3 - Let your love come out
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Attenzione: segue scena spicy.
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Ginevra seguì le indicazioni che Bruno le aveva dato pochi minuti prima: attraversare la lobby. Non diede troppa importanza alle occhiate degli ospiti, nemmeno alla musica – il sassofonista aveva cambiato canzone, suonando un classico jazz anni Sessanta. Camminando e girando l'angolo a destra, l'atmosfera cambiò e le luci delle lampade a muro divennero ancor più soffuse, ma abbastanza da far orientare al meglio l'ospite.
Gli specchi agli angoli aiutavano a riflettere la luce, donando un'atmosfera rilassante. Qualche palma faceva da decorazione fra una serie di luci e l'altra. Proseguì, la guardia alta e il passo felpato – non voleva fare troppo rumore coi tacchi. Doveva ammetterlo: aveva voglia di lui, poco sarebbe importato di quanto avesse bevuto e fumato durante la serata. Il cuore palpitava incontrollato. Dov'era Bruno?
Un passo avanti, un altro ancora... fino ad arrivare ad un piccolo atrio. Appoggiato al muro, accanto il tavolino alto e le palme da vaso, c'era un uomo dall'abito bianco perla con un bicchiere di cristallo in mano. Quando i suoi occhi incontrano quelli di lei, lanciò uno sguardo pieno di lussuria e la sua bocca disegnò un sorriso malizioso, le fossette sulle guance lo facevano sembrare così infantile e innocente.
«Sa dirmi dove si trova il bagno delle signore?» chiese lei ingenuamente, lasciandosi contagiare.
«Seconda porta sulla sinistra» rispose, poggiando il bicchiere di cristallo sul tavolino di marmo accanto.
Prima che avesse potuto indietreggiare per andare verso la porta, Bruno le prese una mano e l'attirò a sé. Era leggermente più alta per via dei tacchi, ma non abbastanza da impedirgli di far scendere le mani lungo i suoi fianchi.
«Ti sono piaciuto poco fa sul palco?»
Non le era 'piaciuto', era stato un vero e proprio Dio dell'Amore. – «Tantissimo.»
«Sai, ti ho guardata tutto il tempo. Cos'avevi intenzione di fare con quel bicchiere?»
«Sedurti» ammise tutto d'un fiato e a voce alta, noncurante di quel senso di brillo dovuto al cocktail che aveva bevuto. Fece scorrere lentamente due dita lungo quel collo velato di sudore per l'esibizione di poco prima, ricambiando. Il sapore e il forte odore del Selvarey erano così forti da accenderla dentro. Amava sentirlo su di lui, specialmente dopo un'esibizione.
«Ci sei riuscita, lo sai? Mi hai portato qui.» Le diede un casto bacio sulla guancia. «So anche che dormi in un letto molto grande. Pensi ci sia un po' di spazio per ospitare un esemplare di leone affamato di coccole?»
«Il mio letto non prevede l'accoglienza di felini» sorrise timida, sfiorando un bottone della sua camicia bianca – l'ultimo libero dall'asola che mostrava un accenno di pettorale. Quell'uomo aveva imparato a flirtare con lei attraverso la biologia marina e la zoologia. «Ma forse potrei... hm, fare un'eccezione.»
Lui le sfiorò i capelli con le labbra, poi la fronte e gli occhi, muovendosi piano contro il suo viso. Quelle labbra così vicine, quelle mani lente e morbide che esploravano il suo corpo... Per un secondo Gin si era sentita morire dalla voglia.
«Andiamo via.» La prese dolcemente per mano, uscirono e attraversarono l'altro lato della lobby VIP per poter uscire indisturbati.
Gli altri erano a festeggiare e non si sarebbero accorti di loro. Certo, era da maleducati andare via da un evento che lui stesso aveva organizzato, ma sentiva il bisogno di sparire da tutta quella socialità e rimanere in una cupola di vetro fino all'alba. Con lei.
Attraversato il grande ingresso, Gin si guardò dietro le spalle e notò con sua grande sorpresa che non c'erano più né la fila né la receptionist. Logicamente era passata la mezzanotte, la maggioranza delle persone era in giro a fare baldoria per le discoteche o nei casinò a scommettere il proprio patrimonio. Le luci colorate della lobby dell'hotel erano le uniche cose che li circondavano. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, quando si nascondevano anche per un bacio a stampo.
Appena le ante si aprirono, i due non esitarono ad entrare e premere il tasto ventiquattro. D'improvviso Ginevra si sentì spingere all'indietro, avvertendo una consistenza dura colpire le natiche coperte dal velo della gonna. Numerosi spasmi risalirono fino alla spina dorsale, tutto il corpo fremette e la sua intimità iniziò a dare piccoli segnali.
