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Capitolo 13

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-Machine Gun Kelly, X Ambassadors, Bebe Rexha


Emiliano

Quando Lara scende dalla mia macchina è come se dentro di me si creasse un vuoto, una sorta di mancanza.
Questa notte è stata... Intensa.
Abbiamo parlato fino all'alba, fumato tanto e ci siamo baciati come due adolescenti in piena crisi ormonale.
Peccato che abbia 25 anni e l'adolescenza sia passata da tempo.
Ripenso alle sue labbra sulle mie e un sorrisetto si apre sul mio volto.
<<A che stai pensando?>>
<<A quanto sei testarda.>>
Lei sorride come se fosse orgogliosa di ciò e non posso fare a meno di ripensare alle sue parole.
"Non puoi separare due cuori, Emiliano."
No, è vero non posso.
Ma niente mi impedirà di tenerla al sicuro da quei pazzi.
Non farò lo stesso errore due volte.
<<Allora io vado. Devo finire la relazione su tuo fratello e mandarla alla mia tutor prima che si presenti sotto casa con una pistola a piombini, quella stronza.>>
Ridacchio e la tiro a me, stringendola.
Sono leggermente in ansia perché finché sta con me è al sicuro. Ma quando deve restare sola per necessità, io mi preoccupo.
Non voglio che le succeda qualcosa, non per colpa mia, non di nuovo.
Respiro il profumo dei suoi capelli e le lascio un bacio sulla testa.
Mi ha reso un pappamolle.
<<Io ho il turno di pomeriggio, penso proprio andrò a dormire adesso.>>
Lei alza lo sguardo e annuisce, sorridendomi.
I suoi occhi mi spiazzano ogni volta.
<<Va bene, buonanotte allora.>>
Ridacchia piano e si allontana da me per andare verso il cancello.
Faccio un passo avanti, l'afferro per un polso e la costringo a fermarsi.
<<Cosa?>>
La osservo un secondo e la bacio.
Lei sembra stupirsi ma ricambia subito.
Mi stacco e le sorrido. I suoi occhi sono illuminati da una luce nuova, mentre le sue guance si sono colorate di rosso.
Che carina che è quando si vergogna.
<<Vado.>>
Lei annuisce e mi costringo a tornare in macchina e sfrecciare verso il mio appartamento per riposare un po'.

Quando arrivo sotto casa, ho una strana sensazione che mi costringe a guardarmi alle spalle più volte.
Non posso diventare paranoico.
Sono solo le sei di mattina quindi potrebbe essere qualche barbone o qualche drogato che gironzola qui vicino.
Salgo le scale e quando apro la porta di casa, mia nonna è seduta sul divano che mi fissa.
<<Nonna, che fai qua a quest'ora?>>
Lei si alza, si avvicina e mi dà uno schiaffo dietro la testa.
Ma che cazzo?
<<Ma che ho fatto?>>
<<Talia sto stronzo. Ti sembra modo? Non avvertire e tornare alle sei del mattino???>>
Alzo gli occhi al cielo e vado in cucina seguito dai suoi piccoli passi veloci.
<<Mi sono preoccupata sapendo che quello squilibrato è a piede libero.>>
Il suo sguardo si addolcisce immediatamente e sembra quasi in procinto di piangere.
La stringo a me e sospiro affranto.
Quando finirà questa storia?
<<Sto bene, sono solo uscito con Lara. Camilla lo sapeva, hai provato a chiedere a lei?>>
Lei nega con la testa e si stacca da me.
<<Assiettati che ti preparo i pancake.>>
Ridacchio ed eseguo i suoi ordini visto che mi sta puntando il faccia un mestolo di legno.
Ci tengo alla mia vita.
Mentre la osservo preparare l'impasto mi appunto mentalmente che devo passare da mio padre ed aggiornarlo sul comportamento di Giulio.
Vengo distratto dallo sguardo che mia nonna mi sta dedicando.
Oddio, lo conosco quello sguardo.
È lo sguardo del "Preparati che ti sto per bombardare di domande."
Maledizione.
<<Allora. Hai detto di essere uscito con Lara o sbaglio?>>
Ecco, lo sapevo.
Alzo gli occhi al cielo e cerco di trovare una soluzione.
<<Ti sbagli.>>
Lei alza un sopracciglio e mi punta di nuovo il mestolo.
<<Sono vecchia non sorda.>>
Alzo le mani in aria e mi arrendo in modo al quanto teatrale.
<<Sì, sono uscito con Lara.>>
<<Avete fatto sesso?>>
Sgrano gli occhi di colpo e mi affogo con il succo che stavo sorseggiando.
Gesù, sto per morire.
<<Nonna!>>
Lei alza le spalle e mi sorride complice.
Che cosa sta succedendo nella mia vita?
Quando ha preso questa piega?
Sotterratemi.
<<Che c'è!? È una cosa normale...>>
<<Sì ma sicuramente non ne vengo a parlare con te.>>
<<Quindi l'avete fatto?>>
Alzo gli occhi al cielo e sbruffo, esasperato.
<<No.>>
<<Peccato, volevo diventare bisnonna prima di morire.>>
Perché il pavimento non si apre sotto di me e mi risucchia?
<<E quindi che avete fatto tutta la notte? I cruciverba?>>
Scoppio a ridere e mi immagino la scenetta di me e Lara che facciamo le parole crociate.
Non posso farcela.
<<No, nonna. Abbiamo mangiato una pizza, parlato, cose così.>>
Lei mi guarda strano e si gira, per controllare i pancake.
<<Cioè, manco un bacio?>>
Alzo gli occhi al cielo e mi copro la faccia con entrambe le mani.
Ma perché.
<<Non sono fatti tuoi.>>
Lei sorride soddisfatta e mi fa l'occhiolino.
Dopo qualche minuto mi mette davanti un piatto di pancake strabordanti di Nutella.
Inizio a mangiarli con gusto mentre mia nonna mi guarda soddisfatta.

