6. dove qualcuno rimane a bocca asciutta
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Parte Sei:
dove qualcuno rimane a bocca asciutta
Quel bacio dura più a lungo del previsto: è una tortura che sembra stata creata di proposito per la mia debole psiche.
È una mia impressione, o è calato un silenzio quasi terrificante sulla Sala Comune? Le risate sono davvero cessate, oppure sono io che ho le orecchie ovattate, incapace di percepire suoni che mi possano distrarre da questo evento fuori programma?
Albus mi rivolge un'occhiata perplessa, e io sono più confusa di lui. Non riesco a stare ferma senza fare nulla, quindi afferro il pacchetto di sigarette che Malfoy ha lasciato sul tavolo e sguscio fuori dalla stanza, inosservata. Faccio un paio di passi nei sotterranei, con circospezione mi assicuro che Gazza non abbia intenzione di spuntare fuori all'improvviso e sbattermi in punizione con Nicosia—vedere la sua faccia, difatti, sarebbe l'ultima possibile disgrazia da aggiungere alla lista di questa nottata.
Ho fallito, me ne rendo conto. Avevo pianificato tutto nel dettaglio, ho rischiato che Lumacorno si rendesse conto della sparizione della boccetta, e che Atlas non mi guardasse mai più in faccia, e tutto per niente.
Decido di non proseguire oltre, e mi lascio scivolare a terra stendendo le gambe e appoggiando la schiena alla parete umida. Ho fumato poche volte nella mia vita, perché non mi è mai piaciuto l'odore e il sapore della sigaretta. Se lo sto facendo ora, è solo per avere qualcosa con cui distrarmi dal commettere un omicidio.
«Credi...» Albus esita, e pur non vedendolo ho la conferma di ciò che avevo sospettato, ovvero che mi avesse seguita. «Credi che lo abbia fatto di proposito?»
«Siediti,» replico. Lo sento scivolare accanto a me, e mi prende dalle mani l'accendino nero di Malfoy. Inizia a far scattare la rotella e a dar vita alla fiamma, gli occhi verdi ipnotizzati dalla sua anima cangiante. Mi porto le ginocchia al petto, buttando fuori una boccata di fumo.
Non gli rispondo, perché ho sentito dei passi e un borbottio che conosco bene: è Vì, che mentre avanza a tentoni per raggiungerci si lamenta bofonchiando di come i sotterranei siano troppo bui per i suoi gusti da principessa del Sole. Se ci ha seguiti, devo solo immaginare che Albus le abbia detto cosa è successo—o meglio, cosa sarebbe dovuto succedere.
«Era questo il tuo piano brillante?» domanda, piazzandosi le mani sui fianchi. Ha bevuto parecchio, ma nel suo tono non c'è quella solita vena paternalistica che spunta fuori in queste situazioni, piuttosto della semplice preoccupazione, e un odio poco velato. La sento sospirare, esausta, e anche lei si piazza al mio fianco, dall'altro lato di Albus, e mi sfila la sigaretta dalle dita per trarne una boccata di fumo. «Dio, era davvero brillante.»
«Lo so.»
«C'è stata solo una pecca.»
«Oltre il fatto che non abbia funzionato?»
«Oltre il fatto che non abbia funzionato,» concorda, esalando una nuvola bianca dalle narici.
«Mi sono fidata di Malfoy.»
È con queste parole, pronunciate nella pura indifferenza che cela la pura incredulità, che mi rendo conto dell'enorme, enorme errore che ho commesso.
Albus mi ha appena chiesto se credo che il biondo mi abbia mentito di proposito. «Spero per lui di no, Al,» ribatto, percependo una rabbia cocente diffondersi a ondate sempre più intense nel mio corpo. «Perché se ha voluto ingannarmi intenzionalmente, e mandare a monte ciò che avevo preparato... non pensò che ci sarà alcuno scenario possibile che non termini con la sua morte.»
Vì e Albus rimangono in silenzio. Vorrei poter dire che corrispondono all'angelo e al diavolo che sussistono sulle mie spalle, però la verità è un'altra. Loro sono i miei angeli, e il demone sono io.
«Malfoy ti ha vista uscire di là con Albus,» mi informa allora Vì. «Se ti può consolare, appena Camille gli ha detto di continuare quello che stavano facendo, lui l'ha scostata ed è uscito senza nemmeno risponderle.»
«Se è un minimo furbo sarà andato a nascondersi,» proclama funereo Albus. Funereo, non perché tema per lui bensì perché riconosce che si è comportato male.
