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Aprii in fretta la porta di casa e tirai immediatamente un sospiro di sollievo. Trent è ancora a casa. Pensai oltrepassando la sua auto e andando dritta verso la mia bici.
Io e Trent non eravamo fratelli di sangue, eravamo più fratellastri anche se avevamo un legame affettivo. Molte volte tendevo ad essere un po' troppo possessiva verso di lui ma poco importava, erano l'unico di cui mi importava veramente qualcosa.
Quella mattina il sole splendeva e tutto sembrava risplendere, forse era un segno per indicare la bella giornata che avrei avuto. Non che ne avessi avuto molte ultimamente, tendevo a lamentarmi in silenzio anche del solo che illuminava troppo e non ero mai contenta, chi lo sarebbe mai stato al posto mio? Nessuno. Anche perché avere una vita come la mia non era facile, ma neanche tanto difficile dopo tutto: preferivo restare isolata dal resto dei miei compagni e mi rinchiudevo in un mondo tutto mio. Alcuni mi sottovalutavano solo per il mio aspetto esteriore visto che avevo tratti moto simili a quelli di una quattordicenne, il mio viso era piccolo, la pelle chiara, ero bassa e magra, troppo minuta per i miei gusti. Non avevo quelle forme che invece le mie compagne si ostinavano ad esporre e, ciliegina sulla torta, la mia voce poteva ricordare quella di una bambina.
Per questo venivo ignorata da molti e finivo col deprimermi leggendo alcuni dei più stravaganti libri ritrovati per puro caso nella cantina di nonna. Ma quel giorno era speciale, era il mio diciassettesimo compleanno. Già sapevo che Trent aveva invitato i nostri parenti per il week-end e avrei dovuto sorbirmi i vari complimenti, totalmente falsi, di alcuni di loro e altre critiche da parte delle zie.
"Benvenuti alle superiori di Holmes Chapel" questo è quello che c'era scritto sul cartello di fronte alla scuola, quella semplice frase procurava disagio agli studenti. Molti si chiedevano se veramente qualcuno la frequentasse visto che era sconosciuta alla maggior parte degli abitanti dei dintorni, ma per quanto fosse piccola, aveva degli ottimi insegnanti.
Parcheggiai la mia bici dentro il cortile e sistemai lo zaino rosa sulla mia spalla, buongiorno a me. Entrai poco prima del suono della prima campanella in modo da essere sola, mi piaceva passeggiare indisturbata tra i corridoi della scuola, una volta l'avevo visitata di notte ed era stat un'esperienza davvero divertente, tanto che la rifarei di nuovo. I professori che mi passavano di fianco non perdevano neanche tempo a salutarmi, sapevano che era la mia routine arrivare per prima.
Durante la prima ora avrei avuto letteratura, adoravo quella materia, ma non tanto perché mi piacesse leggere ma perché la professoressa che ci insegnava era molto simpatica e qualche volta mi fermavo con lei a mensa a parlare delle ultime letture. Ero una specie di cocca dei prof, anche se mi sedevo sempre all'ultimo posto.
"Sempre in anticipo" mi salutò la professoressa Wilson. Era una giovane donna con i capelli biondo cenere e gli occhi verdi, quasi un azzurro a dir la verità.
"Buongiorno anche a lei prof" le sorrisi prendendo posto in ultima fila. Una volta avevo provato a sedermi in prima fila ma ricordo di essere stata rimandata indietro perché davanti dovevano sedersi i così detti "ignoranti" che avevano bisogno di attenzione.
"Ho saputo che è il tuo compleanno, farai una festa speciale?" Chiese con un sorriso smagliante, avrei tanto voluto essere sorridente come lei in questi giorni di inferno, quella donna era un po' quello che avrei voluto essere io una volta cresciuta.
"Non proprio" risposi tirando fuori i vari libri e quaderni. "Diciamo che farò un ritrovo tra parenti" alzai le spalle, a me stava bene, era un modo come un altro per vedere la propria famiglia. Anche se non era la mia famiglia.
"Sembra bello" disse prendendo posto alla cattedra. "Scommetto che ti divertirai"
Avrebbe fatto meglio a non scommettere, l'ultimo compleanno era stato un abominio. Ricordavo bene quel caos di persone, avevo ricevuto come regalo una scatola di trucchi da circa... 10 persone? Più o meno sì, perché secondo le zie, io ero diversa se non mi truccavo e se non mettevo i vestiti di marca.
Annuii semplicemente e aspettai il suono della seconda campanella, i vari studenti entrarono in classe e andarono a sedersi ognuno al proprio posto lasciando vuoto quello di fianco a me, come al solito. Anche loro mi vedevano come strana perché non ero come le altre e molte volte non parlavo con nessuno. Alcuni non sapevano neppure il mio nome, il ché era da una parte brutto, ma dall'altra parte andava bene. Non che mi importasse comunque.
