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Capitolo VI


Capitolo VI

Paura.

È il solo sentimento che attraversa il suo cuore quella mattina di maggio, quando il sole è già alto e i suoi occhi già spalancati sul mondo. Be', dopotutto non ha dormito un granché, con quel pensiero incastrato nella testa che, tra meno di un'ora, avrà quel colloquio con il signor Stark; con Tony.

Non riesce ancora a credere a tutto ciò che è successo fino a questo momento; l'uomo che lo invita a Boston, lui che accetta, la cena galante, il drink che ha cretinamente declinato, le sue due coscienze scomparse e una sorta di sicurezza nei riguardi dei sentimenti di Tony Stark. Una sorta, sì, perché Peter non è esattamente sicuro di aver capito bene. Non sa se sta davvero andando a scoprire di essere ricambiato o se verrà brutalmente respinto – o magari gentilmente, chi lo sa. Dopotutto quell'uomo a volte è un vero mistero.

Gli tremano le mani, così le stringe con più forza intorno alle spalline dello zaino. Cerca di respirare, ma i polmoni non collaborano. Producono così poco ossigeno che gli sta quasi venendo un capogiro e Spidy, seduto sulla sua spalla mentre percorre il corridoio che lo porterà di fronte allo studio di Tony, fa da trainer per tranquillizzarlo, tenendo il ritmo del suo respiro, invitandolo a imitare il suo.

«Non puoi cercare di respirare se non hai fiato nei polmoni», ironizza il piccolo Tony, anche lui seduto sulla sua spalla, Peter reprime l'istinto di stringerlo tra le dita e strozzarlo, solo per farlo tacere.

«Tacete, per favore o vomito qui, nel corridoio», sentenzia, a denti stretti, mentre le persone che percorrono il corridoio gli lanciano occhiate curiose, forse perché è bianco come un cencio e sembra malaticcio. Nessuno però si permette di fermarlo e chiedergli se ha bisogno di aiuto.

Meglio, perché solo l'idea di aprire bocca gli fa salire la tachicardia.

Raggiunge così il suo studio; si sbarazza dello zaino e, con azioni lente, sistema le sue cose nell'armadietto. Infila il camice e, sebbene manchi pochissimo all'incontro con il signor Stark, decide di mettersi a lavorare su qualsiasi cosa possa distrarlo da quel dolore al colon che lo sta uccidendo. Odia il fatto di somatizzare l'ansia proprio lì, in quel punto. Si sente sempre come se una morse invisibile gli strizzi tutti gli organi, e il battito cardiaco zompetta velocissimo in mezzo alla sua gabbia toracica, e fa male. Ha quasi l'impressione che possa esplodergli il cuore da un momento all'altro.

«Stai tranquillo!», esclama Spidy, e Peter vorrebbe dirgli che più ci proverà più lui si innervosirà. È fisiologico, è fatto così. Annuisce, mentre stringe dei bulloni con la mano stretta intorno al cacciavite che trema senza la possibilità di tenerla ferma.

«Ci sto provando», mormora, poi si morde la lingua per cercare di concentrarsi ma, a quanto pare, non esiste modo per togliergli dalla testa il fatto che tra poco dovrà muoversi e che non è mai stato così nervoso nemmeno prima della sua discussione di laurea.

L'amore è la cosa più dolorosa e meravigliosa di tutte. È capace di distruggerti, ma anche di rimetterti in sesto. Non lo capirà mai.

Alza il polso per controllare l'ora, e mancano esattamente cinque minuti alle dieci. Decide di muoversi, di mettersi in marcia per raggiungere lo studio del suo capo e, con le mani che tremano, si sbarazza del camice perché non vuole che quella discussione viri troppo sul lavoro. Parleranno dei sentimenti, si metterà a nudo e dunque, sbarazzarsi di quel capo d'abbigliamento, è un passo avanti. Si sente esposto, ma deve essere esposto. L'amore vuole questo: sincerità senza veli a coprire il cuore.

Non appena arriva di fronte allo studio, alza una mano per bussare ma si blocca a mezz'aria. Milioni di pensieri gli attraversano la testa, e la percentuale che andrà tutto uno schifo schizza al novantanove percento. Non si sente più sicuro di niente, nemmeno quella minima convinzione che Tony possa ricambiarlo è rimasta attaccata alla sua anima. Arriccia le labbra e vorrebbe solo fuggire, perché ha paura di un no, ma anche di un sì.

