. "Quello che sto dicendo, o cercando di dire, è che c'è un motivo se mi sono tanto affezionata a lei e-" ma prima che potessi continuare, venni fermata da lui.

"Cheryl, capisco che quest'età pazza che stai vivendo adesso ti porti a pensare e provare determinate cose, ci sono passato anch'io, ma non penso che tu voglia rovinarti così e non sarò io a rovinarti." Parlò e corrugai le sopracciglia guardandolo spaesata per qualche secondo.

"Di che cosa sta parlando?"

"Insomma." Disse con fare impacciato. "È normale avere una cotta per un uomo più grande e-"

"No, no, no. Ew, che schifo, io non sono innamorata di lei sig. Malik." Lo fermai scuotendo la testa e lui sospirò sollevata. "Non sono Arya di Pretty Little Liars, tra l'altro sono fidanzata." Spiegai, Dio che cosa imbarazzante. "Quello che stavo cercando di dirle è che ho legato tanto con lei perché... perché io sono Charlotte."

Lui mi fissò sbigottito per qualche attimo, batté velocemente le palpebre. "Cheryl, non è divertente."

"Mi ascolti." Lo implorai. "Sono stata adottata quando ero una bambina piccola, sono nata a Bradford e trasferita poi all'orfanotrofio di Liverpool. Sono entrata in contatto con mia madre tre giorni fa, il suo nome è Hayley e vive nella casa di mia nonna. Ecco, questa sono io." Cercai la chat di Hayley e gli mostrai una delle foto che mi aveva inviato della nostra famiglia, lui le guardò senza dire una parola. "Ho anche la foto dei documenti del mio cambio nome se non ci crede." Aggiunsi, lui mi passò il cellulare e io lo ritirai in tasca.

"Quanti anni hai?" Chiese in un sussurro.

"16, ne faccio 17 ad agosto." Risposi, lui annuì e il tutto si bloccò lì. Non potevo crederci, gliel'avevo detto. Lui era mio padre, quello biologico.
Lo guardai a lungo, quasi a volerlo fotografare in caso l'avessi perso di nuovo, almeno mi sarei ricordata com'era.
Ero così occupata a pensare che non mi accorsi delle lacrime che stavano scendendo lungo le sue guance. "Si sente bene?" Chiesi, beh, cosa mi aspettavo? Che si alzasse e mi abbracciasse dicendomi quanto era felice di averti ritrovata? No, certo che no. Probabilmente neanche mi voleva come figlia, si aspettava una di quelle ragazze perfette e poi si è ritrovato me. Capivo il suo dolore.

"Ti ho ritrovata." Pianse. "Ormai non ci speravo più." Mi alzai e lo raggiunsi, non ci misi molto ad abbracciarlo non appena lui aprì le braccia, mi strinse a sé e cominciai a piangere anch'io nonostante non sentissi veramente il bisogno di farlo. "La mia Charlotte."

"Il mio papà." Sospirai beandomi del suo profumo tanto diverso quanto conosciuto.

Da lì in poi sarebbe cambiato tutto.

N/A:

Heyyyy, scrivo qui in breve per dirvi che ho cambiato la copertina, che ne dite? Vi piace o dovrei rimettere quella vecchia?
Poi ci tenevo a dire che siamo al capitolo 39 ma io ho ancora troppe idee in mente e non so come riuscire a scriverle tutte ahahah. Cercherò di sintetizzare in una ventina(?) di capitoli spero.

Se volete seguirmi (e anche scrivermi visto che non ho niente da fare e adoro fare nuove conoscenze ehehehe) mi trovate su Instagram ( milly_reny) e su Tumblr ( thebadtruth).

Byeeee💞

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