Amandosi in silenzio.
La storia di una vita che si intreccia con l'altra, nel coraggio di un silenzio pieno d'amore.
Lasciai che la pioggia mi cadesse addosso, mentre una mano accarezzava la mia spalla nuda e fredda.
La mia vita adesso aveva preso di nuovo una svolta, e io non potevo farci proprio nulla. La prima fu quella che mi portò ad essere quella che sono: una sordomuta. Piena di insicurezze e occhi tristi.
La seconda stava proprio davanti a me. Guardai la lapide intagliata davanti ai miei occhi e accarezzai le lettere riportate sul fronte:
Kathy Owen.
12/02/1980 - 04/03/2005.
"L'amore, come la morte cambia tutto."
Lessi e rilessi quella frase meditando sul suo significato. Aveva scelto lei di metterlo per iscritto, una volta che il suo cuore avesse smesso di battere.
Quella volta in cui lo disse mi arrabbiai tanto, così tanto da non riuscire a distinguere quello che le mia dita volevano esprimere. Ma lei capì al volo, come sempre:
<<Non essere sciocca Brianne, tutti prima o poi moriamo, e poi la morte non è così brutta, è la vita che mi fa paura...>>
Mi disse lei, per niente intimorita dalla mia espressione contrariata. Nonostante tutto, quella era la caratteristica che più amavo di lei. Era una temeraria, sempre pronta ad affrontare tutto senza paura.
La consideravo la mia metà coraggiosa. Dopotutto eravamo gemelle. Io ero quella difettosa, che passava le sue giornate a pensare e pensare, fino a ridurre il proprio cervello a una poltiglia di problemi, quella che la vita sembrava soffocarla. Lei, invece, era la mia metà perfetta. Lei non pensava, agiva!
Era sempre pronta a portare uno spiraglio di luce dove si ammantava il buio tutt'intorno.
Da piccole era lei che mi salvava dai ragazzini pronti a scagliare la loro cattiveria su di me. Ero quella senza lingua, senza orecchie, incapace di fare cose normali, come parlare e sentire.
Il mio rifugio era Kathy, ed ero solita fuggire dai problemi e rintanarmi tra le sue braccia.
Amavo il modo in cui si affacciava alla vita, piena di stupore ed entusiasmo. Mi guardava con quegli occhi azzurrini dicendomi:
<<Brianne, guarda quella stella, non credi sia meravigliosa? Sembra voler mostrare a tutti quanto è brava a brillare. E ci riesce! Non riesco a staccarle gli occhi di dosso.>>
E mi guardava così emozionata che mi vergognavo tanto. Mi vergognavo di piangere la notte, di sentirmi sempre triste per cose che in fondo non erano poi così brutte. Quando mi diceva delle cose così belle la guardavo solamente, ma lei sapeva. Sono sicura che sapeva cosa avevo dentro, per questo mi diceva quelle cose.
Ma ora lei non c'è più e non so da chi andare. Non c'è nessuno pronto a proteggermi, a volermi bene, senza chiedermi nulla, volermi tanto bene e basta. Sono tutti pronti a giudicarmi, a puntare il dito contro di me, ritenendomi uno scherzo della natura. Ed io, non sapendo far altro che nascondermi, ne soffrivo parecchio.
Ricordo bene cosa mi diceva Kathy, e a volte per non ascoltarla sfruttavo la mia capacità di non sentire, perché in fondo, come diceva lei la mia era una capacità. Mi diceva che ero fortunata a non sentire il frastuono del mondo, a non dovermi coprire le orecchie quando la mamma ci urlava contro rimproveri di ogni genere. Quando la mamma morì fu lei a custodirmi.
Avevamo preso tutto da lei, pelle bianca, e capelli chiari come il grano. Solo che io ero riccia e timida, mentre Kathy, come la mamma, era liscia e parecchio estroversa. Il suo cuore era talmente soffice da poterci dormire sopra. Non si lamentava mai di nulla, ed era pronta a dare la vita per chi amava. Io, invece avevo paura di tutto, credevo che il mondo non fosse il posto adatto a me, credevo di essere capitata lì per caso. E quando assumevo il solito broncio Kathy mi prendeva in spalle e cominciava a correre per le stanze urlando, facendomi poi ridere. Era un gioco che amavamo fare da piccole: diceva che visto che io non potevo parlare lei doveva farlo per me, e urlava esternando tutta la mia frustrazione.
Ed è buffo, ma funzionava, perché poi mi sentivo meglio.
