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Sulle ali di un sogno



VINCOLI:

Massimo 1500 parole

GENERE: storico

CHI: uno studioso

DOVE: Timbuctu

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Le grida infuriate del mercante a cui avevo sottratto un paniere di datteri mi inseguirono, fino a che non riuscii a fare perdere le mie tracce e a raggiungere la piccola casetta di fango e terra vicina alle mura di Timbuctu, mia meta e dimora del saggio e anziano Ali Yousef, mio tutore. Soli al mondo sia io che lui, ci facevamo compagnia ogni giorno, dal mattino fino al calare delle tenebre. Per parte mia gli procuravo da mangiare e lo aiutavo a tenere in ordine l'incredibile numero di testi e pergamene affastellate in ogni angolo della sua dimora e in cambio lui mi istruiva, cercando di inculcare nella mia mente di bambino l'amore per il sapere. Con poco esito, in realtà, perché le sue parole rimanevano nella mia testa solo il tempo indispensabile per passare dall'orecchio dal quale erano entrate a quello da cui uscivano. Ero un allievo piuttosto somaro, più interessato a trovare modi pittoreschi per reperire cibo nel mercato di Timbuctu, che ad anelare al nutrimento dello spirito. Ero giovane, cocciuto e convinto delle mie idee.

L'inconfondibile profumo dei manoscritti millenari mi avvolse non appena misi piede nella piccola stanza e la voce chioccia del padrone di casa non tardò a farsi sentire con la solita reprimenda, che non scalfì neppure quella volta la serafica certezza che Allah in qualche modo si sarebbe preso cura di me

"Mio giovane amico Sattar, non combinerai nulla nella vita se non darai alla tua mente il nutrimento di cui ha bisogno. È ora che tu la smetta di perdere tempo e che inizi a curare il tuo spirito e conoscere i segreti del mondo. Essi faranno germogliare nel tuo cuore sogni che ti saranno da faro nella vita".

Feci spallucce. "Io non sono intelligente come te e non ho la pazienza di studiare in tutti questi libri come te. Il mio unico desiderio è vivere qui, protetto dalle nostre mura e sconosciuto agli infedeli come la mia città".

"Giovane sciocco" esplose Ali Yousef diventando così rosso che pensai che sarebbe esploso da un momento all'altro. La scena di lui che si gonfiava fino a diventare rotondo come un cocomero mi fece scappare una risata del tutto fuori luogo, cosicché mi guadagnai un manrovescio che mi girò a mezzo la faccia. Ebbi la presenza di spirito di non lamentarmi, anzi cercai di fare un'espressione contrita e dispiaciuta che, fortunatamente, ottenne l'effetto voluto. L'anziano viso si rilassò e l'espressione tornò mite come al solito.

Ali Yousef scosse il testone canuto, quel pomeriggio più aggrovigliato del solito, e una parvenza di sorriso distese la bocca sottile, quasi del tutto nascosta dalla barba bianca che curava con precisione maniacale. "Neppure io sono intelligente, mio giovane e sconsiderato amico. Ma sono curioso e la curiosità è un'ottima molla. Ti fa scoprire un sacco di cose", disse sottovoce, come se i pensieri si fossero arenati in qualche episodio del suo passato misterioso. Di lui avevo udito tante storie, molte piuttosto fantasiose, ma quasi tutti coloro che me le avevano raccontate avevano concluso con la stessa frase, accompagnata da un'espressione truce e minacciosa: "Sta' in guardia, figliolo. Pare che abbia avuto a che fare con gli infedeli". Io naturalmente avevo fatto l'espressione inorridita che si aspettavano, ma dentro di me sapevo perfettamente che quella era una diceria palesemente infondata: anche le piante scheletriche che crescevano nel deserto che ci circondava sapevano che la nostra piccola e polverosa città era una roccaforte incontaminata, ringraziando Allah.

"Come puoi dire di non essere intelligente?" esclamai incredulo facendo un gesto che comprendeva la piccola stanza. Diedi un'occhiata in giro: libri, libri, nient'altro che libri. Poggiati su mensole pericolanti, impilati per terra, aperti su un tavolo tarlato che stava in piedi per un qualche miracolo sconosciuto al centro della piccola stanza in cui ci trovavamo. "Il sapere del mondo è racchiuso fra queste mura e tu ne sei a conoscenza!"

"Non sono nato così, anzi. Ero un perdigiorno tanto e più di te" rise all'esclamazione inviperita che mi era sfuggita. "Ma cambiai. Portami quel piccolo taccuino, là sul ripiano vicino al fuoco".

Feci come mi aveva detto, per una volta tanto senza questionare. Era un agglomerato di fogli malridotti di dimensioni diverse, tenuti insieme da una pelle consunta e approssimativamente legata su un lato. Glielo porsi e notai sorpreso con quanta venerazione lo prese fra le sue mani adunche.

"Sai cos'è questo?" chiese, pur sapendo che non avrei potuto rispondere. Infatti continuò subito a parlare, mentre slegava la pelle e prendeva fra le mani quei pezzi sgualciti di pergamena.

"Questo è un diario. Lo scrisse il primo infedele che riuscì a mettere piede qui a Timbuctu, tanti anni fa, quando io ero solo un ragazzino. René era il suo vero nome, ma quello lo conoscevo solo io".

