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7. Secrets

Posai a terra il mio borsone per aiutare Marvin ad allacciarsi le scarpe, Daryl mi passò vicino portando la valigia viola di mia madre e dirigendosi verso la Rang Rover aperta già stracolma di bagagli. La sera prima mamma ci aveva annunciato che avremmo festeggiato la Pasqua nella casa al mare: lei non aveva appuntamenti di lavoro in quel periodo (è un'agente immobiliare di SweetHouse, un'agenzia fondata da mio nonno), mentre Daryl aveva momentaneamente chiuso il suo negozio di elettronica; quindi ci potevamo permettere una breve vacanza, che equivaleva ad un dozzina di giorni.

Quando ebbi finito con le scarpe del mio fratellino, mi avviai anche io alla macchina analizzando il bagagliaio in cerca di un buco dove infilare il mio borsone (un'impresa alla Tetris); Michael mi superò lanciando il suo e provocando solo una caduta generale delle altre valigie. Imprecai mentre mi adoperavo per rimettere a posto il casino che aveva combinato quel fannullone che, senza nemmeno curarsi di aiutarmi, si era già accomodato davanti.

Daryl lo riprese immediatamente: «Lì si siede Rose-Anne, voi tre state dietro.» spiegò mentre accorreva in mio aiuto.

«Io voglio Mikey vicino!» sentenziò il bambino tirando il ragazzo, che sbuffando aveva ceduto il posto a mia madre, trascinandolo verso la porta dietro.

Chiusi la portiera del bagagliaio e raggiunsi gli altri due, prendendo posto accanto a Michael che era stato obbligato al posto al centro. Daryl si sedette alla guida e diede il via ad un noioso viaggio di pressoché tre ore. Nel giro di pochi minuti Marvin si era già addormentato. Io cercai di resistere, ma non potevo nulla contro i viaggi in auto che per me avevano da sempre avuto un'azione soporifera fin da quando ero piccola, così alla fine chiusi gli occhi lasciandomi cullare.

Mi svegliai solo quando il motore dell'auto si spense, segno che eravamo giunti a destinazione ed io non me ne ero nemmeno accorta.

«Buongiorno piccoli dormiglioni.» ci salutò mia madre, sporgendosi dal sedile davanti, «Scusate ma non ho potuto resistere dal farvi una foto mentre dormivate così beatamente: guardate come siete belli!»

Osservai l'immagine racchiusa nel display del telefonino che mamma mi stava porgendo: raffigurava due adolescenti e un bambino profondamente addormentati, mi soffermai su me stessa appoggiata con la guancia alla spalla di Michael. Mi sentii avvampare scoprendo di stare arrossendo.

«Sì, proprio belli!» commentai con un sorriso.

«Rose-Anne è mezzogiorno, perché tu e Samantha non iniziate a preparare il pranzo, mentre io e i ragazzi togliamo i bagagli dalla macchina?» propose Daryl che stava togliendo la cintura a Marvin, scrollo poi la spalla del figlio per svegliarlo: «Michael, per te va bene?»

Il ragazzo rispose con un "sì" biascicato mentre sbatteva gli occhi confuso, probabilmente non aveva capito una sola parola..

Scesi dalla macchina seguendo mia madre all'interno del nostro modesto chalet in legno a ridosso della spiaggia, assaporando l'odore di salsedine e ascoltando il suono lontano delle onde.

A metà giornata avevamo già finito di sistemarci: mamma e Daryl ovviamente si erano messi nella stanza padronale, invece io e Michael finimmo insieme nella piccola mansarda poiché la donna preferiva che il bambino non salisse la scomoda scaletta ed aveva perciò preparato un lettino per lui al piano terra.

Eravamo tutti e cinque sulla spiaggia in riva al mare a goderci il sole di fine Marzo: Marvin e Michael si erano buttati subito in acqua mentre io ero rimasta insieme ai due adulti a guardarli giocare a schizzarsi. Trovai una scusa per ritornare in casa e mettere così in atto il piano di piccola e sana vendetta che mi ero preparata prima della partenza; non avrei fatto passare liscia a Mike il fatto che avesse preso la mia auto senza il mio permesso e poi, dopo tutti gli scherzi che aveva fatto lui a me, questo se lo meritava proprio.