Mi ha mentito: aveva detto che Camille era innamorata da anni di Atlas, che lo è tuttora, e che se gli avessi rifilato quella pozione avrebbe sicuramente approfittato per baciarlo. Io avevo già avuto il sentore che tra i due ci fosse stato un passato particolare, e ho visto le sue parole come una conferma del mio presentimento. Mai avrei detto che mi stesse pugnalando alle spalle, e questo non perché avessi grande fiducia in lui ma perché ero sicura di me stessa al punto da non pensare nemmeno a mettermi in discussione.
Questo non succederà mai più. Se c'è una cosa che ho imparato stasera, oltre al fatto che il mio trascorso con Malfoy deve essere categoricamente relegato al passato, è che non posso mai più dare per scontato nulla. Sono intelligente, avrei potuto capire che mi stava ingannando; e invece ho voluto chiudere gli occhi pur di pensare di avere ragione. Se voglio essere eletta Campione di Hogwarts e vincere il Torneo TreMaghi, devo essere diecimila volte più pronta di così.
«Sapete, da un lato gli sono grata,» dichiaro, spezzando un silenzio pesante. Spengo il mozzicone nella parete umida, e lo scaglio incurante sul pavimento del corridoio. «Questa sera mi ha insegnato più di quanto mi abbia tolto. E se qualcuno di voi prova di nuovo a dirmi di comportarmi bene con lui, verrà silenziato all'istante.»
Albus sospira, Vì mi prende la mano. «Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, sai che puoi contare su di me,» conclude, scrutandomi onesta e fiduciosa nella penombra del sotterraneo. «Ti aiuterò a vendicarti, Rose. Ti aiuterò a vincere.»
Ma la domanda è: io ho davvero bisogno di aiuto a vincere qualcosa? Nascondo la frazione di un sorriso, e mi preparo.
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«Dobbiamo parlare.»
Se alzo gli occhi dal mio libro di storia del Torneo TreMaghi, è solo perché la mano feroce di Malfoy, inanellata e funesta, me lo chiude senza cerimonie. Il mio primo istinto è quello di dargli un calcio da sotto il tavolo, ma so che attirerei attenzione indesiderata—e non posso permettermi che Camille, Chloè e le loro amiche e amici vengano attratti da questa parte della Sala Grande. Perciò, non mi rimane che sollevare molto lentamente lo sguardo, impedendomi la minima reazione nel trovarmi di fronte il ragazzo che più di tutti riesce a farmi provare un odio davvero insuperabile.
«Parla, allora.»
Non ho intenzione di stare a credere a quello che ha da dirmi; al contempo, tuttavia, sono davvero curiosa di sapere come si giustificherà per quello che è accaduto.
Sono passati cinque giorni dalla festa nella Sala Comune dei Serperverde—cinque giorni che mi hanno vista affrontare le sbornie di Vì e Shea, la ripresa delle lezioni, uno scherzo che Neville e le sue piante hanno dimostrato di non apprezzare, e tre questioni leggermente più importanti: la conoscenza di un gruppetto di studenti di Beauxbatons, quella del futuro, grande campione di Durmstrang e una variazione nel mio rapporto con Atlas.
Malfoy in questo periodo di tempo non ha mai provato a rivolgermi la parola, e non vedo perché farlo adesso. Sicuro Albus l'ha costretto: è l'unica cosa che mi viene in mente. Ora però è qui, in piedi davanti a me, che cerca di mascherare il nervosismo ma che si tradisce con il movimento inquieto delle mani. Alla fine, dopo momenti interminabili di imbarazzante silenzio, trae un breve sospiro e si decide a sedersi. Detesto il fatto di trovarlo attraente anche quando ogni cellula del mio corpo è convinta di odiarlo al punto che lo ucciderebbe, se potesse farlo. Razionalmente vorrei tornare con tutta me stessa all'anno scorso, quando riuscivo a osservare quella bellezza senza che ciò riportasse alla mente ricordi di enorme portata.
Adesso ho di fronte i suoi occhi, grigio e verde, e penso a quanto piacere mi provocassero al solo sguardo; ascolto la sua voce, e riesco solo a sentire i suoi sospiri pesanti nella notte; colgo la sfumatura dei suoi capelli dall'altro lato del corridoio, e i polpastrelli mi prudono dal desiderio di testarne ancora la morbidezza.
