1. THE COUNTRY
Vi siete mai svegliati in un posto sconosciuto? Sapete, si prova una paura temporanea quando ciò succede, è chiamata ansia mattutina. Si poteva essere angosciati per diverse cause, ma quella peggiore era trovarsi stesa in un letto non tuo, un villaggio gelido ed ignoto, con uno sconosciuto al tuo fianco.
Almeno questo fu ciò che pensò Lily Drast, la quale si specchiò su una grande vetrata che affacciava su un lungo corso d'acqua congelato. Quest'ultimo era circondato da entrambi i lati da dei monti innevati; gli alberi di questi erano ancora verdi, lo si intravedeva se si guardava con attenzione. il sole caldo batteva imperterrito sul viso della ragazza, che alzò una mano per coprirsi gli occhi.
Si era tranquillizzata quando aveva fatto mente locale, ricordandosi di essere a Flåm. Un piccolo paese norvegese che affacciava su uno dei fiordi più freddi della regione: l'Aurlandsfjord, probabilmente era quello che aveva sotto lo sguardo.
Si guardò intorno per qualche secondo, notando come quella stanza fosse vuota. Era sicura di essere in un appartamento e non in un hotel, ma quella camera le dava tutta l'idea di essere di un albergo. Sembrava disabitata, come se chi ci vivesse passasse più tempo fuori che lì dentro.
Scorse le pareti nere, si sentì quasi soffocata da tutta quell'oscurità, ma continuò a far vagare lo sguardo per tutta stanza e le uniche cose che vide furono due quadri con delle fotografie in bianco e nero. Tutto lì era nero.
Abbassò gli occhi sul letto solo per scorgere lenzuola del medesimo colore, sbuffò. Stanca di vedere quel colore ovunque si alzò stizzita dal letto. Sussultò non appena il suo piede fece contatto con il pavimento gelato e rabbrividì dopo essere uscita da sotto le coperte, completamente nuda. Si mise a cercare i propri abiti, li trovò sul pavimento, sotto il letto, sulla poltrona.
Si vestì molto in fretta, guardando come i suoi tatuaggi scomparissero sotto la lana rossa e il leggero cotone del suo pantalone. Si diresse verso lo specchio, appeso sulla parete ai piedi del materasso, e sistemò in modo superficiale i suoi lunghi capelli neri. Tolse quello che era rimasto del make-up, lasciando così il suo viso, dai lineamenti ben scolpiti e le sue lentiggini, al naturale.
Inaspettatamente le cadde lo sguardo sul ragazzo, ancora profondamente addormentato, dietro di lei. La criniera di ricci aveva dei riflessi color rame, grazie ai raggi solari, la mascella era tanto squadrata che sembrava surreale. Drast si sentì incredibilmente attratta da quelle labbra rosso ciliegia, quando ci finì il suo sguardo. Osservandolo si chiese se quel ragazzo avesse una storia felice o una che non valesse la pena di sentire. Le era sempre piaciuto conoscere persone nuove, tutti avevano un modo diverso di vedere il mondo, l'affascinava. Scosse la testa, non le doveva interessare.
Si era spostato rispetto a quando c'era anche la ragazza vicino a lui. Era prono e aveva una guancia sepolta nel cuscino, la bocca leggermente all'infuori che formava una smorfia adorabile e le braccia chiuse sopra il capo. Mentre continuava a fissarlo, un sorrisetto spuntò sul viso della mora <<Ho sempre saputo di avere bei gusti>> sussurrò divertita.
In seguito la ragazza si dileguò, lasciandosi alle spalle quel ragazzo che, doveva ammetterlo, l'attraeva parecchio. Lily scosse nuovamente la testa, non poteva pensare quelle cose, non doveva fantasticare su qualcuno in quel modo. Scese le scale dell'edificio e si ritrovò un portone in metallo di fronte. Non appena uscì venne investita da una brezza che le riempì il corpo di brividi.
Inviò la sua posizione al suo migliore amico, nonché partner di lavoro, e si poggiò al muro gelido per aspettarlo. Nel frattempo che attendeva, si accese una sigaretta. I passanti la guardavano, era una sconosciuta in quel posto, ma lei si mostrò più interessata al meraviglioso paesaggio che si ritrovava davanti agli occhi. C'era una sola via principale, a questa si aggiungevano tante piccole strade secondarie, negozi di souvenir e bar erano presenti ad ogni curva. Il villaggio nasceva su una grande montagna, ora innevata, e sulle rive dell'Aurlandsfjord. Le persone erano differenti da quelle di New York, sul volto non avevano la solita espressione corrucciata degli americani, ma un sorriso che veniva ricambiato da chiunque lo avesse incrociato. La ragazza assottigliò i suoi piccoli occhi a mandorla per mettere a fuoco un'insegna di un locale, lo ricordava vagamente.
Un signore anziano la vide e le si avvicinò, lei si mise sull'attenti, alzò la guardia. Non si fidava mai.
<<Sei qui in visita, giovane?>>, chiese debole il signore, leccandosi le labbra fine, come farebbe qualcuno senza i denti. La mora annuì.