Finalmente sposta l'attenzione da me a mia sorella che entra in cucina ancora dormendo.
Mi stampa un bacio sulla guancia e prende un pancake vuoto dal piatto che mia nonna ha conservato per gli altri.
<<Buongiorno, come stai?>>
Camilla annuisce in risposta alla domanda di mia nonna e continua a mangiare, tenendo gli occhi socchiusi.
È leggermente pallida in volto e questa cosa non mi piace più di tanto.
<<Che hai?>>
Camilla non mi risponde e si limita a mangiare.
Guardo mia nonna con un sopracciglio alzato ma lei mi ignora.
<<Cami, che hai?>>
<<Solo un po' di nausea. È tutto okay.>>
Aggrotto le sopracciglia e la osservo per bene.
<<Quando ti è venuto l'ultimo ciclo?>>
Si alza in piedi di scatto e mi rivolge uno sguardo a dir poco arrabbiato.
<<Non sono cazzi tuoi.>>
Aggrotto le sopracciglia non riuscendo a capire il suo comportamento.
Fino a ieri ci dicevamo tutto, o quasi.
<<Tesoro, tuo fratello si preoccupa per te...>>
Mia nonna cerca di calmarla ma Camilla sembra infastidirsi ancora di più.
<<Sono stanca di tutti voi che vi preoccupate per me! Preoccupatevi della vostra vita che sicuramente è peggiore della mia. È tutta colpa tua se la nostra vita è una merda.>>
Eh no, questo non mi sta più bene.
La detesto quando si comporta come una bambina.
Mi sento ferito da queste sue parole, ho sempre cercato di proteggerla.
È vero, quando mamma aveva bisogno di me non c'ero.
È anche vero che si occupa soprattutto lei di mio fratello ma io cerco di fare il possibile.
Mi alzo in piedi e mi metto davanti a lei.
Sono più alto di almeno dieci centimetri e mi viene meglio guardarla da qua su.
Lei sembra intimorita dal mio comportamento ed è esattamente ciò che volevo.
<<Emiliano...>>
Fermo mia nonna con un cenno della mano, senza distogliere lo sguardo da mia sorella.
Non ho parole per risponderle perché non me lo aspettavo.
Mi ha preso in contropiede.
<<Vaffanculo. Non venire a cercarmi quando avrai bisogno di qualcosa perché mi ricorderò di queste tue parole. Ho sempre cercato di proteggerti da quando la mamma è morta ma non hai sofferto solo tu, Camilla. Ogni volta che ho tempo di pensare mi viene in mente lei e mi do la colpa per la sua morte, mi do la colpa per Sofia. Ogni notte faccio un incubo diverso. Tutte le santi notti! Se non te l'ho mai detto è perché non voglio darti preoccupazioni e perché già avevi Gabriele a cui pensare. Quindi perdonami ma non mi faccio dire queste cose da te.>>
È come se mia sorella avesse appena ricevuto un pugno allo stomaco.
Probabilmente avrebbe un'espressione meno sofferente.
Ha sussultato quando ho nominato Sofia, non se lo aspettava.
Sono davvero incazzato con lei.
La guardo un'ultima volta senza osservarla davvero ed esco dalla cucina, circondato da silenzio.
Sbatto la porta della mia stanza e mi butto sul letto.
Voglio solo dormire, prima di dover andare all'ospedale.
Con in mente il volto di mia madre, il suo sorriso e i suoi occhi mi addormento profondamente.

