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14. Like the opposing sides

Un raggio di sole filtrò dalle tende illuminandomi il viso, sbattei le ciglia sbadigliando obbligandomi ad aprire gli occhi. Mi stiracchiai rendendomi conto di essere da sola nel letto, probabilmente Michael aveva aspettato che mi addormentassi e poi era andato a dormire nella sua stanza. Mi rattristai sebbene non ne avessi un motivo valido, dopotutto ero stata io a dirgli di tenermi compagnia finché non mi fossi addormentata e lo aveva fatto.

Decisi di alzarmi e di fare colazione, mentre scendevo le scale notai che la porta della stanza di Mike era socchiusa e immaginai che stesse ancora dormendo. Arrivata in cucina notai un bigliettino sul frigo, lo sfilai da sotto la calamita che lo teneva attaccato leggendolo:

- Sono uscito un attimo, dovrei essere di ritorno prima del tuo risveglio, nel caso ci mettessi di più aspettami per fare colazione. Michael -

Lo posai sul tavolo sorridendo e constatando di essermi sbagliata, decisi di iniziare a preparare il caffè sperando che il mio coinquilino arrivasse presto. La suoneria del cellulare mi raggiunse dal piano di sopra così corsi in camera mia per recuperarlo, sul display una delle tante foto di me e Ashton e nella stanza le note forti di "Knives and pens", una canzone dei Black Veil Brides che il mio amico si era scelto da solo come sua suoneria.

«Ehi Ash.» salutai portandomi il telefonino all'orecchio.

«Ciao Samantha. Ho visto ora la tua chiamata, scusa se non ti ho risposto. Tutto a posto?»

Pensai alla sera prima, alla festa e a Daniel Honeycut. «Sì sì, certamente. Grazie.» lo tranquillizzai, non era il caso di raccontargli il perché l'avevo cercato all'una di notte.

«Buongiorno piccola.» sussurrò una voce alle mie spalle mentre due braccia forti si chiudevano con dolcezza su di me facendomi sorridere.

«Sono al telefono.» gli feci notare con un sorriso assaporando il contatto con il suo corpo.

«Spero non con tua madre.» continuò spostandomi i capelli dalla spalla destra e lasciando un leggero bacio sul collo. Voltai la testa verso di lui per incontrare le sue labbra.

«Ehi Sam?» la voce al telefono richiamò la mia attenzione e le mie guance iniziarono immediatamente a bruciare appena mi resi conto di essere ancora al telefono con il mio migliore amico. Colta in fragrante.

«Michael aspetta un attimo.» mi liberai dal suo abbraccio.

«Hai detto MICHAEL?» urlò Ashton tanto che anche il diretto interessato lo sentì, lo capii dallo sguardo incuriosito che mi rivolse subito dopo.

«Con chi stai parlando?» chiese Mike in un sussurrò per farsi sentire solo da me. Mimai con le labbra un "te lo spiego dopo" e tornai a prestare l'attenzione al mio cellulare e al ragazzo dall'altra parte della cornetta.

«No, cioè sì.» biascicai mentre Ashton mi riempiva di domande, ero completamente in imbarazzo e non avevo idea di come rispondergli. «Storia lunga. Ora devo andare, ciao.» tagliai corto staccando la chiamata e sentendomi estremamente in colpa per aver nascosto qualcosa ad Ashton per la prima volta in tutta la mia vita.

Tornai in cucina dove Michael mi aspettava con un sorriso sgargiante, sul tavolo due tazze colme di caffè fumante e al centro un piatto con quattro doughnuts farciti con della glassa colorata, mi sedetti davanti a lui ringraziandolo per la colazione.

«Allora, con chi eri al telefono?» chiese addentando una ciambella.

«Ashton, un mio amico.» risposi versando un po' di latte nel mio caffè, «Voleva sapere come stavo.» mentì prendendo un sorso dalla tazza.

«Pensi che abbia capito?» per poco non mi andò di traverso il caffè-latte. Sapevo esattamente a cosa si riferisse ma feci la finta tonta appositamente, Michael continuò credendo che il mio silenzio fosse un'implicita domanda a spiegarsi meglio. «Prima, quando io... cioè noi, ecco...»

