Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Farfalle e falene.

Noi siamo come farfalle che svolazzano per un giorno pensando che sia per l'eternità.
~Carl Sagan
______________

La debolezza di un sole appena nato filtra tra le tende di Villa Balestra. È timido, impacciato, un bambino che sorride per la prima volta alla mamma. I suoi raggi volteggiano indecisi, danzano sui contorni dei mobili, illuminano lo sguardo scuro di un uomo che non avrebbe dovuto aspettarlo.

L'alba, quella mattina, pare gentile. È rosea, dipinge la tela del cielo con la sua delicatezza. È più sbiadita del tramonto del giorno precedente, che, deciso, ha imposto su Roma i suoi colori sgargianti.

L'alba è una carezza dopo gli incubi della notte.

La consapevolezza che il sole sorge sempre.

Il freddo di novembre, pungente ed arrogante, è solo un ricordo tra le mura di quella casa. È chiuso fuori insieme all'alba, si lascia travolgere dal suo abbraccio caldo, cede.

Come Manuel tra le sue braccia.

Dorme.

Manuel dorme, e Simone gli sposta un riccio dalla fronte. Dorme piano, sul suo petto, circondato dal suo braccio destro. Dorme tranquillo, dorme in pace, dorme protetto.

Dorme.

Dorme come forse non fa da giorni. Respira regolarmente, senza affanno, senza fatica. Non trema, non urla, non scalcia. Sta in silenzio, lontano dal mondo, cullato dai sogni e dal calore di un corpo.

A qualche anno luce da lui, poi, la luna sorride.

Forse perché il sole sta nascendo di nuovo.

Simone lo scruta. Si perde con gli occhi nelle screpolature delle sue labbra, che d'inverno sono sempre secche perché fa troppo freddo. Disegna con lo sguardo le imperfezioni della sua pelle, la linea chiusa della sua bocca, le sfumature di una barbetta appena accennata.

Fa un sorriso amaro.

Tra i mille colori di quel viso, troppi sono scuri.
Il rosso delle sua fronte, ad esempio. Quello è dovuto alla febbre. E poi c'è il viola sotto i suoi occhi.

Quello è perché non dorme.

O perché quando lo fa, ha gli incubi.

Simone lo sa che Manuel non sta bene. Non sta bene da mesi, da quando ha scoperto che sua madre rischia la vita soltanto respirando. Non mangia, vomita in continuazione, parla a malapena. Non ascolta, soffre di attacchi di panico, fa sogni incoerenti e spaventosi.

Simone lo sa, anche se Manuel non glielo dice.

Lo sa attraverso il padre, che non si sa tenere un cecio in bocca. Lo sa attraverso Anita, che nonostante tutto si preoccupa più per il figlio invece che per se stessa.

Lo sa perché lo vede, anche attraverso lo schermo di un cellulare. Lo sa perché lo sente dalla sua voce, che ormai è spenta e fin troppo apatica.

Lo sa perché lo percepisce. Dai messaggi scritti di fretta, da quelli senza risposta. Dal suo entusiasmo morto, dal vuoto nei suoi occhi.

Lo sente dentro di sé, che Manuel non sta bene.

Simone si pente ogni giorno di quello che ha fatto. Non sarebbe dovuto partire, sarebbe dovuto rimanere al suo fianco. Avrebbe dovuto essere la sua spalla, la sua colonna, la sua ancora. Avrebbe dovuto essere il suo ossigeno, l'aria da respirare quando sente di non riuscire a farlo.

Invece, Simone è andato troppo lontano.

E ora Manuel a malapena respira.

Sospira, trattenendo una lacrima solitaria. Sono le sei del mattino, può vederlo dall'orologio appeso alla parete della sua camera. È esausto, perché il viaggio del giorno precedente da Milano ha prosciugato tutte le sue energie. Che poi, è tornato solo perché Manuel si è beccato l'influenza; un'influenza bella pesante, tra l'altro, visto che ha avuto la febbre tutto il giorno ed è crollato alle nove di sera.

La guancia dell'altro scotta sul suo petto. Simone se ne accorge solo adesso, anche se sono minuti che è sveglio. Solo ora ha ripreso contatto con la realtà, d'altronde.

Ha passato tutto il tempo a pensare.

Potrebbero essere le coperte fin troppo pesanti a fargli quell'effetto. Eppure, ne dubita.

Fa un respiro profondo e posa quattro dita sulla sua fronte.

