Capitolo I
«Nothing captures human interest more
than human tragedy.»
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Capitolo I
Quando hai cinque anni nessuno te lo dice che, prima o poi, smetti di credere nella magia e che, le fate, i folletti e i maghi non esistono davvero. Sono solo prodotti della mente, proiezioni di un'anima innocente, che prima o poi scompaiono via, lasciando spazio alle responsabilità di una vita adulta. Peter Parker, però, non ha davvero mai smesso di credere alle fiabe e, sinceramente, non se lo ricorda proprio il momento esatto in cui quei due cosi gli sono comparsi sulle spalle; non ricorda quando tutto ha iniziato a cambiare. Sa solo che ci sono sempre stati e che, santo cielo, ultimamente sono più molesti del solito. Nessuno è a conoscenza di quel segreto perché, sebbene siano lì da che ha memoria, ha compreso sin da subito quella stranezza non è condivisibile. E comunque chi mai gli crederebbe?
No, in verità lo sa Ned, il suo migliore amico, anche se Peter è convinto che lo assecondi siccome lo crede pazzo. Logico che lo pensi! A volte si pensa pazzo anche lui, figuriamoci!
E così è lì, anche quella mattina è lì, che si lava i denti, pronto a iniziare una nuova giornata lavorativa alla Stark Industries. C'è una calma mattutina che non riesce a godere nel pieno delle sue facoltà, siccome quei due non si sono ancora palesati e, di certo, arriveranno tra poco. Lo sente. Non sono i suoi sensi di ragno a prevederlo, ma una routine giornaliera che si porta dietro da troppo, e malgrado ormai sia abituato alla loro presenza, continua a pensare che la sua privacy non sia realmente mai esistita.
«Buongiorno!»
Peter sussulta, e gli sfugge di mano lo spazzolino. Cade nel lavandino, dove poco dopo si appoggia ai bordi con i palmi delle mani – e un infarto in corso.
«Lo era!», esclama corrucciato e, voltandosi verso la sua spalla destra, sospira. La sua coscienza pulita è comparsa: con la sua aureola sulla testa e le alucce bianche che lo tengono leggermente sospeso in aria. Non può vedere la sua espressione facciale, ma sa per certo che sta sorridendo – al contrario suo, ovviamente. «Possiamo evitare di comparire così all'improvviso? Non posso rischiare un infarto ogni benedetta mattina!»
Il piccolo essere sulla sua spalla alza le sue e incrocia le braccia al petto. «E come faccio? Non posso comparire da un'altra parte, bussare alla porta e chiedere permesso. Ti ricordo che puoi vedermi solo tu.»
«Be', questo è tutto da vedere. Io lo so che sono pazzo e che è questo l'unico motivo per il quale vi vedo! A proposito, dov'è quell'altro?»
«Non lo so. Immagino che si sia appena alzato. Come sempre non è un tipo mattiniero, lo sai», risponde il piccoletto, e dopo nemmeno un secondo – puff, anche l'altro compare. Capelli neri alzati con la gelatina, un completo elegante e una maglietta buffa sotto la giacca. Occhiali da vista con le lenti colorate blu e un paio di cornine sulla fronte, rosse come il fuoco.
Sogghigna. «Oh, è già iniziata la giornata? E si parla già di me!», esclama, e gli altri due sbuffano.
«Ci chiedevamo dove fossi finito, Stark», informa quello con l'aureola e Peter scuote la testa. Recupera lo spazzolino dal lavandino e ricomincia a lavarsi i denti. Questo è il momento in cui quei due iniziano a litigare e lui, come sempre, vuole tenersene fuori. Non gli interessano i dissapori tra la sua parte razionale e quella irrazionale, esternate sotto forma di un se stesso vestito da Spider-Man e da Tony Stark. Non ha mai capito perché abbiano quell'aspetto – prima di diventare l'uomo ragno la sua parte buona aveva la sua faccia, e non indossava la tuta. Buffo. Peter, però, ha smesso di porsi domande molto tempo fa. Per quanto riguarda Tony Stark, invece, pensa che sia a causa dell'ammirazione che ha sempre provato per quell'uomo – ora il suo capo, alla Stark Industries.
«Hai cambiato tuta, Spider-Man?», chiede il piccolo Tony.
«Oh, lo hai notato!», esclama l'altro, e il suo tono di voce è cambiato; è più squillante con una vena di adulazione. Peter rallenta il movimento dello spazzolino e guarda la sua parte razionale. In effetti ha cambiato tuta; ora porta la sua nuova tuta, quella che lui e il signor Stark hanno costruito qualche giorno fa. È bella, gli piace molto e, in fondo, è felice che anche il nanetto l'abbia apprezzata tanto da volerla indossare. «Ti piace?»