Mentre la professoressa decise di darci l'ora per leggere l'ultimo libro assegnatoci per poi parlarne insieme l'ora successiva, io decisi di scarabocchiare un po' il mio quadernino. Lo portavo un po' ovunque e lo usavo come distrazione, dentro ci scrivevo, ci pasticciavo e ci disegnavo, un vero e proprio diario se così volevamo chiamarlo. Il libro l'avevo finito il giorno prima e rileggerlo mi scocciava un po'.
"Scusi il ritardo" una voce fece fermare tutto il brusio che si era formato di sottofondo. Alzai lo sguardo e rimasi confusa nel vedere un ragazzo che non avevo mai visto prima di allora. Il ragazzo era alto e snello, aveva i capelli castani scompigliati e lasciati cadere sulle spalle con dei piccoli boccoli, il suo sguardo era neutro, quasi cattivo mentre esaminava la classe. Indossava una maglia bianca a maniche corte che lasciavano intravedere le sue braccia muscolose e tatuate, aveva dei jeans neri e strappati sul ginocchio e delle semplici converse nere.
"Tu sei Harry Styles, giusto?" Chiese la donna, sembrava nervosa e in rare occasioni avevo visto la professoressa Wilson così nervosa, forse solo una volta quando ruppe per sbaglio il telefono del bidello. Cosa la spaventava? Forse il ragazzo? Harry Styles, ero sicura di non averlo mai sentito, anche perché in una piccola città come Holmes Chapel le voci circolavano velocemente.
"Sì" rispose questo con voce annoiata, potei vedere alcune ragazze guardarlo con occhi sognanti, feci una smorfia di disappunto e tornai al mio quaderno. Era chiaro che fosse un nuovo studente, quindi perché me ne sarei dovuta preoccupare tanto? In fondo non era la prima volta che qualcuno si iscriveva a metà anno, era già successo un paio di volte e non c'era ragione di essere curiosi, almeno non per me.
"Prego, siediti pure di fianco a Cheryl" alzai di scatto la testa quando sentii pronunciare il mio nome e mormorai qualcosa in disappunto. Non avevo voglia di averlo di fianco, avrei preferito mille volte rimanere da sola. Il ragazzo, Harry, camminò verso di me senza umore, sembrava provare indifferenza verso qualsiasi cosa, il ché non era male.
"Okay ragazzi, tornate pure a leggere. Harry, se vuoi puoi chiedere il libro a Cheryl, sono sicura che l'avrà già letto" prese un sospiro e sorrise di nuovo. "Ora vado un attimo dal preside per una questione, non voglio sentire volare una mosca" disse velocemente per poi uscire dalla classe facendo risuonare i suoi tacchi sul pavimento. Trovai buffo il fatto che usasse ancora la scusa del preside quando tutti noi sapevamo che voleva solo andare a prendere un caffè per calmarsi, lo faceva sempre.
Non mi lasciai distrarre dalla presenza del nuovo alunno e continuai indisturbata a fare un disegno che avevo iniziato ormai da mesi, era una rosa, facevo un petalo ogni giorno e volevo completarla in un mese circa, forse era una delle mie creazioni più fantasiose. "Tu sei Cheryl?" Chiese il mio nuovo compagno di banco guardandomi con occhi scrupolosi, quasi volesse vedere dentro di me. Peccato che non avrebbe trovato niente dentro di me.
"Sì, il libro è questo, siamo arrivati a pagina 130 per cui dovrai recuperare un po' " dissi svogliatamente passandogli il libro interessato. Si limitò a un cenno per ringraziarmi e iniziò a leggerlo. Non era male come inizio, se avesse continuato a non parlare per il resto dell'anno forse sarei riuscita a trovarlo simpatico. Ma fino ad allora mi sarei concentrata solo sul cercare di ignorarlo.
"Questo libro fa schifo, non puoi limitarti a dirmi di cosa parla?" Parlò dopo aver sfogliato il libro e capii che non saremmo mai andati d'accordo così, sbuffai silenziosamente e continuai a non prestargli attenzione. Forse avevo sbagliato a giudicarlo bene, era sicuramente uno che parlava troppo, anche solo dicendo due parole. "Mi stai ignorando?" Chiese di nuovo con voce più bassa e alzai lo sguardo guardandolo negli occhi. Non mi ero accorta che avesse gli occhi verdi, erano più belli di quelli della Wilson. Alzai un sopracciglio e guardai per un attimo il libro che aveva buttato svogliatamente sul banco.