<<Mhh, io ci ho trovato la felicità, spero tu abbia la mia stessa fortuna bella ragazza. Benvenuta a Flåm>> concluse con un sorriso, il vento mattutino a scompigliargli i pochi capelli che aveva, mentre si allontanava dall'asiatica. Paralizzata. Le pietre nere della ragazza erano sorprese, ma contente, in un certo senso. "Se fosse stato a New York gli avrebbero dato due dollari, credendo fosse un senzatetto" pensò la liscia. La ragazza sorrise arricciando il suo piccolo naso inarcato su cui portava un anellino di metallo. Avrebbe voluto abituarcisi.
Dopo alcuni minuti di attesa al freddo arrivò il suo amico. Quando lo vide, Lily poté notare che aveva fatto il suo solito bun ordinato che utilizzava per raccogliere i suoi lunghi capelli ricci, tipici della famiglia Gregorin. Il ragazzo aveva un fascino sulle persone non indifferente, ragione per cui alla sede lo chiamavano l'Alessandro Magno d'America. Il suo carisma lo accomunava, per l'appunto, con l'imperatore. Alcuni lo attribuivano alle sue origini ispaniche, forse era così. Aveva quegli scottanti occhi marroni, che scrutavano ogni minimo particolare con attenzione e le sopracciglia folte perennemente aggrottate, che intimorivano chiunque lo guardasse.
Un corpo che anche il migliore body builder desidererebbe, l'addestramento fatto a causa del suo lavoro lo aveva aiutato: ogni singolo muscolo era allenato e quelli visibili erano scolpiti. E quella dannata barbetta lo rendeva più uomo, gli dava quell'aria da cattivo ragazzo, era il punto debole di qualsiasi persona lo incontrasse, dopo il sorriso. Dio, quei fottuti denti si confondevano con il sole, brillavano e dall'essere intimidatorio, il ragazzo, passava a essere la più lucente tra le stelle.
Aveva un'ossessione per i tatuaggi, la maggior parte di quelli che possedeva li aveva proprio fatti con Lily, come la scritta in giapponese che si erano tatuati in onore della patria della ragazza.
"永遠" Letteralmente significava eternità, ma tra due persone era segno di amicizia eterna.
Quando il riccioluto ebbe raggiunto l'asiatica, questa gli porse la sigaretta, offrendogli un tiro, che il ragazzo accettò senza esitazione.
<<La nottata?>> chiese Al, con un sorriso malizioso sul volto, inalando un po' di fumo. Aloysius era il suo nome per esteso, ma per gli amici era solo Al.
<<Bene, suppongo, non che ricordi molto>> rispose Lily noncurante.
<<La solita... Ci mettiamo a lavoro? Abbiamo tanto da fare>>, propose poi il ragazzo, rigirandosi i numerosi anelli alle dita che fecero rumore nello scontrarsi. La mora annuì in risposta, senza aggiungere nulla.
Dall'auto, i due ragazzi, poterono notare che gli chalet di quel villaggio erano tutti molto simili: il tetto era a punta e strutturati in legno, in seguito dipinto di vari colori i quali vagavano dal rosso, al giallo e infine al verde. In più, ogni casa presentava un portico all'esterno, meticolosamente arredato da piante e panche. Tutto era ricoperto di neve, era inizio Gennaio, perciò inverno inoltrato.
Arrivati all'albergo, parcheggiarono il veicolo ai posti auto davanti all'entrata. Di fronte a loro c'era un muro e su di esso era posizionata la grande insegna, che recitava: "Flåm Hotel".
<<Originale>> lo canzonò Al, in seguito con la sua amica scese dall'auto. Ai loro occhi adesso appariva una grande struttura in legno tipica del luogo. Una canna fumaria era presente sul tetto e del fumo grigio fuoriusciva da essa. I newyorkesi non scorsero alcun tipo di balcone o terrazzo, bensì solo delle finestre, le quali erano tutte chiuse da delle serrande marroni.
Dalla porta di vetro, che si trovava alla fine di un sentiero poco curato, si potevano notare le luci accese. Il moro sospirò e cominciò ad incamminarsi verso l'entrata, seguito dalla sua partner.
L'interno dell'albergo era semplice proprio come l'esterno. Non appena entrarono, gli americani, si trovarono di fronte il bancone della reception con una piantina grassa a decorarlo, dietro questo una parete con le chiavi delle camere e una porta di legno.
L'arredamento era un misto tra il gotico, tipico di Flåm, e il moderno. Le pareti erano in legno scuro, proprio come il parquet. A destra della porta si trovavano dei tavoli e delle sedie in metallo rosso, mentre a sinistra cominciava il lungo corridoio dove, era molto probabile ci fossero le camere. I raggi solari che filtravano dall'entrata e dalle finestre presenti a destra di questa, riscaldavano quel posto gelido, insieme al caminetto di mattoni grigi che si trovava dietro il bancone.