Raggiunsi la mansarda cercando la boccettina di plastica (uno shampoo colorante comprato tempo prima e mai usato) che avevo nascosto sul fondo della mia borsa, mi recai nel piccolo bagno che condividevo con Michael prendendo dalla doccia il suo shampoo personale (avevo scoperto infatti che il ragazzo era estremamente fissato con i suoi capelli) e vi versai dentro il contenuto della boccettina: quando Mike si sarebbe lavato i suoi amati capelli avrebbe avuto una sorpresa. Sorrisi maliziosamente immaginando già la scena; rimisi tutto a posto e tornai dagli altri come se nulla fosse.

* * *

Alla fine Michael aveva usufruito della doccia presente in spiaggia per togliersi il sale di dosso, quindi avrei dovuto pazientare per vedere i frutti della mia vendetta. Dopo cena si era subito buttato nel letto, sfinito per la giornata passata al mare, e io l'avevo seguito a ruota.

Mi rigirai nel letto avviluppandomi nelle lenzuola in preda ad un brivido di freddo, un soffio d'aria mi accarezzò l'orecchio sinistro. Aprii gli occhi guardandomi intorno, nel buio della stanza riuscii a distinguere il letto disfatto di Michael; spostai l'attenzione all'unica finestra che dava sulla tettoia delle chalet trovandola stranamente aperta. Mi alzai per andare a chiuderla e sbirciando nella notte scoprii una figura seduta sul tetto, lo sguardo fisso sul mare all'orizzonte. Scavalcai l'infisso e silenziosamente andai a mettermi al suo fianco.

«Ehi, Mike.» salutai sussurrando.

«Ciao Samantha,» spostò lo sguardo su di me, «ti ho svegliato?»

«No, tranquillo.» mentii, «Tutto bene?»

«Sì.» gli occhi di nuovo persi oltre l'orizzonte.

«A cosa stai pensando?»

«Che non ho mai fatto il bagno di notte.» disse dopo un breve silenzio. Mi guardò di nuovo sorridendo, un sorriso che trovai comunque estremamente malinconico. Rimasi in silenzio annuendo, sapevo che mi stava mentendo, ma decisi di assecondarlo. «Ti va di andare adesso?» chiese con gli occhi che brillavano come quelli di un bimbo furbetto.

«Dove?» domandai incuriosita senza capire.

«A fare il bagno di mezzanotte!» rispose euforico.

«Credo che la mezzanotte sia passata da un po'.» gli feci notare, era probabilmente l'una.

«Oh, non prendere tutto alla lettera.» disse mentre rientrava dalla finestra, «Dai, vieni.»

Lo seguii silenziosamente, facemmo attenzione a non svegliare nessuno ed uscimmo di casa. Arrivati sulla spiaggia ci togliemmo i vestiti rimanendo in biancheria intima (mi aveva vietato di mettermi il costume dicendo che così avremmo perso tempo). Passarono alcuni minuti dove osservammo le onde infrangersi sul bagnasciuga, poi Michael iniziò ad immersi e quando il liquido scuro gli arrivò sopra alla vita mi invitò a raggiungerlo. Mossi un passo verso di lui rabbrividendo quando il mio piede entrò in contatto con l'acqua fredda, mi feci coraggio e continuai lasciando che il mio corpo si abituasse alla temperatura di quel mare nero.

«Non hai paura che ci siano gli squali?» chiesi quando lo ebbi raggiunto.

«Se rimaniamo nell'acqua bassa no, e poi penso ci siano le reti.» mi tranquillizzò.

«Sì, lo credo anche io.»

Notai che Michael mi stava guardando con troppa insistenza, ma per qualche strano motivo non volli farglielo notare. «Hai un bel corpo.» ammise lui subito dopo.

Lo ringraziai sorridendo. Sebbene fossimo entrambi senza vestiti non mi sentivo affatto in imbarazzo, in quel momento non mi sembrava nemmeno che fosse così strana come situazione. Sarà stato per la notte, che mi ero illusa potesse nasconderci nel buio etereo dalla luna nuova e con la sola fioca luce delle stelle a farci compagnia, o per la magia che si era creata tra me e quel ragazzo facendo sembrare tutto solamente uno strano e piacevole sogno. Decisi di staccare la mente per un momento e di lasciarmi trasportare dalle emozioni.

Michael mi propose di fare una nuotata notturna. Quando ci fermammo per riprendere fiato, cercai con il piede di raggiungere il fondale però mi resi conto che l'acqua era troppo alta e che riuscivo solamente a sfioralo con la punta delle dita.