«Peter, che stai...?»
«Non resistevo più. Non potevo più dividerti con gli altri ospiti, avevo bisogno di averti tutta per me.»
«In poche parole mi hai rapita» rivelò tutto d'un fiato, lasciandosi scappare un ansito.
«Esatto» affermò a bassa voce, mordendole il lobo dell'orecchio. Era serio, spaventosamente serio. «E ti mostrerò cosa succede quando accogli un leone nel tuo letto.»
Lei, imprigionata sotto di lui a gambe aperte. Una danza erotica lenta e senza fine.
Gin mugolò, ma il suono del campanello fermò quelle carezze sensuali. Decimo piano, qualcuno stava per salire. D'istinto voltò lo sguardo verso la parete di fianco, mentre lui nascondeva il volto nell'incavo del suo collo. Le ante si aprirono e tre persone salirono, più precisamente tre turisti. Non si accorsero della loro presenza, da una parte perché parlavano fra di loro in una lingua sconosciuta – dalla pronuncia chiusa sembrava essere svedese – e dall'altra per via di quell'adrenalina da alcol.
Le ante si chiusero e per un po' furono costretti ad ascoltare parole strane e voci goffe. Dal gesto che stava facendo il tizio più in carne, sembrava essere una battuta. Le loro risate riempirono la cabina, sovrastando quella tensione sessuale che c'era fra Bruno e Gin.
«A che piano siamo?» domandò lui sottovoce, mascherandosi fra le risate dei turisti.
«Sedicesimo» rispose lei, ricordandosi che mancavano altri otto piani per arrivare a destinazione.
Ci sarebbero voluti altri due lunghi minuti, poiché durante la salita si fermava per accogliere altri ospiti dell'hotel che andavano e venivano da una stanza all'altra. L'ascensore si fermò al ventesimo piano, e finalmente i tre turisti lasciarono la cabina. La coppia restò finalmente sola, ma restò ferma dov'era nella speranza che quei secondi fra il ventesimo e il ventiquattresimo piano passassero presto.
L'attesa era terribilmente snervante, Bruno sentiva il pressante desiderio di tornare nella suite. Il rum gli scorreva nelle vene e il calore riversava in tutto il suo corpo, era febbricitante d'amore e sesso. Soprattutto di sesso.
Il campanello suono e alzando lo sguardo, i battiti del suo cuore accelerarono: finalmente arrivati. Uscirono dalla cabina dell'ascensore e senza preavviso, lui le prese la mano per farla appoggiare sul suo petto. La schiena di lui era rivolta verso la parete lucida e dalle decorazioni vittoriane damascato del corridoio, le luci soffuse e l'atmosfera notturna romantica a fare da sfondo.
"Io non sono fatta per condurre una vita sotto i riflettori eppure, in un modo o nell'altro, ci sono finita".
Quella vecchia conversazione prima della pandemia, il giorno in cui Gin si era esibita pubblicamente per suo fratello e per la prima volta. Era assurdo pensare a quanto quelle parole fossero ancora attuali, o al fatto che si trovasse nello stesso luogo dove i suoi sentimenti per lui erano riaffiorati.
«B-Bru...» balbettò e deboli gemiti iniziarono a uscire dalle sue labbra. «M-mi fanno male i tacchi.»
Lui si offrì di toglierglieli e dopo aver avuto il suo consenso, s'inginocchiò per slacciare il cinturino dei suoi tacchi rosa. La cavigliera sulla caviglia destra le stava d'incanto, fu tentato dallo sfiorarla, ma resistette.
Bruno alzò la testa, mentre si occupava dell'altro tacco. Guardando meglio il fiocco sopra la scarpa, scoprì che erano un paio di Gianni Ribbon e lui le aveva confuse con le Medusa '95.
Questa non me l'aspettavo da te, Ginny Angel.
«Va meglio?» Lei annuì, guardandolo accarezzarle la caviglia e rialzarsi. Aveva la pelle liscia, la voglia di abbassarsi di nuovo e baciargliela si stava facendo strada in lui. «Dove hai la chiave della suite?»
«Nella borsetta.» Fece per aprirla e fare un passo indietro, guardando Bruno da dietro le sue spalle ancora appoggiato alla parete. Sembrava smarrito. «Ma... sei sicuro di essere lucido?»
«Abbastanza da fare ragionamenti sensati» sogghignò, senza staccarle gli occhi di dosso. Non lo sarebbe stato ancora per molto, se avesse continuato a guardarla con quel vestito addosso.
