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1. dove viene annunciata la mia vittoria

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Parte Uno:
dove viene annunciata la mia vittoria.

Potrei partire in mille modi: raccontare di come io e Albus abbiamo perso il nostro treno, di come mio padre ci abbia dovuto accompagnare con un tostapane di macchina volante fino al Castello, e di quanti ceffoni gli abbia rifilato mia madre per non aver semplicemente chiamato lei, ma no. Non sarebbe divertente, e non sarebbe utile: partirò quindi con una presentazione.

Io mi chiamo Rose Weasley. Penserete che dirò di essere un disastro che colleziona T nella materia della vita e che è terribilmente innamorata del suo migliore amico; oppure che io sia assolutamente perfetta, la vera erede della famiglia Weasley-Granger, amata dai professori e avversata da qualunque studente della mia classe che si sia ritrovato negli anni paragonato a me. Ebbene mi dispiace deludervi, perché io non sono nessuna di queste due cose—con buona pace nel primo caso dell'animo di mio padre, e nel secondo di mia madre.

Signore e signori, io sono una malandrina. Potete rimanere abbagliati dal mio sorriso, e nel frattempo rimanere appesi a un albero senza le mutande. Potete fidarvi delle mie parole, e poi capire troppo tardi di essere stati imbrogliati. Sono astuta, ma non—troppo—cattiva; sono intelligente, ma non secchiona. Vivo con la determinazione di mostrare quanto valgo a prescindere dal mio nome. Sono orgogliosa, e pronta a mettere da parte ogni timore per il successo. È difficile che quando ho paura lo lasci vedere agli altri, perché divento fredda e calcolatrice. Ho studiato per piacere libri di guerra e di strategia trovati nella Biblioteca del Castello. Tuttavia la mia qualità migliore, quella che mi permette di primeggiare su tutti, è lo spirito di competizione. Ragazzi, a tratti devo ammettere che è una faticaccia, perché se mi viene proposta una sfida posso rinunciare a sonno, cibo e qualsiasi altra cazzata per vincerla, ma non c'è niente di migliore che essere sul podio e vedere gli altri dall'alto verso il basso.

Nessuno, tranne una stupida persona che fosse per me si ritroverebbe la gola baciata da un coltello, si è mai reso conto di quanto questo sia manipolabile, e non voglio soffermarmici.

Vi chiederete a questo punto perché io non sia stata messa nei Serpeverde. Non è qualcosa che mi piace mostrare, e tendo a nascondere questo aspetto di me sotto una buona dose di sarcasmo e di battute esilaranti—giuro, sono così divertente che a volte rido soltanto al pensiero di quello che sto per dire—però a tratti diventa qualcosa di fondamentale. Voi direte il coraggio, però non è solo questo. Io sono protettiva. Darei qualsiasi cosa che ho acquisito con grande fatica e astuzia se servisse a proteggere chi amo, a cui devo una fedeltà assoluta, talvolta senza nemmeno accorgermene. Forse l'unica cosa che supera la sete di competizione è lo spirito di sacrificio, devo ammetterlo.

Comunque, a chi importa? Non sono certo una giustiziera della legge che ruba ai ricchi per dare ai poveri: quando ho rubato la collezione di Cioccorane di Frank Paciock è stato non perché avessi fame, ma perché era così fastidioso a vantarsene che avevo voluto vederlo piangere; e quando ho preso la scopa di Duncan Flint, uno dei Serpeverde, e gliel'ho bruciata davanti agli occhi, non stavo vendicando il suo torto a una ragazza più piccola bensì facendo pagare una partita persa a scacchi con annessa beffa.

Con questo bel carattere che mi ritrovo, sono parecchio fortunata a essere la migliore amica dei Capiscuola. Oltre a dovermi la carica—la McGranitt non ha certo pensato a affidarla a me, ma ho indotto gli altri candidati a rinunciare sotto costrizione—quei due sono accumunati da un enorme amore nei miei confronti, qualcosa che a momenti ancora mi spiego.