Brucia.

Brucia da morire, e Simone è quasi costretto a ritirare la mano. Il cuore inizia a battergli più forte, e un po' va nel panico.

Respira.

Tentando di calmarsi, allunga una mano verso il comodino. Lo fa lentamente, cercando di non muoversi troppo per non svegliare Manuel. Afferra il piccolo asciugamano che giace sul mobile, e lo bagna nell'acqua fredda contenuta all'interno di una ciotola rosa.

Respira.

Con estrema gentilezza, attorciglia il panno e lo poggia sulla fronte del fidanzato. Al contatto, quest'ultimo mugola un po', aumentando la stretta intorno al suo corpo.

Simone sorride.

"Mimo..." mormora Manuel, sollevando un tantino le palpebre. La sua voce è graffiata dal mal di gola, e si sente che fa fatica a respirare.

L'altro è interdetto, non sa come reagire. È dispiaciuto per averlo svegliato e preoccupato per le sue condizioni di salute.

Deglutisce.

"Manu.." sussurra dolcemente, portandogli un pollice sulla guancia. "è presto. Torna a dormire, dai."

"No," Manuel scuote la testa. "no, no, no. Voglio sta' co' te, finché stai qua."

A Simone si frantuma un po' il cuore.

Il colpo gli arriva dritto in petto, anche se mal assestato. Sa che Manuel, con quelle parole, non voleva fargli male, né tantomeno condannarlo.

Ma, nonostante questo, la consapevolezza di non essere una presenza assidua nella sua vita gli fa male lo stesso.

Voglio restare.

Al diavolo tutto.

"Sto qua," bisbiglia sommesso, stringendolo di più. "sto qua, non vado da nessuna parte."

Manuel piagnucola. Alza la testa con non poco sforzo, in modo tale da poterlo guardare negli occhi. I loro sguardi, brillanti di lacrime, si incrociano e si sorridono. Le loro anime si tengono per mano.

I loro cuori battono all'unisono.

"Dai," lo incalza Simone, ancora parecchio preoccupato. "dormi un po'. Ti fa bene, Manu."

Ma Manuel non è d'accordo.

Non vuole dormire, non più.

Vuole che quel momento duri per sempre.

Che Simone continui ad ancorarlo ai sogni più belli, piuttosto che ad abbandonarlo nei suoi incubi peggiori.

"No," ripete Manuel, deciso. "non voglio Simò. Voglio sta' sveglio. Voglio che me racconti qualcosa."

L'espressione di Simone si addolcisce. Prima era severa, governatrice. Ora invece è rilassata, sottomessa, innamorata di quelle pupille grandi e ingannatrici.

Sospira, portandogli una mano tra i ricci.

"Va bene, va bene," cede, come il gelo a un sole troppo fragile. "allora ti faccio vedere una cosa. Ma poi ti metti a dormire, intesi?"

Manuel annuisce debolmente. Si morde un labbro, segue con gli occhi ogni singolo gesto dell'altro. Si bea del battito del suo cuore, che è vivo, che gli freme sotto l'orecchio. Scolpisce la sua presenza, stampa in testa il suo tocco così da poterlo ricordare per sempre.

Tra poco te ne andrai.

Ma ora sei qui, e sei mio.

Simone, intanto, fa un respiro profondo. Allunga il corpo verso destra, di nuovo verso il comodino, e spalanca l'unico cassetto di cui è fornito il mobile. Infila una mano al suo interno, e tasta per un po' senza trovare nulla.

Nel frattempo, tiene lo sguardo fisso su Manuel.

Alla fine tira fuori un libro. Non è grande, e ha la copertina particolarmente colorata. Al centro spiccano i colori brillanti di un paio di ali di farfalla, del colore del tramonto e della cupezza della notte.
Più in basso, il titolo è in caratteri semplici e comprensibili:

"Le farfalle: il loro mondo e le diverse categorie."

Manuel aggrotta le sopracciglia nel leggerlo. Rivolge a Simone un'occhiata confusa, e quest'ultimo sorride.

"Questo l'ho comprato qualche settimana fa," spiega a bassa voce, tracciando con l'indice le lettere del titolo. "stavo in libreria, e la copertina mi ha attirato. Tu una volta poi mi hai pure detto che le farfalle so tra le cose più belle di sto mondo, e quindi ho deciso di prendertelo. Volevo fartelo vedere quando stavi bene, però..."

