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"Cheryl, Cheryl svegliati." Sentii una mano scuotermi leggermente la spalla e aprii leggermente un occhio guardandomi intorno. "Forza, ti sta squillando il cellulare." Voltai lo sguardo verso Harry che mi porse il telefono, lo presi con uno sbadiglio per poi leggere il nome apparso sullo schermo.
Mi ci volle un attimo per mettermi seduta composta e rispondere portando il cellulare all'orecchio. "Hey." Finsi una voce allegra, dentro mi maledii mentalmente per non aver semplicemente ignorato la chiamata.
"Cheryl." La voce di Liam mi arrivò chiara e seria. "Dove sei? Non è da te saltare la scuola." Rabbrividii chiudendo gli occhi e fingendo un sorriso anche se lui non era lì con me.
"Sì, tranquillo, sono a vedere l'Università con Gemma, domani sarò di nuovo lì." Spiegai cercando di suonare il più convincente possibile. "Mi hai chiamata per qualcosa di importante?" Chiesi speranzosa di poter riattaccare il prima possibile.
"No, volevo sapere come stavi e come mai non c'eri, sai, anche Styles non c'era oggi e mi era venuta la strana idea che magari tu e lui avevate bigiato insieme." Passai lo sguardo da me a Harry e finsi una risata nervosa. "Ma è ovvio che tu non sei lì con lui, che idea malsana." Rise lui e alzai gli occhi al cielo.
"Già, che idee strane." Presi a giocare con il mio anello, un bellissimo regalo di Niall che non la smetteva di viziarmi. "Ora dovrei davvero andare, abbiamo ancora molto da fare." Inventai una scusa. "Ci sentiamo sta sera quando rientro?" Chiesi.
"Certo, ci sentiamo dopo." Disse.
"A do-" iniziai, ma lui chiuse la chiamata lasciandomi ferma dall'altra parte. "Stronzo." Borbottai leggermente offesa dal suo comportamento per poi girarmi verso Harry che stava ancora guidando, mi dispiacque per lui che non si era mai fermato ed era probabilmente stanchissimo. "Sicuro di stare bene?" Mi assicurai e lui annuì.
"Non preoccuparti, piuttosto, sei pronta?" Domandò e sospirai leggermente guardando fuori dal finestrino, c'erano tantissime aree verdi con poche casette molto carine e alquanto vecchiotte.
"Credo." Risposi. "Quanto manca?"
"Se l'indirizzo è giusto allora ci mancano solo 10 minuti." Controllò sul telefono. "Liam sembrava preoccupato." Contrasse la mascella e alzai le sopracciglia. "Ti ha chiamata tre volte prima che rispondessi, non ti avrei svegliata altrimenti." Spiegò e annuii consapevole.
"E' fatto così." Alzai le spalle. "Non sta andando molto bene, credo. Siamo quasi a un mese, eppure mi sembra che manchi qualcosa." sospirai e chiusi gli occhi. "Non voglio pensarci adesso, sto per incontrare mia madre, la mia vera madre e tutto quello che voglio fare è prepararmi."
La sua mano raggiunse la mia e la strinse per confortarmi. "Sono sicuro che riceverai delle risposte." lo guardai e sorrisi, i suoi occhi rimasero concentrati sui miei per qualche secondo prima di tornare sulla strada. "E anche se ci riuscissimo, abbiamo comunque avuto una bella avventura insieme." scherzò e alzai gli occhi al cielo giocosamente.
"Certo, come dici tu."
**
Poggiai le nocche sul legno della porta, ma le tolsi subito nervosa. Mi morsi il labbro girandomi a guardare Harry che aveva i suoi occhi preoccupati fissi su di me. "Non credo di riuscire a farlo." mormorai.
"Certo che puoi! Sei venuta qua da Holmes Chapel, tu puoi farlo." mi spronò e annuii.
"Giusto, giusto. Hai ragione." presi un grosso respiro e riappogiai le nocche sul legno della porta solo per toglierle un'altra volta spaventata, le mie mani erano sudaticce e appiccicose. "Magari non è a casa, sai cosa, ci riproveremo un'altra volta." feci per andare via, ma Harry mi prese il polso.
"Oh no, non guiderò di nuovo fino a qui." sbottò e con il suo grosso pugno bussò alla porta facendomi spalancare sia gli occhi che la bocca.
Perfetto, il guaio era fatto.
Seguirono secondi di silenzio interminabili nei quali cercavo di capire come si deglutiva la saliva e come si respirava normalmente, il mio cuore sembrava star battendo così forte che mi ricordava quella volta in cui Trent aveva provato a suonare la batteria.