Annuii rispondendo alla sua precedente domanda e tornai a farmi gli affari miei, non avrei sprecato tempo con uno come lui, mi avrebbero dovuta pagare. Girai pagina del quaderno e decisi di iniziare qualcosa di nuovo, volevo provare a scrivere io stessa una storia, una come volevo io. Iniziai a scrivere il titolo usando delle penne colorate in modo da renderlo più carino, odiavo dover usare solo la penna nera o blu.
**
Durante la mensa decisi di sedermi ad un tavolo vuoto in fondo alla stanza e di mangiare la mia insalata in santa pace. Volevo restare da sola con le cuffie alle orecchie e ascoltare un po' di musica rilassante, ma i miei piani furono distrutti dalla telefonata di mio padre.
"Tesorino, buon compleanno! Non volevo aspettare il tuo ritorno per farti gli auguri" sorrisi involontariamente al suono della sua voce, sì, papà era uno dei pochi di cui mi importava a parte Trent, beh, lui e l'altro papà. Era una storia strana da raccontare, io e Trent eravamo stati adottati da piccoli da Michael e Luke, una coppia di sposini omosessuale che mi salvò dall'orfanotrofio, anche se non ricordavo. Mi avevano adottato quando avevo appena 2 anni.
"Grazie papà, cos'avete deciso per il pranzo di famiglia?" Ridacchiai sentendo la voce di papà Luke urlare un "Auguri amore di papà!" di sottofondo. Loro erano così, un po' pazzi ma sempre dei bravi genitori.
"Trent ha invitato tutti, di nuovo. Questa volta volevamo andare in un ristorante, a casa non ci stanno tutti e quest'anno si è aggiunta zia Lucinda con suo figlio!"
"Bene" mormorai "sono sicura che non ci annoieremo, ora vado che tra poco la pausa finisce" era una bugia, eravamo ancora all'inizio della pausa ma non avevo voglia di sentire papà parlare delle varie zie che sarebbero state presenti al pranzo del mio compleanno.
"Va bene, ancora auguri e ricordati di studiare, non come quel buono a nulla di tuo fratello!" E sentii in risposta Luke dire a Michael di essere più gentile con Trent, mio fratello era in quel fascio d'età dove cerca di capire chi è, oggi vuole essere un vigile, domani una star d'internet e il giorno dopo ancora un operaio. È difficile per lui.
"Ciao, e salutami anche papà" chiusi la chiamata e tornai ad ascoltare musica mangiando una buona insalata di tonno. Mi piaceva stare leggera e mangiare troppo mi dava la nausea, a volte i miei si chiedevano se non fossi anoressica visto che odiavo mangiare troppo, ma tutte le volte smentivo ridendo. Ero fortemente convinta di essere giusta, né troppo magra né troppo grassa, nella norma insomma. Trent a volte mi obbligava a mangiare cose come le patatine fritte e hamburger, ma a me non piacevano.
Passato il primo quarto d'ora decisi di uscire a prendere una boccata d'aria fresca ma mi fermai quando le porte della mensa si aprirono. Il nuovo ragazzo entrò e nella sala si fece il più totale silenzio, perché succedeva questo? Anche durante le altre ore, tutti avevano come paura di parlargli e volevano stargli alla larga, potevo dire con certezza di riuscire a capirlo per alcuni versi, solo che io venivo ignorata mentre lui eran al centro dell'attenzione.
Passò lo sguardo su tutti i presenti della sala e si fermò solo quando incontrò il mio, iniziò a camminare verso la mia direzione con un piccolo ghigno dipinto sul volto. Deglutii a fatica e mi alzai subito mettendo a posto le mie cose, se pensava di venire a sedersi vicino a me, di nuovo, si sbagliava di grosso. Volevo stare da sola.
Iniziai a camminare verso l'uscita e mi fermai quando me lo ritrovai di fronte. I suoi occhi mi osservarono dall'alto al basso con aria di sfida prima di guardare dentro le mie iridi marroni. "Dove stai andando?"
"Via." risposi semplicemente e feci per oltrepassarlo ma, inaspettatamente, mi afferrò il polso e mi costrinse a rimanere ferma di fronte a lui.
"Non fai compagnia al nuovo arrivato?" Un ghigno malvagio giocava sulle sue labbra cercando di intimidirmi, ma io non ero timida, ero semplicemente io. Sola e silenziosa. Tutti avevano gli occhi su di noi, mormorii riempivano l'aria e sembrava che tutti volessero parlare di noi e di nient'altro. Trovai la forza per rispondere.
"No." Vidi una specie di fuoco dentro i suoi occhi, forse lo stavo innervosendo, ma anche lui stava facendo innervosire me. Per mia fortuna mollò la presa e io mi allontanai da lui per andare all'uscita. Ero fragile, ma non mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno.