Gin camminò verso la porta, la chiave in mano e le scarpe in un'altra. I suoi fianchi si muovevano leggiadramente, facendo oscillare i veli di seta del vestito. Le andò incontro dopo qualche secondo, cingendola per i fianchi. Non avrebbe resistito un altro minuto di più; aveva aspettato fin troppo per poterla avere tutta per sé, tenerla prigioniera in quella cupola di vetro dove soltanto il suono dei loro corpi si poteva udire.
La ragazza scavò nella borsetta alla ricerca della chiave, cercando di sbrigarsi il più possibile ad aprire la serratura. Cercò inoltre di non lasciarsi coinvolgere troppo dai baci che Bruno le stava lasciando sul collo, impaziente di poter entrare. La trovò e la inserì nella serratura, la porta si aprì con uno scatto ed entrarono senza dare nell'occhio.
La suite era buia, c'era soltanto la luce esterna ad illuminare il salottino e parte del letto. Appena la porta si chiuse, Bruno la inchiodò seducentemente al muro e iniziò a baciarla. Gin lasciò cadere i tacchi sul pavimento e portò le braccia intorno al suo collo per abbracciarlo. Aveva aspettato il momento in cui ci fosse stata una porta a separarli dal mondo per far uscire quel lato pudico che lui tanto adorava.
«Guarda che hai fatto» sogghignò malizioso, muovendo appena il bacino per far scontrare la patta dei pantaloni contro di lei.
Dio, è così... – «P-Pete...» pigolò, le guance arrossate.
«Ti avevo detto di non svegliarlo» sussurrò con voce roca, abbassando lentamente la lampo del vestito fino a scoprirle tutta la schiena.
Lo specchio rifletteva il pallore della sua carnagione, libera dai gioielli in paillette e i merletti. Passò le dita sulla schiena nuda, baciandole il collo e la spalla destra. Quando poggiò le labbra sulla clavicola, la sentì ansimare. Il suo profumo lo mandava in estasi. «Spogliami, ora.»
Gin eseguì e finì di sbottonare la camicia, scoprendo di più il suo addome caramellato e poco muscoloso. Lui sentì le sue dita fredde scivolare lentamente sulla scollatura, urtando i bottoni sulla destra e senza togliere quella barriera di cotone fine che aveva addosso. Infilò impacciatamente le mani sotto quel tessuto, ma fu lui a terminare quel gesto, spogliandosi della camicia e rimanendo solo coi pantaloni. Lo stava ammirando, nello stesso modo in cui lui ammirava quell'accenno di curva del seno dal riflesso dello specchio.
Lui fece scorrere lentamente il naso lungo il suo collo, urtando la collana di Tiffany e posò un bacio rovente su un punto preciso. Gin lo fermò, poggiando le mani sul suo addome per allontanarlo. «Hm, aspetta... Non è così che voglio farlo.»
L'espressione di lui era confusa. «E come?»
Stavolta fu lei ad accompagnarlo di fronte al letto matrimoniale, tenendolo per mano e camminando goffamente per colpa dei tacchi che aveva dovuto indossare per ore. «Siediti sul letto e aspettami.»
Dopo essersi tolto i mocassini e appeso la giacca sul gancio accanto alla porta, Bruno salì sul letto e appoggiò la schiena contro la testiera di velluto, osservando sua moglie camminare verso il bagno e chiudere la porta. Sperò che l'attesa ne valesse la pena, il suo corpo era un bollore e sotto c'era qualcuno che aspettava di poter uscire. Avrebbe preferito averla con quel vestito addosso o meglio, avrebbe voluto toglierglielo lui.
Dopo cinque minuti, la porta del bagno si aprì e Ginevra si presentò con un bellissimo completo intimo di pizzo rosso cardinale. Il reggiseno aveva le coppe piccole, permettendo alla riga del seno di emergere nell'esatto centro e sotto il ciondolo di Tiffany. Sotto non aveva la solita brasiliana o slip.
Ginevra D'Angelo, la donna che arrossiva a guardare i completi intimi succinti o solo i reggicalze, aveva addosso un perizoma. In luna di miele aveva indossato un intimo bianco, mentre ora sfoggiava quello che per anni Bruno bramava di vedere su di lei almeno una volta. Non sapeva descrivere quella bellezza dalla pelle bianca, i capelli sciolti e lievemente scompigliati. Che visione.
«Ti piace?»
Se 'mi piace'? Mi fa impazzire. – «Dove lo hai preso?»
«In un negozio a Beverly Hills, ho pensato a te quando l'ho visto. È anche del tuo colore preferito.» Lei era completamente paonazza, ma sapeva che sotto sotto le piaceva indossarli e sentirsi più sensuale. Lo era anche con un completo intimo sobrio. «Non guardarmi troppo, però.»
«Perché, ti vergogni?»
«N-no, è solo che... beh, mi stai guardando come uno squalo bianco pronto a sbranare una foca.»