Mi sveglio di colpo dopo aver fatto l'ennesimo incubo.
Respiro in modo affannato, sono tutto sudato e non riesco a respirare.
Mi alzo a fatica e apro la finestra, prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi costringendomi a pensare a qualcosa di bello.
Inevitabilmente mi viene in mente Lara e mi rendo conto di essere vestito ancora come ieri sera.
Afferro il telefono e guardo l'ora.
Fra un'ora devo essere a lavoro.
Apro WhatsApp e fisso la chat di Lara, indeciso se scriverle o no.
<<Al diavolo.>>
Apro la sua chat e le scrivo un semplice "Buongiorno" seguito da una faccina che ride.
Lancio il telefono sul letto e cerco qualcosa di pulito da mettere per andare a lavoro.
Apro l'armadio e afferro una semplice polo e un bermuda.
Il telefono che suona per l'arrivo di una notifica attira la mia attenzione.

Da Lara:
"Buongiorno principessa, caffè?"

Ridacchio leggendo il messaggio e digito velocemente la risposta.

"Avrei più bisogno di un calmante ma accetto anche un caffè. Come va la relazione?"

Apro la porta della stanza e mi assicuro che mia sorella non sia nei paraggi.
Non ho voglia di parlare con lei, figuriamoci vederla con quel suo broncio che, ora come ora, mi farebbe incazzare ancora di più.
Mi chiudo in bagno e faccio una doccia veloce.
L'acqua fredda mi dona sollievo.
I miei nervi si rilassano, il sudore viene lavato via e anche la sensazione di avere un peso sul petto si affievolisce.
Mi avvolgo una tovaglia in vita e ritorno nella mia stanza, sgocciolando ovunque.
Afferro il telefono che avevo lasciato sul letto e trovo altri messaggi di Lara.

"Che è successo?"
"Emiliano, mi sto preoccupando."
"Se non rispondi entro cinque minuti, vengo a casa tua."