**
Una volta arrivata a casa sbattei la porta, ero arrabbiata, incavolata, amareggiata e straziata. Era stata una giornata no e volevo coricarmi a letto e guardare qualche serie TV su internet. Il piano era semplice, dovevo scappare in camera senza farmi vedere altrimenti qualcuno avrebbe iniziato a farmi delle domande o farmi gli auguri, e io non ne volevo sapere niente.
"Tesoruccio, sei a casa?" Come non detto, papà era sbucato da dietro la parete della cucina e mi guardava con i suoi occhi azzurri. Luke indossava un grembiule a scacchi rosa e bianco, mi venne quasi da ridere nel vederlo.
"Sì papà. Ora però dovrei andare in camera a fare i compiti." Dissi cercando di sviarmela nel corridoio.
"Prima!" Alzò un indice in aria facendomi fermare. "Devi assaggiare i miei cup cakes e dirmi cosa ne pensi, solo la verità." Mi porse una teglia di dolci, li guardai con aria scioccata. Erano veramente belli, era strano che papà riuscisse a cucinare così bene.
"Ok." Mormorai prendendo un dolcetto e portandolo alla bocca, esitai un attimo sul morderlo; se dovessi morire, dite a mio fratello che dovrebbe smetterla di fumare in camera.
"Com'è?" Chiese eccitato mentre io cercavo di mandare giù quel poco che avevo morso, faceva tremendamente schifo, sapeva di erba mischiata al fango, e la crema sopra era molliccia e insapore, ingoiai il tutto e cercai di trattenere la smorfia di disgusto.
"Che buoni. Sei migliorato, sul serio." Dissi con la bocca piena, lui iniziò a saltellare e non mi trattenni più. Corsi fuori di casa e sputai tutto fin giardino. Volevo vomitare.
"Che schifo! Abbi la decenza di non farlo davanti ai cani!" Urlò la voce di Trent facendo una faccia schifata. Rialzai la testa e lo guardai male, poteva benissimo aiutarmi ma conoscendolo scommettevo che avrebbe urlato al solo toccarmi, odiava le cose sporche. Come quella volta che al mio compleanno vomitai sulla sedia e lui per sbaglio ci si sedette, ricordavo perfettamente l'urano che emanò e che quasi distrusse le finestre di casa.
"Noi non abbiamo cani." Dissi confusa ma solo in quel momento notai il guinzaglio che aveva in mano, c'erano 4 cani che mi guardavano con la testa inclinata, come se fossi un pupazzo per un bambino. Corrugai la fronte, perché diamine aveva dei cani al guinzaglio? "Perché? Tu sei allergico al pelo degli animali."
"Oh cavolo, hai ragione!" Urlò lasciando andare i guinzagli. "Andate via! Tornate a casa, non penso di essere un bravo dog-sitter." Disse abbattuto. Alzai le spalle ed evitai i cani che corsero via, Trent non aveva la minima idea di cosa voleva fare nella sua vita.
"Beh, papà ha fatto i cup cakes quindi sei ancora in tempo per fare il critico culinario."
"Hai ragione! Perché non ci ho pensato prima?" Esclamò dandosi una manata in fronte. "La cucina è la mia vita e aiuterò i migliori chef a realizzare i piatti più buoni!" E dopo di ché corse in casa urlando di voler assaggiare i dolci di papà.
Alzai gli occhi a quello spettacolo e passai una mano tra i miei capelli, perché sono l'unica sana in questa famiglia? Quando portai lo sguardo sul giardino del vicino notai l'uomo in piedi con le braccia incrociate mentre scuoteva la testa in disappunto. Lo salutai con la mano ma lui fece una smorfia, così me ne tornai in casa giusto per sentire Trent urlare a Luke quanto schifo facessero i suoi dolci.
"Perché urlano?" Chiese papà mangiando un pacchetto di patatine.
"Papà ha fatto i dolci, io gli ho detto che erano buoni ma Trent vuole essere un critico culinario, quindi... hai capito no?" Spiegai non distogliendo lo sguardo da i due biondi che discutevano animatamente.
"Solita storia, domani lo ritroveremo a fare il dog-sitter"
"Già fatto" mormorai prima di fare retromarcia e andare in camera.
Che casa di pazzi.
ATTENZIONE
Questo è il primo capitolo di una luuuunga serie che sto già scrivendo ma che non aggiornerò finché non avrò finito la mia altra storia "Father" e-
**momento spam- ANDATE A LEGGERLA SE NON L'AVETE FATTO- fine momento spam**
-per il momento questa è solo un'anteprima, un piccolo assaggio del disagio che subirete se vorrete continuare questa storia.
Scrivete un commento dicendomi se vi interessa o meno la storia in modo che possa regolarmi e vedere se vale la pena pubblicarla.
ThanksXx❤❤
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