Di tanto in tanto rifletto su quanto io sia grata a me stessa per la forza che sono riuscita ad accumulare negli anni, perché se non fosse stato per la corazza del mio carattere, in questo momento non indosserei una maschera marmorea, e lui vincerebbe a tavolino. Mi rendo conto che dall'esterno questo sembra un incontro di lavoro, o un faccia a faccia di due generali prima di una battaglia.
«Albus mi ha detto quello che pensi,» osserva, le dita snelle intrecciate tra di loro sul tavolo. Le iridi eterocrome sono fisse nel mio viso. «Che io abbia finto di aiutarti, che ti abbia dato informazioni fuorvianti di proposito per vederti fallire.»
«È così.»
Malfoy mostra un breve riflesso di impazienza, una lancia che crepitando spacca per una frazione di secondo lo scudo impenetrabile del suo volto. «Non è vero. Che tu ci creda o no, io avevo davvero intenzione di aiutarti.»
«Perché?» chiedo, schietta. Entrambi sappiamo cosa c'è dietro a questa domanda: perché volevi aiutarmi a far fuori Camille e a riappropriarmi di Atlas, dopo quello che abbiamo passato? Dopo quello che mi hai detto?
Malfoy, per la prima volta da quando è seduto, volta altrove lo sguardo. La mandibola è chiaramente in tensione, è nervoso e non a proprio agio. Per poco non mi sfugge l'accenno di un sorriso al pensiero di quanto la situazione peggiorerà di qui a breve.
«Perché ho sentito che Camille è la candidata preferita di Beauxbatons a partecipare al TorneoTremaghi, e volevo farla fuori.»
Sapevo dal primo istante in cui è stata annunciata la competizione che aveva l'intenzione di partecipare, di mettere il proprio nome nel Calice, ma questa svolta è interessante. Non così interessante da sorprendermi, comunque, perché anch'io ne ero a conoscenza, e mi sono mossa di conseguenza.
«Quindi volevi usarmi,» commento, sentendo la pelle percossa da brividi al modo perfetto in cui sta andando avanti la conversazione.
Il biondo inarca le sopracciglia. «Sì, ma tu questo lo sapevi già.»
È qui, ora, che il suo progressivo e ferito sbigottimento apre le porte alla mia più completa soddisfazione, e vittoria. Appoggio le mani all'indietro, sulla panca, e benché più bassa gli rivolgo un'espressione che grida compiacimento da ogni poro. Capisce di essere stato imbrogliato dall'inizio, e la sua automatica reazione è di arricciare con crudele asprezza il labbro superiore. «Come?» sputa, furioso. «Come potevi aver previsto una cosa del genere, Rose?»
Faccio spallucce, godendo della sua rabbia, dell'ammirazione che odia provare nei miei confronti, e del desiderio spudorato e provocante con cui i suoi occhi mi scrutano. «Hai sempre avuto la terribile abitudine di sottovalutarmi, Scorpius—anzi, di sopravalutare te stesso. Eppure, diamo uno sguardo a quello che è successo: io ho riavuto Atlas, mi sono tolta dai piedi Camille, una povera ragazzina in preda agli ormoni che si è presa una sfortunata cotta per qualcuno che voleva approfittarsi di lei, e ho anche avuto modo di rigirare te e la tua idiozia da presuntuoso. E tutto questo, solo perché ti senti così grande da non vedere che sei destinato soltanto a mangiare la mia polvere, perché sei così impegnato a vedermi come premio da non capire che io sono la dannata competizione.»
«E hai orchestrato tutto questo per sentirti superiore?» replica, lievemente incredulo. «Piuttosto da disperata.»
«Al contrario,» ribatto. «Proprio la prevedibilità della serata mi ha fatto capire quanto io sia davvero superiore. È bastato pormi come l'adolescente disperata e gelosa del suo ragazzo perché tu sentissi di poterti approfittare di me. Non ci è voluto molto a sapere che Camille ha detto alle sue amiche di quanto vorrebbe metterti le mani addosso, e che Atlas non è mai stato nei suoi piani. Ma è stata veramente, veramente irresistibile la prospettiva di poterti imbrogliare in modo così teatrale, e così ti ho lasciato credere di essere la pedina fondamentale della partita, che solo tu avresti potuto giostrare il gioco. Amo mio cugino, ma è così fedele al suo amico che non ho dovuto far altro che mostrarmi delusa e arrabbiata per avere la certezza che ti avrebbe riferito tutto. Come ti senti, Scorpius?» lo provoco utilizzando il suo nome di battesimo, quello che mi ha pregato di usare a ogni bacio che la mia bocca ha lasciato sulla sua pelle. «Come ti senti a essere stato ingannato, proprio come tu pensavi di aver ingannato me?»