«Non tocco.» gli dissi muovendo le braccia per tenermi a galla.

«Io sì, aggrappati a me.»

Feci come mi aveva detto, cingendogli il collo con le braccia e trovando in lui l'appiglio solido che stavo cercando. In quel momento eravamo davvero vicini, tanto che i nostri nasi quasi si sfioravano e i miei occhi si persero nei suoi, pensai al mare nero come le sue iridi e al cielo blu come le mie che erano un tutt'uno in quel preciso istante.

Tutto accadde così velocemente che mi resi conto delle nostre labbra estremamente vicine solo quando fu inevitabile. Non capii chi dei due fece il primo passo, ma assaporai quel bacio, dapprima timido e maldestro, reclamandone altri ed altri ancora, sempre più appassionati. Solo quando ci staccammo capii quello che era appena successo e fui sopraffatta dalle domande: Perché? Che cosa significava? Ed ora che sarebbe successo? Come ci saremmo dovuti comportare?

Feci per parlare e dar voce ai miei pensieri, ma Michael mi precedette. «Questo sarò il nostro piccolo segreto,» sussurro sulle mie labbra, appoggiando la fronte alla mia, «Va bene?»

Annuii posando nuovamente le labbra sulle sue.

«Sei felice di vedermi?» domandai poi ridendo facendo rifermento ad una certa presenza.

Michael sembrò imbarazzarsi. « Ehi è una cosa involontaria, non lo posso controllare.»

«Ti sto prendendo in giro, scemo.» lo tranquillizzai e la sua risata si unì alla mia.

Restammo ancora un po' così, abbracciati in un mare nero, lasciandoci cullare dalle onde e poi ritornammo lentamente a riva. Ci sedemmo sulla sabbia ad aspettare che giungesse l'alba, appoggiai la testa sulla sua spalla assaporando quel momento fino all'ultimo secondo.

«Stavo pensando a miei genitori.» disse Michael rompendo il silenzio, all'inizio non capii subito a che cosa si riferisse così restai in silenzio lasciandolo parlare, «Prima sul tetto, quando mi hai chiesto a cosa stessi pensando, pensavo ai miei genitori.» fece un breve pausa, «Avevo sempre sperato che tornassero insieme, che saremmo potuti essere di nuovo una famiglia... anche se era un sogno irrealizzabile, dopotutto sono quasi tre anni che mamma si è rifatta una vita con un altro uomo e hanno messo su una famiglia loro.»

Lo interruppi incuriosita: «Perciò hai altri fratelli?»

Michael annuì: «Una sorellastra, Rachel, fa un anno il prossimo mese. Poi so che il compagno ha un'altra figlia più grande dal primo matrimonio, ma vive con la madre e non l'ho ancora mai conosciuta.»

«Non lo sapevo, non ne avevate mai parlato.»

«Papà ha patito molto la separazione, e il fatto che mamma si fosse ripresa praticamente subito, e cerca di evitare l'argomento.... so che ora che lui è felice, lo dovrei essere anche io... ma non riesco, è come se avessero fatto tutto alle mie spalle, senza preoccuparsi di come mi sentissi io.» poggiai una mano sul suo braccio, Mike si voltò verso si me, «Non mi fraintendere: Rose-Anne è una persona fantastica, ma...»

«Ma non è tua madre.» continuai per lui che annuì alla mia affermazione, «Non puoi passare più tempo con lei? Non so, andarla a trovare?»

«Sì, certamente. Tra due settimane vado da lei,» spiegò, «ma si è trasferita a Melburne, e le occasioni per vedersi sono sempre poche.»

«Capito.»

«E tu invece?» chiese, «Cioè, vostro padre...»

«È morto.» lo anticipai, Michael si ammutolì all'istante senza sapere più cosa dire. «È stato investito da un pirata della strada cinque anni fa, Marvin non aveva nemmeno un anno allora.» continuai, lo sguardo perso nel vuoto e nei ricordi.

«Mi dispiace Sam, davvero. Io...»

«Non ti preoccupare, tu non potevi saperlo. Non l'ho mai detto a nessuno.» lo tranquillizzai, «Torniamo in casa, inizio ad avere freddo.»

Mi alzai cercando di trattenere le lacrime che provavano sempre a sfuggire quando parlavo di mio padre, tenendomi a Michael mentre ci incamminavamo verso lo chalet ed aggrappandomi alle sue dita per cercare un conforto.

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