17. A cannot shutdown smile
Sbattei le palpebre infastidita da un rumore sconosciuto che aveva osato turbare il mio sonno e mi resi conto che alla fine io e Michael ci eravamo addormentati sul divano.
Sentivo contro la fronte il suo torace alzarsi ed abbassarsi seguendo il suo respiro calmo e nelle orecchie il battito del suo cuore. Non avevo nessuna intenzione di aprire gli occhi né tanto meno alzarmi per andare a controllare così mi strinsi di più a lui pensando di essermelo solo immaginato e continuai a dormire.
O almeno ci provai.
Pochi secondi dopo quel rumore, che riconobbi come il suono di una serratura che scattava, si fece sentire di nuovo seguito dalla porta d'entrata che veniva aperta. Il suono delle scarpe sul pavimento e delle rotelle delle valigie che venivano trascinate dentro casa, una luce lontana che veniva accesa e dei piccoli passi in corsa verso il soggiorno.
Spalancai gli occhi allarmata. Solo in quel momento mi resi conto che i miei genitori erano tornati dalla vacanza al mare ed io e Michael stavamo dormendo l'una attaccata all'altro sul divano: quello non era il miglior modo per iniziare a "tenere nascosta la nostra relazione". Mi prese il panico e iniziai a scrollare il ragazzo nell'inutile tentativo di svegliarlo (quello non si svegliava nemmeno con le cannonate) sperando di essere ancora in tempo per evitare di essere scoperti.
La luce innaturale mi colpii in pieno viso svegliandomi del tutto così cercai di alzarmi per farmi trovare in condizioni più accettabili, e sopratutto meno plausibili, però le gambe mi cedettero facendomi cadere sul divano e sul malcapitato Michael che si svegliò in un sussulto, lo vidi mettersi a sedere strabuzzando gli occhi. Abbracciai il bambino che nel frattempo mi si era buttato al collo salutandomi con allegria.
«Buongiorno ragazzi!» disse Daryl divertito raggiungendoci e notando i cartoni di pizza abbandonati in un angolo della stanza e le lattine di birra sparse qua e la, «Fatto baldoria ieri sera, eh?»
«Ehm, sono venuti dei nostri amici.» risposi arrossendo completamente mortificata, «Ma ora mettiamo tutto a posto, promesso.»
«Sarà meglio.» commentò mia madre affacciandosi dall'entrata.
«Bravi bravi, date i festini in casa mentre gli adulti non si sono!»
«Sono venuti solo Calum e Luke.» cercai di spiegarmi.
Daryl scoppiò a ridere «Tranquilli lo facevamo anche noi alla vostra età.» Mi sent offesa dal fatto che non mi credesse ma in fin dei conti non si era arrabbiato, tutt'altro, quindi ci passai sopra. «Meglio se ora però ripulite tutto sennò...» continuò ammiccando ed indicando la direzione dove mia madre si era diretta.
«Sennò ve la vedrete con me!» ci raggiunse la sua voce (quella sentiva tutto: faceva paura!).
Daryl fece una smorfia come se fosse stato scoperto con le mani nel sacco facendo scoppiare a ridere il mio fratellino ancora stretto a me, poi si allontanò.
«Ehi piccolo koala,» dissi rivolgendomi a Marvin, «sono andate bene le vacanze?»
Il bambino mosse energicamente la testa, «Mi siete mancati.»
«Anche tu mi sei mancato tanto!» ammisi abbracciandolo, «Che ne dici se però ora ti stacchi così io e Michael iniziamo a mettere a posto questo disastro?»
«Ok, vi posso aiutare?»
«Certamente,» dissi facendolo scendere, «Mike. Mike? Michael!»
Non potevo crederci: si era rimesso a dormire, quel ragazzo era impossibile!
«Eh, co-cosa c'è?» chiese con voce impastata.
Adoravo Michael appena sveglio: per i primi cinque/dieci minuti sembrava che nella sua mente ci fosse il vuoto più totale e guardava fisso davanti a se assumendo un'espressione che avrebbe fatto invidia ad uno zombie.
Sorrisi vedendolo in quello stato sebbene ne fossi ormai abituata, «Devi aiutarmi a pulire.» spiegai pazientemente, lui annuì ma io sapevo perfettamente che non aveva capito una sola parola di quello che avevo appena detto.