Il primo è Albus, mio cugino. Se qualcuno è sorpreso da questa affermazione, tanto vale che chiuda la storia ancora prima di iniziarla. Sarebbe ridicolo parlare di me e non di Albus, perché non sono mai esistita senza di lui—letteralmente, visto che io sono nata ad agosto e lui a luglio. Le nostre vicende più importanti in coppia possono comprendere la brillante idea di sposarsi a quattro anni, una convivenza forzata a sei durante una vacanza estiva che ha condotto a un incendio in parte della casa, un tentativo di affogamento di mio cugino James, suo fratello, nel laghetto dei nonni, il rapimento di un drago dall'allevamento rumeno di nostro zio e circa un altro milione di avventure che sono sempre terminate in una splendida punizione. Devo ammettere che ormai abbiamo passato tre quarti della nostra infanzia chiusi dentro una stanza o impossibilitati a uscire con i nostri amici, quindi non è che parte esattamente un pianto isterico ogni volta.

In ogni caso, Albus è—per riallacciarmi al discorso di prima—il motivo per cui il mio rapporto con i Serpeverde è equilibrato: lui rappresenta l'amore. Certo, un amore un po' folle che termina sempre con qualcosa che esplode o con una lavata di testa da parte degli adulti, ma pur sempre amore. Di tutte le sventurate persone che mi circondano, Albus è la mia preferita in assoluto, e io sono la sua. I suoi compagni di dormitorio ci hanno messo un po' di tempo ad abituarsi ai miei scherzi che li fanno urlare in piena notte o spuntare i capelli bianchi dalla paura, eppure eventualmente l'hanno fatto.

Il secondo Caposcuola, e detentrice delle chiavi del mio cuore, è Pervinca. Se posso dire di aver costretto tutta una serie di persone per aver fatto ottenere ad Al la carica, Vì se l'è meritata a pieni voti. Per quanto sia un'amante del pilates, una sostenitrice dei diritti dell'ambiente e ami i post-it colorati, gli evidenziatori e il calcio, la mia ragazza Babbanizzata alla grande è in realtà una pupilla della quasi-estinta famiglia McKinnon—e non solo, perché la sua cara madre Cassandra ha sposato in seconde nozze il temibile Draco Malfoy.

Questo la rende una sorta di sorellastra per il figlio di lui, ovvero il motivo del mio odio per le serpi.

In ogni caso, la mia cara Vì e io abbiamo avuto un rapporto altalenante quando ci siamo conosciute, perché a dieci anni e al matrimonio della madre io e Albus non ci siamo comportati del tutto bene. Diciamo che una scommessa sul gusto della torta che sarebbe stata presentata a breve ha portato me e mio cugino, per una serie di peripezie, a far fare un bel bagno dolce al tavolo dello sposo e della sposa. Vì ancora non aveva sviluppato, all'epoca, la tolleranza e la pazienza che ha indotto in lei la mia vicinanza, e la piccola principessa bionda in tulle rosa non ha affatto apprezzato l'essere ricoperta da un dolcissimo strato di crema e panna.

Anche qui, è stata la punizione in cui io e Albus siamo finiti a delineare le nostre future amicizie: Malfoy, il figlio di Draco, ha apprezzato il nostro numero circense e corrotto una offesa Pervinca a farci uscire, in cambio di una bella vendetta. Malfoy ha quindi acquisito la stima di mio cugino—da quel momento sarebbero stati inseparabili—e tenuto me ferma mentre Vì mi scaraventava dritta in faccia una rimasta fetta di torta. Nello stesso giorno sono nati il mio odio per il primo e la mia stima per la seconda, e nessuno dei due sentimenti è mutato a distanza di sette anni.

È lei che insieme a tutta la scuola accoglie me e Albus mentre Gazza, il Custode, ci rincorre gridando per tutto il corridoio che conduce alla Sala Grande. Come ho detto, il mio brillante cugino mi ha fatto perdere il mio Hogwarts Express questa mattina, e non è che la macchina di mio nonno sia un bolide. Per quanto la Preside sia stata informata del nostro arrivo, non sarà certo più felice di vederci fare la nostra comparsa a metà della Cerimonia dello Smistamento e con un urlante custode paonazzo che arranca alle nostre spalle.

Di certo non mi assumo la colpa di eventuali infarti: è una mia politica ben precisa.

«Almeno stavolta zio ha evitato il Platano Picchiatore,» mi dice Albus all'orecchio, non trattenendo una risata mentre rallentiamo la corsa e imbocchiamo la svolta che ci porterà in Sala Grande. «Avanti, di che può lamentarsi la cara vecchia MG?»

«Siamo stati degli angeli,» replico, alzando le spalle. «Studiamo in una scuola di magia—ci sarà pur qualcuno capace di aggiustare gli spalti del campo di Quidditch che hanno attutito l'atterraggio, no?»