«Discreta», è il commento di Tony.
«Discreta? L'hai costruita tu, genio!»
«Non l'ho costruita io, l'ha costruita il mio io per cui lavora Peter. La mia sarebbe stata migliore di questa, senza ombra di dubbio. Tu hai dubbi?»
«Moltissimi», annuncia Spider-Man, e Peter ha la sensazione che lo abbia detto a denti stretti, sotto la maschera.
Beve un lungo sorso d'acqua, alla velocità della luce e lo sputa nel lavandino, irritato.
«Okay, okay. Non iniziate a discutere, per favore. Non mi va di iniziare la giornata con voi due che... be', che discutete come una coppia repressa di sposini. Non ho bisogno anche di voi, per rovinarmi la vita.»
«Oh, quello sei bravissimo a farlo da solo, Peter. A proposito: come va col signor Stark? Novità su quell'approccio di cui abbiamo parlato?», chiede Tony, con un tono mellifluo che fa scattare sul posto Spider-Man. Peter gli lancia un'occhiata e spera che se ne occupi lui, stavolta, di chiudergli la bocca.
«Smettila di pressarlo! È innamorato cotto e ha bisogno dei suoi tempi. Non può andare lì e dirgli cosa prova. Non è da lui, lo sai!»
«Non sono innamorato cotto, ho... ho preso una sbandata e abbiamo già parlato della questione almeno una dozzina di volte; comunque ve lo ripeterò per l'ennesima volta: non dirò niente al signor Stark e me lo terrò per me. Lui... ha già abbastanza rotture di scatole e non serve che ci si metta pure un ragazzino con una cotta per lui, a dargli altri pensieri. Senza contare che se lo faccio, oltre a spezzarmi il cuore, mi caccerà via e io non voglio. Lo sapete quanto ho tribolato per entrare lì dentro, dopo la scuola, no?», dice, e per quanto si fosse ripromesso che non avrebbe dato spiegazioni e non sarebbe intervenuto nel loro battibecco, alla fine è di nuovo lì a fare l'unica cosa che non gli va di fare: parlare dei suoi sentimenti.
Ce l'ha, una cotta stratosferica per il signor Stark, ormai dalla scorsa estate, quando è entrato a lavorare lì e Tony l'ha preso sotto la sua ala protettiva, aiutandolo con le tute di Spider-Man. Passano un sacco di tempo insieme, a volte pranzano pure alla mensa, seduti allo stesso tavolo. A volte il signor Stark lo invita pure a cena fuori, e parlano di lavoro e di cazzate. Niente più di quello, ma a Peter basta. Gli basta quel tempo speso con lui, perché sa che prima o poi gli passerà. Arriverà qualcun altro a rubargli il cuore e ricorderà quel periodo con un certo divertimento. Lo spera, almeno.
«Ecco, lo hai fatto intristire! Bel lavoro, Stark.»
«Io non ho fatto intristire proprio nessuno! Lo sai che fa tutto da solo, quando pensa a quel tipo. Io non c'entro niente, smettetela di affibbiarmi tutte le colpe. Io non sono la sua parte cattiva, sono la sua parte impulsiva. Lo spingo a buttarsi, non a riempirsi la testa di pensieri idioti.»
«Non sono pensieri idioti», lo redarguisce ancora Spider-Man, e Peter sente la sua manina sulla guancia, nel chiaro intento di tirarlo su con una coccola. Un po' lo apprezza. Quel piccoletto ce la mette tutta per dargli una mano e, per quanto possa sembrare il contrario, gli è grato. In realtà è grato a tutti e due, anche se non vuole ammetterlo. Se non fosse stato per il piccolo Spider-Man non avrebbe mai scelto la facoltà giusta; si sarebbe buttato come sempre, sbagliando, pagandone poi le conseguenze per non averci pensato abbastanza; e se non fosse stato per Tony, che lo ha convinto a fare quel test d'ingresso alla Stark Industries, buttandosi senza nemmeno aver indagato sulle domande e sulla modalità dei test, ora sarebbe a casa a mangiarsi le mani. E invece è lì, pronto a tornare di nuovo sul posto di lavoro più figo del mondo. A lavorare con l'uomo di cui si è innamorato follemente e che di certo non lo ricambia.