Non c'era mai stata una volta che Gin non avesse fatto una metafora in linea con il suo mestiere da biologa. Più che squalo bianco, Bruno si paragonava ad un cagnolino di sei mesi che amava mordicchiare dappertutto – e quelle tette erano fatte per essere morse.
Poco dopo lei abbassò lo sguardo. «Sono... s-sono ingrassata, vero?»
«No, sei perfetta» replicò lui, tirandola dolcemente verso di lui con entrambe le mani. «La Perfezione Assoluta.»
Gin sorrise e percorse il tratto dal collo fino al bacino, accarezzandogli l'addome noncurante del sudore. Lo baciò lentamente, senza smettere di toccarlo. I ciondoli delle sue tre collane d'oro caddero eroticamente sullo sterno, le catenine d'oro rosa che gli abbracciavano la pelle sudata del collo e il rilievo della vena pulsante. Lei si staccò dalle sue labbra calde e nascose un sorriso: la visione la stava eccitando.
Bruno non tese le mani per toglierle il reggiseno, lasciò fosse lei a compiere quel gesto. Voleva uno striptease solo per lui.
Spogliati, Gin. Fatti vedere.
Lei si abbassò le spalline e si portò le mani dietro il reggiseno per sganciarlo. Lo fece cadere leggiadramente sul pavimento, per poi gattonare verso di lui con uno sguardo pieno di lussuria. Si mise a cavalcioni su di lui, il seno nudo posato contro il suo addome coperto da un piccolo velo di sudore. Iniziò a far schioccare baci morbidi sul collo e il suo corpo tremò appena.
«Visto che la serata è tua, ora sarò io a soddisfare te» lo stuzzicò, facendo scorrere la sua lingua lungo il suo orecchio e facendolo rabbrividire.
Bruno iniziò a sentire ancora più caldo, nonostante la camera da letto fosse fredda. Gin mosse sensualmente il pube contro la patta dei pantaloni, i capezzoli duri e pungenti contro di sé. Lo fece una seconda volta e stavolta, si fece scappare un mugolio di piacere. Da dove usciva tutta quell'audacia? Non era neanche colpa dello champagne, siccome ne aveva bevuto solo un bicchiere.
«D-Dio...» fu tutto quello che riuscì a dire, la voce arrocchita e l'erezione che faceva male. Per un attimo gli sembrava di farlo per la prima volta, era così teso ed eccitato che non sapeva se tenere lo sguardo su di lei o su quelle morbidezze pendenti.
Lascia fare tutto al caso, Peter. Quando ti ricapiterà un'occasione del genere?
Gin scese con le mani, allentando la cintura dalle borchie d'argento, per poi sbottonare e abbassare la cerniera dei pantaloni con cura. Non fu sorpresa dell'assenza dei boxer, poiché lui non li metteva mai quando si esibiva. Alla vista del suo membro svettante e pulsante, il suo cuore accelerò e i suoi occhi si riempirono di famelica eccitazione. Di solito era il contrario, ma per una volta voleva prendere il controllo.
Mentre lei avvolgeva il membro eretto e duro con la mano, l'anello di fidanzamento sopra la fede nuziale che brillava sotto le luci della fontana del Bellagio, Bruno sospirò. Quindici mesi esatti da quando le aveva messo la fede al dito, e ventisei mesi dopo la proposta di matrimonio. Quattordici anni per arrivare al lieto fine.
Quei pensieri romantici si sostituirono con pensieri sconci, quando abbassò lo sguardo per osservare la sua mano dalla manicure rosa accarezzarglielo piano, esitando un po'. La sensazione fredda delle dita lo fece sibilare e inarcare lievemente il bacino.
«Gin...» grugnì, mentre il suo corpo reagiva al suo tocco delicato ed esitante.
«Non dirmi che vuoi già smettere.»
Lui scosse la testa. «N-no, continua.»
Il suo sopracciglio si alzò e il suo sorriso si allargò. La sua mano continuò imperterrita a toccarlo, tremava insieme al resto del suo corpo, gli occhi fissi sulla punta e i denti che mordevano compulsivamente il labbro. Poco dopo, fermò le carezze. «Ho un'idea.»
Si alzò dal letto e dirigendosi verso il cestello dello champagne sul tavolino basso di fianco. Se n'era quasi dimenticato, e probabilmente il ghiaccio dentro si era già sciolto. Frugò dentro alla ricerca di un cubetto di ghiaccio intero e quando ne trovò uno, si girò per guardarlo lussuriosa. Cos'aveva intenzione di fare?