Un sorriso inquietante fa capolino sulla sua bocca, scoprendo i denti in un'espressione che ha del ferale. «Hai fatto una mossa intelligente, Rose,» riconosce, inclinando di poco il capo con lentezza innaturale, «ma vuoi davvero trascorrere il resto dell'anno scolastico a doverti guardare le spalle da me?»
Una risata divertita sorprende anche me stessa nell'udire le sue parole. Mi piego in avanti, le mani aperte sul tavolo, il suo volto molto più vicino e molto più imperscrutabile di prima. «Credo proprio che non abbia compreso. Sei tu a doverti guardare le spalle da me, Malfoy, non certo il contrario,» detto questo faccio per raccogliere il mio libro e alzarmi, quando la sua mano scatta in avanti e mi afferra il polso, costringendomi a rimanere abbassata.
«E pensare,» ringhia, «che il tuo piano tanto minuzioso poteva andare in frantumi così facilmente.»
«Stai cercando solo di rassicurare te stesso e la tua fragile autostima—lasciami andare, idiota.»
Anziché fare come ho detto, lui rafforza la presa attorno al mio polso e stringe gli occhi con aria ferina. «Mi hai affidato una pozione che ingerita costringe a cedere ai propri impulsi,» dichiara, sottovoce, e aggressivo, «come potevi essere certa che non l'avrei fatto anch'io—che non avrei baciato te, che pure lo desideravi come l'aria?»
Vorrei avere la prontezza che ho avuto poco fa, di ridergli in faccia e dissimulare la più grande indifferenza; tuttavia, l'esitazione espressa in quella frazione di secondo ha la meglio sulla mia posizione, e un sorriso di vittoria affiora sul viso del mio nemico. «Ti sei fidata di me, Weasley. Sei stata costretta a fidarti, qualcosa che sono sicuro tu abbia detestato dal primo istante all'ultimo. Se il tuo piano è andato in porto è stato grazie a me, e lo sai. Non ti angoscia, Rose?» aggiunge, le dita sbiancate sulla mia pelle dalla forza applicata, «non ti angoscia sapere che potrei non aver dovuto affatto resistere, che forse ciò che davvero volevo era Camille, e non te?»
Con violenza inaudita strappo il mio arto alla sua presa e resisto all'impulso di afferrarlo per il collo, limitandomi a non mollare il suo sguardo con ogni fibra del mio volere. «Puoi pensare quello che vuoi. Le cose però sono due: o mi hai appena mentito, oppure menti a te stesso. Tu non smetterai mai di volermi, non quando ogni volta che mi guardi vedi quello che abbiamo passato. E lo stesso vale per me,» aggiungo, mordendomi pesantemente il labbro, «dobbiamo solo imparare a conviverci.»
Vado via, prima che possa intravedere quanto le sue ferree parole abbiano avuto l'effetto sperato su di me. Vado via, sapendo di dover incontrare Atlas tra poco. Vado via, e percepisco gli occhi freddi di Malfoy che mi bruciano le spalle, e non riesco più a sentirmi vincente come prima.
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«Hai qualcosa da farti perdonare, per caso?» domanda Atlas con un sorriso divertito. Mi guarda dall'alto verso il basso, gli occhi castani ammorbiditi e i capelli soffici disordinati. «Sei stata insolitamente dolce, oggi.»
«Se scopare vuol dire essere dolce, preparati a essere inondato di dolcezza ora che siamo tornati in patria,» ribatto, allungandomi per sfiorargli la bocca. «Vivere insieme ha i suoi pregi, dopotutto.»
Atlas prova a trattenere una risata; il suo buonumore però prende il sopravvento, e dopo aver morso le proprie labbra nel vano tentativo di fermarsi, i denti bianchi fanno capolino e con un sogghigno tira le lenzuola sopra la nostra testa e mi prende tra le braccia. «Finalmente abbiamo qualche ora insieme,» mi dice, posando il naso contro la mia spalla e lasciandovi un delicato. «Siamo tornati a Hogwarts da meno di una settimana, e mi sembra di aver visto di più Lumacorno di te.»
Anch'io scoppio in una risatina, impegnata a far scorrere la punta delle unghie con delicatezza sulla sua schiena. «Essere paragonata a Lumacorno dopo il sesso è un'esperienza incredibile, Cler. Un vero toccasana per l'autostima.»