È se lui e Tony decidessero di cominciare una relazione? E se l'uomo scoprisse che Peter non è la persona che credeva? E se lo deludesse? E se scoprisse lui che Stark non è la persona di cui si è fatto un'idea precisa? E se...

Troppi se, troppe domande, troppe paranoie, troppe paure. Eppure non ci riesce, a bussare a quella porta, e sta per demordere quando questa si apre e, di fronte a lui, proprio come il giorno prima, spunta il suo capo sorridendo teneramente, sebbene vi sia una nota di arroganza, nei suoi occhietti vispi e marroni.

«Dobbiamo lavorare sul coraggio, Parker», dice, e sta già cercando di metterlo a suo agio, sebbene la cosa non gli dia per nulla conforto, anzi...

«Signor Stark! Io...»

«Entra, non mi piace parlare con la gente sulla porta. Fa troppo Love Actually!», ironizza, come sempre con qualche riferimento buttato lì, per il puro gusto di dire la prima cosa che gli viene in mente; qualcosa che, in un'altra occasione, gli avrebbe strappato una risata. Peter però è troppo teso anche solo per capire dove si trova e perché, così entra meccanicamente nello studio e l'uomo si chiude la porta alle spalle. Stessa scena del giorno prima, ma non lo stesso coraggio. Stessa paura, forse, magari maggiorata, ma ingestibile. Gli tremano le gambe, non riesce a guardarlo. Ha troppa paura dell'ignoto. Ha troppa paura di non piacergli... o di piacergli troppo.

«Allora, di cosa volevi parlarmi?», chiede Tony, sebbene sappia benissimo perché Peter è lì e che cosa vuole dirgli e che cosa vuole chiarire. Lo sta spingendo ad aprire lui il discorso, quando una delle sue speranze era quella che, schietto com'è, sarebbe stato lui a iniziare e finire tutto.

«Volevo... finire il discorso di ieri.»

«Penso che il discorso, ieri, non sia mai davvero iniziato», gli risponde Tony e si avvicina alla scrivania. Vi poggia la schiena e incrocia le braccia al petto. Sospira. Sembra stanco.

«Siamo stati interrotti», dice Peter, e alza le spalle, come se fosse ovvio.

«E forse è stato un bene.»

«Perché?», chiede, e gli sale il cuore in gola. Eccolo, il colpo dritto al cuore. Sta arrivando e si sente lo sparo in lontananza.

«Perché ieri non eri pronto ad affrontare questo argomento. Non so nemmeno se lo sei ora, a dire il vero, ma non nascondo che il messaggio di stanotte mi dia un po' di fiducia.»

Peter lascia cadere le braccia lungo i fianchi, colpito da quelle parole e, arricciando le labbra, si indurisce.

«Non si fida.»

«No, non mi fido. Non mi fido delle tue decisioni, Parker. Hai dimostrato più volte di fare delle scelte e poi hai fatto inesorabilmente due passi indietro. Ieri sarebbe successo lo stesso, esattamente come quel giorno, quando ti ho offerto quel drink. Volevi e hai detto di no. Come posso sapere se sei davvero pronto a discutere di... questo

«Signor Stark, io non so nemmeno cosa sia questo. Per me significa qualcosa, ma per lei? Insomma, ieri sembravamo concordare su tutto, persino sul fatto che ci siamo spaventati a vicenda per quello che abbiamo fatto. Oggi cosa è cambiato?», chiede, e fa un passo avanti, come a dimostrargli che non vuole più farne indietro. Come a dimostrargli che, dopotutto, è cambiato ed è fermo sulle sue convinzioni, sebbene abbia una paura insensata delle conseguenze, qualunque esse saranno.

Tony sospira; si toglie gli occhiali da vista e si prende la pelle tra le sopracciglia con due dita e Peter non sa se è irritato, stanco o solo confuso. Forse tanto quando lo è lui. Forse di più.

«Parker, tu... ti rendi conto di cosa sta succedendo, vero?»

«Solo per quanto riguarda me. Ho questa sensazione», risponde, un po' duro, perché quel girarci intorno non gli sta piacendo affatto.

«Io e te ci stiamo aprendo, giusto? Eppure nessuno dei due ha ancora aperto davvero il discorso. Sai dirmi perché?», lo sprona, e forse è un modo per accendere la miccia e dare il via a quel flusso di pensieri che poi, inesorabilmente finirà con una dichiarazione, una verità, un desiderio che l'altro sappia quanto è importante. Peter non voleva arrivarci così, avrebbe preferito che entrambi sfoderassero un poco di coraggio, e invece si passano la patata bollente e questa sta per esplodere nelle sue mani.