Tornò a cavalcioni su di lui, consapevole di essere in topless. Anche lei era eccitata, aveva un vago rossore in volto e il respiro accelerato. Le luci esterne non erano abbastanza forti da mostrarla bene in faccia, tranne a mettere in risalto il pallore candido della sua carnagione. Con l'altra mano toccò delicatamente la punta umida e sensibile, i fianchi di lui si sollevarono appena da sopra le lenzuola.
I suoi occhi chiari rimasero incollati ai suoi scuri, le pupille erano dilatatissime. La mano riprese quei movimenti lenti attorno all'asta, fino a quando non socchiuse le labbra per mettersi quel pezzo di ghiaccio in bocca e poco dopo, leccò la punta. Il ghiaccio percorse il glande in circolo, alimentando di più quel vigore pulsante che già faceva male.
Iniziò con movimenti impacciati, per poi fargli sentire il bollore umido e ruvido della propria lingua. Il contrasto fra il freddo del ghiaccio e il caldo della sua lingua era indescrivibile. Lui dovette trattenersi dall'afferrarle la nuca, andando invece a stringere le lenzuola tra le dita e gettare indietro la testa. Strinse gli occhi, i gemiti fuggivano dalla sua bocca senza alcun tipo di filtro.
Stava sognando. Stava decisamente sognando.
Si sentì stringere delicatamente la parte più bassa, facendogli venire i brividi lungo la schiena per quanto fosse... Una vampata di calore lo colpì nel bassoventre e inspirò bruscamente. Oh, cazzo, sì!
Preso da quel misto di sensazioni, affondò le dita della mano libera fra i suoi capelli lunghi e morbidi, lasciando che lo prendesse tutto in bocca. Glielo fece avvolgere, assaporare e lui gemette ad ogni lieve movimento di bacino. D'istinto si morse il labbro e sospirò profondamente, godendosi la vista della sua dolce, pura e bellissima moglie che continuava quel lavoro sporco con le labbra. Detestò dover ammettere che stava cominciando a piacergli.
Era surreale vedere in controluce quelle labbra rosso malva avvolte intorno a sé, quella cascata di capelli castani morbidi muoversi. Anche quando si mostrava sessualmente provocante, rimaneva la stessa donna dal cuore grande e l'anima pura che tutti avevano imparato a conoscere. La stessa che aveva sposato.
Lei iniziò a succhiare più forte e il piacere lo travolse fino alla testa, i fianchi di lui tremarono e il respiro accelerò. Con la lingua, Gin guidò il cubetto di ghiaccio intorno all'intero membro ormai prossimo all'orgasmo. Il forte gelo sulla pelle gli fece stringere i denti. Merda, così era troppo!
«R-rallenta, così mi farai...» Lei succhiò ancora e ancora, chiudendo gli occhi e mantenendo un ritmo delicato. Il cubetto di ghiaccio si stava sciogliendo, ma il gelo ancora si sentiva. Se avesse continuato in quel modo, sarebbe esploso.
«Gin, sto—» Una forte contrazione alla spina dorsale lo avvisò della fine, il suo viso si contrasse dal piacere e finalmente l'orgasmo lo travolse. Non trattenne quel grido di piacere, si lasciò andare e si appoggiò completamente sulla testiera del letto per riprendere fiato. Non aveva mai goduto così tanto.
Si sentì di nuovo toccare, un tocco caldo e umido. Il contatto gli diede un altro po' di adrenalina in corpo. Quando lui alzò la testa, la vide pulirsi le labbra e le guance con due dita. Aveva esagerato.
«Dove... dove hai imparato a fare questa cosa?» domandò, sospirando sfinito.
«Conoscevo la teoria, ma non la pratica. È la prima volta che lo faccio.»
Poco dopo le sue mani si spostarono in basso e massaggiò delicatamente le sue ossa pelviche per aiutarlo a rilassarsi. Bruno era ancora stordito, ma soddisfatto. Il suo respiro era caldo e spezzato, come se avesse fatto una lunga sessione di pesi in palestra.
«Dov'è finito il mio gorilla?»
«È qui, bebita.» Le prese la mano, poggiandogliela sul pube. «Lo hai solo colto alla sprovvista con quella... performance.»
«Gli è piaciuto?»
Lui sogghignò e la baciò, ammirando la mano che portava il suo anello di fidanzamento. Il suo sorriso soddisfatto parlava da sé. Il loro bacio appassionato schioccava appaiato dai respiri affannati e colmi di piacere per entrambi. Gin gli trovò un ricciolo ribelle e se lo rigirò fra le dita. I suoi capelli ricci erano morbidi come la seta, addirittura più delle camicie di seta che indossava.
Gli occhi di Bruno erano fissi sui suoi capezzoli turgidi e la lussuria velava il suo volto. Gin non perse l'audacia e ricambiò il suo sguardo. «Sai, Peter, conosco un posto dove si sta davvero bene e... ancora più caldo di questo.»