«No, non sono pensieri idioti, ma sono pensieri che portano solo ad una serie di occasioni perse. Buttati e digli cosa provi!», esclama la sua parte irrazionale, indicandolo con un gesto teatrale.
«Tony, tu sai qualcosa? Sai se ricambia? Perché, se così fosse, potrei quasi farci un pensierino», dice Peter, ridacchiando, e il piccoletto sbuffa una risata.
«Il fatto che io abbia il suo aspetto non significa che debba per forza sapere cosa gli passa per la testa.»
«Ma siete la stessa persona, dopotutto. Siete praticamente identici; arroganti e spocchiosi allo stesso modo», esclama Spider-Man e Tony arriccia le labbra, pensiero.
A Peter si accende una lampadina. «Oh, ottima osservazione Spidy. Dunque Tony... io ti piaccio?»
«Nemmeno un po'», risponde lui, lapidario e Peter non fa in tempo a deprimersi che lui continua, «Niente di personale, Parker, ma sono sulla tua spalla da quando eri alto quanto lui», borbotta, e indica Spider-Man. «Non mi puoi piacere. Siamo la stessa persona, in fondo. Certo, tu sei una bozza grezza di come sono io, e dai più retta a quello che a me, ma questo non significa niente.»
«Sono convinto che significhi qualcosa, ovvero che ho zero possibilità. Comunque non importa, lo sapevo già.» Peter si sfila la maglia del pigiama ed inizia a darsi una sciacquata, sbuffando. Non gli importa niente, quell'ennesima prova è tutto ciò di cui aveva bisogno per convincersi che no... non dirà mai al signor Stark che ha una cotta per lui.
«Ehi, aspetta un secondo, Parker!», esclama Tony e gli bussa sulla tempia, per richiamare la sua attenzione.
«Auch! Che vuoi?»
«Be', fai domande sceme e io te ne faccio una altrettanto idiota: io ti piaccio?»
«No, non mi piaci. Provo per te e per lui lo stesso affetto che proverei per un parente insopportabile che devo tenere per forza dentro casa. Alla fine ti affezioni, ma non vedi l'ora che se ne vada», ammette, poi si spruzza il deodorante, si infila la maglietta e i due esserini rimangono imprigionati dentro le spalline. Escono dal buco per il collo, annaspando aria e tirandogli qualche accidenti.
«Ecco, dunque hai capito che io e quel tuo adoratissimo signor Stark non siamo la stessa cosa? E comunque non pensare che a me faccia piacere trovarmi qui, mi hanno costretto a farlo. Se potessi me ne andrei di corsa!», esclama e Peter lo vede indicare la porta con un pollice puntato dietro la schiena. Gli regala un sorrisetto e inizia a sistemarsi i capelli.
«Sei veramente un cavernicolo quando ti comporti così. Non è vero che te ne vuoi andare», dice Spidy, invece, incrociando le braccia al petto e sedendosi a gambe incrociate sulla spalla di Peter. «Io non voglio lasciarti solo, Pete.»
«Perché almeno tu mi vuoi bene?»
«Anche, ma soprattutto perché sei un disastro e da solo non te la sai proprio cavare», ammette ancora il piccoletto vestito di rosso, alzando le spalle, e Peter ha l'impulso di stringerlo tra le mani e strozzarlo, ma non lo fa. Non lo fa perché sa che ha ragione, dopotutto. Non ha mai saputo cavarsela da solo o, almeno, non sa se ne è in grado, siccome Spidy e Tony sono sempre stati lì, sulla sua spalla, a tentare in qualche modo di fargli prendere sempre le decisioni più sagge... a modo loro.
«Okay, ora basta! Devo finire di prepararmi e sono quasi in ritardo sul ritardo che di solito mi impongo! Quindi sparite cinque minuti o mi licenziano.»
«Ricevuto!», esclamano all'unisono le due coscienze, sparendo con un puff. Peter poggia le mani sul lavandino e guarda il proprio riflesso rispondere a quello stesso sguardo affranto. Sarà l'ennesima giornata meravigliosa, alla Stark Industries e, come sempre, si accontenterà di averlo accanto solo per qualche ora, il signor Stark. È sempre meglio quello di niente, dopotutto.
Fine Capitolo I
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Note autore:Ehilà, come va? Come procede la quarantena? Spero tutto okay!
Avete presente quelle storie che nascono in pochissimo, senza pretese che però devi assolutamente scrivere o muori se non lo fai? Ecco, questo è il caso! Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e anche il disegno in copertina, che è mio ❤️
A presto spero!
Miry
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