I ragazzi rimasero sorpresi e perplessi nel vedere che non ci fosse nessuno, era vuoto. Il silenzio stava lottando contro lo scoppiettio del camino per regnare, ma improvvisamente entrambi persero, sconfitti dalle urla di qualcuno.
<<Maledizione, lo faccio fuori>> le grida, scoprirono i due amici, provenivano da una ragazza bionda e dalla pelle pallida che fece il suo ingresso nella hall con un'espressione a dir poco infuriata. A quel punto i partner si fecero notare, chiedendo di fare il check in.
Una volta concluso anche il pagamento i ragazzi iniziarono a percorre il lungo e colorato corridoio fino alla loro camera: la numero quattro. La stanza era squallidamente banale, con un alto letto al centro coperto da delle lenzuola nere, Lily avrebbe voluto urlare, dei cioccolatini posti sui cuscini. Per caso il tipo misterioso lavorava lì? La cosa originale era la parete verde acido, dietro lo schienale del letto, che spiccava rispetto alle altre bianche. L'importante, pensarono i due ragazzi, era che il posto fosse pulito e senza insetti terrificanti.
<<Dovremmo ucciderlo>> disse il riccioluto, facendo scorrere lo sguardo per tutta la stanza. Si stava riferendo al loro capo.
<<Non dobbiamo attirare l'attenzione Al>>, lo rimproverò Lily, compiendo la stessa azione dell'amico <<E questo albergo non lo fa di certo>> continuò poi girandosi verso il moro.
<<Ripetimi perché abbiamo accettato questa missione?>> chiese il ragazzo, dalla sua bocca usciva solo sarcasmo e fastidio.
<<Perché siamo le spie migliori di New York, tesoro>> lo canzonò la ragazza, enfatizzando con le sopracciglia.
Lily Drast e Aloysius Gregorin non viaggiavano mai per volere, bensì per dovere. Avevano fatto il giro del mondo con il loro piccolo jet privato; ucciso in Spagna, Egitto, Italia e molti altri paesi. Si erano guadagnati il titolo di due delle più abili e spietate spie della CIA, ogni loro missione era stata portata a termine e la verità sempre venuta a galla. Per questo il loro capo, Robin, gli aveva affidato quella missione.
Ma anche loro due, i migliori, si trovavano ora in difficoltà.
<<Al abbiamo ricontrollato i fascicoli centinaia di volte per vedere se non ci fosse sfuggito niente, è inutile continuare. Andiamo a mangiare e poi decidiamo cosa fare>> Lily stava pregando il suo amico, ma quello aveva la testa sepolta nei fogli mentre cercava di capirci qualcosa. Perché quell'agente avrebbe voluto far cadere la sede di New York e uccidere la sua partner, nonché moglie?
<<Vai tu, io continuo ancora un po'>> rispose solamente il ragazzo, senza alzare lo sguardo dai fascicoli. Lily sospirò, conosceva il suo amico, la sua testa era come quella di un mulo. Niente lo avrebbe smosso dalle sue idee.
Una volta nella hall, Drast si diresse alla reception, per chiedere dove poter trovare un posto per mangiare. Siccome non ci trovò nessuno, suonò il campanello che si trovava sul bancone, che probabilmente serviva per chiamare il personale, accanto a questo c'era un biglietto con su scritto "Suona e ti sarà dato". Inquietante.
<<Come posso aiutarla?>> una voce bassa si intromise nei pensieri di Drast. Quando anche il proprietario di questa si fece avanti Lily lo riconobbe all'istante come il ragazzo con cui era stata quella notte. Oh beh la sua intuizione era giusta. I suoi occhi, poté notare l'agente, erano verdi. Non quel solito verde chiaro che vedeva nella gente, no, le iridi di quel tipo erano intimidatorie. Le sopracciglia scure e disordinate avrebbero potuto incutere timore, ma la spia ne era stranamente attratta.
Il ragazzo doveva averla riconosciuta perché borbottò un <<Oh, ciao>> senza però accennare ad un sorriso.
<<Ciao>> replicò l'asiatica Lily, lei invece sorrideva. Un sorriso luminoso ma, in qualche modo, lasciava intravedere i traumi passati dalla mora. Sembrava mostrasse delle cicatrici, il riccio le scorse.
In seguito la ragazza chiese ciò per cui era andata lì e ottenne la sua risposta.
<<Grazie mille...>> cominciò a dire Lily, prolungando la fine, il castano esitò, la guardò per qualche secondo, poi sospirò: <<Caleb>> affermò, semplicemente.
<<Grazie Caleb, ci si becca>> sorrise furba la spia cominciando a indietreggiare verso la porta.
<<Cos- hey non mi hai detto il tuo nome!>> alzò la voce il ragazzo dagli occhi verdi, un'espressione corrucciata sul viso.
<<Non me lo hai chiesto>> ribattè Lily con un'alzata di spalle, il ghigno ancora presente.
Vedendo che il riccio non era intenzionato ad aprire bocca, troppo impegnato a studiare l'agente con la fronte corrugata e un labbro intrappolato tra i denti, la liscia corse fuori, lasciandosi l'attrazione per quel castano alle spalle. Più o meno.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro