10. Train
Mi stiracchiai sbadigliando: alla fine ero riuscita ad addormentarmi. Presi il cellulare e quasi mi prese un colpo quando mi accorsi che ore erano: le 11:46.
Non avevo mai dormito così tanto, mi ero sempre alzata abbastanza presto. Perché nessuno mi aveva svegliato?
Indossai una tuta da casa e scesi in cucina dove mia madre era intenta a preparare il pranzo. «Buongiorno, stai bene?» chiese lei appena mi vide, la fissai dubbiosa. Certo che stavo bene, come sempre. «Mike mi ha detto che ieri non hai digerito qualcosa e che hai dormito male.» continuò, reputando che il mio silenzio significasse una risposta affermativa. Ora si spiegava tutto!
Mi guardai intorno per la stanza che costituiva salotto, cucina e sala da pranzo trovando solamente Marvin impegnato a giocare con le sue macchinine di plastica colorata. «Dov'è Michael adesso?»
«Daryl lo ha accompagnato a prendere i biglietti del treno.» rispose buttando una manciata di sale nella pentola sul fuoco.
«Treno?» ripetei sgomenta senza poter nascondere il mio stupore che si trasformò velocemente in gioia.
Allora era serio quando aveva detto di volermi accompagnare ed io che pensavo quasi fosse un ennesimo scherzo.
Come se avessero sentito di essere chiamati in causa, Daryl e Michael si presentarono sulla porta entrando nello chalet. Senza nemmeno pensarci mi lancia al collo del ragazzo ringraziandolo.
«Oh, ti sei già svegliata: volevo farti una sorpresa.» commentò ricambiando la stretta sotto agli sguardi amorevoli e felici dei nostri genitori: immaginai fossero felici che finalmente andassimo d'accordo.
«Non pensavo fossi serio.» ammisi, imbarazzata per non avergli dato fiducia.
«E invece sì!» sorrise sventolandomi davanti alla faccia i due biglietti del treno, «Partiamo venerdì mattina: avvisa Honeycutt.» sussurrò tra i miei capelli in modo che lo sentissi solo io.
Ero sempre più convinta che qualcuno avesse rapito il vero Michael e che lo avesse sostituito con quello che avevo davanti. Fissai i suoi capelli fucsia cercando di nascondere un sorriso: o forse la tinta gli era arrivata fin nel cervello rendendolo più gentile; ma qualunque fosse la motivazione del suo inaspettato cambio di comportamento non mi importava veramente, lo preferivo mille volte così rispetto a come lo avevo conosciuto alla Norwest Christian Collage. Iniziai a pensare che probabilmente Michael era sempre stato piacevole e premuroso come si stata rivelando ultimamente, e che invece la faccia da bulletto che indossava a scuola fosse solo una maschera per proteggersi dalla fragilità, quella che avevo colto nei suoi occhi le rare volte che si era confidato con me. Mi ritrovai a provare compassione per lui.
Mike, sei una persona meravigliosa, perché ostini a nasconderti?
Sapevo che avrei dovuto aspettare per sapere la risposta, dovevo dare tempo al tempo e lasciare che si aprisse con me senza costringerlo altrimenti si sarebbe chiuso a riccio.
* * *
Venerdì mattina arrivò velocemente, Daryl ci aveva accompagnato a "Minnamura Station" mentre mamma era rimasta allo chatel con Marvin, si era raccomandata che avessimo le chiavi altrimenti non saremmo entrati in casa e di chiamarla quando saremmo arrivati.
Appena il terno si fermò al binario uno vi salimmo sopra, dovemmo precorrere tre vagoni interi prima di riuscire a trovare due posti liberi uno di fronte all'altro, fortunatamente ci eravamo portati solo uno zaino a testa con l'essenziale per essere più leggeri poiché le valigie le avrebbero poi riportate i nostri genitori quando sarebbero tornati in macchina.
Pochi minuti dopo le porte si chiusero silenziosamente e con un leggero scossone il treno partì, guardai l'ora sul telefonino: le 08:20, in perfetto orario. Saremmo arrivati a destinazione verso mezzogiorno, cambiando due treni, e da li avremmo dovuto prendere un altro autobus che ci avrebbe scaricato vicino a casa.