Sì, intendeva proprio quello. «Lo raggiungeremo più tardi» mormorò, avvicinandosi affinché lei avesse potuto sentire il suo respiro caldo contro le labbra. «Adesso voglio che tu venga con me.»
«Dove?» chiese lei con fare allusivo, accarezzandogli lo sterno liscio e privo d'imperfezioni.
Lui la guardò dritta negli occhi, le pupille che gradualmente si dilatavano. «In un posto dove non si può fuggire.»
Gin non vedeva l'ora di ricevere piacere e infilò i pollici ai lati del perizoma, intenta a toglierlo. Lui la fermò e le prese entrambe le mani, attirandola a sé. «Tienilo addosso, ho in mente una cosa.»
Lui l'afferrò per la vita e la girò in modo che avesse la schiena contro il suo petto, adagiando di conseguenza il fondoschiena sul suo grembo. Le natiche si appoggiarono nell'esatto punto dove qualcosa pulsava vigorosa, piena di energia. Si prese un po' di tempo per prenderle il seno con entrambe le mani, lo palpò con goduria. Morbido, naturale.
Le sue labbra continuarono a baciare e stuzzicare la carotide, la mano destra che le avvolgeva il collo. La sinistra, invece, percorreva le sue curve fino ad arrivare all'orlo del perizoma. Lei sussultò, quando avvertì un calore tra le gambe, le dita che si muovevano in cerchio sul pube e il clitoride. Si lasciò scappare un mugolio di sorpresa. Un gesto imprevedibile che accelerò il battito cardiaco. Voleva farlo davvero?
«Rilassati.» Le carezze scesero ancora, fin quando non piegò due dita e la penetrò. Lui sapeva perfettamente dove toccare, così come sapeva il punto esatto per farle roteare il bacino.
Gin si lasciò cadere la testa sulla sua spalla, sopraffatta dalle sue labbra che le baciavano il punto più sensibile del collo e dalle sue dita che la massaggiavano con sensualità. D'istinto lei allungò un braccio all'indietro per giocare con i suoi riccioli, mentre lui la profanava con la mano. L'altra, che prima avvolgeva il collo, si spostò per afferrarle il mento e indugiare in un bacio profondo e lussurioso. Lei fece scorrere le dita tra i riccioli, mentre ricambiava con la lingua.
«Così, brava» sibilò sulla sua bocca e riprese a baciarla, muovendo le dita dentro e fuori dalle sue pieghe bagnate. «Adoro sentirti così bagnata e calda.»
Diede un piccolo pizzicotto sul pube, facendola gemere. Trovò un altro suo punto debole e lo sfruttò a suo vantaggio, accarezzandolo e pizzicandolo più volte. Era così bello poter sentire la sua pelle così sensibile sotto le sue mani, rosea per quanto fosse accaldata. Guardando il riflesso dello specchio, ammirando i seni rimbalzare vogliosi, la mano destra poggiata su un fianco esaltando il contrasto fra il bianco panna e il caramellato... l'altra accarezzarla da sotto il perizoma... era la vista più deliziosa che Bruno avesse mai visto.
La schiena di lei s'inarcò e il suo stomaco si strinse, inghiottì un forte gemito e mosse il bacino a tempo. Il culmine era vicino, vicinissimo. Bruno si chinò e non smise di torturarle il lobo dell'orecchio coi denti e con la lingua, fin quando i movimenti della sua mano cessarono all'improvviso.
«N-no, non ti fermare» ansimò Gin, muovendo d'istinto i fianchi per cercare di strofinarsi contro di lui. Lui non si mosse di un millimetro, il calore della mano non fece altro che aumentare quella pulsazione piacevole. «Bruno, ti prego.»
«Ruégame y te haré venir.»
Supplicami e ti farò venire. Gin avvertì un forte contorcimento di stomaco, sapendo quanto lo spagnolo lo eccitasse e quando pronunciava anche una singola parola, l'atmosfera diventava più rovente. La mano si spostò e avvicinò le dita umide alle sue labbra. Intuendo il suo gesto, la donna le assaggiò, la mano libera che l'accarezzava lungo il corpo. Era dolceamaro, quel sapore piaceva così tanto a lui.
«Ti prego... Ti prego, non resisto più» piagnucolò, cercando sollievo fra le cosce.
«Ruégame, mì bebita» ripeté, abbassando di più la voce. Voleva che lo dicesse in spagnolo, con quell'accento marcato all'italiana così eccitante e pieno di lussuria.
Gin rilasciò mille esclamazioni nella propria testa. Non avrebbe mai pensato di sentirlo parlare così, non avrebbe mai pensato di— «Por... favor...» La sua voce tremò, i brividi che salivano dal ventre fino alla spaccatura dei suoi seni.