"Vediamolo ora." ordina Manuel schiarendosi la gola.

Simone alza gli occhi al cielo per quella sua tipica sfacciataggine, che non va via neanche quando sta male.

È la luce del sole, che rimane anche quando il nucleo sta morendo.

Con molta calma si sistemano un po' meglio. La testa di Manuel finisce nell'incavo del collo di Simone, e così può ancora percepire il battito dell'altro. Il suo viso è ora rivolto verso il libro, il suo respiro è ancora regolare.

Prima di iniziare a sfogliare le pagine, Simone gli stampa un bacio tra i capelli.

Manuel incurva le labbra.

Stanno così per un po'. Le ali di mille farfalle colorano la loro mattina, si mischiano al cielo dell'alba, prospettano una giornata migliore rispetto a quella precedente. Volano insieme a quei meravigliosi insetti, ne studiano i tratti, le abitudini, le particolarità.

Manuel ha le labbra schiuse, è estasiato da tanta bellezza. Rapito dalle storie raccontate su quella carta, ne sfoglia il contenuto da solo, prestando poca attenzione al suo compagno.

Simone osserva l'attenzione che mette in quello che gli interessa, e si innamora un po' più di prima.

La febbre sta scendendo.

Loro due sono lí, insieme.

Va tutto bene.

"Simo," esordisce Manuel d'un tratto, voltandosi. Una lacrima gli scivola lungo la guancia, e a Simone si stringe il cuore. Con un gesto repentino, la raccoglie. "grazie."

Simone solleva un sopracciglio. "Di cosa?"

"Perché stai qua. Me sei mancato."

L'aria si fa improvvisamente più pesante. Inizia a premere sul petto di Simone, a spezzargli ogni singola costola. Vorrebbe urlare. Urlare al mondo che è stato ingiusto con loro, che meritano molto di più. Urlare a se stesso che non sarebbe dovuto partire, che avrebbe dovuto passare la vita ad abbracciare Manuel.

Urlare.

Simone vorrebbe urlare, e Manuel vorrebbe piangere.

Sta trattenendo le lacrime, i singhiozzi, l'angoscia. È un momento felice, eppure riesce solo a pensare alla tristezza che ne conseguirà.

Non andartene.

"Non piangere, ti prego."

A Manuel alla fine scappa un'altra lacrima. Non se ne accorge nemmeno, succede e basta. Poi una lacrima diventano due, tre, dieci. E i singhiozzi aumentano, a rotta di collo, senza che Simone possa farci nulla.

Quest'ultimo, dal canto suo, si sente impotente. È un uomo davanti ad una tempesta, non può fare nulla per fermarla. Può solo scegliere di stare sotto la pioggia, o di ripararsi.

Sceglie di stare sotto la pioggia, però.

Aspetta il sole.

"Simò," soffia Manuel, con voce spezzata. "me manchi assai. Me manchi proprio assai."

A Simone fanno male i muscoli del viso. Li ha contratti in una smorfia di dolore da fin troppo, ormai bruciano come i suoi occhi velati dal pianto.

Anche lui si sta trattenendo.

A differenza di Manuel, però, ci sta riuscendo.

"Manu. Guardami."

Simone gli alza un po' il mento, scoprendogli il volto precedentemente nascosto nel suo pigiama di cotone. Gli lascia un bacio umido sulle labbra, casto, pieno di amore.

Manuel tiene gli occhi chiusi.

La febbre, nel frattempo, ancora sta scendendo.

"Manuel," ripete Simone, con tono calmo e coinciso. "per favore, guardami. Vorrei raccontarti una cosa."

Ci vuole tanto coraggio per aprire gli occhi al mondo. Specialmente se tale mondo è crudele, brutto e accecante. Specialmente se ti infila coltelli tra le costole, ogni singolo giorno. Ci vuole coraggio per rendersi vulnerabili, per lasciarsi colpire dalla luce.

Il coraggio di Manuel, in questo caso, è Simone.

Perché la sua luce è flebile, e bella. Perché non riesce a resistergli, nemmeno quando sta male.

Perché Simone profuma di salvezza, ed ha bisogno di aggrapparsi a lui.

Solo con te so di potercela fare.

"Dimme." si sforza di sorridere.

Simone lo fa a sua volta. Poi, prende a sfogliare il libro, in cerca di una pagina in particolare. Manuel, notando lo studio dietro quei movimenti, fa scivolare lo sguardo sulla carta, tentando inutilmente di comprendere cosa l'altro stia cercando.