«Hai avvisato Honeycut che siamo partiti?» chiese Michael vedendo che avevo il cellulare in mano.
«No, lo faccio ora.» risposi digitando il messaggio, inviai e poi puntai gli occhi sul mio accompagnatore, «Ora mi vuoi dire come hai fatto a convincere mamma » continuai incuriosita. Tutte le volte che glielo avevo chiesto aveva sviato la domanda con la scusa che la donna avrebbe potuto sentirci mandando in fumo il piano.
«Semplice. Le ho detto che eravamo stati invitati ad una festa di scuola e che non potevamo assolutamente mancare.» rispose compiaciuto.
«Tutto qui, e lei ti ha creduto?» ero sgomenta, se glielo avessi detto io non mi avrebbe sicuramente lasciata andare.
«Certo, guarda che visetto d'angelo che ho. Non ha potuto dirmi di no.» disse con un sorriso furbetto, facendomi ridere.
«Se sei convinto te... Secondo me, lo ha fatto perché gli facevi pena.» scherzai alludendo alla capigliatura colorata che aveva cercato inutilmente di nascondere sotto ad un berretto, Michael mi guardò torvo prima di unirsi alle mie risate. «Ma Mike, tu domani non mi accompagni veramente, giusto?» chiesi dopo un po', dopotutto lui aveva detto a mamma che saremmo andati insieme.
Da come mi guardò di sicuro aveva capito dove volevo andare a parare. «No, tranquilla. Era solo una scusa per convincere Rose-Anne. » mi rassicurò, «A proposito, ti passano a prendere o ti devo portare io alla festa?»
«No, no. Daniel mi ha appena scritto che viene lui.»
«Oh, ok.» sembrò rattristarsi per un attimo, «Quindi state insieme?» domandò con una leggera nota di gelosia.
Mi morsi il labbro inferiore, non avevo idea di come rispondere a quella domanda. Scelsi di dire la verità: «Sinceramente non lo so. Per ora ci frequentiamo e basta.»
Michael sembrò rilassarsi nel sentire le mie parole, annuì con il capo mentre pronunciava un "capito".
Durante il viaggio chiacchierammo ancora per un po' finché il ragazzo non si appisolò in una posizione poco comoda, con la fronte sul finestrino che sbatteva leggermente ad ogni sobbalzo del treno. Gli feci una foto con il telefonino e poi tentai di addormentarmi anche io senza riuscirci, così mi infilai le cuffiette selezionando "Live while we're youg" dei One Direction dalla playlist. Svegliai Michael un paio di ore dopo, quando il treno stava per sostare alla "Richmond Station"; passammo velocemente in rassegna tutti i binari arrivando a quello diciotto, dove l'altra locomotiva ci aspettava per partire. Cercammo due posti vicini e nel giro di un'ora il treno si stava già fermando alla nostra fermata definitiva, la "Rivestone Station".
Scendemmo dal vagone e mi diressi subito verso la biglietteria, ma Michael mi richiamò: «Samantha, dove stai andando?» domandò con un sorriso divertito e falsa curiosità.
«A fare i biglietti per il bus,» risposi guardando l'ora sul telefonino, «dovrebbe partire tra dieci minuti.»
«Perché? Non dobbiamo mica prenderlo.»
«E come credi di tornare a casa, a piedi?» chiesi ironicamente alzando gli occhi al cielo.
Michael scoppio a ridere e finse persino di asciugarsi una lacrima, lo guardai storto trattenendomi dall'insultarlo. Mi stava prendendo per il culo.
«Allora, la smetti?» chiesi irritata battendo il piede a terra, finalmente si ricompose.
«Sì, scusa.» disse sorridendo ancora, «Aspetta un attimo, devo fare una telefonata.» continuò prendendo il cellulare e scorrendo la rubrica.
«Così perderemo l'autobus!» gli feci notare mentre si allontanava.
«Allora sei proprio testarda:» commentò portandosi il cellulare all'orecchio, «non lo prendiamo!»