«Parole sante, cugina,» dichiara il ragazzo, e solleviamo la mano allo stesso momento per fare il nostro saluto. «Se sopravvivi alla sfuriata della tua guardia del corpo, stasera ci becchiamo al solito posto.»

«Voi due non vi beccate proprio da nessuna parte, ragazzini,» ringhia Gazza, afferrandoci per i colletti della divisa e strattonandoci. «Ci provo da sette anni, magari questa è la volta buona che riesco a farvi espellere.»

«O magari è la volta buona che ti facciamo cacciare noi,» replico tagliente, scrollandomi la sua presa di dosso e puntandogli un dito contro. «Ora entriamo tutti in Sala Grande, salutiamo la Preside e ci mettiamo seduti, e nessuno aprirà bocca su cosa è successo.»

Gazza, i denti marci in una smorfia a metà tra un ringhio e un ghigno sprezzante, mi rivolge un'occhiataccia. «Credete di potermi ordinare di fare qualcosa? Ma chi vi credete di essere, piccoli, sporchi—»

«Credo che la Preside sarebbe delusa oltremodo se scoprisse dei tuoi traffici illegali di Kneazle nei sotterranei del Castello,» dice Albus sollevando entrambe le sopracciglia, un sorriso sfrontato. «Quindi se non vuoi che i tuoi preziosi mici siano affidati a Hagrid, dovrai dire che noi bravi ragazzi ti abbiamo aiutato finora a sistemare i bagagli.»

Non siamo le persone più buone del mondo, io e mio cugino, devo riconoscerlo. Sappiamo ottenere quello che vogliamo, e sappiamo farlo senza eccessivi scrupoli. Una cosa però devo riconoscere alla nostra spietatezza: mai abbiamo sfruttato la fama delle nostre famiglie per i nostri guadagni. Se c'è qualcosa che abbiamo sempre odiato è proprio questo—il non poter contare sulle nostre forze perché tutto ci venga dato. Vogliamo conquistare il mondo, non ereditarne la corona. E se dobbiamo versare lacrime e sangue per farlo, noi siamo pronti.

Gazza il Custode, comunque, è una preda troppo facile per i nostri gusti. La persona che io amo sfidare oltre ogni modo è la Preside, la McGranitt. Albus non ci trova divertimento, perché spesso e volentieri i nostri tentativi migliori si risolvono in polverose sconfitte, ma a me piace, perché quella donna sembra irraggiungibile, intoccabile, imperturbabile. E quale migliore occasione per avviare il mio ultimo anno scolastico?

«Andiamo,» dico, prendendo Al per il gomito e trascinandolo verso l'ingresso della Sala Grande. Mi assicuro che Gazza sia alle nostre spalle, pronto per supportare ogni stronzata io e mio cugino diremo al corpo docenti, ma non ne ho l'occasione, perché appena mettiamo piede nella stanza la McGranitt ci fa cenno di metterci a sedere a malapena guardandoci. Il Cappello Parlante sta per terminare il suo sproloquio sull'ultimo studente del primo anno, un Testurbante che viene assegnato a quei cervelloni di Corvonero, e noi non riceviamo l'attenzione che mi sarei aspettata.

«Che sta succedendo?» chiede Albus a mezza bocca, confuso quanto me. «Mi aspettavo quantomeno una frecciatina.»

«O uno Schiantesimo a vista,» ribatto prima di toccargli appena il braccio e indicargli con il mento il tavolo dei Serpeverde. «Va', ci vediamo dopo. Salutami Atlas, e cerca di non farlo arrabbiare più di quanto non sia già.»

Leggo nel suo sguardo ilare la battuta sui problemi in Paradiso che muore dalla voglia di fare, però nessuno dei due ha tempo da perdere: non solo non vogliamo suscitare ulteriori ire nella McGranitt e scampare perciò alla punizione che già prevedevamo, ma anche capire che sta succedendo. Adesso che mi guardo attorno, dire che la Sala Grande è in fermento sarebbe un eufemismo, perché c'è gente che addirittura salta sulle panche, e gesticola furiosamente.

Individuo in fretta il mio gruppo e mi lascio scivolare anch'io al tavolo rosso e oro. Gli occhi dei miei amici abbandonano per un attimo la Preside, che sta discutendo con i docenti attorno a lei, e scivolano su di me.