A un certo punto, Simone si ferma, e gli lascia un ulteriore bacio in testa.

Manuel, stavolta, sorride sul serio.

"Ma sta roba è terribile, Simò," commenta quando capisce cosa c'è sul foglio. "se po' sape che è?"

In effetti, è un'immagine più brutta delle altre. Priva di colori, quasi spaventosa.

Il petto di Simone vibra di una leggera risata.

"È una falena, Manu." replica.

Manuel scuote la testa.

"Ma che schifo, Simò. Torniamo alle farfalle per piacere."

Di nuovo, Simone ride. L'altro allora assottiglia lo sguardo, non capendo cosa ci sia di tanto divertente. Aspetta, fissa la falena, ma non si spreca a leggerne la descrizione.

Forse, se lo facesse capirebbe.

"Se vede che la febbre te sta a scende," constata Simone d'un tratto. "stai a torna' il solito stronzo."

Manuel lo fissa per qualche secondo . Giusto il tempo per elaborare, per farsi travolgere da quelle parole.

"Ma vaffanculo." mormora poi, con la voce ancora graffiata.

Simone alza gli occhi al cielo.

"E daje Manu, sto a scherza," sghignazza. "me lo vuoi fa di quello che devo di o no? Stai a rovina l'atmosfera."

L'altro mugugna un ulteriore "Vaffanculo". Ma lo fa più piano, quasi con un fil di voce. Perciò, Simone lo prende come un segno, e continua a parlare.

Alla fine, Manuel riesce persino a seguire il suo ragionamento.

"Praticamente, tempo fa ho sfogliato un po' sto libro," comincia. "così, perché non c'avevo nulla da fa. E mi sono imbattuto in sta falena bruttissima che veramente c'hai ragione non se po' guarda—ma non è questo il punto.

Il punto e che ho letto un po' di ste sue caratteristiche, mi ha colpito parecchio. Aspetto fisico e occhi inquietanti a parte, è spaventosa pure perché si nutre di sangue."

"Mamma mia che romantico che sei, Simò," lo interrompe Manuel, prendendolo in giro. "ti giuro che c'ho i brividi."

"Ao, ma me fai finí si o no?" ribatte quindi Simone, leggermente infastidito. Al che, percependolo, Manuel sospira, ed annuisce. "Ecco, grazie. Come stavo a dì, sta roba succhia il sangue. Però non è così che la chiamano."

"Così come?"

"Succhiasangue," dice. "non la chiamano succhiasangue. La chiamano succhialacrime."

Per un istante, cala il silenzio. Manuel riflette sul significato di quella combinazione di parole, pensieri sfocati gli vorticano inutilmente in testa. Non ci arriva. È inutile, non capisce.

Sente la necessità di chiedere.

"Succhialacrime?"

"Eh, succhialacrime," conferma Simone. "il che può sembrare inquietante , lo so. Ma è pure poetico se ce pensi."

Manuel assottiglia lo sguardo.

"Poetico?" replica, spalancando la bocca. Onestamente, in un essere talmente angosciante non ci vede nulla di poetico.

"Eh, poetico" sottolinea Simone. "pensaci. È come se prendesse le lacrime di altri animali e si facesse carico di tutto il loro dolore."

"Simò, sinceramente, io non credo—"

"Ma mi fai finire?" sospira Simone, esasperato. Al che, Manuel si tappa la bocca, mordendosi un labbro e trattenendo una risata. "Lo so che non è quello il loro scopo nella vita, grazie. Stavo solo a prende spunto per na riflessione. La vuoi sentire si o no?"

L'altro si limita a sorridere e ad arricciare il naso.

Tanto che Simone, contagiato dall'allegria di quel nasino arrossato ed imbronciato, non può far altro che stamparsi anch'esso un sorriso in viso.

"Oh, grazie" mormora, adesso più piano, scompigliandogli un po' i ricci. "come stavo dicendo, è come se i succhialacrime si nutrissero del dolore degli altri animali. Si prendono tutte le loro lacrime, le consumano, le fanno proprie.

Il che, mi porta a dirti che io sarò sempre pronto a fare la stessa cosa per te. Voglio prendermi tutti i tuoi pianti, i tuoi tormenti, le tue debolezze. Voglio che tu mi dica quando stai male, che ti appoggi a me, che ti senta sicuro tra le mie braccia.