Apro la rubrica e la chiamo direttamente, non amo particolarmente messaggiare.
Dopo qualche squillo la sua voce mi inonda le orecchie.
<<Tutto okay?>>
<<Sì, ho solo fatto una doccia. Fra meno di un'ora devo essere in ospedale.>>
La sento sospirare e di conseguenza lo faccio anche io.
Sentire la sua voce mi ha subito tranquillizzato.
<<In realtà ho litigato con mia sorella e mi sono svegliato per colpa di un incubo... Però sto bene.>>
<<Emiliano, puoi evitare di fare il forte con me. Tutti hanno problemi e debolezze.>>
Resto un attimo in silenzio senza sapere cosa rispondere.
Ha ragione ma non posso cedere, non adesso e non di nuovo.
<<Perché hai litigato con tua sorella?>>
<<Ha la nausea e l'ho vista pallida. Quando le ho chiesto del suo ciclo mestruale è sbottata dicendo che se ha una vita di merda è solo colpa mia.>>
<<Davvero?>>
<<Mhmh.>>
Mi passo una mano tra i capelli umidi e guardo fuori dalla finestra.
Il sole è alto e fa fin troppo caldo per essere già alla fine di agosto.
<<E tu che le hai detto?>>
<<Che non ha sofferto solo lei, che ci ho provato e che mi dispiace. Le ho detto dei miei incubi e...>>
<<E...?>>
Deglutisco e sospiro.
<<Ho nominato Sofia. La sua espressione è cambiata subito ma non le ho dato altro tempo di parlare. Mi ha ferito.>>
Lei sospira e la sento imprecare dopo un forte rumore.
Sorrido istintivamente, immaginando la sua faccia.
<<Tutto okay?>>
<<Sì sì, ho fatto cadere un libro. Ma parlando di cose serie. Che incubo hai fatto?>>
<<Non mi va di parlarne... Uno dei soliti.>>
<<Va bene. E ora?>>
<<Ora cosa?>>
<<Dovete fare i bambini e non parlarvi per una settimana?>>
<<Non sono cose da bambini, lei sa che fa male dicendo queste cose.>>
<<Lo so. Se vuoi posso parlarle io e cercare di scoprire qualcosa in più su i tuoi presentimenti.>>
Annuisco sapendo che non mi può vedere ma mi sembra la strategia migliore.
Anche se mi ha fatto incazzare è sempre mia sorella.
<<Grazie.>>
<<Figurati.>>
Sento che sta sorridendo e non posso fare a meno di sentirmi sollevato ad averla nella mia vita.
Non so bene cosa siamo ma siamo qualcosa e questo mi basta.
Mi basta la sua presenza.
<<Mi dispiace abbandonarti ma mia sorella sta urlando di darle una mano, quindi devo proprio andare.>>
Ridacchio sentendo solo ora sua sorella in sottofondo.
<<Va bene, tranquilla. Salutami tua sorella.>>
Ridacchia anche lei per poi subito dopo sbruffare urlando "un attimo!"
<<Lara, se vuoi sta sera possiamo fare un giro in centro quando finisco di lavorare.>>
<<Se non sei troppo stanco...>>
<<Nhaa, non preoccuparti. Ti mando un messaggio quando sto per staccare okay?>>
<<Va bene, a dopo allora.>>
<<A dopo.>>
Chiudo la chiamata e solo ora mi rendo conto che sono in ritardo.
Mi vesto alla velocità della luce, afferro le chiavi della macchina, il telefono ed esco dalla mia stanza senza controllare se ci fosse qualcuno in corridoio.
Sto per aprire il portone quando mia sorella mi si para davanti.
<<Dobbiamo parlare.>>
<<No, sono in ritardo.>>
Poggia i suoi palmi sul mio petto ma cerco di divincolarmi anche se lei non mi permette di aprire la porta.
<<Per favore...>>
<<Non posso, Camilla. Devo davvero andare a lavorare.>>
La sento sospirare e so che si sta arrendendo.
Si sposta di lato e, senza degnarla di un minimo sguardo, esco da casa sbattendomi la porta alle spalle.