«Che diavolo avete combinato stavolta?» chiede Pervinca, dandomi un pizzico rabbioso sul braccio. «Atlas stava per impedire al capotreno di far partire l'Express.»

«Una ragazza sarà pur libera di andare a scuola volando, non pensi?» borbotto, «e quel cretino chiederebbe persino scusa a una mosca per star respirando la sua stessa aria, quindi non è da prendere in considerazione.»

Ogni volta che sei così acida non si capisce se è il tuo carattere o se hai la luna storta, dice Leta, lo smalto delle lunghe dita scure che riflette la luce nell'accompagnare i suoi gesti. Che ha fatto quel povero ragazzo stavolta?

Non le rispondo, limitandomi ad alzare gli occhi al cielo.

Leta è quella intelligente del gruppo. Abbiamo tutti un ruolo: la leader, il genio, il rubacuori, la principessa. Non sono certo categorie fisse, ma funzionano, e io sono ben contenta della mia. Nessuno vieta al genio di mettersi una tiara o alla leader di rimorchiare, ovvio, anche se tendo a essere abbastanza gelosa del mio compito.

«Ho conosciuto una ragazza sul treno,» esclama Shea, portandosi quei bicipiti scolpiti dietro la testa e sbattendo le ciglia nere. «Non sapevo che anche le Corvonero potessero essere sventole.«

Leta, sgranando gli occhi, gli rifila un leggero schiaffo dietro la nuca che più che fargli male, coglie Shea alla sprovvista. «Che ho detto?» chiede, stupefatto, sgranando gli occhi blu.

Sembrerà antipatico parlare quando Leta non può farlo, ma in realtà è lei a volerlo. Sa leggere il labiale, e vuole che la nostra conversazione sia più naturale possibile. È pure vero che sa farsi capire benissimo anche senza esprimersi a parole.

«Mi dici che sta succedendo?» lascio i due ai loro battibecchi per voltarmi verso Vì, che scrolla le spalle.

«La Preside ha detto che deve farci un annuncio,» risponde lei, prima di rifilarmi un'occhiataccia. «Spero che tu abbia avuto un bel viaggio insieme ad Albus, perché per colpa tua il mio è stato un inferno.»

Non riesco a non sogghignare alle sue parole, il che la fa indispettire ancora di più. Vì detesta Malfoy, e la posso capire alla perfezione. È un ragazzo arrogante, orgoglioso, pieno di pregiudizi e spesso non ritiene la gente degna nemmeno di ricevere la sua parola. Onestamente, so benissimo cosa vuol dire avere in famiglia persone famose, ma questo non dà certo il diritto di atteggiarsi come se fosse sul piedistallo. È contraddittorio, perché appena ottiene attenzione la rifugge subito—dubito di averlo mai visto vantarsi di una sfida vinta a Quidditch o di una qualche conquista che ha toccato il suo letto. È strano, affatto piacevole, e ha dimostrato di sapermi tenere testa dal primo giorno in cui mi ha conosciuta.

Forse la vera cosa che mi infastidisce di lui, è che ha tutto quello che io desidero ardentemente. Non sto parlando di beni materiali, ovvio. Io sono arrivata dove sono perché ho sudato, perché ho faticato per ergermi sopra gli altri. Lui invece, secondo me per il nome che porta, appena reca un successo è come se gli rimanesse cucito addosso, in modo permanente. Come se per me fosse già tutto scontato, che dai miei genitori non avessi ereditato altro che la perfezione, mentre da lui ci si aspettasse così poco che basta un gradino per arrivare in cima al mondo.

«Puoi non ridere?» domanda melodrammatica, sbuffando. «È già abbastanza terrificante averlo in famiglia, almeno quando non sono costretta a vedere il suo brutto muso vorrei evitare di farlo.»

Va bene, le motivazioni di Vì sono diverse dalle mie, e in realtà non fanno altro che avvalorare la mia tesi. Lei ci vive insieme da quasi dieci anni, chiusa nei lugubri cancelli di Malfoy Manor che i raggi solari non sfiorano nemmeno per sbaglio, e davvero non lo sopporta. Tra le cose che più la infastidiscono ci sono il suo disordine cronico, il menefreghismo su qualsiasi cosa, il fatto che i genitori lo lascino molto più libero di quanto non facciano con lei e la quantità di ragazze che usano il bagno che i due hanno in comune nella loro tenuta.