«Perché io non so se stiamo per dire la stessa cosa, ecco il motivo. Lo sa, vero, che se le dico quello che vorrei dirle e per lei non è lo stesso, io finirò per spezzarmi? È per questo che vuole che le dica io cosa sta succedendo a me, così che lei possa plasmare il discorso come le fa più comodo. Perché è così, che sta andando», dice, sincero, e anche se si pente immediatamente di aver dimostrato tanta ostilità, è felice di aver palesato un poco di coraggio. Non è Spider-Man tanto per dire, non è coraggioso solo quando c'è bisogno di agire impulsivamente; ha appena imparato che, per difendere la propria intelligenza, ha bisogno di tutelarsi. E non ha bisogno di due coscienze sulle spalle, per farlo.

«No, non sta andando così. Sarò un cinico, bastardo, stronzo e arrogante, ma non sono meschino. Questo lo sai.»

«E allora perché non me lo dice lei, cosa sta succedendo?»

Tony fa una lunghissima pausa, dove affronta il suo sguardo, e Peter non lo abbassa. Non gli darà la soddisfazione di cedere alla sua sicurezza, alla sua caparbietà, perché se c'è qualcosa in cui sono bravi entrambi è non mollare mai. Ne va dell'orgoglio, quello che li ha sempre accomunati. Uno dei pochi punti d'incontro che hanno; uno dei pochi difetti che portano addosso come mantelli di ferro, pesantissimi.

«Peter», esordisce l'uomo, e lui sussulta, al suono del suo nome. Confidenza. Non se l'aspettava; non adesso. Alza le sopracciglia, ma tace. Tace perché vuole ascoltare. «Se ti ho inviato a Boston è stato per due motivo: il primo è quello puramente lavorativo, dove ho davvero pensato che avessi bisogno di aprirti un po' con il pubblico e crescere a livello professionale. L'altro è che avevo voglia di conoscerti e ho usato quella scusa per farlo. Tu mi hai assecondato, fino ad un certo punto, poi hai deciso di tirarti indietro. Se c'è una cosa che non amo fare è forzare i rapporti. Se per te è solo un feeling tra mentore e allievo va bene così, non ho intenzione di chiudere i ponti con qualcuno solo perché ha un altro tipo di interesse nei miei riguardi. Era qualcosa che avevo messo in conto. Ci passiamo quasi trent'anni, e non c'è molto altro da dire, di fronte a un divario simile.»

«Penso che quello sia un problema valicabile. Specie se non è un problema per chi vi è implicato all'interno.»

«Ma a te ha spaventato», replica il signor Stark, e gli punta un dito accusatore in faccia, a cui Peter risponde con un sospiro amareggiato.

«No! Come le ho detto ieri, ero spaventato all'idea che lei potesse provare lo stesso e che, assecondando quell'invito, avrei invece trovato tutt'altro che ciò che cercavo da lei... da te. A me non frega un accidenti del fatto che ci passiamo tanti anni. A me spaventa di più l'idea che a me piaccia un uomo e che questo, come ogni persona normale, non abbia quel genere di interesse. Non verso lo stesso sesso. Ho paura che tu provi solo una grande ammirazione nei miei riguardi, che magari mi vedi solo come un ragazzino da crescere e non come qualcuno che si vuole accanto. Io ho paura di aver travisato troppe cose, e di aver costruito talmente tanti castelli per aria che, quando crolleranno, faranno un male cane. Io ho paura di aver sperato troppo, Tony. Ecco di cosa ho paura», ammette, infine, e aver palesato quel terrore, quegli incubi, lo fa sentire meglio, sebbene il fatto che la questione non sia stata ancora veramente affrontata lo destabilizzi. Non sa ancora cosa sta succedendo, perché Tony ammette di aver cercato di conoscerlo, ma non usa mai parole specifiche per entrare nel merito. Non si sta impegnando tanto quanto lo sta facendo lui, e Peter non avrebbe mai creduto di diventare lui quello coraggioso, tra i due.

Ha già dimenticato il terrore di quella mattina, l'ansia, il panico. Sta solo incanalando tristezza, perché quando Tony fa un passo avanti lui ne fa uno indietro, ma viceversa quando è lui ad andare avanti, Tony poi lo spinge via.