Dopo neanche dieci minuti sono al pronto soccorso, già pronto per lavorare.
Ho corso come un dannato per essere puntuale.
Mi sistemo la casacca ed esco dallo spogliatoio per raggiungere Pietro che sta controllando un signore, prima di smontare.
<<Ragazzo, come va?>>
Si accorge sempre quando sono vicino a lui, scioccante.
<<Insomma. Olga come sta? So che si è presa un paio di giorni.>>
Annuisce, getta qualcosa nella spazzatura e saluta il signore sdraiato sul lettino, dicendogli che fra qualche ora verrà dimesso.
<<Già. Si sente stanca ma è normale.>>
Annuisco e lo seguo in un'altra stanza dove la mia collega Serena sta attaccando una flebo.
Pietro la richiama e sussurrando le porge dei fogli.
Allungo il collo per vedere cosa c'è scritto ma non leggo bene.
<<Questo signore deve essere trasferito in oncologia, gli esami sono tutti sballati. Ti occupi tu di dirglielo e di preparare le carte?>>
Lei annuisce e rientra dentro con la cartella medica.
Mi guardo intorno e nella stanza ritrovo la signora Rossella.
Mi avvicino al suo letto e vedo che sta osservando il soffitto sorridendo.
<<Signora, ancora qui?>>
Lei abbassa lo sguardo su di me, continuando a sorridere.
<<Volevo salutarti prima di andare via.>>
Aggrotto le sopracciglia e controllo la flebo.
<<Ma dove vuole andare! Dobbiamo andarci a prendere un caffè prima.>>
Lei ridacchia piano e questa risata le provoca un attacco di tosse.
<<Oh Emiliano, sono stata fortunata ad avere incontrato un infermiere come te. Sei il migliore fattelo dire.>>
Le sorrido e le prendo la mano.
<<Si rimetterà, come sempre.>>
Mi sorride e si avvicina per lasciarmi un bacio sulla guancia.
È sempre stata una signora molto dolce una sorta di seconda nonna per me.
<<Caro, non respiro bene. Potrei avere l'ossigeno?>>
Deglutisco e capisco che la fine sta arrivando.
Esco dalla stanza per prendere una mascherina e quando ritorno la signora Rossella ha gli occhi sbarrati e vitrei.
Mi avvicino velocemente e controllo il polso.
Non c'è.
<<Pietro! Un defibrillatore presto!>>
La prima ad arrivare è Serena che alla vista di me che tento un massaggio cardiaco, corre a chiamare aiuto.
Non può morire.
Ci provo con tutte le mie forze.
Non smetto neanche per un attimo, finché Pietro non mi tira per un braccio.
<<Basta Emiliano. Non c'è niente da fare.>>
Mi passo una mano tra i capelli e mi impongo di non scoppiare in lacrime.
Do le spalle a Pietro e mi piego sulle ginocchia.
Ho bisogno di un attimo per ritrovare la lucidità ma non c'è tempo.
Non c'è tempo quando si lavora al pronto soccorso.
L'ambulanza arriva a sirene spiegate e corro ad aprire le porte.
Farei di tutto pur di non restare in quella stanza.
I paramedici trasportano una barella con un ragazzo.
<<Ragazzo, 28 anni. Incidente in moto. Possibile trauma cranico diffuso grave e arto destro superiore fratturato. Ha perso conoscenza, paralisi delle pupille. Codice rosso.>>
Vengo affiancato da Giorgio, un altro dottore, che mi dice di contattare radiologia per fare una risonanza magnetica d'urgenza.
Smetto di accompagnare il lettino e corro al telefono per chiamare radiologia.
Dico tutte le informazioni che possono essere utili e riattacco.
Esco dallo stanzino e noto che stanno medicando il braccio del ragazzo.
<<Lo stanno aspettando.>>
Giorgio annuisce e mi manda a tranquillizzare i parenti del ragazzo che sono accorsi.
Faccio un respiro profondo ed esco nella sala d'aspetto.
La madre del ragazzo mi corre incontro e mi guarda con sguardo implorante.
<<Come sta?>>
Deglutisco e mi guardo intorno.
<<Lo stiamo portando a fare una risonanza magnetica d'urgenza, signora. Appena ne sapremo di più sarà la prima che informeremo.>>
Lei annuisce e si stringe al petto del marito che mi ringrazia con lo sguardo.