«Stai scherzando? Oggi hai dato il meglio di te, la tua autostima dovrebbe essere al massimo per i prossimi anni,» ribatte, scherzoso, socchiudendo gli occhi. «Non lo so, comunque. Sono davvero contento di stare qui con te. Vederti tutti i giorni non è abbastanza.»
Penso al bruciore nel petto nel vedere Malfoy e le sue mani attorno alla vita sottile di Camille, e mi sento un'ipocrita. Io amo davvero Atlas, più di quanto avrei mai creduto di poter fare quando ci siamo messi insieme, e ho iniziato a flirtare con lui solo perché era il più bello e ambito del Castello. Lo amo, ma non dovrei provare quello che provo per Malfoy, come non dovrei provarlo per nessun altro—lo amo, forse è solo che non lo amo abbastanza. Sono troppo territoriale, lo so; voglio difendere ciò che è mio, e Atlas rientra tra questi beni. Allo stesso tempo, la sola idea che possa allontanarsi da me equivale a prendere la bacchetta e sottopormi a una Maledizione Senza Perdono, perché non sopporterei la sua inimicizia, il suo odio, qualsiasi cosa che non sia amore, devozione, lealtà, fiducia.
«Ti amo,» sussurro, mio malgrado spaventata da quei pensieri. «Mi dispiace se negli ultimi tempi non sono stata...» ci sono così tante cose che vorrei dire, modi per completare la frase; tuttavia al momento non me ne sovviene nessuna. Mi sento davvero in colpa? Sì, vorrei avergli prestato più attenzione, fargli capire il mio enorme affetto verso di lui, però non mi pento del motivo per cui non gli sono stata vicina. Se mi pentissi davvero, sarebbe tutto molto più facile...
Atlas scuote la testa, accigliato. «No, dispiace a me. Da quando sono arrivati gli altri dalla Francia non ho fatto altro che pensare a colmare il tempo passato lontani. Invece ti conosco, e so che vuoi tenere le cose sotto controllo,» qui accenna un sorriso fiacco, «ti avrei dovuta aiutare ad ambientarti, a farteli piacere e non percepire come minacce.»
Quello che ha detto è vero, però mi dà fastidio sentirlo dire. Non voglio semplicemente tenere le cose sotto controllo, io voglio possederle. Voglio avere ogni situazione in pugno, primeggiare, vincere. Atlas sa di questa parte di me, ma è così distante da tale superbia che spesso non siamo affatto sulla stessa lunghezza d'onda. Se io riesco a immedesimarmi nella sua mentalità pacifica, perché lui non coglie davvero che il mio non è solo un desiderio, bensì una necessità?
«Non li percepisco come minacce,» dichiaro, sforzandomi per non suonare aspra, «anzi, trovo Chloé potenzialmente simpatica. È solo che Camille mi ha dato una brutta impressione, e se permetti io non le ho dato alcun aiuto, visto che ha fatto tutto da sola.»
Atlas allunga un braccio delineato per togliere il lenzuolo da sopra le nostre teste e alzarsi su un gomito, così da scrutarmi meglio. Ha le sopracciglia scure aggrottate. «Camille... viene da una situazione complicata. In realtà credevo che tu potessi capirla.»
«Capirla?» gli faccio eco, confusa e stranita.
«Ha avuto difficoltà a integrarsi nella famiglia più famosa e potente di Parigi,» mi spiega. «Ciò che è successo con Nicholas Flamel non è affatto semplice come i giornali di gossip raccontano.»
Rimango in silenzio, riflettendo su quanto mi ha detto. Nel frattempo, Atlas mi lascia un bacio sullo zigomo e si alza alla ricerca dei suoi vestiti. Io non mi muovo, ferma nel mio letto mentre lo osservo infilarsi boxer e pantaloni della divisa, e occasionalmente gli indico qualche indumento disperso per la stanza nella foga del momento. «Come abbia fatto questa ad arrivare quassù, davvero non ho idea,» osserva, mentre in punta dei piedi cerca di acciuffare la cravatta finita sopra l'armadio.