"Visto, probabilmente ci hanno presi in giro e qui non vive nessuno." parlai infine, ovviamente. Cosa mi aspettavo? Di ritrovare così facilmente la donna che mi aveva dato vita e farmi dire la verità sulla mia infanzia? Ah, bella pensata Cheryl, hai proprio una bella immaginazione.
"Forse-" iniziò il riccio ma venne interrotto dalla porta che si aprì di scatto.
Dietro questa c'era una donna dai capelli biondi e corte a caschetto, i suoi occhi erano un miscuglio tra verde e marroncino, le sue labbra piene erano coperte da un rossetto rosso scuro che risaltava ancora per il colore chiaro dei suoi capelli. "Ci conosciamo?' chiese poi continuando a spostare lo sguardo da me a Harry.
"Io-" cercai di dire, ma la mia gola sembrava essersi chiusa. Sbattei le palpebre, notai poi i suoi abiti sporchi di tempera azzurra e viola. "Io sono Cheryl." non so perché lo dissi, forse volevo in qualche modo farle sapere qual era il mio nome dopo anni.
"Non mi sembra per niente familiare." lei socchiuse le labbra in una linea sottile, incrociò le braccia al petto e ci guardò ancora più confusa di prima.
Dio, perché sono venuta?
Mi morsi il labbro. "Hayley, giusto?" chiesi e lei annuì. "Penso tu mi conosca come Charlotte."
Quando quelle parole lasciarono la mia bocca, o suoi occhi si spalancarono e il suo intero corpo sembrò congelarsi sul posto.
Glielo dovevo concedere, non era una cosa che succedeva tutti i giorni. Vedere la propria figlia abbandonata tornare.
"Entrate." disse poi con voce neutra. "Posso offrirvi del tè?" annuii e Harry dietro di me mormorò un "grazie" prima di entrare. Lei chiuse la porta dietro di noi. "Seguitemi." ci fece un cenno con la testa. "E scusate il disordine, non ho visite di solito."
Casa sua era... Originale. Piena di quadri di vario tipo, i muri erano sporchi di vari colori, probabilmente le piaceva tanto dipingere, i mobili erano vecchio stile ma ben tenuti. Io e il mio amico ci sedemmo sul divano mentre lei andò in quella che doveva essere la cucina. "Stai bene?" mi sussurò lui all'orecchio.
"Credo." risposi. La verità era che non sapevo cosa fare, dire o pensare. Il fatto che non ci avesse cacciati via era già una cosa positiva, no? Magari era veramente disposta ad aiutarmi.
"Non pensavo ti avrei mai rivista." la bionda tornò nella stanza e si sedette sulla poltrona di fronte a noi. "Quanto anni hai?" chiese, i suoi occhi mi scannerizzavano completamente.
"17." risposi. "Compiuti quasi tre mesi fa." continuai mandando giù il groppo in gola.
"Sbagliato." sospirò lei. "Il tuo compleanno è ad Agosto, quello è il giorno in cui sei arrivata all'orfanotrofio." spiegò e mi guardai le mani, quindi ero ancora 16enne? Poco male, non mi cambiava più di tanto la vita. "Perché sei qui?"
"Io- volevo scoprire cho fosse la mia mamma biologica." spiegai, le sue labbra si piegarono in un sorriso.
"Sei scappata dall'orfanotrofio?" chiese e scossi la testa.
"Sono stata adottata a 6 anni circa, i miei genitori adottivi abitano poco più in là di Londra." raccontai. "Da qualche tempo mi sono incuriosita e ho seguito tutte le tracce della mia infanzia fino ad arrivare qui... Da te." la mia voce era tremante e dentro di me continuavo a ripetermi di smetterla e di fingermi almeno un minimo coraggiosa.
"Per cosa? Mi hai vista, e ora?"
"Volevo delle risposte."
Lei annuì, passò una mano tra i suoi capelli. "Vai avanti, non sarò io a privarti delle risposte che meriti, hai fatto un viaggio così lungo." quasi mi stava simpatico il suo sorriso.
"Cheryl, sei sicura che possiamo fidarci?" Harry bisbigliò al mio orecchio e valutai le varie opzioni, insomma, era pur sempre mia madre, perché avrebbe dovuto mentirmi?
"Cheryl, è un bel nome, chissà perché non ci ho pensato." mormorò lei attirando la nostra attenzione. "Oh scusate, potete stare tranquilli in ogni caso. Sono felice di ricevere visita una volta ogni tanto." la sua voce era quasi malinconica e corrugai la fronte.
"Quindi mio padre non abita- in senso, non state-?" cercai invano di far uscire quelle parole dalla mia bocca, ma era quasi impossibile davanti ai suoi occhi lucidi.