Sbuffai infastidita, quel ragazzo non lo riuscivo a capire, ma restai comunque ferma ad osservarlo mentre parlava al cellulare con chissà chi. Tornò poco dopo dicendomi di seguirlo, sebbene non ne fossi tanto convinta feci come mi aveva detto e aggirata la stazione ci fermammo in un parcheggio.
«Guarda.» disse indicando un Hammer gialla ferma, riconobbi il conducente.
«Ma quello è Hood. Che cosa ci fa qui?» chiesi sorpresa.
«È venuto a prenderci.» disse alzando il braccio per salutare il suo amico, «Dai andiamo.» continuò incamminandosi.
Arrivato vicino alla grossa auto Michael fece il giro per accomodarsi nel posto del passeggero. Repressi una risata quando il moro lo guardò malissimo nel notare la capigliatura fucsia, ma non si fece sfuggire alcun commento.
«Ciao Calum.» salutai aprendo la portiera dietro e salendo (praticamente arrampicandomi), «Credevo avessi una moto.»
«Hey Sam, che piacere vederti!» ricambiò, «Certo, questa è la macchina di mio padre, me l'ha prestata per venirvi a prendere.» spiegò facendo fremere il motore e partendo.
«Sai Cal, potrei amarti: non avevo proprio voglia di passare altri quaranta minuti sul bus.» confessai facendo ridere il mezzo neozelandese, «Grazie per il disturbo, spero solo che Mike non ti abbia fatto scomodare per venirci a prendere.» continuai.
«Nessun disturbo, figurati. Passavo di qui.» disse e io lo guardai stranita: la stazione non era proprio vicina, ci voleva una mezz'ora buona da li a casa mia (ehm, nostra), quindi non gli credetti. Calum capì il mio silenzio e spiegò pazientemente: «Oggi ho dovuto accompagnare qui mia sorella, siete stati fortunati che avevate gli orari dei treni vicini.»
«Quando gli ho detto che saremmo arrivati oggi si è offerto di riaccompagnarci a casa.» si intromise Mike.
«Oh, grazie mille Cal. Sei stato davvero gentile.» lo ringraziai, «Sicuro che non devi fare dei giri in più per riportarci a casa?» chiesi, «Puoi dirlo se Michael ti ha obbligato.» conclusi scherzando (ma non troppo, sapevo che ne sarebbe stato capace).
Calum rise di gusto, poi si voltò verso l'amico: «Bro, ma lei non lo sa?»
Michael scosse la testa sovrappensiero. «Potrei essermi dimenticato di dirglielo.» ammise.
«Che cosa dovrei sapere?» mi intromisi incuriosita.
«Calum abita sei case più in la alla nostra, quindi è sulla strada.» spiegò.
Rimasi sorpresa da quella notizia, non avevo idea che io e Hood fossimo vicini di casa, anche se in effetti avrei potuto capirlo se avessi prestato attenzione a quale fermata del bus scendeva/saliva nei giorni di scuola.
Nel giro di mezz'ora eravamo davanti a casa, Calum fermò la grossa auto vicino al marciapiede mettendo le quattro frecce. Lo ringraziammo per il passaggio, ma prima che scendessimo il moro pose una domanda a Michael, ed io non riuscii a trattenermi più dal ridere.
«Bro, mi vuoi spiegare che cazzo hai fatto ai capelli?» chiese, mettendo subito le mani avanti dopo un'occhiataccia dell'amico, «Cioè, nulla in contrario, ti sta bene. Però lo potevi scegliere un colore un po' meno acceso.» cercò di recuperare, facendomi ridere ancora di più.
«Chiedilo a quella lì dietro che ride come un'ossessa.» rispose Mike scendendo dalla macchina.
Mi zittii subito sentendomi chiamare in causa, arrossii colpevole quando Calum si voltò verso di me in attesa di qualche spiegazione. «Storia lunga. » dissi alzando le spalle e facendogli l'occhiolino mentre raggiungevo il tinto sulla porta di casa.
Hood, che si aspettava una risposta più chiara, commentò che "prima o poi avrei dovuto raccontargliela quella storia" e poi partì con il grosso macchinone giallo di suo padre, mentre io ricominciavo a ridere sotto agli occhi infastiditi e allo stesso tempo divertiti di Michael.
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