"Un infedele? Ma come..."

"Inseguiva un sogno e per raggiungerlo aveva snaturato sé stesso, imparando l'arabo e i dettami dell'Islam, camuffandosi e sembrando uno di noi pur di riuscire ad entrare nella nostra città e a conoscerla ".

"Non ci credo!"

"Dovresti. Fui io a scoprire il suo inganno, eppure non lo smascherai e gli consentii di proseguire fino al coronamento del suo sogno".

Ero incapace di replicare. Ali Youssef si posizionò meglio sulla sgangherata poltrona che raramente abbandonava e iniziò a parlare fissando i fogli che teneva in mano, quasi dimentico di me.

"All'epoca ero un ragazzetto al soldo di un famoso mercante, nessuno badava a ciò che facevo o dicevo. Mi aveva incuriosito questo strano personaggio, colto e gentile, che un giorno si era unito alla nostra carovana. Sembrava proprio uno di noi, sebbene avesse un certo qual modo di parlare che lo designava come 'straniero'. Aveva con sé qualche manoscritto che prese l'abitudine di leggermi ogni sera. Fu così che, per caso, scoprii il crocifisso che teneva nascosto in un angolo remoto della bisaccia. Quando lo minacciai di andare a rivelare l'inganno, mi pregò di non farlo. 'Sono sulle tracce di un sogno che coltivo da quando avevo la tua età. Voglio entrare in Timbuctu e descriverla, raccontarla per tutti coloro che non la conoscono e non avranno modo di arrivarci mai. È il sogno di una vita, lascia che lo raggiunga ora che ci sono vicino'. Non c'era un motivo per cui avrei dovuto assecondarlo, eppure mantenni il segreto. Anzi. Rimasi con lui quando dovette interrompere il viaggio a causa di una malattia, poi gli rimasi al fianco quando ripartì e, finalmente, l'anno dopo, vi giunse. Forse perché volevo vedere l'espressione di un uomo che corona il desiderio di una vita, forse perché mi erano diventati indispensabili gli insegnamenti che giornalmente mi impartiva sugli argomenti più vari. Aveva girato l'Africa in lungo e in largo, conosceva angoli remoti dei quali, altrimenti, non avrei mai saputo l'esistenza. Era giovane eppure aveva la mente e la saggezza di uno dei nostri studiosi più saggi. Mi dispiacque immensamente la delusione che lessi nel suo sguardo mentre camminava lungo le vie polverose di Timbuctu. Si era figurato una città meravigliosa, ricca di tesori e costruzioni fantastiche e invece si trovava ad attraversare strade aride su cui si affacciavano le nostre case sbilenche, di terra e fango... non credo che da quella delusione si riebbe mai, per quanto riuscì a mascherarla molto bene..."

La voce si spense in un sussurro, mentre gli occhi del vecchio vagavano per la stanza senza in realtà vedere nulla. Ero ammutolito dallo strano racconto e incapace di credere che fosse accaduto davvero.

Con un gesto improvviso si riscosse, come risvegliato da un sogno. "Sai perché non lo denunciai, e anzi gli rimasi a fianco finché non tornò nel suo paese?"

"Già. Perché?" Ero arrabbiato. Aveva aiutato un infedele. Allah gliene avrebbe chiesto conto.

"Perché volevo comprendere la molla che lo aveva spinto a intraprendere un viaggio così folle pur di assecondare un sogno di bambino. Così ascoltai ogni parola che usciva dalla sua bocca, decisi di leggere ogni riga dei libri che acconsentì a lasciarmi. Ero convinto che lì dentro ci fosse quel segreto. Lo volevo con tutte le mie forze".

"E lo hai trovato?"

"No. Quando terminai i suoi libri, anni dopo la sua partenza, me ne procurai altri e altri ancora..." la voce, ora fioca, tacque.

"Quindi tu sei diventato un sapiente solo per capire cosa aveva spinto un infedele a fare un viaggio?"

"Non sono un sapiente, sono solo uno che ha letto tanto e cercato di comprendere la molla che può far fare a un uomo le cose più assurde, come quella che fece lui..."

"E...?"

"Ho capito che non c'entra il sapere. Quello aiuta ciò che hai qui dentro" mi toccò in mezzo al petto con il suo indice rinsecchito "e ti fa venire voglia di dargli ascolto. Perciò ti dico, mio Sattar. Leggi, istruisciti, impara più che puoi e nutri la tua mente e il tuo cuore. Poi seguili, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo. Così sarai un uomo completo".

Nella luce del crepuscolo che penetrava dalla grande finestra dietro le spalle di Ali Yousef dando un colore d'oro rosa a tutta la stanza, quelle parole rimasero fra di noi e si depositarono dentro di me come nient'altro fino a quel momento, di ciò che mi aveva detto l'anziano mentore, aveva fatto.

Per Ali Yousef la svolta nella vita era avvenuta quando andò a seguito del mercante, per me avvenne in un pomeriggio afoso qualunque, smarrito fra le carte di una casetta di quella città che era stato il sogno coronato di uno sconosciuto infedele.

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Nota storica: René Caillié fu davvero il primo infedele a entrare in Timbuctu sotto mentite spoglie. Leggete la sua biografia, è interessante.

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