Mi diceva tante cose Kathy. Mi parlava dell'amore, di come veniva improvvisamente a scuoterti l'anima, dei suoi colori, di quando ti faceva piangere e ridere insieme. Mi diceva anche che quando arriva non si sa, e neanche quando se ne va. Perché può capitare che se ne vada via senza più tornare.
Ma io ero pronta a non crederci. Nessuno si sarebbe mai innamorato di una come me. E così osservavo le sue parole senza poterle cogliere davvero.
Lei l'amore lo aveva trovato e lo aveva vissuto pienamente, ma un giorno esso finì, come le cose belle che non durano mai.
Fui davvero triste per lei ma Kathy invece sembrava non farci caso. Era così grata di averlo vissuto che non le importava tutto il resto. Ogni tanto, mentre la osservavo scorgevo i suoi occhi un po' malinconici, ma cambiavano improvvisamente quando si rivolgevano verso di me. Nonostante tutti i miei difetti però in una cosa ero brava: coglievo i dettagli. Ero diventata brava a osservare l'anima della gente. Vedevo le piccole cose che di solito gli altri tendevano nascondere. E così, quando per una frazione di secondo la vedevo immersa in una inspiegabile tristezza, l'abbracciavo. Non era molto, ma lei lo capiva.
Senza neanche saperlo poi ho imparato ad amarmi.
E fu solo grazie a Kathy che riuscii ad uscire dal mio guscio malinconico.
Prima dell'incidente le sue parole riuscivano solo a sfiorarmi, ma mai a entrarmi dentro. Ora, finalmente, le sentivo.
Percepivo il loro profumo, il loro affetto, ogni momento e ogni ora.
Nella mia testa aveva preso posto una sola frase : lasciati amare.
Era quello che mi diceva sempre mia sorella. Credevo di non averne il diritto, ma adesso ogni cosa sembrava essere chiara.
Accarezzai con affetto la mano che stava appoggiata sulla mia spalla.
Novak.
Lui non era al corrente di quello che stava accadendo dentro di me. Però, sapeva che avevo bisogno di qualcuno accanto, e senza dir nulla si è ritrovato a protoggermi.
Lo conobbi qualche anno prima, ricordo che era Febbraio e mancava poco al mio compleanno. Frequentavo spesso il centro volontari che si trovava a Melbourne e un giorno lo vidi lì, con una t-shirt verde militare e un paio di jeans neri.
Aveva un viso molto tranquillo, con due occhi neri e un paio di occhiali da vista che lo facevano sembrare un intellettuale. Portava un cappellino e un sorriso sereno. Mi accorsi poi fosse spesso rivolto a me.
In seguito mi sono ritrovata a respingerlo più volte, con gli sguardi di chi non voleva provarci neanche.
Era interessato a me, lo vedevo, ma ero sicura che prima o poi, scopertami sordomuta, avrebbe abbassato le braccia. Ma non fu così. Uno di quei giorni scoprii che anche lui lo era, sordomuto, e fu una dolce scoperta.
Continuava comunque ad interessarsi a me mentre io continuavo a mandarlo via, ma lui era lì, ancora una volta. Così, doveva significare qualcosa.
Quando la pioggia smise di bagnare la terra tornammo in macchina tremanti. Fui io a voler rimanere sotto la pioggia, e lui mi seguì, senza mai abbandonarmi.
Mi appoggiai allo schienale, mentre lui, preso l'asciugamano sul retro cominciò a tamponarmi i capelli e la fronte piena di goccioline. Posò l'asciugamano e mi diede un tenero bacio nei punti in cui aveva passato il tessuto ormai umido. Chiusi gli occhi assaporando l'odore di pioggia attaccato ai suoi vestiti e la dolce sensazione della pace interiore. Mi prese le mani e cominciò a scaldarle con le sue freneticamente, mentre io continuavo a tenere gli occhi chiusi. Avevo talmente voglia d'amore che lui riuscì a capirlo, così riprese a baciarmi con più passione. Contraccambiai con emozione e leggerezza, assaporando ogni attimo, ogni respiro, ogni battito.
Lo baciai, e per un attimo il cuore mi si fermò. Non pensai ad altro che al rumore del suo battito appoggiato al mio. Un suono dolce, timido, felice, vero.
Pensai di non aver mai provato gioia più grande. E mentre i suoi baci scioglievano ogni mia frustrazione mi ricordai di Kathy: lei urlava per me. E lei mi amava, eccome se mi amava.
Novak, nonostante non fosse in grado di farlo, ci riuscì. Parlò per me. Quel pomeriggio lui fece l'amore con me, e mi parlò, con la sola maniera che aveva di farlo: amandomi.
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