Non avrebbe mai pensato di doverlo implorare davvero.
Lui sogghignò, spostando il triangolo di tessuto con le dita. «¿Qué tanto me deseas?»
Gin rispose senza alcun filtro, ammettendolo a mente lucida. Voleva porre fine a quella tortura e venire. «Tan malo... Te deseo dentro de mi tan malo...»
Tanto, lo desiderava così tanto dentro di lei.
Bruno inarcò le labbra in un sorriso malizioso, le fossette spuntarono come fiori. Oh, sì, ecco quello che voleva sentire. «Bene, allora vieni per me.»
Il suo pollice massaggiò il clitoride descrivendo lenti cerchi, l'indice che accarezzava le pieghe bagnate. Un paio di lacrime agli occhi si formarono agli angoli dei suoi occhi, il battito cardiaco fuori controllo e mentre si strofinava più forte alla sua mano, roteò gli occhi al soffitto. Agitò i fianchi in circolo, sentendo quella sensazione crescere e vibrare in tutto il suo corpo.
Senza più resistere, gettò fuori un lungo gemito, lo spirito che si ribaltava in lei soddisfatto. Bruno seppellì il volto fra i suoi capelli, inspirando il loro profumo naturale. Fece scendere le mani sui fianchi, infilando due dita ai lati del perizoma. Notò il bacino di Gin inarcato appena verso l'alto e capì che doveva toglierlo, e così fece. Lo gettò via insieme al resto dei vestiti.
«Sai cosa fare» le sussurrò, prima che lei potesse alzarsi.
Lei gattonò e scese dal letto, camminando nuda fino alla valigia rossa di Bruno alla ricerca di un preservativo. Ne aveva portato qualcuno, sapendo che avrebbero passato due notti in quella suite. Un languore piacevole prese possesso del suo bassoventre. L'avrebbe tenuta stretta a sé tutta la notte, e anche quella successiva. Gin ritornò e in pochi secondi lui la sollevò tra le sue braccia e la fece sedere sulle sue ginocchia, guardandola pronta con la bustina gialla fra le dita. Più che pronta.
L'incastro non avvenne delicato come al solito, i loro corpi avevano fame l'uno dell'altra e l'attesa era stata fin troppa. Le labbra si scontrarono lussuriosamente, mentre l'unione andava ancora più in profondità. Gin inarcò la schiena, avvolgendo ogni centimetro di lui in sé. Appoggiò le mani sul suo petto, mentre iniziava a cavalcarlo. Mosse i fianchi in circolo e il suo sedere rimbalzò sul suo grembo, il riflesso dello specchio lo descriveva.
Il letto cigolava sotto di loro, le mani colme di anelli d'oro di lui che accarezzavano le curve rotonde di quel corpo che ondeggiava su di lui leggiadro, magnifico... come una vera cowgirl. Quella donna era una benedizione divina, si sposava alla perfezione con le sue mani e la sua lunghezza. Si sentiva così bene avvolto intorno a lei, che conficcò le unghie nel suo fondoschiena tondo per incitarla a muoversi.
Quando lei si sentì graffiare, strinse un pugno e colpì il suo petto. Il ritmo aumentò. Bang.
Un altro colpo e i grugniti di lui diventarono più intensi. Bang.
Un terzo e Bruno rispose con una leccata lenta sulla punta di un seno. Oh, Dio!
Gliela morse e la succhiò piano, un gesto possessivo e sensuale da toglierle il fiato. Oh, sì!
Un grido spezzato uscì dalle labbra di Gin, la sensazione la travolse come un treno in corsa. Non aveva un solo muscolo che non fosse contratto, o parte di lei che non volesse essere toccata, strofinata e baciata da lui. Entrambi gemevano, godendosi ogni attimo e nota di quella danza erotica.
Bruno allentò la stretta sulle sue natiche e infilando il volto nell'incavo del suo collo sudato, ribaltò le posizioni e se la ritrovò sotto fra i cuscini morbidi del letto. D'istinto Gin allacciò le gambe intorno alla sua vita e si lasciò sovrastare dal suo corpo color cappuccino rovente e sudato. Incrociò le caviglie sul suo sedere, in modo che potesse sentirlo più in fondo, ansimando e ricambiando il suo sguardo lucido e carico di desiderio.
Lui la baciò per sentire di più quell'unione, rendendolo sempre più appassionato. Il bacio sprigionò un grande incendio; lei gli afferrò la nuca e gli tirò i riccioli, mentre lui succhiava lentamente la sua lingua.