«Quando ci siamo baciati?» domandai mettendo fine al suo balbettio, «Sì, è possibile.» conclusi mentre la rabbia mi montava dentro, alimentata dal silenzio snervante del mio interlocutore che non accennava ad aprire bocca. «Allora, dov'è il problema?» sbottai alzandomi di scatto e facendo cadere la sedia, i suoi occhi fissi su di me. «Cosa c'è di sbagliato, COSA?» le lacrime che iniziavano a pizzicarmi gli occhi.

«Lo sai, Samantha.» Mike fece per avvicinarsi ma io lo allontanai, non volevo ascoltare una parola di più. Stava andando così bene, perché rovinare tutto?

Mi chiusi in camera mia, non volevo guardare in faccia alla realtà: sapevo che la relazione che mi ero immaginata tra me e Michael era solamente un'utopia, ma non potevo accettarlo sopratutto dopo essermi fatta miseramente illudere dai baci che c'erano stati tra me e lui.

Michael busso diverse volte alla porta pregandomi di aprirgli per poter parlare, ma lo avevo sempre respinto dicendogli di lasciami da sola e dopo un po' di tentativi si era arreso. Verso ora di pranzo era tornato alla carica dicendo di scendere a mangiare, ma io non gli avevo nemmeno risposto, lo sentì trafficare con la maniglia e poi allontanarsi; aspettai di essere sicura che non fosse nei paraggi per aprire la porta trovandovi appesa una busta del McDonald contenente un cheese-burger, delle patatine e una bottiglietta d'acqua.

Quando ebbi finito il mio pranzo poco salutare decisi che stare li con le cuffiette a tutto volume ad ascoltare canzoni che mi deprimevano ancora di più non fosse la cosa migliore, avevo assolutamente bisogno di parlare con qualcuno che avrebbe potuto consolarmi e dirmi che cosa fare.

Scrissi così un messaggio ad Ashton chiedendogli se quel pomeriggio potevamo vederci. La sua risposta non si fece attendere, ma non era quella che mi aspettavo: si scusava dicendo che doveva uscire con Violet. Mi sentii tradita, da quando stava con quella ragazza sembrava non avesse più tempo per me.

Stavo per iniziare nuovamente a deprimermi quando il cellulare vibrò in avviso di un nuovo messaggio, era di Luke che mi chiedeva come stavo. Lo ringraziai mentalmente: a volte quel ragazzo aveva un tempismo da far mancare il fiato. Sorrisi nel leggere il nome che gli avevo affibbiato nella rubrica.

Come sempre Luke era la mia ancora di salvezza. Sapevo che non avrei dovuto raccontargli quello che era successo tra me e Michael, che non avrebbe sicuramente approvato, ma non potevo più tenermi tutto dentro. Sperai che anche lui fosse capace di mantenere il segreto.

Il campanello suonò una decina di minuti dopo: Luke era stato veloce!
Mi precipitai al piano di sotto per aprirgli, fortunatamente Michael era chiuso in camera sua così non avrei dovuto parlargli. Sulla porta di casa trovai un paio di occhi scuri come anche i capelli e non riuscì a nascondere la delusione.

«Aspettavi qualcun altro?» domandò Hood mentre lo facevo accomodare, notai che sulle spalle portava la custodia di una chitarra.

«Si nota così tanto?»

«Un po'. Mike è su?» Annuii. Calum si diresse alla scale ma si fermò sul secondo gradino voltandosi verso di me, «Tutto bene?»

Fui sorpresa dalla sua domanda: doveva notarsi davvero tanto. «Sì, grazie.» mentii.

Il campanello suonò nuovamente, immaginai che questa volta fosse veramente chi stavo aspettando e lo stesso pensò il moro dando voce ai suoi pensieri accompagnandoli ad una risata, mi salutò e raggiunse il suo amico al piano di sopra mentre io mi adoperavo ad aprire la porta a Luke.

«Allora, ora vuoi dirmi che cosa è successo?» domandò dopo aver fissato gli occhi azzurri nei miei, in attesa di una risposta. Da quando ci eravamo seduti in camera mia, lui su una sedia ed io sul letto, non avevo proferito parola.