«Effettivamente ho un buon tiro, dovrei mollare il Quidditch e provare il lancio del giavellotto,» rido, allungandomi per prendere l'accappatoio abbandonato sulla mia sedia. «A meno che tu non voglia fare una doccia con me, Cler, ti conviene alzare i tacchi, perché non potrò difenderti da—»
«Atlas!» esclama Shea con una voce tanto acuta da bucare la sfera del suono. Il mio amico, seguito da Neil Finnigan e Sage Thomas, è appena compreso sulla soglia della nostra porta. I tre—anzi, i due, visto che Neil ha gli occhi fuori dalle orbite per il fatto di vedermi in accappatoio—alternano lo sguardo da me al ragazzo arrampicato sulla sedia davanti all'armadio.
Sage si gratta la nuca, confuso. «Pensavo che avrei trovato una scena più piccante, onestamente.»
«Ecco perché ti sei aggiunto,» esclama Neil, sferrandogli un ceffone sulla schiena. «Sei disgustoso.»
«Ti devo ricordare che a Hogwarts non c'è la connessione internet? Come dovrei vederli i miei porno secondo te?»
Shea è schifato dalla conversazione tra i due amici, e gli lancia un'occhiataccia. «Dovresti farti una ragazza, o una bambola gonfiabile. Comunque,» si gira verso di noi, sfregandosi le mani, «ho novità!»
Atlas riesce a recuperare il suo indumento e scende dalla sedia, sistemandoselo al collo. «Che novità?»
Lui è quello carino tra di noi: io li avrei direttamente cacciati a calci.
«Stavamo in Sala Comune,» racconta Sage, melodrammatico come pochi, scansando Atlas e gettandosi sul letto rifatto di Vì. «E a un certo punto il ritratto si apre e una sfilza di ragazzini del primo anno iniziano a urlare come piccoli nani indemoniati.»
Mi stringo l'accappatoio al corpo, poco impressionata dalla sua scena teatrale. «Vai al punto, Thomas.»
Sage mi rifila un'occhiataccia, affatto compiaciuto della mia interruzione. «Si sono gettati su Albus e Pervinca,» dichiara, incrociando le braccia al petto con fare offeso. «C'è stata una rissa sul Lago tra Durmstrang e Beauxbatons. Perché non mi hai fatto finire, sarebbe stato molto più—»
«Una rissa?» fa Atlas, sorpreso e preoccupato, «e chi...?»
«Non c'è tempo,» dico, e con un gesto della bacchetta raccolgo tutti i miei vestiti. «Voi intanto andate, e fermate quegli idioti assoluti. Ci manca solo che Magnus e Laila si facciano espellere da Durmstrang ancora prima di provare a entrare nel Torneo.»
I ragazzi annuiscono, concordi nel salvare ognuno i loro beniamini. In questi giorni sono cambiate parecchie cose qui a Hogwarts, e devo ammetterlo, non mi dispiace così tanto. È interessante, ad esempio, il modo in cui si sono formate delle fazioni: Atlas, Shea, Leta e Sage dalla parte delle belle francesi, mentre io, Albus, Vì e Neil parteggiamo chiaramente per gli studenti di Durmstrang. Ognuno ha le sue personali motivazioni—Atlas perché sono le sue storiche amiche, Sage e Shea perché pensano con gli ormoni anziché i neuroni, Leta perché Chloé e Angelique le hanno fatto un'ottima impressione; ancora, Albus si è preso una cotta per Laila, la ragazza più affascinante di Durmstrang, Vì e io siamo diventate amiche dei gemelli, e Neil e Frank... anche loro si sono presi una cotta per uno studente scandinavo, cioè il fratello di Laila, Magnus.
Vi starete chiedendo da che parte sia Malfoy, no?
«Io odio gli adolescenti,» sbotta Pervinca come mi vede arrivare, affiancandomi. Le sue sopracciglia da principessa sono aggrottate in modo elegante, con una sola, sottile ruga d'espressione a separarle. «Seriamente, chi ha detto che essere giovani equivale a essere stupidi?»
Non trattengo una risatina nel sentire le sue lamentele, e questo attira l'attenzione di tutti gli studenti che Vì e Albus hanno schierato in riga davanti alla sponda del Lago Nero. Quando sono arrivata, pochi secondi fa, purtroppo la rissa era già finita; sebbene la MG possa aver fatto enormi scenate per non eleggere Al come Caposcuola, adesso dovrà ammettere che è stata la scelta giusta—infatti so che il modo in cui i ragazzi sono disposti e le loro divise strattonate sono frutto della sapiente mano di mio cugino, e non delle grida della mia amica.