Mi alzai sospirando lasciandolo nel suo stato di catalessi ed iniziai a raggruppare i rifiuti sparsi per il soggiorno facendomi aiutare da Marvin, quando finalmente il ragazzo diede segni di vita si unì a noi e riuscimmo a finire abbastanza in fretta; diedi a Michael il compito di andare a buttare il sacco della spazzatura fuori e lui provò anche a protestare perché i cassonetti si trovavano lontani da casa nostra, ma gli feci notare che il grosso del lavoro l'avevamo fatta io e il mio fratellino e che quindi non poteva lamentarsi e così dovette obbedirmi.
* * *
Mi stavo rilassando stesa sul mio letto quando mi parve di sentire Michael inveire contro qualcosa così incuriosita mi avvicinai alla sua stanza e sbirciai dalla porta leggermente aperta.
«Maledetta borsa di merda, perché non ti vuoi chiudere? Cazzo!»
Viva la finezza! Sorrisi spingendo ancora un po' la porta per osservare il ragazzo litigare con una valigia troppo piccola per il proprio contenuto.
«Perché invece di stare lì a ridere non vieni ad aiutarmi?» disse accorgendosi di me.
«Che stai facendo?» chiesi reprimendo un sorriso e chiudendo la porta alle mie spalle.
«Non riesco a chiudere la valigia.»
«Questo lo vedo anche io. E io che dovrei fare?»
«Vieni qui e siediti sopra.»
«Non pensi che ci sia troppa roba per una sola settimana?» chiesi sedendomi sulla malcapitata valigia. Il mattino seguente Michael sarebbe partito per Melburne per andare dalla madre.
«È solo l'essenziale.» disse facendo scorrere la cerniera ed esultando quando finalmente riuscii a chiuderla del tutto. «Ecco fatto, ora puoi alzarti.» mi ringraziò porgendomi la mano ed attirandomi a se per baciarmi.
Quanto mi erano mancate le sue labbra, pensai tra me e me.
Era tutto il giorno che io e Mike non riuscivamo a stare completamente soli: a pranzo Daryl e mamma avevano voluto sapere come era stata la festa e come avevamo passato quei giorni senza i genitori (ovviamente mentimmo) e poi Marvin ci supplicò di giocare con lui perché gli eravamo mancati, e non potemmo dire di no.
«Quando torni?»
«Il prossimo venerdì.»
«Mi mancherai.» ammisi abbracciandolo. Mi ero così abituata alla sua presenza che ora l'idea che non l'avrei visto per un'intera settimana mi sembrava inconcepibile.
«Anche tu mi mancherai,» disse accarezzandomi i capelli, «forse.»
«Come forse?» domandai offesa staccandomi, lo vidi ridere sommessamente. «Sarò clemente: ti do la possibilità di correggerti.» scherzai afferrando il suo cuscino e quando scosse la testa lo colpii iniziando a ridere.
Micheal si rannicchiò sotto ai colpi morbidi del cuscino e cercò di tentare una fuga ma inciampò nella valigia per terra schiantandosi sul letto.
«Ok ok.» si arrese voltandosi a pancia in su ed alzando le mani, «Mi mancherai anche tu.»
«Sarà meglio...oh!» Mike mi tirò per un polso facendomi cadere sopra di lui. Ridemmo entrambi.
Mi persi nel profondo dei suoi occhi verdi ammirandone le sfumature grigiastre, poi mi spostai sulla bocca inspiegabilmente rosa (le prime volte che l'avevo visto credevo che mettesse il lucidalabbra) sorrisi e Mike fece lo stesso prima di farla combaciare con la mia in un leggero bacio; poi osservai i capelli strategicamente spettinati e il loro innaturale colore.
«Che dirai a tua madre a proposito dei tuoi capelli?»
Michael sembrò pensarci un attimo, «Bhe, se dovesse chiedermelo gli dirò che avevo voglia di cambiare stile.»
«Magari quando torni ti posso fare una tinta così non ti fai vedere a scuola con i capelli fucsia, » proposi,«a meno che non vuoi essere preso per gay.»
«Ma io non lo sono.» commentò abbassando lo sguardo sul mio decoltè e assumendo un'espressione tutt'altro che casta.