Un uomo seduto sulla sedia mi fissa e noto che sta perdendo sangue dal naso.
Mi avvicino con calma e noto alcuni ematomi sul viso.
<<Signore, tutto bene?>>
Lui alza lo sguardo e nega con la testa.
<<Ho investito io quel ragazzo.>>
Lo prendo dal braccio e lo faccio alzare, lo accompagno in una stanza e inizio a medicargli il taglio al labbro e il naso.
Fortunatamente non è rotto.
<<Ha prestato soccorso, i carabinieri ne terranno conto.>>
Lui annuisce e si asciuga una lacrima all'angolo dell'occhio.
Getto il cotone e le carte delle garze nella spazzatura e decido di lasciarlo solo.
In corridoio, Pietro mi fa cenno di seguirlo e so che mi sta portando nella stanza dove hanno spostato la signora Rossella.
<<Ho pensato volessi salutarla per l'ultima volta.>>
Deglutisco e mi avvicino a lei.
È la prima volta che mi succede una cosa del genere e non mi aspettavo succedesse esattamente a lei.
Le chiudo le palpebre che sono ancora aperte e mi allontano.
<<Avverti tu la famiglia?>>
Pietro annuisce e mi dà una pacca sulla spalla.
Ricambio e vado alla ricerca di Giorgio.
Lo trovo in sala d'aspetto che parla con due agenti, uno di loro veniva alle medie con me.
Resto in disparte finché Luca non mi riconosce.
<<Emiliano?>>
<<Ehi, Luca. Come va?>>
Sorride sornione e mi abbraccia.
Il maresciallo lo richiama tossicchiando e lui si mette subito sull'attenti.
<<Bene, sono secoli che non ti vedevo.>>
Sorrido di rimando e gli lascio una pacca sulla spalla per andare verso una signora che lamenta un dolore al fianco.
<<Perdonami, il lavoro chiama.>>
<<Tranquillo, una volta di queste dobbiamo andare a bere qualcosa insieme.>>
Annuisco e faccio accomodare la signora in una stanza, lasciandola nelle mani di Serena.

La giornata passa in modo molto veloce, lavorando non ho il tempo di pensare e questo è positivo ma adesso mi sento sfiancato.
Vorrei andare solo a dormire ma ho detto a Lara che saremmo stati insieme e non mi va di darle buca anche perché voglio stare con lei.
Mi sento distrutto psicologicamente e fisicamente.
Ho bisogno di un suo abbraccio o bacio, quello che vuole basta che sia lei a darmelo.
Assistere alla scena della figlia della signora Rossella è stata dura.
Non ho potuto mostrarmi debole perché non era il mio momento per esserlo.
Ma mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto.

Appena mi siedo in macchina, apro la chat di Lara e le scrivo un messaggio.
"Faccio una doccia e ti vengo a prendere, va bene?"
Dopo neanche due minuti mi arriva la sua risposta.
"Okay, ti aspetto."
Sorrido di rimando e accendo il motore.
Neanche il tempo di mettermi la cintura che qualcuno bussa al finestrino.
Lo abbasso e noto mio padre che mi sorride.
Ah già, sarei dovuto passare da lui.
<<Ehi, come stai?>>
<<Ciao pa'. Bene e tu? Scusami ma non ho proprio avuto tempo per passare dal tuo studio.>>
Alza le spalle e mi guarda in modo molto strano.
<<Tutto okay?>>
Annuisce.
Sento che mi deve dire qualcosa.
<<Sputa il rospo. Devo andare a casa.>>
Per casa ovviamente intendo Lara.
In questo pomeriggio ho pensato molto a cosa siamo e per me lei è il mio porto sicuro. La mia casa.
Sarà esagerato dopo così poco?
Non mi interessa. Lo sento e lo dico.
Non c'è tempo da sprecare a fare le persone orgogliose.
<<Voglio richiedere un test di paternità per Gabriele.>>
Mi sento spiazzato e confuso da questa sua affermazione.
<<Ma tu e la mamma...>>
<<Bhe, ogni tanto succedeva...>>
Okay, potrei vomitare.
Intuendo la mia espressione mi lascia un pacca sulla spalla e va via.
Quante pacche sulle spalle ho ricevuto oggi?
Bha.

Riavvio il motore e mi immetto del traffico serale, sono già le nove e devo muovermi.
Questa notizia data da mio padre mi tranquillizza perché se il figlio è suo e non di Giulio, tutto potrebbe essere risolto.
Spero.
Mi fermo ad un semaforo rosso e non vedo l'ora di dare questa notizia alla mia famiglia e a Lara.
Non vedo l'ora di passare questa serata con lei.
Non vedo l'ora di sentirmi di nuovo a casa.
Scatta il verde e premo sull'acceleratore ma una macchina non si ferma e mi travolge.
Sbatto la testa in modo violento sullo sterzo e poi sul finestrino e vedo tutto girare intorno a me.
Non capisco bene cosa sia successo sono confuso e disorientato, non mi sento bene.
In mente mi ritornano solo un paio di occhi.
Quelli di Lara
Dopo tutto nero.


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