Charisma
Guarda dritto. Guarda dritto.
Le parole risuonavano nella mia testa in cerchio, mentre spingevo i carrelli delle provviste oltre le porte di sicurezza.
Un lieve "bip" segnalò ai custodi che ero autorizzata a entrare nelle camere d'immersione, ma non mi sentivo al sicuro lo stesso, all'interno. Se avessero saputo cosa intendevo fare, mi avrebbero messo al tappeto o freddato senza pensarci un secondo.
Quando le porte si chiusero, potei finalmente liberare l'aria, che mi era parsa come ghiacciata nei polmoni nell'ultimo minuto. Ora più di prima non volevo guardare, ma sapevo che dovevo, se mai volevo trovarla.
È ora.
Raccolsi il coraggio necessario per esaminare la prima fila di corpi sulle barelle. Leighton non c'era, mi resi conto, mentre cercavo quei capelli corvini e pelle bianca da vampiro.
Mi ricordo di come rubava dai centri di distribuzione provviste, al contempo provandoci coi poliziotti. Erano i tempi felici in cui non derubava me, o gli altri del gruppo. Quando le girava male, non ci rubava solo i viveri, ma anche i vestiti e tutti i saponi che avevamo, per di più. E quando le girava veramente male, ci aggrediva e le nostre ferite poi lo testimoniavano.
La vita della strada era dura, ma non la ritenevo una scusa valida. Credevo avessimo sempre scelta. Anche se il mondo era collassato completamente. Anche se le bombe erano cadute su tutto, e su tutto ciò che avevamo amato e dato per scontato. C'era sempre scelta.
La mia scelta fu di trovare un modo per entrare nel bunker, per convincerli che da dentro avrei potuto essere utile. Su di noi oramai si libravano nubi scure, che nascondevano il sole e impedivano a qualsiasi pianta di crescere fuori dai laboratori. L'unica via di salvezza era il bunker, solo che non c'era abbastanza spazio per tutti. Quindi gli sfortunati vivevano nelle strade, dormivano in edifici mezzi crollati, facevano il bagno nell'acqua fredda, mangiavano le minimalistiche razioni giornaliere del bunker e ringraziavano di poter ricevere delle nuove maschere antigas di tanto in tanto.
Il mondo era diventato contorto e pazzo, ma io non mi arresi mai. Ero stata una di quelle persone senza meta che di fuori lottavano per sopravvivere. Ora ero dentro.
Avevo uno scopo all'interno. Aiutavo la gente. Combattevo per conservare tutto ciò che rimaneva del nostro mondo. L'avevo saputo tutto il tempo, fino al giorno in cui il progetto era stato rivelato. Charisma (così lo chiamavano), la soluzione al più grande problema dell'umanità dopo la fame: l'aggressività. La violenza stava uccidendo gli esseri umani fuori dal bunker a una velocità allarmante, dicevano. Le statistiche appoggiavano l'affermazione, e così la mia esperienza personale con Leighton. Così parlai loro di lei.
Poi venne presa. Era una dei mille soggetti da connettere a Charisma nel tentativo di sradicare gli istinti aggressivi dalle loro menti. La speranza degli scienziati era che la realtà virtuale avrebbe aiutato a conservare la loro sanità mentale finché non fosse arrivato il momento, quando avremmo avuto di nuovo una ragione di felicità, finché il nostro mondo non fosse tornato a una certa normalità.
C'ero quando portarono dentro Leighton. Terrorizzata alla vista della barella e dei cavi di cui era dotata, scalciava e urlava più forte che poteva. L'immagine di lei che mi gridava di tirarla fuori era difficile da dimenticare. Come se avessi potuto. Come se non sarei finita inchiodata lì come lei, se avessi provato.
Sentivo che quel giorno era diverso. Sentivo che dovevo farlo, indipendentemente dalle conseguenze.
L'esperimento sarebbe dovuto finire l'indomani. Non sapevo esattamente perché e non avevo idea di che sarebbe successo se qualcuno fosse stato disconnesso prima del tempo, ma dovevo provare. Dovevo vedere se la vera Leighton era in qualche modo ancora lì dentro, anche se non più aggressiva.
Quando vidi il suo corpo inerte su una delle prime barelle della fila diciassette, non esitai neanche. Disconnessi il cavo collegatole alla nuca, ignorando il suono di risucchio che fece e il sangue che cominciò a gocciolare silenziosamente sul pavimento. Con mia sorpresa, Leighton sbatté ed aprì gli occhi quasi subito.
-Perché? – chiese.
-Leighton, sono io, Chelsea – non è che proprio risposi. Arretrai istintivamente, temendo che mi avrebbe aggredita, ma c'era solo una scintilla di riconoscimento nei suoi occhi, nient'altro.
-Non avresti dovuto. – La sua voce era fredda e distaccata come mai era stata.
-Come ti senti? – sussurrai in un goffo tentativo di comprenderla.
I suoi occhi color carbone sostennero i miei, determinati. –Non sento niente.
Mi aspettavo mi si gettasse al collo e tentasse di uccidermi per aver lasciato che venisse catturata e connessa a una macchina. Mi ero sbagliata. Quasi non si muoveva. Non riuscivo a dire se non se ne ricordasse più o semplicemente non le fregasse.
Aveva un atteggiamento statico, non esplosivo. Freddo, non astioso. Inospitale, non ostile. Per questo ero sicura che, qualsiasi cosa quel programma stesse facendo ai soggetti, non eliminava soltanto l'aggressività. Li dominava, e quel pensiero mi si riversò sopra come acqua gelida.
Pareva perplessa. Leighton mi stava studiando, come fossi un oggetto bizzarro che desiderasse.
-È troppo presto. Devo ritornare. – Suonava come un ordine, ma non avevo alcuna intenzione d'obbedire.
-Perché? – le labbra mi tremavano, mentre cercavo di restare calma.
-Perché questo è Charisma – disse, con la voce ferma e lo sguardo perso nel vuoto. –Charisma ci attiva. Noi siamo i primi mille. Dopo toccherà a tutti gli altri. Toccherà a te.
NOTA DEL TRADUTTORE:
E questa è la prima storia :) fatemi sapere com'è, sia a traduzione che a narrazione! In entrambi i casi, commentate pure: se necessario, inoltrerò qualsiasi commento o domanda all'autrice!
L'autrice ringrazia poi il SciKick (profilo organizzatore del concorso), i suoi compagni SciKickiani e tutti gli altri che, come lei, amano la fantascienza. :)
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