Continuò imperterrito ad ancheggiare in lei, i baci scesero lenti fino a catturarle un capezzolo. Lo lambì, lo massaggiò e lo succhiò vorace – non sapeva neanche lui perché, era un istinto che da qualche tempo lo prendeva di soprassalto. E più lo toccava e graffiava, più il desiderio cresceva.
«Mhh... buena niña, linda y cálida.» Quell'accento la eccitò ulteriormente, come se quell'ancheggiare non fosse abbastanza. «Me encantan tus curvas... tan suaves y femeninas.» La voce arrochita contro il suo orecchio e il suono dei loro corpi che si scontravano la fecero gemere. Oh, sì, a Bruno piacevano le sue curve, così morbide e femminili.
Nessuna donna aveva saputo fargli quell'effetto afrodisiaco, desiderare un corpo così tanto da risvegliare ogni istinto: quello erotico che lo faceva precipitare negli abissi più profondi del piacere carnale, e quello divino per venerare quella bellezza della natura che Dio gli aveva donato – con tutte le sue imperfezioni e morbidezze.
«P-più forte» soffiò lei, una goccia di sudore scese lungo la sua tempia.
La guardò intensamente, scivolando sempre più dentro di lei ad ogni spinta. «Sei sicura?»
Lei fece cenno di sì col capo e lui riprese a muoversi, stavolta con forza. Dondolarono l'uno contro l'altro senza smettere di guardarsi, mentre lei arricciava le dita delle mani trovando un appiglio sulle sue spalle e ancheggiava più forte per stimolarlo in cerca dell'orgasmo definitivo.
La fissò dall'alto, il corpo sudato che si muoveva sotto il suo fra una spinta e l'altra e il suo bacino scontrarsi contro il proprio. Al naturale era più bella, soprattutto con la bocca socchiusa e alla sua completa mercé. Solo sua. Voleva rallentare per godersi più a lungo la sensazione dei suoi seni nudi e appuntiti sfregarsi sotto di lui. Quella sensazione fin troppo familiare si agitava nel suo bassoventre, mentre il suo centro caldo pulsava intorno a lui. Sentendoselo stringere, capì che era lo stesso anche per lei.
Stava diventando sempre più difficile abituarsi all'idea di averla in quel modo così rude, passionale. C'erano stati momenti in cui si tratteneva per paura di farle male, di sbagliare. Con lei niente era sbagliato. Indossava il segno del suo amore e della sua fedeltà, portava con orgoglio un pezzo del suo cuore e condivideva ogni istante della sua vita.
Si abbassò per accarezzare la pelle delle sue gambe prima di appoggiarne una sulla spalla, andare più a fondo e più velocemente. Strinse la presa sul polpaccio, senza distogliere lo sguardo. L'altra gamba cinse i fianchi di lui con non poche difficoltà, la mano di lei che accarezzava il ventre libero. Voleva di più.
Bruno intuì il suo gesto e riuscì ad impedirglielo, stendendosi su di lei e ruotando i fianchi. Gli occhi di Gin ruotarono verso la parte posteriore del cranio, il piacere la travolse come mai prima. Le ottave della sua voce si alzarono gradualmente.
«Oh, B-Bruno, sto per...»
«Anch'io... c-cazzo, anch'io.» Appoggiò i palmi delle mani sul letto per tenersi in equilibrio e centrò numerose volte il suo punto più sensibile, scivolò senza ostacoli e in balìa del piacere più estremo.
Gin iniziò ad agitarsi sotto di lui, inarcò la schiena e ondate di piacere si riversavano sul ventre e per tutto il corpo. Il seno toccò il suo addome sudato più e più volte. Bruno chiuse gli occhi e perse l'ultimo briciolo del proprio autocontrollo, sentendola contrarsi intorno a sé con l'orgasmo che risaliva lungo la spina dorsale. Ondeggiò ancora e ancora, lei lo seguì senza esitare fin quando una tempesta di dopamina li investì. Lei gemette fortissimo, artigliandogli la schiena e lasciando che lui soffocasse il suo grido di piacere nell'incavo del suo collo. Fu mistico.
I movimenti pelvici rallentarono fino a diventare un leggero scricchiolio, e infine un silenzio li trascinò in una calma spirituale indescrivibile. Entrambi caddero sul letto, sfiniti e finalmente appagati. Da lontano si vedeva il crepuscolo dell'alba.
Quando i loro respiri tornarono alla normalità e la tempesta calmò, Gin guardò Bruno sdraiato sul suo petto e gli baciò la fronte, senza sciogliere quell'abbraccio dolce e confortevole. Sentì il suo respiro contro di sé, le anche fra le sue cosce e il sudore che gli cristallizzava la pelle color cappuccino – ancor più affascinante sotto le luci di Las Vegas.
Quella era la pace.
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