«Dimmi solo se per te è lo stesso oppure no...», lo sprona, sorridendo leggermente, con la malinconia che gli evapora via dalle guance. «A me basta solo una risposta, voglio solo sapere se posso sperare oppure no che questo non sia solo qualcosa che appartiene solo a me. Giuro che, dopo che mi avrai risposto, non ne parleremo più e tutto tornerà come prima.»

«Non è facile.»

«Che torni come prima?», chiede, e gli salta un battito al cuore.

«No, ammettere semplicemente di provare lo stesso e poi vedere come va.»

«Perché non sei sicuro?»

«Perché non voglio romperti. Perché tu hai un'idea distorta di come sono e il peggio di me non lo hai mai visto, Peter. E io so che ti romperò, e non voglio, perché... be', perché non te lo meriti. Nessuno lo merita, ma degli altri non mi importa.»

«E di me sì», non è una domanda, ma una constatazione, che un po' lo rassicura, ma Peter sa anche che, ora, le incertezze emerse non sono le sue. Non più. Ora sono quelle di Tony, della paura di non essere abbastanza e di spezzarlo. Come se Peter non sapesse qual è il lato oscuro dell'uomo; come se non sapesse che è complicato, è atipico, a volte scostante, magari a volte bisognoso di stare solo e di sparire. Ma non è così anche lui? Non sono poi così diversi, dopotutto. Non lo sono mai stati. Per quello si piacciono. Per quello stanno così bene insieme. Per quello, almeno per Peter, la solitudine è qualcosa che colmerebbe solo con la presenza di Tony, perché sa che i silenzi con lui li può condividere, e possono stare soli insieme. Vorrebbe dirgli tutte quelle cose, ma l'ultima cosa che vuole è insistere per convincerlo a superare quel muro e raggiungerlo. Non vuole forzare nessuno a fare niente che non farebbe, persino se questo implica spaccarsi il cuore da solo.

«E se avessi detto sì a quel drink?», gli chiede Tony, all'improvviso. Un quesito a cui chiede una risposta sul serio, e non tanto per cambiare discorso. Forse vuole sapere di lui, di cosa ne pensa e di quali paure albergano la sua mente.

«Forse sarebbe stato un disastro. Perché io sono un disastro con le relazioni umane. Però forse avremmo parlato, ci saremmo scontrati; chi lo sa, magari avrei aperto il cuore, e tu il tuo. Magari ora non saremmo qui a chiederci perché ci sentiamo così dannatamente inadeguati. O magari avremmo finito per fare questo stesso, medesimo discorso.»

«No, forse no. Tu eri a tuo agio, quella sera.» Tony sorride, mentre lo dice, come se quel fatto gli dia un po' di sicurezza. Come se quella sera, e solo quella sera, tutto sarebbe potuto andare come voleva. Ma oggi no.

«Anche tu.»

«Lo sono anche ora», ammette Tony, alzando leggermente le spalle e le sopracciglia, poi si stacca dalla scrivania e fa un passo avanti. «Solo che ho avuto modo di pensare.»

«Pensare è un male. È sempre un male.»

«Peter, io sono impulsivo. Se voglio una cosa me la prendo e non faccio tanti complimenti. Se voglio dire a qualcuno che mi interessa, lo faccio senza girarci intorno. Se devo ferire, ferisco senza remore. Ma con te... con te è tutta un'altra storia. Perché?», chiede, ma è retorico. Eppure Peter quella risposta gliela vuole dare. Vuole rassicurarlo che non c'è niente, ma proprio niente, che può prevedere ciò che sarà se non il futuro stesso e il provarci.

«Perché, malgrado tutto, sei umano anche tu e... non so perché con me no, questo lo sai solo tu, ma posso provare a immaginare che, magari, ci tieni un po'», dice, e avvicina pollice e indice per mostrargli la quantità che intende. Pochissima, ma forse abbastanza per uno come Tony Stark.

L'uomo tace ancora. Fa un passo avanti, e poi un altro e Peter, stavolta, non indietreggia. Il cuore gli batte così forse che forse gli uscirà dal petto, ma non vuole scappare. Per una volta nella vita vuole rimanere esattamente dov'è, senza sentirsi inadeguato o sbagliato. Tony lo vuole lì, e lo sta raggiungendo e lui, questa volta, si lascerà prendere.

«Ti ferirò in ogni modo possibile», dice l'uomo, con un filo di voce. In totale contrasto con quelle parole quasi autodistruttive e tormentate alza una mano e gli raccoglie una guancia tra le mani. Peter reclina la testa e sorride, grato.

«So che lo farai», risponde ed è l'ultima cosa che si dicono, prima di affogare ognuno negli occhi dell'altro e, le risposte più intime, se le danno con un bacio.

Il primo, per Peter, che è sempre stato un disastro in amore; sfortunato, mai ricambiato ed ora che è innamorato perso, scopre di essere ricambiato dall'unica persona di cui gli importa così tanto da poterci morire.

Le labbra di Tony si muovono sulle sue, delicate, e ha tutto l'intento di non spaccarlo e ferirlo, sebbene gli abbia promesso che lo farà. Peter non ha paura, vuole vivere ogni cosa con lui, persino la più brutta. Spera solo di poter dare abbastanza, di dimostrarsi abbastanza, di amare abbastanza, ma non ha mai dubitato dei suoi sentimenti. È una delle poche cose certe della sua vita.

Tony gli stringe le braccia intorno alle spalle; lo abbraccia, in maniera disperata. Lo cerca, lo vuole, sembra quasi voglia inglobarlo dentro di sé – dentro al suo cuore. Peter si sente fondere l'anima e quel bacio, sempre più profondo, è il punto di non ritorno. Sono sinceri, con tutti quei non detti, e la voglia di dimostrarselo ancora riecheggia in quella stanza ben arredata, il regno di Tony, che non fa più così paura come la faceva un tempo.

Peter si sente in equilibrio e, quando si staccano da quel bacio che sembra essere durato un'eternità e allo stesso tempo troppo poco, si sorridono. Tony gli carezza il naso con il suo, dolcemente, e Peter si chiede dove nascondesse tutto quel romanticismo, quando parlava di ferirlo.

«Dunque...», esordisce Peter, e Tony ride.

«Non mi stai chiedendo se mi interessi oppure no, vero? Non dopo questo

«No!», e invece sì, stava per chiederglielo, «È solo... nulla, nulla!», esclama, e vorrebbe sotterrarsi, perché non è un libro aperto, ma spalancato e Tony è in grado di vedere in lui ogni sfumatura, persino quella più lieve.

«Devo dire grazie al tuo grillo parlante, per aver trovato il coraggio di affrontare la cosa?», gli chiede l'uomo e Peter sussulta. Aveva completamente dimenticato l'esistenza di quei due maledetti a cui, però, dovrebbe dire grazie infinitamente per averlo spronato ad amarsi e lasciarsi amare.

Alza gli occhi, fingendosi pensiero. «Mmh, sì. In un certo senso. Ma è anche opera mia!»

«Oh, quanta spavalderia tutta insieme!»

Peter si corruccia, ma in totale contrasto con quell'espressione contrariata gli circonda le braccia intorno al collo, poi reclama un bacio a fior di labbra che Tony non gli nega. Sente un brivido lungo la schiena.

«Anche io, a volte, se voglio qualcosa lotto per ottenerla! Non credere di essere l'unico supereroe, qui!»

«Sì, sì, certo. E chi dice il contrario! Dunque... stasera sei impegnato in conferenza con la tua coscienza o posso portati a cena fuori per... definire un po' di cose?», gli propone Tony e Peter, raccogliendo la provocazione, fa finta di pensarci su.

«Niente che non possa rimandare, signor Stark!», esclama e, con un mugolio di approvazione, Tony se lo spinge contro e gli regala un altro bacio, e Peter si scioglie tra le sue braccia, e dimentica la paura.

...

Quando esce dallo studio di Tony, ha un sorriso trionfo sul viso. Non riesce a nasconderlo e, per una volta, non gli importa delle occhiate curiose degli impiegati della Industries che, sempre pronti a giudicare, lo squadrano quando gli passa vicino. A Peter non importa niente del resto del mondo, perché il suo mondo stasera passa a prenderlo alle otto per cenare in un ristorante del centro.

A Peter importa ancora meno del futuro e si sorprende di come le cose possano cambiare nel giro di pochi minuti. Ciò che lo spaventava ha smesso di farlo, e le sue aspettative su quel rapporto sono scemate via, perché l'unica cosa che vuole fare è vivere quella relazione giorno per giorno e sa, dentro di sé, che anche per Tony è così.

Raggiunge il suo studio, si chiude la porta alle spalle e, con un sospiro innamorato, si poggia una mano sul cuore. Lo sente battere all'impazzata, ma è la sensazione più bella e pura che ha mai provato in vita sua.

Con un puff rassicurante, il piccolo Spidy e Tony si materializzano sulle sue spalle e, ammiccanti, ridacchiano felici.

«Sappiamo già tutto, ma devi raccontarci oooogni cosa!», esclama Spidy e Peter, lanciandogli un'occhiata laterale, schiocca la lingua.

«Non ci penso nemmeno! Vivere certe cose è un conto, raccontarle un altro. È... troppo imbarazzante! E comunque», esordisce, poi si ferma e si morde le labbra.

Spidy e Tony lo guardano interrogativo, poi si guardano tra di loro.

«Se stai partendo con un discorso strappalacrime dove ci ringrazi, risparmia il fiato Parker. Lo sappiamo già che devi tutto quanto a noi... e un po' a Ned, ma a dì a quel tuo amico che le tue coscienze siamo noi e che, la prossima volta, si trovi un'altra spalla da confortare!»

«Ma povero Ned...», ridacchia Peter, poi sospira. «Dunque non vi devo ringraziare?»

«No, e non perché non lo meritiamo, ma perché sappiamo già che ci sei grato! Dannazione, Parker, se non fosse stato per noi ora saresti lì a smontare qualche apparecchio in attesa che quell'altro idiota facesse un passo avanti», commenta ancora Tony. Incrocia le braccia al petto, contrariato, e Spidy scuote la testa.

«Intende dire che non c'è bisogno che tu lo faccia, Peter. Siamo felici per te e per lui e non potevamo desiderare altro che questo, per te», dice Spidy, e gli poggia una mano sulla guancia, orgoglioso di lui come se fosse suo figlio e la cosa, a Peter, un po' inquieta e un po' intenerisce. Dopotutto è pur sempre se stesso.

«Visto? È sempre stato interessato, solo che, come ti ho detto, aveva più dubbi di te! Ho vinto, merito un premio! Non sono forse la coscienza migliore dell'anno? Esiste un premio simile su questo stupido pianeta?»

«Tony, io penso che tu debba darti una calmata», ridacchia Peter e Spidy smette di carezzargli la guancia e si pianta le mani sui fianchi.

«Allora, piani per il futuro?», gli chiede. Peter alza gli occhi verso il soffitto, pensieroso. Ripensa a tutta quella vicenda, alle insicurezze, alle cose che ha imparato e alle paure che ha dissipato. Pensa di aver conosciuto un nuovo lato di Tony, quello che ha paura di fare del male e che, per questo, si fa da parte anche se non vorrebbe. Quello che, più di tutto, lo ha convinto che è lui che vuole; nessun altro che lui.

Perché un uomo capace di mettersi in dubbio per il bene altrui, è un uomo raro. Sebbene si tratti di Tony Stark.

Così sorride e non ha dubbi. «Per ora una cena, poi si vedrà.»

E non vede l'ora di scoprire cosa gli riserva il futuro con Tony Stark.

Fine

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Note autore:

Ehm... sì... quant'è che non aggiorno questa storia? Giugno 2020 mi dicono dalla regia. Minchia, ma è veramente TANTISSIMO TEMPO! Eppure ieri, in una botta di malinconia, mi è venuta voglia di rileggerla e, dandomi della stupida, mi sono chiesta PERCHÉ' HO LASCIATO A METÀ' QUESTA STORIA AD UN CAPITOLO DALLA FINE? Così nulla, mi sono messa qui, e mi son detta: ora inizio l'ultimo capitolo e poi con calma lo concludo e invece... e invece si è praticamente scritto da solo e mi ha ricordato quanto in verità mi piaceva scriverla ç_ç

Ma è tempo di dare una fine a questa avventura: un po' perché è così che doveva andare, un po' perché so che se la continuassi andrei troppo per le lunghe e vi farei aspettare secoli. Ma sono soddisfatta così, si sono chiariti, ora stanno costruendo qualcosa ed è così che li voglio: innamorati e tormentati **

Grazie a chi ha avuto la pazienza di attendere, a chi commenterà, a chi ha commentato in passato e a tutti colore che continuano a seguirmi e a credere in me, malgrado io lasci molti progetti a metà ç_ç dai, che quest'anno provo a concluderne un po'... ve lo devo!

Un bacio grosso,

La vostra amichevole Miryel di quartiere. 

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