«Direi proprio di no.» dissi ridendo e richiamando la sua attenzione con un bacio, «Ma ti ricordo che nessuno a scuola sa di noi.»
Lui annuì stringendomi ancora di più e io mi crogiolai nel calore e nelle sicurezza che mi trasmettevano le sue braccia. Finalmente mi sentivo felice e avrei voluto gridare a tutto il mondo quanto Michael Clifford fosse un ragazzo meraviglioso però ero consapevole che non potevo farlo, che nessuno avrebbe dovuto sapere di noi, ma in fin dei conti era una cosa di cui potevo fare a meno: non era importante che tutti sapessero chi fosse la causa del mio sorriso, ma il fatto che ora il mio sorriso non si poteva spegnere.
«Ragazzi la cena è pronta, scendete?» la voce di mia madre mi riscosse dai miei pensieri così io e Michael ci avviammo alla cucina, il mio fratellino si unì a noi e sorrisi quando il ragazzo giocò a rincorrerlo e, tra le risate del bambino, se lo caricò sulle spalle come un sacco di patate per scendere le scale.
* * *
Fissavo il soffitto della mia camera stesa sul letto mentre le note di "We are the waiting" si ripetevano per l'ennesima volta nella mia testa. Quella canzone mi ricordava dei momenti felici ed avevo iniziato ad ascoltarla ad oltranza, come d'altronde succedeva ogni volta che scoprivo una nuova canzone che mi piaceva a tal punto da ascoltare solamente quella fino quasi ad odiarla.
La porta della mia stanza si aprii leggermente, accesi lo schermo del telefono e la luce fioca illuminò una testa fucsia che faceva capolino dallo spiraglio, velocemente disattivai la ripetizione dalla play-list (non volevo che vedesse che ascoltavo solo quella canzone).
«Sam, sei ancora sveglia?» sussurrò Michael e dopo avermi visto alzare sui gomiti richiuse la porta alle sue spalle proseguendo a tentoni e imprecando quando il mignolo del piede si imbatté nello spigolo della scrivania, poi si fermò vicino al mio letto.
«Michael che fai?» chiesi togliendomi una cuffietta.
«Ho aspettato che i vecchi e Marvin dormissero,» spiegò, «volevo stare un po' con te dato che starò via per una settimana e anche per salutarti come si deve visto che domani in aeroporto non potrò farlo.» si abbasso per baciarmi e poi indicò il letto, «Posso?»
«Certamente, ma fai attenzione.» dissi riferendomi al fatto di non farsi trovare con me dai nostri genitori.
«Tranquilla, ho messo la sveglia nel caso mi dovessi addormentare.»
Alzai gli occhi al cielo perfettamente consapevole che l'unica che avrebbe sentito quella sveglia sarei stata io.
Mike posò il cellulare sul comodino e si infilò sotto alle coperte. «Cosa ascolti?» si portò la cuffietta vagante all'orecchio e sorrise quando riconobbe i Green Day, «Oh, we are the waiting: la nostra canzone!»
Arrossi visibilmente quando lo sentii dire quelle parole. Ascoltammo insieme la fine della canzone e poi spensi il telefonino posandolo accanto al suo; mi strinsi al suo torace posando la testa nell'incavo tra il mento e la spalla, Mike mi accarezzava dolcemente i capelli e io mi addormentai confortata dal suo tocco.
Un paio di ore dopo la fatidica sveglia si fece sentire buttando giù dal letto me e senza smuovere di un centimetro il suo proprietario proprio come avevo previsto, maledissi il ragazzo che dormiva beatamente avvinghiato al mio fianco e, dopo essermi liberata dalla sua stretta, mi alzai per spegnere la sua sveglia.
Spostai lo sguardo su di lui sbuffando all'idea dell'arduo compito che avrei dovuto compiere: svegliarlo!
«Mike ti devi alzare, sono le quattro del mattino.» sussurrai scrollandolo per la spalla, lui grugnì infastidito ma dopo un paio di forti scossoni riuscii a fargli aprire gli occhi. Gli sorrisi «Michel è meglio se vai a dormire nella tua stanza ora.»
Lui annuì biascicando un "ok", mi baciò sulla fronte mormorando "ti voglio bene" e "mi mancherai" poi scivolò fuori dal letto, lo seguii con lo sguardo mentre di allontanava verso la sua camera con passo strisciante.
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