Per questa ragione, e per altre circa diecimila, non le ho detto cosa è successo quest'estate, e penso che mai lo farò.

Invece Atlas è carino, ci dice Leta, sorridendo entusiasta. Ha aspettato per tutto il tempo che arrivassi, Rose.

Atlas de Clermont. Nemmeno con l'aiuto divino dell'intimo sexy di Morgana saprei da dove iniziare a parlare di lui.

Okay, facciamo così: pensate alla persona più bella che abbiate mai visto, ad una sorta di adone, una statua greca vivente, un paradiso per gli occhi e per le papille gustative—e poi buttatelo nel cestino. Atlas è capace di far sbavare la gente che lo guarda, di far impietrire, sentire le ginocchia molli. Trovarsi davanti lui comporta automaticamente il chiedersi se non si è morti. Se fossi una Legilimens, il mio passatempo preferito sarebbe contare per strada le persone che si chiedono quanto sarebbe illegale rapirlo.

Devo dire che ci vuole un bel coraggio per essere suoi amici, e infatti gli unici al mondo che non si sentono a disagio nel camminare al suo fianco sono Albus e Malfoy. Mio cugino perché è veramente gnocco, e Malfoy... be', cosa non fa la solitudine.

«Sì, è carino,» le faccio eco, scrollando le spalle. «Forse anche troppo.»

La mia aggiunta, un mugugno soprappensiero che mi sfugge, confonde tutti e tre. «Che intendi?» fa Shea.

«Non ti starà mica scocciando, vero?» gli fa eco Vì, perplessa. «Quest'estate sembravate così affiatati.»

«Il sesso con un dio non si rifiuta mai,» rispondo con un occhiolino, e questa battuta stupida diverte i miei amici e distoglie l'attenzione da me.

Mentre la Preside si alza di nuovo in piedi e raggiunge lo scranno da cui fa i suoi discorsi—come quello di inizio anno che ci aspetta—il mio sguardo scivola in automatico sul tavolo dei Serpeverde di fronte a me.

Circondati da una folla adorante e immersi nel verde e nell'argento, trovo subito mio cugino, Atlas e Malfoy. Il primo sta parlando con Duncan Flint, seduto davanti a lui e che quindi mi dà le spalle—i suoi capelli fulvi si riconoscerebbero ovunque—mentre gli altri chiacchierano tra di loro. A vederli, almeno di aspetto fisico, sono opposti in ogni cosa. Uno dai folti capelli corvini, l'altro di una chioma biondo platino; uno dalla carnagione abbronzata, e l'altro la cui pelle è quasi traslucida; uno con gli occhi scuri, l'altro... ah, non saprei neanche come definirli.

Non riesco a non soffermarmi per un millesimo di secondo in più su Malfoy, e penso proprio che il momento esatto in cui saprò che avrà aperto la bocca, si ritroverà tutti i denti in gola. Quanto posso essere stupida? Perché gli ho dato il potere di distruggermi? E cosa diamine c'era in quella tequila?

«Studenti e studentesse di Hogwarts,» ci accoglie la McGranitt, alta e magra nei suoi abiti usciti dai migliori monasteri, «è per noi un piacere accogliervi tra le mura del Castello per un nuovo anno scolastico.»

E mentre la mia arcinemesi parte come al solito con i divieti posti per ogni studente, ma che in realtà valgono solo per i ragazzini del primo anno, io mi convinco di aver percepito un'aria sbagliata—il che in realtà accade raramente, perché è difficile che mi sbagli su qualcosa. Non si tratta di presunzione, ma di sesto senso. E visto che quello stesso sesto senso mi ha evitato un bel po' di problemi, do un'occhiata in giro per capire che sta succedendo.

Magari quel sesto senso mi avesse evitato anche i numerosi drammi malfoyani.

Parlando del diavolo, appena faccio vagare l'attenzione sul tavolo degli insegnanti—non c'è nessuna nuova aggiunta, quindi non verrà annunciato nulla del genere—e la riporto sui miei amici, incontro il suo sguardo.

È sempre stato particolare. Posso dire che non ci siamo mai veramente detestati, non fino a quest'estate; del resto, ogni sentimento di astio è sempre provenuto da parte mia, e più per competizione che per vero odio. Lui non ha mai ceduto alle voci riguardo una faida, un eventuale scontro epico che si era profilato all'orizzonte dal momento in cui siamo venuti al mondo, perché si crede superiore a qualsiasi cosa. È razionale, il signorino Malfoy, e non gli piace essere colto di sorpresa, quindi fa sempre in modo di sapere quel che c'è da sapere su chiunque. Si prepara, è lucido, non si fa prendere dall'emozione—non come me, che perdo facilmente la testa a causa della rabbia o del desiderio di vendetta.