"No." scosse la testa. "Io e tuo padre ci siamo lasciati." si alzò. "Il tè sarà pronto, ve ne porto una tazza." e con questa scusa scappò via.
"Pessima idea, torniamo indietro." mi girai a fissare Harry, era preoccupato e potevo capirlo, le sue labbra erano leggermente imbronciate e aveva le sopracciglia corrugate. "Guardala, sembra disperata."
"È mia madre." sussurrai portando lo sguardo sulla porta della cucina. "Non posso lasciarla così."
"Lei ti ha lasciata così!" lui ribatté e mi bloccai. Era doloroso sentirselo dire, nonostante dentro di me avevo sempre avuto la consapevolezza di essere stata abbandonata, sentirselo dire era una cosa che ti entrava dentro e ti torturava.
"Non è esattamente così." Hayley entrò nella stanza con due tazze, le porse a me e al riccio. "La colpa è tutta mia."
"Cosa vuoi dire?" chiesi, non mi preoccupai di bere il tè, poggiai la tazza sul pavimento e la fissai insistemente.
"Ero una sedicenne quando ti ho avuto, dio, sarò stata uguale a te. Io e tuo padre eravamo così felici, ti abbiamo tenuta per un anno. Eri la cosa più bella che ci fosse capitata, sai, ci sembrava che saremmo stati per sempre uniti come una famiglia, poi lui ebbe una proposta da un College d'arte molto importante a Londra, così lo convinsi ad andare. Una volta uscito avrebbe iniziato a lavorare così non saremmo dovuti dipendere dai nostri genitori, ma io avevo 17 anni e lui 19, dovevo ancora finire le superiori e diventava sempre più stressante per me.
Durante le chiamate serali, mi chiedeva sempre e solo di te, di come stavi e se avevi già iniziato a parlare." una lacrima lasciò i suoi occhi bagnati, ma lei non si preoccupò di asciugarla, bensì sorrise. "Eri una bambina così calma e silenziosa, hai detto la tua prima parola a un anno e mezzo. Dopo una litigata con i miei genitori mi buttarono fuori di casa e fui costretta a trasferirmi a casa della nonna di tuo padre, questa casa." la indicò. "Ma neanche lei voleva aiutarmi economicamente e non volevo far preoccupare l'uomo che tanto amavo. Poi mi venne in mente qualcosa. Lui sarebbe stato via due anni, tre al massimo, potevo lasciarti all'orfanotrofio con la scusa che ero minorenne e poi venire a riprenderti una volta che le acque si fossero calmate."
Come idea sembrava quasi decente, ma poi sappiamo tutti cosa successe. Sospirai passando una mano tra i capelli, non potevo essere arrabbiata con lei in ogni caso, semplicemente non ci riuscivo.
"Tuo padre ci fece una sorpresa, per Natale tornò in città, un ragazzo del College gli aveva regalato parte della sua borsa di studio sapendo della sia situazione famigliare. Quando arrivò non venne ad abbracciarmi o a chiedermi come stessi, chiese subito di te. Questa cosa mi mandò fuori di testa, ero io quella che stava lavorando e studiando contemporaneamente per cercare di mantere sia me che le spese che mi sarebbero toccate per riprenderti con noi.
Gli raccontai una bugia, gli dissi che mia madre ti stava facendo da babysitter in modo che potessi organizzarmi tra studio e lavoro, ma lui voleva vederti ad ogni costo. Gli dissi di non preoccuparsi e che sarei andata a prenderti quella sera, invece andai all'orfanotrofio con i soldi pronta a portarti via con la forza se dovevo, ma quando arrivai mi dissero che eri stata spostata in un altro orfanotrofio per problemi con bambini e anche per problemi di spazio. Ero disperata, tornata a casa mi inventai la scusa che mia madre aveva deciso di tenerti per qualche giorno in modo da farci passare le vacanze insieme, ma lui? No, lui doveva vedere assolutamente la sua dolce Charlotte, non poteva starti lontano. Capì ben presto che stavo nascondendo qualcosa, ricordo ancora le sue parole: "Hayley, dov'è Charlotte? Cos'hai fatto a mia figlia?"
Sua figlia, come se io non avessi niente a che fare sia con lui che con te!" quasi urlò, poi sospirò e riprese la sua postura composta. "Ad ogni modo, ero così arrabbiata che non volli dirglielo, andò su tutte le furie e arrivò anche a minacciarmi di lasciarmi lì, da sola, se non glielo avessi detto. E così confessai tutto, indovina? Mi lasciò lo stesso." rise sarcastica.
"Beh non posso dargli torto." borbottai.