Spostai l'attenzione sulla stanza cercando in tutti i modi di non incontrare i suoi occhi azzurri. Volevo raccontargli tutto, confidarmi, sperare in qualche consiglio; ma ora qualcosa mi bloccava: non potevo dirgli nulla, non avrebbe approvato e sopratutto non avrebbe potuto capirmi né aiutarmi, non sarebbe rimasto imparziale. Ora riuscivo a comprendere le insicurezze di Michael: quella tra noi era una relazione illusoria, effimera, che non aveva possibilità di esistere e coesistere con chi ci circondava e ci conosceva.

«Samantha guardami per favore.» la voce di Luke mi riscosse dai miei pensieri, finalmente alzai lo sguardo su di lui mentre le lacrime iniziavano a sgorgare. Si alzò immediatamente dalla sedia e mi abbracciò, io mi abbandonai ad un pianto silenzioso. «Che hai? Mi fai preoccupare così.» sussurrò accarezzandomi la schiena.

«Scusa...» mormorai con la voce rotta dai singhiozzi, «Scusami.» Mi staccai da lui per guardarlo, «Non posso dirtelo.»

«Non importa, stai tranquilla: non ti obbligo.» mi confortò.

«Invece si che importa: ti ho fatto venire qui per niente.» mi portai le mani sul viso sentendomi in colpa, «Ti sto facendo perdere tempo.»

Luke mi prese i polsi facendomi abbassare le mani, «Non lo pensare nemmeno: sono qui perché ne hai bisogno, che io sappia o no il motivo. Non è una perdita di tempo.»

«Grazie Luke, sei un vero amico.» lo abbracciai.

«Tu faresti lo stesso per me.»

Quando mi fui calmata io e Luke decidemmo di passare il pomeriggio a cazzeggiare al computer così ci mettemmo a guardare vari video su you-tube.

«Hai sentito?» chiese, io negai con la testa. «Metti in pausa.» feci come mi aveva detto e tesi le orecchie, ora lo sentii: sembrava una chitarra. «È una chitarra!» Luke confermò i miei pensieri.

Entrambi ci alzammo dimenticandoci del video che stavamo guardando, aprimmo la porta e il suono si fece più forte: veniva dalla camera di Michael. Sempre più incuriositi ci avvicinammo senza far rumore ed io accostai un orecchio sulla porta chiusa senza però riuscire a capire che canzone fosse. Probabilmente mi appoggiai troppo pesantemente, o forse la porta era solo socchiusa, ma ad un certo punto mi mancò il sostegno dell'infisso e caddi rovinosamente a terra all'interno della camera.

«Ciao ragazzi.» salutai Michael e Calum che avevano smesso di suonare ed ora mi osservavano dall'alto. Sapevo di essere arrossita e cercando di nascondere la vergogna mi alzai velocemente. «Ehm scusate... Vi abbiamo sentito e non siamo riusci a resistere.» ammisi.

«"Siamo"?» domandò Michael.

«Sì, c'è anche Hemmings.»

«Ehilà ragazzi!» Luke fece capolino dalla porta sentendosi chiamare, «Complimenti, suonate davvero bene.»

«Grazie Lucas.» era stato Hood a parlare. Michael era rimasto in silenzio scrutandomi con gli occhi indecifrabili.

«Posso?» Luke si avvicinò a Calum prendendo la chitarra che gli stava porgendo e si sedette accanto a lui iniziando a strimpellare qualcosa.

«Anche tu non sei male.» ricambiò il moro riprendendo la sua chitarra, Luke lo ringraziò con un cenno del capo.

Ci fu un attimo di silenzio: io e Mike continuavamo a guardarci senza parlare, gli altri due si voltarono verso di noi percependo la tensione che si era creata.

«Scusate se vi abbiamo disturbato. Luke?» dissi rompendo il silenzio e dirigendomi verso la mia stanza.

«Nessun problema.» finalmente Mike parlò, «Anzi, vi va di rimanere: potremmo suonare un po'?»

Luke accettò entusiasta senza darmi il tempo di rispondere, così Michael gli prestò una delle sue chitarre ed iniziarono a suonare tutti insieme seduti sul pavimento, io invece mi accomodai sul letto e restai in silenzio ad ascoltarli: non erano per niente male. Dopo un po' si accorsero che io ero ancora li, si guardarono tra di loro e poi smisero di suonare tutti insieme guardandomi con curiosità.

«Hai qualche richiesta?» mi chiese Calum.

«Io non saprei...» dissi imbarazzata.