Ebbene, mentre fisso quelle iridi che non mi hanno mai attirata e che da luglio non riesco a fare a meno di temere, penso che nulla di tutto questo è stato programmato. Come ho detto, non gli piace essere colto di sorpresa, eppure non c'è alcun modo in cui avrebbe potuto prevedere quello che è successo quest'estate, e adesso entrambi ne paghiamo le più amare conseguenze.

È tutto uno spigolo quel ragazzo, una serie di linee aguzze che gli definiscono i lineamenti del viso. L'unica cosa morbida in quel caos geometrico è la curva delle labbra, l'unica cosa che riesco a fissare mentre si porta alla bocca un sorso della bevanda nel suo bicchiere. Non lascio trapelare nulla di quello che penso: quello sguardo prolungato è una lotta tra titani.

È vero, ho detto che non l'ho mai veramente odiato, ma solo considerato uno stupido e inutile avversario, però ora lo odio. Lo odio alla follia, un odio che so già che finirà per consumarmi, e che è dovuto unicamente alla mia idiozia. Se fossi stata un briciolo più intelligente, se fossi stata cosciente dei miei errori... anzi, no: io lo ero, cosciente dei miei errori, e questo non mi ha impedito di commetterli ugualmente. Che cosa mi abbia fatto quel ragazzo rimane tuttora un mistero, ma benché io sappia che la colpa degli avvenimenti trascorsi è mia tanto quanto sua, questo non mi impedisce di riflettere la mia rabbia su di lui.

La rabbia, e la paura che quel che è successo possa trapelare.

E in tutto questo, nello spiraglio travolgente di sentimenti negativi, sento lo stomaco stringersi all'idea di quella bocca che assapora la mia. Sento l'accenno di barba sotto le dita, le labbra calde, non mi ricordo nemmeno dove stessero le sue mani per quanto ero coinvolta. È ridicolo, assolutamente ridicolo sentirsi così dopo quasi un mese di tempo, ma non posso farci niente.

So che c'è la concreta possibilità che chiunque, ma in particolare Atlas, noti la bollente intensità che corre tra di noi. So che sarebbe distrutto, quel rampollo cresciuto tra le rose senza spine, se sapesse di me e del suo migliore amico. So anche che rischierei di rovinare il rapporto con Albus, e con la mia Vì, che detesta quel ragazzo con più forza di quanta ne abbia nel corpo. Ma soprattutto so che se dovesse diffondersi la maledetta notizia, allora sarei io a odiare me stessa—ancora più di quanto non faccia di solito, perché a quel punto rimpiangerei amaramente le mie pessime scelte.

Almeno è questo quello che davvero cambierebbe, perché finora io non mi sono nemmeno pentita. Penso a quelle notti, alla consapevolezza della mia colpa, alla macchia che rimane sul mio corpo, sull'anima, e nonostante tutto, nonostante il costante e angosciante presentimento che succederà presto qualcosa di terribile, non riesco a non provare nulla che non sia calore. Calore fisico, calore sentimentale. Mi fa paura, ma non così tanto da pensare che non sarebbe dovuto avvenire.

Così, quando l'intera Sala Grande esplode in giubili di eccitazione e sfrenata gioia, sia io che lui, completamente assenti dalla realtà, ci voltiamo confusi verso i nostri amici nella speranza di capire cosa stia succedendo. Non ce n'è bisogno, però, perché è la mitica e insopportabile Preside a ripetersi.

«Sì, avete capito bene,» dice, battendo le mani per invocare silenzio. «Le scuole arriveranno domattina, e quello di comportarsi al meglio non è certo un invito ma un obbligo,» chiarisce.

Le scuole?, ripeto nella mia testa, e benché non abbia ancora processato sicuramente l'annuncio della strega, la mia pelle si ricopre ugualmente di brividi.

Mi volto verso i miei amici, trovando Vì attonita, Shea ridacchiante come un ubriaco e Leta parecchio sconvolta. È il Torneo TreMaghi, mi fa, in maniera piuttosto inconfondibile. Il nostro ultimo anno... sarà un disastro.

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