"Lo so, ripensandoci sono stata stupida, ma ero una ragazzina." alzò le spalle. "Da allora lui ha lasciato gli studi e tutto quello che aveva per cercarti, sono sorpresa che non ti abbia ancora trovata. Pensavo foste ormai spariti in qualche stato a vivere come una famiglia felice." commentò con voce tagliente.
"Chi è?" sbottai dopo qualche attimo.
"Scusami?"
"Chi è mio padre? Sono riuscita a rintracciare te, magari posso rintracciare anche lui." spiegai, i suoi occhi ballarono in giro per la stanza per poi alzarsi, camminò fino a raggiungere un mobiletto vicino alla tv e tirò fuori una foto tutta stropicciata.
"È l'unico ricordo che avevo di voi due." mi porse la foto. "Tienila tu, so che ne avrai più cura."
La presi e l'aprii con cura, sbattei velocemente le palpebre guardando una ragazza dai capelli mori e gli occhi marrone chiaro ridere di fronte alla fotocamera mentre teneva in braccio una bimba, i suoi occhi erano concentrati sulla collana della madre e le sue manine erano poggiate sul suo petto. Dietro di loro un ragazzo le abbracciava tenendole strette a lui, quando guardai il suo viso mi mancò il respiro.
"Si chiama Zayn Malik, è tutto quello che so dirti, non so dove sia al momento o il suo numero telefonico." si scusò e annuii comprensiva, spiegai velocemente la foto e la nascosi nella tasca della mia felpa come se fosse il mio tesoro più prezioso. "Volete restare per cena? Vorrei conoscerti meglio, sono passati anni e poi vedo che anche il tuo ragazzo è qui e-"
"Non siamo fidanzati." la interruppi. "Scusa ma oggi non posso, ho promesso ai miei che sarei rientrata per la sera." dissi e notai una nota di tristezza sul suo volto. "Senti." sospirai. "Se vuoi darmi il tuo numero, magari possiamo sentirci e organizzare un'uscita per conoscercj meglio, ci tengo davvero a riallacciare i rapporti, altrimenti non sarei venuta fin qui, ma ho bisogno di tempo." lei annuì comprensiva.
"Ma certo, tutto quello che vuoi Charlotte." rispose.
"È Cher-" mi fermai. "Qual è il tuo numero?" stranamente non mi dispiaceva essere chiamata così, sera strano ma in qualche modo confortante.
Dopo esserci scambiate i numeri la ringraziai per l'ospilità e sia io che Harry la salutammo per poi tornare in macchina pronti a partire.
"Grazie Harry, non sarei mai riuscita a fare tutto questo senza di te." lo abbracciai una volta davanti al veicolo.
"Di niente, piuttosto, hai trovato le risposte che cercavi?" annuii sorridendo leggermente. "Zayn Malik non è-"
"Il nostro professore d'arte? Già, non dirlo a nessuno. Voglio parlargli a quattrocchi e nessuno deve capire il mio legame a lui." mormorai contro il suo petto e lui annuì. "Grazie Haroldo." scherzai e mi alzai sulle punte per lasciargli un bacio sulla guancia.
Nello stesso momento lui mi guardò per rispondermi, ma le nostre labbra si scontrarono per qualche secondo prima che mi allontanassi di scatto. "Cazzo." sussurrai con occhi spalancati.
"Cazzo." borbottò lui, restammo fermi a guardarci per qualche secondo, poi la sua mano raggiunse il mio polso e mi spinse verso di sé facendo riconnettere le nostre bocche, questa volta in un movimento più lungo e quasi disperato.
Per qualche secondo tutti i miei pensieri vennero respinti, la mia mente era libera e il mio cuore sembra star esplodendo.
"Cheryl voglio che stai lontana da lui." e con il ricordo delle parole di Liam mi staccai definitivamente da Harry spingendolo via e facendo dei passi indietro.
Questa non ero io, non avrei mai fatto niente del genere. Io non ero come Kylie, e allora perché l'avevo baciato? Perché provavo qualcosa anche per lui, ma no, io stavo con Liam e volevo stare solo con lui. Vero?
"Cheryl io-" Harry provò a parlare ma lo fermai.
"Non fa niente." lo intereuppi brusca. "Andiamo e basta." feci il giro dell'auto e salii sul posto del passeggero, le mie mani erano incrociate al petto e il mio sguardo fisso sul finestrino.
"Saremo lì entro le 7." mi avvisò.
"Bene." sospirai. "Non voglio far preoccupare Luke e Michael." e con quello chiusi la discussione, non lo guardai più negli occhi. Passai tutto il viaggio girata verso il finestrino cercando di ignorare quello che era successo ma allo stesso tempo continuavo a pensarci.
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