«Che ne dici qualcosa dei One Direction, li ascolti vero?» continuò Luke conoscendo già la risposta. Annuì con un sorriso cercando si nascondere l'euforia. Se li ascoltavo: li adoravo! «Va bene per voi?» si voltò verso gli altri due che acconsentirono.

Mike diede il via iniziando a suonare quella che riconobbi come One Thing. La prima strofa la cantò Calum mentre i Muke lo accompagnavano con gli strumenti; io non riuscivo a staccare gli occhi da Michael: ero come ipnotizzata dalle sue dita che si muovevano sicure sulla chitarra. La seconda strofa la cantò lui come anche il pre-ritornello, poi sul ritornello si unirono anche le voci di Luke e Cal e il modo in cui si armonizzavano a vicenda mi lasciò senza parole: era impossibile credere che fosse la prima volta che suonassero e cantassero insieme. Alla fine mi lasciai prendere pure io dal loro entusiasmo e sul secondo ritornello mi misi a cantare anch'io cercando di tenere il tempo battendo le mani.

Se prima avevo ancora qualche linea di arrabbiatura verso Michael, in quel momento e con quella canzone mi era completamente passata. Dopotutto era più forte di me: non riuscivo ad essere arrabbiata con lui, sopratutto per come mi guardava mentre cantava, dritto negli occhi. Ci immaginai come due calamite che si attiravano una verso l'altra, due poli opposti che nonostante tutto si completavano.

«Wow ragazzi, siete stati bravissimi!» mi complimentai applaudendo quando ebbero finito.

«Oh esagerata!» commentò Luke, lo vidi girarsi scambiando uno sguardo d'intesa con Calum che annui: quei due stavano complottando qualcosa. «Qualcuno ha fame?» continuò posando la chitarra, il moro alzò la mano facendo lo stesso, «Sam, possiamo servirci da soli?» si alzò facendomi l'occhiolino.

Senza aspettare la risposta i due uscirono dalla stanza lasciandomi sola con Michael. Ci guardammo in silenzio aspettando che l'altro prendesse parola, lui si torturata il labbro inferiore mentre io mi mordevo l'interno della guancia.

Finalmente Mike decide di parlare: «Scusami.» Una parola che racchiudeva in se tutto, lo perdonai (cosa che in realtà avevo già fatto). «Non volevo litigare.» ammise mentre si alzava tendendomi le braccia.

«Nemmeno io.» dissi buttandomi nel suo abbraccio.

«Però lo sai che dovremmo poi parlarne.» mi ricordò.

Mi staccai un attimo da lui, «Lo so, ma non adesso.» ritornai con la testa sul suo petto «Per favore.» Mike rispose stringendomi più forte. «Michael?» alzai gli occhi su di lui.

«Mhm.»

Guardai verso la porta assicurandomi che non stesse arrivando nessuno, «Me lo dai un bacio ora?» sussurrai arrossendo pensando che fosse una domanda stupida. Michael non sembrò invece stupirsi e si chinò facendo combaciare le nostre labbra. Due calamite dai poli opposti.

* * *

Tornai al piano di sotto raggiungendo la sala da pranzo dove i tre ragazzi erano rimasti a chiacchierare mentre io ero andata a prepararmi, Ashton mi aveva proposto di vederci la sera per scusarsi di avermi "paccato" nel pomeriggio. Mi sporsi sulla porta salutando i ragazzi ringraziandoli per la giornata, sul tavolo c'erano ancora i cartoni vuoti delle pizze che avevamo ordinato per cena, e Michael si alzò seguendomi all'entrata, vidi Luke e Calum scambiarsi uno sguardo d'intesa: quei due avevano già capito tutto.

«Non era il caso che mi accompagnavi alla porta.» gli feci notare sorridendo.

«Lo so. Ma poi non avrei potuto fare questo.» sussurrò chinandosi dandomi un bacio sulle labbra.

Mi spostai da lui senza ricambiare come avrei fatto in altre circostanze e Michael sembrò rimanerci male, «Ci possono vedere!»

Si voltò in direzione della sala da pranzo. «Nha.» fece un passo azzerando le distanze e mi attirò a se, «Ora posso avere il mio bacio?»

Sorrisi arrossendo e mi alzai sulle punte per portarmi all'altezza delle sue labbra. Tutto quello era troppo bello, troppo perfetto. Mi chiesi per quanto sarebbe durato.

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