Da un lato sono in piedi i cinque studenti francesi, con delle espressioni disdegnose e gli zigomi imporporati tipici di un orgoglio ferito. Tra loro rientrano anche Lucas e Gabriel, i compagni di Atlas. Non sono in ottime condizioni—tra vestiti strappati, chiome all'aria e occhi neri, gli allievi di Durmstrang hanno fatto un buon lavoro. Infatti degli altrettanti scandinavi nessuno è ridotto allo stesso modo, perché Magnus e Laila non hanno un capello fuori posto.
«Roza,» mi saluta Laila con un cenno del mento e un sorriso soddisfatto. «Indovina chi ha vinto.»
«Smettila di vantarti,» sibila un ragazzo di Beauxbatons. «Se non fosse stato per tuo fratello...»
«Sta' zitto se non vuoi ritrovarti appeso a quest'albero per il tanga che porti,» ringhia Magnus, sollevando minaccioso un pugno in direzione dello studente.
«Vi ho detto di darci un taglio,» esclama Albus spalancando le braccia e facendo subito cadere il silenzio. «Siete fortunati che la MG—la Preside McGranitt, cioè—non vi abbia beccati. Vi avrebbe rovinati, va bene? E noi non siamo i tipi di Capiscuola che fanno la spia, ma non credete che non esiteremo a farlo se ce ne sarà il bisogno.»
«Falsi,» ci accusa uno degli studenti di Durmstrang, con pesante accento slavo e la camicia minacciosamente rimboccata ai gomiti. «Voi amici amici, e poi—»
«Adesso basta. Non mi interessa delle vostre disuguaglianze. Vedete di gestirvi le simpatie come vi pare, però non vi azzardate mai più a venire alle mani nella nostra scuola. Non permetterò al vostro testosterone di rovinare l'anno dei miei studenti, sono stata chiara?» tuona Pervinca, furibonda, e con entrambe le mani acciuffa due slanciati alunni della scuola francese e li sospinge brusca verso il portone. «E adesso filate tutti dentro. Non avete forse da studiare?»
Osservo appoggiata al solito albero Vì rimettere in riga tutti gli idioti che hanno trovato intelligente prendersi a pizze nel Giardino in riva al Lago Nero. Devo dire che l'arte della vendetta non è chiara o attraente per tutti allo stesso modo, e non me ne dispiaccio. La presenza di vasti gruppi di babbei rende più facile il mio passatempo, almeno.
«Mi passerà mai la cotta per quella ragazza?» sospira Sage con una mano sul cuore, osservando perso Pervinca che rimprovera gli studenti stranieri. «Menomale che non ha incrinato le costole di nessuno, perché mi sarei potuto mettere a piangere dall'emozione.»
Shea scoppia a ridere, seduto per terra. Manda un saluto a un gruppo di ragazze che stanno passando tramite un cenno del mento e un occhiolino, poi, con un sorriso soddisfatto, inizia a giocare con l'erba sotto di sé. «I ragazzi non sono in cima alla lista delle preoccupazioni di Pervinca al momento. Mi dispiace, Sage.»
«Non disperare,» ribatto con una leggera curva divertita delle labbra, la spalla premuta contro il tronco dell'albero e un ginocchio piegato. «Vedrai che prima o poi Vì aprirà gli occhi e capirà quanto ti piace.»
Sage socchiude un occhio per guardarmi pur contro la luce solare e mi fissa perplesso. «Quanto mi piace? Non quanto le piaccio?»
«È saggia, mica miracolata,» replico, e Neil, che fino a quel momento era rimasto cautamente in silenzio, si lascia sfuggire una risata che lo lascia in lacrime.
«Sei proprio una stronza, te l'ha mai detto nessuno?» fa Sage, risentito, scoccandomi un'occhiata fulminea.
E poi, com'è ovvio che sia, il Sole viene oscurato, gli uccelli smettono di cantare, il vento inizia a soffiare e il brutto muso di Malfoy ci si presenta davanti in tutta la sua arcigna malignità. È terribile per la mia autostima non averlo visto arrivare; possibile che una tale minaccia sia del tutto sfuggita al mio radar?
È lui che risponde alle parole di Sage con un ghigno divertito. «Glielo dico tutti i giorni, Thomas, ma lei ci prende solo gusto. Sprechi fiato, fidati.»
Shea, che osservava beatamente la scena da sdraiato sull'erba con le braccia incrociate dietro la testa, nel sentire Malfoy si tira a sedere e fa un verso disgustato. «Grandioso, ci sei anche tu. Questa giornata può peggiorare?»
«Può farlo,» è la risposta secca di Malfoy, e mi irrigidisco in automatico. Squadro il volto del biondo per capire se è una battuta imbecille come al solito; i suoi occhi però mi restituiscono uno sguardo serio.
Mi allontano dall'albero e gli vado incontro, esattamente come fanno anche Sage e Neil ai miei fianchi. «Che è successo?»
Malfoy getta uno sguardo sui miei amici, compreso Shea che sta ancora seduto a spiluccare i ciuffi d'erba, e sospira. «Meglio parlarne in privato.»
«Non andrò da nessuna parte con te, non se—»
«Rose,» abbaia, bloccandomi all'inizio delle mie lamentele. Mi fissa impaziente, gli occhi scuri, le labbra serrate. Non era una domanda, la sua.
Mi volto stordita verso i tre Grifondoro che osservano Malfoy rabbiosi. «Andate, su. Non mi può fare niente, in ogni caso.»
«Nessuno sarebbe tanto stupido,» dice a mezza bocca Neil. Lui e Sage ci superano e proseguono sul sentiero verso il Castello, dove si sono già incamminati qualche minuto fa i miei due Capiscuola e la banda di studenti rivoltosi. Anche Malfoy li guarda procedere in silenzio, accigliato.
Cerco di capire cosa non vada dalle linee del suo viso, ma sembra di avere a che fare con una fortezza considerando quanto è impenetrabile.
Shea è l'ultimo ad alzarsi, e fa le cose con calma. Mi passa accanto e mi sfiora la spalla, prima di gettare un'occhiata inquisitoria al biondo con i suoi intensi occhi blu. «Per qualsiasi cosa...»
«Lo so,» dico, regalandogli un minuscolo sorriso.
Lui annuisce. È uno dei ragazzi più altruisti e profondamente gentili che io abbia mai conosciuto, Shea. Non esita mai a mettere da parte le questioni che lo divertono quando percepisce un cambio di atmosfera, e questo è il caso. Se fossi più insicura, se non fossi capace di difendermi da sola, mi sentirei comunque protetta dalla sua presenza nella mia vita, dal bene che mi vuole. E pensare che all'inizio Atlas era così geloso di lui...
«Allora,» mi rivolgo a Malfoy, piazzandomi le mani sui fianchi. «Si può sapere che cosa c'è di così urgente da mettere su questo teatro?»
Lui rotea gli occhi. «Sempre questo tono presupponente.»
«Parla, Malfoy,» ringhio, irritata. «Non ho tempo da perdere con te.»
«Bene. Una ragazza di Durmstrang è stata appena rifiutata dal Calice di Fuoco,» mi informa, e volta per controllare che nessuno ci stia ascoltando.
Inarco entrambe le sopracciglia, iniziando a sentire l'esasperazione. «E questo in che modo dovrebbe riguardarmi? Probabilmente non ha l'età giusta e avrà cercato di aggirare la Linea dell'Età con un trucco, come fecero i miei zii l'ultima volta—»
Malfoy sbuffa, i capelli biondi al vento, e mi spinge verso l'albero per evitare di farsi sentire da un gruppo di ragazze che sta costeggiando il Lago. «Non capisci, Weasley,» mi dice, e nonostante la durezza dei suoi lineamenti vedo la preoccupazione guizzargli negli occhi grigio e verde. «Questa ragazza ha diciassette anni, invece. Tutte le carte in regola. Ho chiesto in giro,» prosegue, e un brutto presentimento mi raggela le ossa. «E c'è una cosa che si dice sul suo conto—una cosa che per noi rappresenta un problema. Devono aver modificato le regole del Calice senza dircelo, forse per evitare che le cose finiscano di nuovo male. Stanno eliminando le persone disoneste dalla competizione.»
Il Calice sa scegliere chi ha le migliori intenzioni, aveva detto Lars Jakobsson durante il suo discorso sul Torneo.
Le sue dita mi stringono il braccio con prepotenza, e non sembra nemmeno farci caso da quanto è in ansia. Gli poso una mano sul petto e stringo la sua camicia tra le dita, spingendolo lievemente. «Allora, cosa si dice? Perché è stata rifiutata?»
«Non è l'unica,» bisbiglia, «sono due finora a essere state respinte. Una si dice abbia indirettamente partecipato alla gita in ospedale di una avversaria a Quidditch, e l'altra... l'altra ha tradito il fidanzato. Il Calice sta facendo fuori chi non è degno,» conclude, prima di prendermi per le spalle. «E io e te non abbiamo le migliori delle reputazioni.»
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