Voglio essere il tuo succhialacrime, e non nel senso inquietante, ma nel senso metaforico. Quello che piange per te e con te.

Quello che porta via tutto il tuo dolore."

Manuel lo osserva con le sopracciglia aggrottate.

Ci sono monti di scalare nella vita. A volte sono troppo alti, e la pietra graffia la pelle di chi ci prova. A volte sono soggetti a frane, altre a tempeste di neve. Sono posti pericolosi, bui, che vanno affrontati da soli.

Eppure.

Eppure esiste sempre una corda a cui aggrapparsi. Un gancio di sicurezza, un punto dove poter poggiare il piede. Il cielo sopra di scala, il punto da dover toccare.

Ecco, in questo caso, Simone è la corda di Manuel. È il suo gancio, il suo punto sicuro.

Il cielo dove guardare.

Bello quanto una farfalla, letale quanto una succhialacrime.

"Te sei troppo bello per esse na falena," è tutto ciò che riesce a replicare. "tu sei na farfalla. Sei bello quanto loro."

Simone socchiude gli occhi.

"Manu...non era questo—"

"Lo so," lo interrompe l'altro, lasciandogli un bacio a stampo sulle labbra. Al che, il panno che ha in fronte cade definitamente, inumidendo la spalla di Simone. "ma non me frega. Io non voglio vederti prende il mio dolore. Io voglio che tu sorridi, sempre. Voglio che tu te faccia na carriera, e che spacchi tutto nella vita. Non voglio vederti crollare soltanto per me, e venire ad elemosinare lacrime pe sopravvive.

Non è questo che voglio per te, Simò.

Io voglio che spicchi il volo."

Simone ha gli occhi lucidi. Le onde di quel mare sono calme, ma sovrastanti ed impertinenti. Ogni tanto, sono così alte da superare gli scogli.

Ed una lacrima scende.

"Se devo spicca il volo," risponde. "non lo voglio fare da solo. Lo voglio fare con te, Manu. Non voglio lasciarti indietro."

"Questo non lo puoi fa mai, Simò," nega Manuel. "sarò pur io ma farfalla, pure se co' n'ala spezzata. N'qualche modo te starò dietro—non te preoccupa. Pure se r'cielo dovesse cade, io te cercherò sempre. Anche nella polvere, se dovessi.

Ovunque."

Simone poggia la fronte alla sua. Posa le labbra sul suo naso, e Manuel ridacchia.

La febbre è passata.

La febbre è passata.

"Sto a pensa'," sussurra il più piccolo, rompendo nuovamente il silenzio. "che però le farfalle vivono un giorno."

"E allora?"

"E allora c'avremmo solo un giorno."

Manuel gli avvolge il viso con una mano. Un po' ancora trema, ma Simone non è più sicuro sia il freddo. Non scotta più, dopotutto.

Anche lui si beccherà l'influenza.

"Un giorno de vita co' te," dice Manuel. "lo preferirei a n'eternità senza averti vicino. Pure co' n'ala storta, Simò. Pure sotto le macerie der cielo. Vorrei vola' co te per sempre."

I colori del cielo non sono più sbiaditi, ormai. Sono candidi ma marcati, limpidi e privi di nuvole. Quel giorno novembre pare voler essere gentile. Non sta distruggendo niente con i suoi acquazzoni, né tantomeno sta facendo rabbrividire le piante.

Quel giorno, novembre si ferma

Si ferma come il tempo in quell'istante, precisamente, quando Simone e Manuel spiccano il volo.

Insieme, nella polvere di un cielo che tenta in tutti i modi di schiacciarli. Con un'ala spezzata, e con tanta voglia di piangere.

Ma insieme.

Mano nella mano.

Simone non replica. Invece, infila un braccio sotto la coperta, afferrando la mano dell'altro e portandola fuori. Con un movimento rapido e delicato, poi, traccia i contorni di un ti amo sul suo palmo, giusto per confermarlo.

Lascia su quella pelle tutto il suo DNA. Vi lascia le sue lacrime, il suo amore, la sua anima, persino la sua anima.

Vi lascia tutto.

Perché sa che Manuel se ne prenderà cura.

"Un giorno con te," sussurra, sorridente. "voglio che sia il mio per sempre."

Così Manuel, indebolito dalla febbre e dalla vita, trova il coraggio.

Siamo solo farfalle sotto un cielo di polvere, pensa.

"Per me un secondo sarebbe abbastanza." dice.

E sorride.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro